Gianluca Costantini è un artista attivista che dal 2010 insegna arte del fumetto all’Accademia di Bologna e da anni combatte le sue battaglie in difesa dei diritti umani attraverso il disegno. Accusato di terrorismo dal governo turco, collabora con ActionAid, Amnesty, SOS Méditerranée, Arci e Emergency. I suoi disegni sono diventati il racconto di numerosi festival tra cui l’HRW Film di Londra, New York e Toronto, il FIFDH dei diritti umani di Ginevra, il festival dei diritti umani di Milano e quello di Internazionale a Ferrara. In questi giorni con l’installazione «Ci sono amori senza paradiso», dedicata alle vittime di femminicidio in Italia, è presente anche al festival «Vicino/lontano Premio Terzani» che aderisce alla campagna Nazionale di Rai Radio1 e del Giornale Radio Rai «Come un’Onda, contro la violenza sulle Donne». Da anni collabora con l’attivista Ai Weiwei Zod, premiato dalla giuria del Premio Terzani con una menzione speciale e che stasera 11 maggio interverrà da remoto al festival. L’installazione, che sarà visibile fino a domani in piazza Libertà a Udine, è progettata dall’architetto Alberto Cervesato, ha un diametro di 20 metri, ed ospita i ritratti di tante donne vittime di femminicidio come Giulia Cecchettin, Carol Maltesi, Roberta Siracusa, Marisa Leo e tante altre. Diciassette ritratti all’esterno, cinque grandi ritratti di Giulia in bianco e nero all’interno. Volti, parole, immagini dunque per dare corpo ad emozioni e dignità. Con Gianluca scambiamo qualche opinione sul femminicidio.

Una donna uccisa ogni due giorni non è solo un problema di ordine pubblico ma una ferita inferta alla società civile. Come mai hai scelto di disegnare il volto delle donne uccise?
Ho iniziato a lavorare a caso, poi è arrivato l’omicidio di Giulia che ha portato le donne in piazza. Questi disegni sono il mio modo di stare in quella storia e farla conoscere agli altri. Sono infastidito dalla rappresentazione sempre ambigua che i giornali fanno delle vittime. Per questo ho iniziato a disegnarle in modo semplice, volevo dar loro importanza, restituire a queste donne il loro vero volto. Ho scelto alcune vittime molto conosciute, altre per la delicatezza del volto o del loro sguardo.

Prima di essere un omicida questi uomini erano padre, figlio, fidanzato, amante cioè avevano un rapporto di affetto con le vittime. Come è possibile che un tenero fidanzato diventi un uomo violento secondo te?
Spesso il femminicida è il tuo vicino di casa che premedita a lungo quello che vuole fare. Si tratta di possesso o desiderio di vendetta. Credo che alla base vi sia la società patriarcale, come i bambini vengono cresciuti emotivamente. Io stesso mi chiedo cosa farei se mio figlio facesse una cosa del genere. Quasi sempre la famiglia protegge l’omicida. E’ sempre difficile per l’uomo parlarne, ecco perché ho fatto questo lavoro. Molti uomini che conosco sono maschilisti asintomatici. Io insegno all’Accademia e con i miei colleghi mi trovo spesso a discutere sui motivi per i quali ci sono poche donne che insegnano da noi.
I miei colleghi sottolineano spesso la bravura delle donne, ma preferiscono avere dei maschi accanto. Anche con le persone più aperte è difficile parlare di disparità. Ho lavorato molto sulle donne iraniane, quando ne parlo con gli italiani loro approvano le proteste delle donne iraniane.
Ma quando ricordo loro che ci sono più ingegnere e politiche in Iran che in Italia, non lo accettano. È più importante far vedere i capelli delle donne che riconoscere il loro lavoro.