Antonio Verri, un nuovo booklet per dare voce ai suoi versi

Antonio Verri, un nuovo booklet per dare voce ai suoi versi

Antonio Verri in una illustrazione di Massimo Pasca
Antonio Verri in una illustrazione di Massimo Pasca
di Adele ERRICO
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Domenica 19 Maggio 2024, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 17:10

"Cerco, e devo cercare madre, continuamente /modi nuovi e parole di sangue". Così Antonio Verri, in una ideale lettera alla madre, rivelava il motivo per il quale facesse poesia.
Il verbo del dovere, l'avverbio dell'ininterrotto smascherano la necessità, svelano l'impossibilità di rinunciare alla poesia. Sono trascorsi trentuno anni da quando se n'è andato. Però è rimasto il suo lavoro: la ricerca delle parole, del loro suono, l'invenzione delle possibilità narrative, la costruzione di labirinti immaginativi, che hanno trovato un tempio in cui essere custoditi: il "Fondo Verri", in via Santa Maria del Paradiso, civico 8, a Lecce, luogo che porta il nome del poeta e che costituisce un osservatorio culturale che accoglie e diffonde poesia.
Qui, Piero Rapanà e Mauro Marino da trentuno anni fanno cultura come Verri voleva che si facesse, tra la gente, per la gente.
E domenica 19 maggio alle 20 proprio presso Fondo Verri si avrà una nuova occasione per ricordare il poeta di Caprarica: attraverso un concerto recital sarà presentato "Fate solo quel che v'incanta", il nuovo booklet dedicato alla sua poesia, prodotto dal Fondo Verri con il contributo di Nuovoimaie, copertina e disegni realizzati da Massimo Pasca e progetto grafico di Valentina Sansò. Il lavoro, a cura di Piero Rapanà, raccoglie testi tratti da "Il pane sotto la neve", "Bucherer l'orologiaio", "I trofei della città di Guisnes", "Il Fabbricante d'Armonia", "La cultura dei Tao", "Il Naviglio Innocente" accompagnati dalla musica di Bruno Galeone alla fisarmonica, Emanuele Coluccia al pianoforte e al sax, Vincenzo Grasso al clarinetto, Davide Chiarelli alle percussioni, Redi Hasa al violoncello: con il canto di Daria Falco Voci e le voci recitanti di Piero Rapanà, Simone Franco e Simone Giorgino. "Fate solo quel che vi incanta" rappresenta la volontà di restituire la poesia alla voce, liberandola dai perimetri della carta stampata.
Di ritornare a una dimensione dell'ascolto, della fruizione della poesia come coinvolgimento diretto, immediato. Scrive Mauro Marino nell'introduzione: "Un incantamento che riverbera e influenza la musica, la contagia nelle variazioni solistiche e nell'insieme che gioca i suoni della banda per far festa alle parole. Una musica esortativa, viva, presente al Tempo materia con cui Verri si è sempre confrontato". Marino sottolinea quanto la musica rappresenti una scelta essenziale in quest'ultimo lavoro che porta il nome della più bella esortazione che si possa fare: vivere trasportati dall'incanto, incantare e lasciarsi incantare. Vivere come Verri viveva. E Verri viveva di parole e di musica, amava la musica di John Cage morto nello stesso anno in cui Verri muore che si serviva del silenzio quanto delle note: "la musica è in primo luogo nel mondo che ci circonda, in una macchina per scrivere, o nel battito del cuore, e soprattutto nei silenzi".
La teoria di Cage si congiunge perfettamente a quell'aspirazione di Verri di fare della poesia il proprio pane quotidiano, di ricercarla in ogni suono e in ogni parola, di servirsi delle parole per giocare, per inventare, per trasgredire, per rifiutare gli schemi, per trovare il proprio posto nel mondo. Come scrive Giorgino, infatti: "Ciò che affascina ed entusiasma, in Verri, è il suo immaginario saldamente legato al territorio, che ha dato come risultato un riuscito esempio di equilibrio fra biosfera e semiosfera, fra il territorio che abitiamo e le parole che adoperiamo per rappresentarlo". Allora non c'è spazio senza parola che possa rappresentarlo. Non c'è parola senza spazio che possa contenerla. Per Verri tutto questo era molto chiaro. Era vitale. E per spazio si intende quello in cui si muovono i passi e quello della mente, della fantasia, in cui la dimensione "ctonia e fiabesca" come scrive ancora Giorgino - della cultura contadina incontra il lavoro poetico puro, della ricercatezza formale e della sperimentazione letteraria. Verri ha lasciato una traccia perché ha cercato di fare quello che diceva Viktor klovskij, scrittore e critico russo: "Se invece di cercare di fare la storia, cercassimo semplicemente di essere responsabili per i singoli eventi che la compongono, forse non ci renderemmo ridicoli. Non la storia si deve fare, ma una biografia".
Verri ha prestato fede a questa responsabilità, ha vissuto con l'impegno di fare la sua biografia, facendo solo quel che lo incantava.
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