Il voto per la Repubblica e le tutele su libertà e lavoro: così nacque la Costituzione | Corriere.it

Il voto per la Repubblica e le tutele su libertà e lavoro: così nacque la Costituzione

diAntonio Carioti

La mediazione degli statisti nella stesura della Carta: in questo modo furono rappresentate anime e istanze diverse. La firma di Umberto Terracini, l’entrata in vigore nel 1948

Il voto per la Repubblica e le tutele su libertà e lavoro: così nacque la Costituzione

Il presidente De Nicola firma la Costituzione, che sarà poi controfirmata da Terracini (a dx) e da De Gasperi (Ansa)

Il crollo dello Stato italiano dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 pose la necessità di un nuovo inizio. Nella parte della penisola controllata dagli Alleati persisteva un dualismo tra il governo del re, ancora presieduto dal maresciallo Pietro Badoglio, e i partiti antifascisti, che reclamavano la guida del Paese. Dopo l’ingresso degli anglo-americani a Roma, nel giugno 1944, fu trovato un accordo: alla testa dell’esecutivo subentrò Ivanoe Bonomi, presidente del Comitato di liberazione nazionale (Cln) che raccoglieva le forze antifasciste, e un decreto stabilì che finita la guerra il popolo avrebbe eletto un’Assemblea Costituente per decidere la forma dello Stato e disegnare le nuove istituzioni. In seguito però, a Liberazione avvenuta, fu deciso nel marzo 1946 di affidare al voto popolare la scelta sul mantenimento della monarchia o il passaggio alla repubblica. Il 2 giugno 1946 agli elettori e alle elettrici (finalmente votavano anche le donne) furono consegnate due schede: una per decidere la forma dello Stato, l’altra per eleggere i deputati alla Costituente.

La repubblica vinse con 12 milioni e 700mila voti, circa due milioni in più della monarchia. Alla Costituente il partito più forte risultò la Democrazia cristiana del capo del governo Alcide De Gasperi con il 35,2%, seguita dal Partito socialista di Pietro Nenni con il 20,7 e dal Partito comunista di Palmiro Togliatti con il 19. I liberali, dominatori dello scenario nell’Italia prefascista, si fermarono al 6,8%. Significativo il successo dei neonati qualunquisti, ostili al Cln, con il 5,3. Capo provvisorio dello Stato, in attesa di definire la figura del presidente della Repubblica, fu eletto dalla Costituente il liberale Enrico De Nicola. Alla presidenza dell’Assemblea andò il socialista Giuseppe Saragat: ma quando diventò capo di un nuovo partito, per via della rottura con Nenni nel gennaio 1947, preferì dimettersi. Gli subentrò il comunista Umberto Terracini, che avrebbe firmato la nuova Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

La nuova Carta fu strutturata con particolare attenzione ai diritti che il fascismo aveva negato, quelli di tutela delle libertà individuali e quelli di natura sociale spettanti alle classi più umili. Non a caso all’articolo 1 si afferma che la Repubblica è «fondata sul lavoro». Il peso della sinistra marxista e l’influenza del solidarismo cattolico nella Dc produssero una forte spinta egualitaria. Quanto all’ordinamento dello Stato si affermò la centralità del Parlamento come organo rappresentativo della volontà popolare, circoscrivendo invece il potere del governo che era stato ampliato in modo abnorme, fino alla dittatura personale, dal fascismo. Il Senato, di nomina regia sotto i Savoia, divenne elettivo come la Camera: ai due rami del Parlamento furono affidate funzioni paritarie. E venne limitato il potere dell’esecutivo di emettere decreti con forza di legge. Fu respinta l’ipotesi di far eleggere il presidente della Repubblica dal popolo e il compito di sceglierlo fu affidato alle Camere in seduta comune.

Conformità

Il capo dello Stato fu disegnato come figura di rappresentanza e di garanzia, dotata però del potere di nominare il presidente del Consiglio dei ministri e di sciogliere il Parlamento. Ciò avrebbe con il tempo portato il Quirinale ad assumere un profilo sempre più politico a causa dell’indebolimento dei partiti. Al potere giudiziario fu garantita l’indipendenza. E una novità importante fu la creazione della Corte costituzionale, incaricata di verificare la conformità delle leggi ai principii dell’ordinamento: problema non da poco, dato che la nuova Italia ereditava un vasto complesso di norme dal fascismo. E la Corte vide la luce solo nel 1956. Fu previsto anche di superare il tradizionale centralismo statale con le Regioni: quelle a statuto speciale, caratterizzate da un’autonomia più vasta, e quelle a statuto ordinario, che furono però istituite concretamente solo nel 1970. Qui sono state apportate le modifiche più incisive alla Costituzione, con una vasta riforma introdotta nel 2001.

8 maggio 2024 ( modifica il 9 maggio 2024 | 18:13)