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“Kinds of Kindness”, un deludente esercizio di stile privo di spessore

Da dimenticare il film di Yorgos Lanthimos presentato in concorso. In competizione anche il rumeno “Three Kilometres to the End of the World”

di Andrea Chimento

3' di lettura

Reduce dal Leone d’oro vinto lo scorso settembre alla Mostra del Cinema di Venezia con “Povere creature!”, Yorgos Lanthimos è arrivato al Festival di Cannes per presentare “Kinds of Kindness”, uno dei film più attesi del concorso di quest’anno.

Si tratta di un lungometraggio diviso in tre atti: nel primo episodio, un uomo cerca di prendere il controllo di un’esistenza che sembra totalmente predeterminata; nel secondo, un poliziotto non riconosce la moglie, tornata a casa dopo un periodo passato in ospedale; nel terzo, una donna è determinata a trovare una persona specifica dotata di abilità straordinarie.

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Scritto dal regista insieme a Efthymis Filippou, suo abituale collaboratore già ai tempi dei suoi film in Grecia (come “Dogtooth” e “Alps”) e con cui aveva messo a punto anche le sue prime pellicole internazionali (“The Lobster” e “Il sacrificio del cervo sacro”), “Kinds of Kindness” è un film spiazzante, vista anche la struttura a episodi, ma in cui ritornano le classiche scelte stilistiche del regista e diversi attori con cui aveva già lavorato. Emma Stone collabora per la terza volta consecutiva con Lanthimos, ma ci sono inoltre Willem Dafoe e Margaret Qualley, già presenti in “Povere creature!”.

Oltre ai vari attori, nei tre episodi ci sono punti di contatto, senza però che le storie di fatto si intersechino: nonostante la breve durata di ogni vicenda, hanno tutte e tre il fiato corto, faticando non poco a mantenere alta l’attenzione e arrivando alle relative conclusioni senza intrattenere come vorrebbero.

Si salva, almeno in parte, il primo capitolo – quello più misterioso e intrigante – mentre gli altri due sono del tutto da dimenticare, vittime di passaggi drammaturgici visti e rivisti nella filmografia del regista greco.

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Un film non all’altezza del talento del suo autore

Insieme a Filippou, Lanthimos ha scritto in patria grandi pellicole (il già citato “Dogtooth” in primis) ma il suo talento l’ha anche dimostrato pienamente nei recenti “La favorita” e “Povere creature!”, mentre in questo caso si limita a proporre a un divertissement di bassa lega, una sorta di commedia nera che finisce per risultare un vuoto esercizio di stile fine a se stesso.

L’autore greco dà vita in questo caso a una panoramica sul genere umano più cinica che mai, venata di un’ironia macabra poco funzionale al racconto e spesso controproducente.

Si salva il cast, a partire da Jesse Plemons che si impegna in una serie di ruoli tutt’altro che semplici e si conferma attore davvero degno di nota dopo le sue apparizioni in “Killers of the Flower Moon” e “Civil War”, solo per citare due film usciti nelle sale negli ultimi tempi.

Three Kilometres to the End of the World

In concorso è stato presentato anche l’impegnato “Three Kilometres to the End of the World” di Emanuel Parvu, regista rumeno al suo terzo lungometraggio.

Al centro della storia c’è Adi, un ragazzo di diciassette anni che trascorre l’estate in un villaggio sul delta del Danubio. Una sera viene brutalmente aggredito e picchiato: la matrice è omofoba e inizierà un’indagine per capire chi siano i colpevoli.

Parvu racconta uno spazio piccolo per trattare qualcosa di molto ampio: la metafora raggiunge velocemente riflessioni universali, relative all’ipocrisia di una società che viene lentamente smascherata nel corso della narrazione.

Lo stile è abbastanza scolastico, ma la pellicola è incisiva e scritta con cura, soprattutto grazie a una serie di dialoghi ficcanti che dimostrano anche la discreta forza di un copione realizzato con la giusta attenzione.

Grandi guizzi non ci sono, ma il film scuote e interessa fino alla fine, confermando l’ottimo stato della produzione rumena, una delle cinematografie più presenti nei festival degli ultimi anni e tra le più premiate in assoluto.

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