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‘Zio Frank’: un dramedy tra accettazione di se e garbugli famigliari

Il film del 2020 di Alan Bell è una commedia drammatica che narra, attraverso gli occhi puri di una ragazzina, l'America delle diversità degli anni '70.

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Zio Frank (Uncle Frank), il dramedy presentato al Sundance Film Festival 2020, è ora disponibile su Amazon Prime Video. Nel lungometraggio lo sceneggiatore-regista Alan Ball (Six Feet Under, True Blood) combina diversi generi – il racconto di formazione, l’odissea del viaggio in strada, le caotiche riunioni di famiglia – cercando di non cadere nei più ovvi stereotipi.

I protagonisti sono Paul Bettany, nei panni di un professore, e la giovane Sophia Lillis (It, Asteroid City) che rappresenta il personaggio più positivo, l’adolescente Beth. Ball ha detto che la vicenda, nonostante ci siano componenti di invenzione, è stata ispirata da elementi reali del suo vissuto.

Zio Frank: la trama

La narrazione inizia nel 1969 a Creekville, nella Carolina del Sud, durante il compleanno del capostipite della famiglia Bledsoe. La protagonista è la quattordicenne Betty (Sophia Lillis), che inizia a farsi chiamare Beth quando suo zio Frank (Paul Bettany) la sprona ad usare un soprannome. L’uomo è professore alla New York University dove la ragazzina inizierà il college qualche anno dopo. Nel 1973 quest’ultima, già trasferitasi all’università, si imbuca ad una festa nell’appartamento dello zio e incontra l’ingegnere Walid “Wally” (Peter Macdissi). Quest’ultimo si scopre essere una figura diversa da com’era stata presentata. Infatti, ad eccezione dell’amata sorella Neva (Jane McNeill), la famiglia dell’insegnante non conosce il suo segreto.

La successiva morte del patriarca, Mac (Stephen Root), spedisce nuovamente Frank e Betty a sud e diventa l’occasione per sbrogliare tutti i nodi rimasti . Nel corso del viaggio , fra i vari  flashback della gioventù del protagonista maschile, viene illustrato finalmente perché Frank cammina in punta di piedi attorno al focolare natale.

Zio Frank: introduzione al film

Ball torna dietro la macchina da presa tredici anni dopo Niente velo per Jasira e a venti dall’Oscar alla sceneggiatura per American beauty. In Zio Frank decide di adottare un approccio serio e tenero, ma a tratti forzato. Un primo atto intelligente e coinvolgente lascia il posto ad un’ora finale più convenzionale.

Il film ha una narrazione lineare ben scandita in tre momenti. Ci sono i tropi del romanzo familiare, poi il road movie da New York alla Carolina del Sud (con atmosfere affini a Green Book). Infine una parte conclusiva melodrammatica centrata sulle zone più oscure del protagonista e del suo parentado. L’ aspetto più accattivante della pellicola viene dall’osservare Paul Bettany, attore di fascino e profondità. Bettany è migrato da ruoli più comuni (un tennista in crisi in Wimbledon) ad altri raccapriccianti (il monaco albino ne Il codice Da Vinci). Conosciuto grazie ad un supereroe (Visione nell’universo Marvel), e quasi sempre visto in ruoli di  supporto, qui  l’ attore inglese ha l’opportunità di essere più al centro delle scena. Il suo Bledsoe sta ancora facendo i conti con ciò che la sua identità comporta nella realtà da cui proviene.

Il film funge anche da coming-of-age per la brillante nipote Beth (Sophia Lillis), l’altra protagonista della vicenda. Inoltre, offre un cast di supporto stellare (tra gli altri Steve Zahn, Judy Greer e Margo Martindale) con rispettive situazioni imperdibili.

Un incredibile trio di protagonisti

Il trio principale – Bettany, Lillis e Macdissi – mostra una meravigliosa chimica. Ma, anche separatamente ognuno di loro brilla. La vulnerabilità di Frank e la forza del compagno si intrecciano armoniosamente mentre la ragazza ha in generale il lavoro più duro. Le  viene chiesto di impersonare  un’adolescente ingenua di provincia che si trasforma in una donna mondana, e lei ci riesce abilmente. La prova dell’attore britannico porta ad una dimensione realistica e psicologicamente credibile della pellicola ma, il faro conduttore è proprio la protagonista femminile. Il punto di vista privilegiato è proprio quello della nipote che ha il volto di Sophia Lillis (già vista nella serie tv Sharp Objects). L’adolescente osserva lo zio con un misto di ammirazione e deferenza, arrivando per prima a scoprirne i dolori nascosti dietro l’aplomb di uomo di mondo. Il suo sguardo è innegabilmente lo stesso di chi guarda lo schermo.

È difficile scegliere una performance migliore delle altre. La ragazza conquista grazie ai suoi occhi spalancati e al senso dell’avventura che la contraddistingue. All’interno della coppia maschile, Frank mescola sentimenti di tumulto e rilassatezza mentre Walid di premura e amorevolezza. L’interprete inglese infonde nella personalità del suo personaggio un mix commovente di rabbia, paura, disprezzo, empatia e intelletto. E ci riesce grazie ad una grande operazione di bilanciamento. Difatti, permette di restare dalla sua parte anche durante le sue azioni di auto-sabotaggio che rischiano di minarne la simpatia.

Peter Macdissi, amante della lettura e della musica, trasmette le emozioni di un uomo felice, dolce e leale. È riuscito a sfuggire alle persecuzioni nella sua Arabia Saudita e in lui vive una ferita che cerca di dissipare. Si carpisce infatti il trauma di un legame interrotto non solo con la famiglia ma con un intero universo.

Il viaggio in macchina verso casa

L’importanza dei personaggi minori

Zio Frank cade in vari punti in alcune ovvietà, ma ogni apporto recitativo comunica una tale autenticità da compensare gli episodi meno scintillanti. In misura minore, ma di uguale importanza, ci sono scorci e frammenti significativi in tutti i personaggi. Il fratello minore del professore, Mike, è riflessivo e in apparenza ambiguo, ma Steve Zahn riesce a trasmetterne tutte le buone intenzioni. La moglie, interpretata da Judy Greer, aggiunge un tocco di frivolezza eccentrica all’insieme mentre Margot Martindale è una mamma vivace e gentile. Stephen Root, nonostante abbia poca presenza e interpreti un ruolo visceralmente odioso, mostra ancora una volta perché è un caratterista così richiesto. Ma è Lois Smith nei panni della zia Butch che ruba la scena a tutti. L’attrice ultranovantenne, grazie alle sue interazioni sardoniche con Bettany, alleggerisce in nome di una semplice ironia il clima generale.

Il complesso universo famigliare

Al centro della trama ci sono affollate riunioni di famiglia nella grande vecchia casa del sud. Quella di apertura è per un compleanno, quella di chiusura è per un funerale. Le molte storie che racconta Zio Frank sono fatte di rapporti: tra il protagonista e la nipote, tra Frank e il fidanzato Wally. E poi ci sono i rapporti più complessi, quelli non risolti con il nucleo domestico d’origine.

Il prologo stesso introduce al 1969 e al focolare patriarcale dei Bedsoe. Troviamo quindi Daddy Mac, la madre, i fratelli, la zia, i nipoti. Il figlio è in visita nel sud da Manhattan, dove vive da tanti anni. Da questo quadro evocativo è ovvio che il protagonista non appartenga a quel sistema provinciale, a tratti bigotto.

A ciò si aggiunge il momento dell’apertura dei regali, con reazioni eloquenti e ciò mette in luce le controversie. L’unica che fa la differenza, in questo scenario umano, è Betty dotata di un’anima affine al docente.

Le espressioni e le risposte ai comportamenti di Beth e dell’insegnante sono evocative al fine di comprendere la distanza tra loro e il parentado. I primi hanno la mentalità proiettata al mondo contemporaneo, alla città e ai fulgenti anni ’70. Invece i secondi raffigurano la realtà piccola, chiusa e provinciale che almeno in apparenza ha poca voglia di evolversi.

La scoperta di legami forti

Con rivelazioni severe e scioccanti, e con scene caustiche e divertenti, la sceneggiatura di Bell permette conversazioni chiarificatrici sui rapporti tra i personaggi. Lo spirito positivo dell’insegnante viene messo da parte nel momento in cui torna all’abitazione natia, con voragini passate che tornano a tormentarlo. Vengono svelati alcuni eventi che hanno incrinato per sempre i rapporti tra il protagonista maschile e la sua terra. Questi si impongono prepotentemente in un’altra scena intensa, dove l’impatto drammatico del film è travolgente.

Il regista, sfruttando il road trip per il funerale, fa tornare il prof a Creekville. Qui deve per forza interfacciarsi con il gruppo parentale che non conosce il suo segreto o i problemi col padre. Alla morte di quest’ultimo, le distanze con la famiglia si riducono e permettono al personaggio di Bettany di far pace con la vita. Per la prima volta percepisce anche che ci sono degli alleati, pur non avendo mai avuto il lusso di poterlo credere. Scopre l’esistenza di una mamma sensibile che in un episodio importante rimette a posto tasselli incompresi. Di persone che vivono esistenze strette, di fratelli con cui si manifestano connessioni impensabili.

Anche Walid deve fare i conti con legami parietali lontani e vicini emotivamente. Le differenze culturali tra l’America evoluta degli anni ’70 e l’Arabia Saudita retrograda si scorgono nelle telefonate ansanti con la madre.

Lottare con i demoni passati

Frank, nonostante saggezza e sensibilità elevate, detesta se stesso. A questo si aggiunge una sobrietà traballante (la bottiglia alcolica è la coperta di Linus). Ma anche ricordi inquietanti di una tragedia giovanile e l’incapacità di abbracciare l’amore di Wally. Non è mai davvero venuto a patti con il suo passato. Infatti ha cercato di combattere l’alcolismo, ha mantenuto le distanze dalla famiglia e soprattutto dal papà. Tuttavia ora deve affrontare il dolore che quest’ultimo gli ha inflitto in nome della religione, mentre naviga ancora nell’angoscia mentale. Ciò lo porta in un viaggio su strada con Beth e senza l’ingegnere. Quest’ultimo troverà il modo di stargli vicino consapevole dell’importanza di un avere supporto di fronte ad una lesione emotiva.

Nel momento in cui si avvicina a Creekville i brutti ricordi tornano a lampeggiare mentre apprendiamo cosa lo ha mandato al nord.  Conosce il confine tra vita e morte e tra il mare di distanza obbligato a mettere tra lui e la sua terra. Ma sa anche che bisogna agganciarsi a qualcosa per evitare che una fragilità (già vacillante) possa sgretolarsi definitivamente. La sua presenza diventa fondamentale mentre il compagno riflette sui ricordi adolescenziali e sulle situazioni che lo hanno portano alla dipendenza.

L’atmosfera più leggera della prima parte fa posto ad una seconda più melodrammatica. A segnare il cambio di rotta sono i fatti e i pensieri di molto tempo prima del professore. Ora sono chiari dato che vengono portati alla luce grazie a una serie di  flashback. Alcune di quelle scene giovanili, con una scomparsa ancora lacerante, sono dure da vedere.

La chiave del film

All’interno del lungometraggio ci sono due film in guerra l’uno con l’altro. Nel primo Frank viene trascinato alla deriva da un dolore giovanile che lo travolge ancora oggi che è un professore mondano realizzato. Nel secondo, con il ritorno al sud, quell’intricata rete di rabbia e rimpianto svanisce.

Grazie all’aiuto del direttore della fotografia, Khalid Mohtaseb, e del compositore, Nathan Barr, il regista riesce ad evocare bene il passaggio atmosferico. Il sole di New York gioca in modo diverso rispetto alla luce nella Carolina del Sud. È come se, grazie alla metafora ambientale, si sentisse il trasbordo nell’aria da dove il protagonista sta bene a dove invece no. Anche Betty brilla in città e tende a spegnersi nelle scene in provincia. Il ritorno al focolare, che concilia col finale positivo, segna il risplendere dello stesso colore pieno percepito nelle scene newyorkesi.

La storia ha delle somiglianze tra il background del protagonista e il suo demiurgo creativo. Questo si capisce dallo spostamento dal primo blocco catartico, ma difficile, all’ultimo che sigla la pace con il passato. E il denso studio fatto sul protagonista maschile non può chiaramente essere separato da fattori reali.

La ricchezza della pellicola si potrebbe pensare sia proprio la lotta all’interno di Bettany. In realtà è il conflitto dentro al lungometraggio stesso, tra le due sequenze narrative, ad essere più incisivo. L’abilità di Ball con le parole, con la trama e con la regia sta nella sua capacità di bilanciare tutto. Il risultato è un racconto riflessivo, bruciante, non convenzionale che rende Zio Frank una narrazione interessante e utile ad aprire la mente di tutti.

Il trailer

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Zio Frank

  • Anno: 2020
  • Durata: 95 minuti
  • Distribuzione: Amazon Prime Video
  • Genere: drammatico, commedia
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Alan Ball
  • Data di uscita: 26-November-2020