Psicologia dell’Adozione. Perché è preferibile non cambiare il nome al bambino adottato?

Il nome di un bambino abbandonato è spesso l’unica cosa che gli rimane del suo Paese e delle sue origini: si può pensare di accoglierlo veramente, con tutta la sua storia, decidendo di cancellare questo legame?

Mi viene chiesto spesso se il nome del bambino che sta per essere adottato vada cambiato o se sia meglio mantenerlo. Per rispondere, credo sia importante partire da un’altra domanda: “Quanto è importante il nome?”.
Il nome rappresenta ciò che il bambino è stato fino al momento in cui viene adottato, il suo passato, le sue radici, è uno dei mattoncini che fanno parte della sua identità.

Il proprio nome rappresenta il legame con le proprie origini

La scelta del nome generalmente viene attribuita ai genitori, ma quando si affronta l’adozione il punto di vista ovviamente cambia. Il nome per un bambino abbandonato è spesso quell’unica cosa che gli appartiene e l’unica che lo lega al primo periodo della sua vita. Scegliere un altro nome rispetto a quello con cui da sempre il bambino è stato chiamato è tagliare il legame con la sua storia, con il suo Paese di origine, con la sua appartenenza a quelle tradizioni e cultura. Infatti, il nome è spesso anche l’unico riferimento alla sua cultura, al suo Paese, alla sua storia, e solitamente diventa l’unico legame linguistico con il suo passato, dato che la lingua di nascita scompare nel tempo. Cambiare il nome è un po’ come recidere la storia del proprio figlio, ma la sua storia gli appartiene, non è possibile cambiarla.
Ma come possono i genitori trasmettere il rispetto e l’orgoglio per il suo Paese di origine e aiutare il figlio a integrare il suo passato nella vita attuale, se per primi cancellano una parte della sua storia sostituendogli il nome? Una delle sfide dell’adozione internazionale è proprio riuscire ad integrare il passato e il presente, facendo incontrare le culture dei due Paesi, quello di origine e quello di adozione, e il bambino avrà il compito di costruirsi la sua identità considerando la diversità e valorizzandola, celebrando quindi la sua alterità senza mascherarla o nasconderla.

Cosa dice la legge

Ci sostiene in questo anche la Legge, come riportato nel sito della CAI (Commissione adozioni internazionali): Il nome è oggetto di un diritto della personalità, riconosciuto dalla legge (artt. 6-8 del Codice Civile). La Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo del 1989, ratificata da 196 Paesi, tra i quali l’Italia, all’art. 8, comma 1, così dispone: “Gli Stati Parte si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciuto dalla legge, senza ingerenze illegali.”
Il nome non è sbagliato, va bene così come lo sentiamo, cerchiamo dunque di mantenerlo. Ci sono solo dei singoli casi sporadici in cui viene fatta un’attenta valutazione se sia meglio cambiare il nome: si tratta di nomi che sono impronunciabili in italiano o che potrebbero diventare causa di prese in giro e derisioni, mettendo quindi in difficoltà il bambino.
Ma a parte queste eccezioni, si consiglia di mantenere il nome del figlio, accogliendo così tutta la sua storia e la sua appartenenza a un altro Paese, favorendo al meglio il suo compito di integrare e costruire serenamente la sua identità.

Anna Rossi
psicologa e psicoterapeuta di Ai.Bi. – Amici dei Bambini ETS

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it. Per vedere tutti gli appelli attualmente pubblicati si può andare alla pagina dedicata al progetto “Figli in attesa”. Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati. Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati