Stoccafisso, che bontà: Questo piatto consacra il ponte culturale tra Italia e Norvegia nato nel 1432

Stoccafisso, che bontà: Questo piatto consacra il ponte culturale tra Italia e Norvegia nato nel 1432

Stoccafisso, che bontà: Questo piatto consacra il ponte culturale tra Italia e Norvegia nato nel 1432
Stoccafisso, che bontà: Questo piatto consacra il ponte culturale tra Italia e Norvegia nato nel 1432
di Véronique Angeletti
3 Minuti di Lettura
Sabato 11 Maggio 2024, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 09:47

Lo stoccafisso consacra uno storico ponte culturale tra Italia e Norvegia, nato un giorno del 1432 quando l’aristocratico veneto Pietro Querini portò nei suoi bagagli dalle isole Lofoten dove – scrisse - era naufragato in “culo mundi”, ben 60 pesci. Pesci «che diventano duri come il legno e seccano al sole e al vento senza sale» e provenivano dalla città di Stokke. Era il merluzzo “Ghadus morhua” che prese il nome italiano di "Stoccafisso" e conquistò tramite la marineria veneta tutti i porti dell’Adriatico e del Mediterraneo, forte delle sue tre grandi virtù.

La pietra miliare

Quella di essere buono, conservabile e di far rispettare il principio imposto nel 1545 dal Concilio di Trento del mangiar “di magro” in vigilie e quaresima. «Ed è così che questo pesce – racconta Angelo Serri, direttore di Tipicità – divenne una pietra miliare di tutte le cucine regionali. Da Genova a Venezia, da Napoli a Messina, dall’Istria a Reggio Calabria e ovviamente nelle Marche, dove storici sono piatti tipici come l’iconico stoccafisso all’anconitana ed “in salsa” di Ripatransone, ma anche quelli all’elpidiense, alla fermana e tante altre interpretazioni sparse nei paesi dell’entroterra».

Serri è il cicerone ideale per viaggiare nel mondo dedicato a questo pesce nordico considerato il migliore merluzzo artico stagionale ed essiccato fin dall’epoca dei vichinghi con lo stesso metodo. Ci si dedica per passione e ha coinvolto la sua organizzazione, think tank dell’enogastronomia marchigiana, coinvolgendo le Accademie che, in tutt’Italia, promuovono la valorizzazione dello stoccafisso e ne tutelano le ricette. E’ riuscito a creare un festival all’interno del Festival Tipicità di Fermo.

Un evento unico al mondo che fa delle Marche la meta ricercata di buongustai, poiché in una serata si assaggiano decine di specialità cucinate al momento da chef che provengono, per l’occasione, dai quattro angoli del Belpaese.

Il sapore straordinario

«Lo stoccafisso – precisa Serri – è un prodotto genuino, dal straordinario sapore e dalla consistenza unica, frutto di un secolare metodo di lavorazione artigianale, dalla quale si ottiene un prodotto scaturito dalla stretta collaborazione tra l’uomo e la natura». Spiega che il merluzzo subito dopo la cattura è pulito, appeso su apposite rastrelliere e lasciato esposto da febbraio a maggio ai venti freddi e secchi. Poi, una volta terminata la procedura di essiccazione all’aperto, è conservato per un altro paio di mesi in un ambiente secco, chiuso ma ben ventilato. Il che gli consente di mantenere inalterate le vitamine e le sue proprietà nutrizionali. Nelle Marche, ci sono diversi piatti che lo consacrano ma vessillo in assoluto della nostra cucina regionale è lo stoccafisso all’anconetano.

La scelta del prodotto

Per Roberta Caroti della Trattoria Carotti «è fondamentale la scelta oculata del prodotto, ingredienti di prima qualità come l’olio evo e il vino - verdicchio ovviamente - e una cottura attenta che alterna il fuoco vivace e il fuoco lento perché si tratta di un piatto in umido che non vuole la cottura uniforme del forno». Ma il suo vero segreto è l’occhio esperto: «Il pesce deve essere bianco, non troppo morbido e si deve fare attenzione allo spessore. Troppo alto, c’è il rischio che rimane troppo bagnato».

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