Seminario di yoga - Il Nuovo Terraglio
Rosso d'Inverno

Seminario di yoga

6 minuti di lettura

Benvenuti nella sezione dedicata ai racconti del Concorso Letterario Nazionale “ROSSO D’INVERNO”, giunto quest’anno alla X edizione con il tema della “Leggerezza”, ispirato dalle parole evocative e intramontabili di Italo Calvino. Buona lettura!

Ehi cara, sì dico a te… avvicinati, voglio raccontarti una cosa… vedi quel ragazzo al bancone? Quello con la maglia rossa, sì, coi capelli neri, proprio lui… guarda con che gesti abili si muove… lui è il ragazzo di cui sono innamorata. Avvicinati, dai, siedi qui. Non puoi fare una pausa? Solo pochi minuti… permettimi di dare sfogo al mio affanno. Da dove comincio? Guardalo, non è virile con quegli occhi pungenti? Da quando l’ho incontrato non sono più riuscita a concentrarmi… sì, ero lì a fare yoga… non è che non la facessi, ci riuscivo, seguivo le parole, ma il corpo era una nuvola di panna, si scioglieva in un tocco. Dov’ero, vuoi sapere? A un seminario… ho sempre creduto nel potere salvifico di certe vacanze… hai presente quando punti tutto sul cacciare ogni sofferenza, spazzarla via con energia attraverso le pratiche proposte? Ha sempre funzionato… no no, c’è l’altra cameriera che li sta servendo, non preoccuparti, resta con me. Ti dicevo, mi volevo purificare, ma qualcosa me lo impediva. Non è che pensassi a lui mentre stiravo le mie gambe, o fra una posizione e l’altra, no. Ma sapere che ci fosse, che stesse lì a pochi metri di distanza, mi rendeva inconsapevole, sbadata. Le mie bruttezze, le mie rigidità, si smussavano.

Sentivo di star tradendo pure questa disciplina, i suoi presupposti e il motivo stesso del mio essere andata in un posto sperduto in mezzo alle colline: che la mia vita fosse un calvario – perché da quel momento non lo era più. Mi dicevo, che ci sono venuta a fare se non posso più curare i miei mali? Mah sì, tutte le preoccupazioni di donna single… certo, certo, non è colpa mia, però… vedi, non riesco a dire quello che penso, è già svanito. Forse quando stai bene non hai bisogno di parole. Questo effetto mi fa. Come, sta prendendo una birra? Sicuramente è la birra di fine lavoro, sì, lui è così intelligente che insegna all’università, per questo sono qui… volevo rivederlo. No no, ferma, non voglio farmi riconoscere, aspetta, prima devi sentire la storia. Ero impaurita, che la felicità mi togliesse ciò che ero, che cancellasse l’essenza della mia persona, impedendomi di sciogliere i nodi essenziali della mia psiche. Come potevo rimanere senza ciò che mi definiva? La minaccia dei miei pensieri? Cosa ero senza più paranoia?

La prima notte non chiusi occhio. Non pensavo a lui, o meglio, una parte di me lo faceva, ma me ne chiamavo fuori. Mi dicevo: dormi, dormi, e cancellavo velocemente la sua faccia da davanti agli occhi, che poi dov’è davanti, quando li hai chiusi? Un pensiero dirompente, ricordo di una passione? Un cunicolo, ben nascosto, che lascia presagire l’attrattiva? So solo che mi agitai. Poi, quando il sonno arrivò, subito finì, era già mattina, capisci? Dopo poco l’avrei rivisto, mi avrebbe sorpreso con un saluto maldestro, e avrei letto nei suoi occhi lo spavento: anche io ho cercato di scacciarti, mi dicevano, e questo avrebbe pompato ancor più sangue nelle mie vene, come di fatto fece.

Salii in sala pratiche, mi sdraiai e cercai di isolarmi, non volevo distrazioni. Insomma, scoprire che avesse rivolto verso di me la sua attenzione mi turbava, mi rubava energia, che volevo dedicare alle pratiche. Per quale motivo? Perché era quello che mi ero prefissata. Feci un po’ di stretching, raccolsi le gambe sulle ginocchia per alleviare i dolori alla schiena, ma una volta in piedi notai che era entrato, che era sdraiato nella mia stessa posizione, con le gambe raccolte, nonostante la lezione non fosse ancora iniziata, come se avesse preso spunto da me, ti rendi conto? Il che mi diede ulteriore conferma del fatto che mi aveva adocchiata. Stavo crollando. Come perché? Perché è bellissimo, cavolo, sfiorarlo mi fa trasalire e riconoscere nei suoi gesti un principio d’interesse per me mi diede alla testa. Vuoi sapere perché non voglio avvicinarlo? Sei matta? Non è ancora il momento… ti prego, lasciami andare avanti, capirai. Sua sorella è magnifica, l’adoro, e sono sicura che non avrebbe voluto la nostra unione. Lui è così giovane, mia cara, perfetto, mentre io sono consumata dagli anni, dalle confessioni che dovrei fare. Il mio passato è buio, lui è pura luce, e la cosa, per essere sincere, mi colma, mi alleggerisce, spalancando le porte sull’abisso.

C’è incoscienza nel mio passato… una macchia nera e appiccicosa, burrone scosceso mai attraversato. La mia vita è un cumulo di fallimenti, e dove mi giro mi giro non vedo altro che vergogna. Come posso superare tuto questo? Allora cos’è, mi chiederai, quella voglia che avevamo di stare vicini, di toccarci? Moto incontrollato, che ci confinava a una distanza? Sì, per via della sorella. Forse anche lui l’ha intuito, sa che ha già avuto esperienze in passato e vuole proteggerla. Sì, le sue amiche sono già state coi suoi fratelli, non lui, l’altro, il più grande. Può essere che si faccia scrupoli. Non so… ma è così dolce… non ti ho detto, quando sua sorella era ormai in camera – aveva appena vomitato – e noi stavamo facendo il lavoro di gruppo, seduti per terra, nella sala che pareva una casa sull’albero, in cui da ogni lato si vedevano fronde gigantesche e il vento entrava dai grossi finestroni, affiancati a pochi metri, colsi l’occasione per chiedergli come lei stesse, e lui arrossì, imbarazzato, rispondendomi con voce strozzata. Dopodiché non la smise di guardarmi, come se cercasse un contatto.

Se ci sono stati altri segnali? Diciamo che mi ero già accorta che mi osservava. Quando fummo sulla collina, si mise in fila dietro di me, a parlare col suo amico. Ero di fianco a una, stava nascendo un’amicizia con lei. Vendendomi leggermente affranta mi chiese se non avessi appena rotto e io risposi che no, non avevo rotto. Il mio passato doveva rimanere all’oscuro, la relazione clandestina con un uomo più vecchio, il sentirmi persa, senza nessuno al mondo, dopo la morte di mia madre, bisognava nasconderlo alla sua visuale. Lui origliò. Non parlavo per fargli piacere, sia chiaro. Non all’inizio: ero divisa fra la possibilità di far nascere un’amicizia con la ragazza, coltivandola su quel crinale, e usare la poveretta come palo per il nostro flirt. Volevo con tutta me stessa la prima. Come perché? Perché non volevo mischiare le acque, no? Da una parte le sporche passioni carnali, dall’altra i percorsi spirituali. Dai, non c’entrava con questi. Dici che poteva entrarci? Che avrebbe potuto amarmi nella parte più fragile? Ma no, voleva solo sedurmi. Allora perché è sparito? Non mi ha più scritto. Mi è mancato. Lo odio, odio l’amore.

Ma andiamo avanti, voglio raccontarti un ultimo episodio, quando mi ha fatto sentire una farfalla. C’è tempo? Ancora un secondo, è importante.
Ci stavamo salutando, avevo fretta, lui sembrava spaventato (di lasciare il seminario? di lasciarmi?). I saluti si svolsero leggeri, affranti, come al solito, nell’irritante vana speranza che la sensazione di aver toccato il cielo con un dito potesse replicarsi nella vita reale – desiderio vivo in tutti noi. Ma sapevamo che tornando ogni cosa sarebbe cambiata, che saremmo piombati nel mondo in cui le persone perlopiù si odiano, come qua, vedi, quel signore che freme alla cassa? Sta guardando di traverso il ragazzo, ha fretta. Siamo così smaniosi di arrivare più in là degli altri. Io e lui, che ci eravamo invaghiti, sentivamo ancora di più il pericolo di tornare. Ma non sapevo se anche lui lo fosse, non ne ero certa.

Perciò, da lontano, immersi nel mucchio di gente che si scambiava gentilezze, quando il mio sguardo incrociò il suo, vedendo che si ritraeva, mi trattenni, lo riabbassai. Poi, fu questione di istanti, abbracciai qualcuno, o lasciai che lui l’abbracciasse, non ricordo, e al secondo incontro, senza il minimo preavviso, si diresse verso di me, io feci lo stesso: ci unimmo. Per la prima volta dall’inizio della vacanza, i nostri corpi si toccavano da capo a piedi, il che fece sì, istintivamente, che durante quei lunghi momenti attesi, non fossi più io, come se, fantasticai, dopo tre giorni di agonia, i poli opposti che avevamo a gran forza cercato di mantenere separati, si annullassero. Ma certo, separati per via della sorella. E del mio passato.

Il cuore accelerò, e sentii il suo che faceva lo stesso, con il seno, il che mi diede prova ufficiale di quanto sospettavo. M’infiammai, il cielo e il sole si liquefecero con la natura e lo stabile di pietra e calce circostante. Niente più avrebbe potuto bloccare la transizione in atto, un pezzo di lui entrava dentro di me e un po’ del mio essere si scambiava col suo.

Eccolo che si avvicina, mi ha riconosciuta… mio dio, che faccio ora?

Articoli correlati
Rosso d'Inverno

Lucky strike

4 minuti di lettura
Benvenuti nella sezione dedicata ai racconti del Concorso Letterario Nazionale “ROSSO D’INVERNO”, giunto quest’anno alla X edizione con il tema della “Leggerezza”, ispirato…
Rosso d'InvernoSlide-main

Le lenticchie del signor Foscarini

6 minuti di lettura
Benvenuti nella sezione dedicata ai racconti del Concorso Letterario Nazionale “ROSSO D’INVERNO”, giunto quest’anno alla X edizione con il tema della “Leggerezza”, ispirato…
Rosso d'Inverno

Il mio dito sinistro

6 minuti di lettura
Benvenuti nella sezione dedicata ai racconti del Concorso Letterario Nazionale “ROSSO D’INVERNO”, giunto quest’anno alla X edizione con il tema della “Leggerezza”, ispirato…