Indiana Jones e il Quadrante del Destino - Recensione: il tempo di Indy
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Indiana Jones e il Quadrante del Destino - Recensione: il tempo di Indy

Il popolo del Festival di Cannes accoglie calorosamente Harrison Ford e Indiana Jones e il Quadrante del Destino di James Mangold, mentre Thierry Fremaux ci tiene a farci sapere che è un bel film!

Indiana Jones e il Quadrante del Destino viene abbracciato dal Festival di Cannes in un clima elettrico. 

 

Thierry Fremaux, nella sua dialettica scomposta tipica dei discorsi dello zio ubriaco ai matrimoni, introduce e ringrazia Bob Iger come “CEO o qualsiasi cosa tu sia”, ricordando a Disney e al sistema produttivo di Hollywood quanto poco ai francesi, e alla loro idea di Cinema, interessino i titoli da Big Company. 

 

 

[Trailer internazionale di Indiana Jones e il Quadrante del Destino] 

 

 

Si redime un po’ inciampando simpaticamente nel salutare James Mangold, regista del film, e il cast di protagonisti per poi soffermarsi su Harrison Ford.

 

L’attore statunitense e la sua ciondolante noncuranza verso tutto, tratto caratteriale che lo rende un personaggio di Hollywood stupendamente atipico e cool, sale sul palco per ringraziare commosso l’enorme pubblico presente in sala e il Festival di Cannes per avergli reso omaggio premiandolo con la Palma onoraria. La sua fortunata vita artistica gli è stata riassunta in un piccolo omaggio sullo schermo come il poetico flash che ci passa davanti agli occhi prima di morire, dice l'attore scherzando; Harrison Ford ha anche un peculiare e personale senso dell’umorismo, che in questo caso spezza l'evidenze onda di sentimenti che lo sta travolgendo. 

 

Eppure non siamo a Cannes per questo motivo, quanto per la prima di Indiana Jones e il Quadrante del Destino, ultimo film con Ford protagonista e primo senza Steven Spielberg dietro la macchina da presa. 

 

[Trailer italiano di Indiana Jones e il Quadrante del Destino] 

 

 

Proprio da Steven Spielberg mi sento di partire nel parlarvi di Indiana Jones e il Quadrante del Destino, che durante il Time 100 Summit si è detto orgoglioso del lavoro svolto da James Mangold, aggiungendo: “Dannazione! Credevo di essere l’unico a sapere come farne uno!”.

 

In tutta franchezza credo che chiunque si sentirebbe in ansia nel dover riempire le scarpe di Steven Spielberg, soprattutto se la responsabilità è quella di chiudere le avventure di uno dei personaggi più iconici della Storia del Cinema.

Tuttavia James Mangold è il regista di Quel treno per Yuma, Logan e Le Mans ‘66 - La grande sfida, film nei quali mostra l’ampio spettro di capacità alle quali attinge per lavorare con una certa epica, ma soprattutto per proporre una sua interpretazione delle rocambolesche scene d’azione spielberghiane che contraddistinguono la saga.

 

La sceneggiatura di Jez Butterworth, John-Henry Butterworth, David Koepp e James Mangold, riprende indiana Jones dai tardi anni ‘60, qualche anno dopo gli eventi di Indiana Jones e il teschio di cristallo

In tal senso, Indiana Jones e il Quadrante del Destino cerca di ripulire la timeline da decisioni che nel 2008 sembravano suggerire una famiglia Jones allargata, cambiando focus per dedicarsi più che altro a riportare in primo piano il nemico giurato di Indiana Jones: i nazisti.

 

Mads Mikkelsen è un cattivo poco incisivo, ma porta con sé il tema del tempo, cruciale in questo film, come suggerisce anche il ticchettio che parte dal nero a inizio film.

 

 

[Indiana Jones e il Quadrante del Destino è l'ennesima produzione che sfrutta non al meglio Mads Mikkelsen]

 

 

Il tempo stringe per Indiana Jones. 

 

Il tempo delle avventure alla ricerca dei misticismi del passato sembra essere finito, l’umanità ora volge lo sguardo oltre la terra nella quale ha scavato cercando reliquie, guardando alle stelle.

Indiana Jones in questo scenario sembra dimenticato e le frontiere da esplorare sono apparentemente abbattute, eccetto una.

Bravi, avete indovinato! Quella del tempo.

 

I nazisti e tutto quello che rappresentano i loro ideali per nostra sfortuna sembrano resistere al tempo, ma Indiana Jones, a discapito dei suoi villain da sempre scritti come co-protagonisti, è il vero fulcro di ogni segmento del film: un eroe che ha bisogno quasi solo di se stesso per conquistare il suo pubblico, perché tanto i nazisti li odiano tutti - eccetto i nazisti stessi - e non serve altro.

Indiana Jones sembra quasi prendere vita solo ed esclusivamente quando è Harrison Ford a riempirlo con la sua particolare personalità, quel suo essere dinamico eppure stranamente statico nell’esercizio di tempi comici le cui conseguenze sono sempre à la Buster Keaton; anche quando i ritmi cambiano a causa del passaggio del... tempo, bravi!

 

Indiana Jones e il Quadrante del Destino regala agli amanti del personaggio i tratti che lo caratterizzano, senza però inondarlo di fan service, evitando di ricordare loro costantemente cosa sta guardando strizzando l’occhio, ma cercando attraverso il personaggio di Phoebe Waller-Bridge, accompagnato dalla spalla-bambino interpretata da Ethan Isidore, di creare un plot che sia nuovo eppure sempre uguale a se stesso, scambiando il rapporto romantico con uno emotivo emotivo.

 

Waller-Bridge è quindi una miccia utile a riaccendere ancora una volta Indiana Jones, nonché motivo di conflitto.

 

 

[Waller-Bridge risponde molto bene al richiamo di Indiana Jones e il Quadrante del Destino]

 

In Indiana Jones e il Quadrante del Destino sembra esserci la summa della poetica del protagonista e Indy trova la sua strada verso l'avventura, seppur poco ispirato nella costruzione dell'intreccio a supporto nel suo conflitto con il tempo, presente dentro e fuori dal film.

 

Questo pseudo meta-villain veicolato da Mikkelsen è anche una straordinaria risorsa, perché Indiana è pur sempre professore di archeologia e se la Storia non è al suo posto, ovvero in un museo, e se di mezzo ci sono dei nazisti, a lui le cose non piacciono proprio.

 

Indiana Jones e il Quadrante del Destino diventa quindi un ultimo hurrah! dedicato al personaggio di Steven Spielberg e George Lucas, per mettere in chiaro quello che Il Teschio di Cristallo aveva lasciato sospeso, portando allo spettatore toni un po’ più nostalgici e decadenti; il tempo ha questo vizio e in quest'avventura Indiana deve anche guardarlo bene negli occhi, perdendosi nel flusso delle sue bugie, quasi metacinematografiche rispetto al pensiero dello spettatore.

 

Il film ha poi a mio avviso il grande merito di giocarsi bene la presenza di Harrison Ford che, tra CGI e (presumo) stunt double, grazie a montaggio e regia riesce a non portare lo spettatore nella The Irishman-valley quando viene ringiovanito. Se avete visto il film di Martin Scorsese sapete di cosa parlo. Per quanto la precisione dell’espediente funzioni al meglio nelle fasi meno concitate, il risultato complessivo non è disprezzabile, considerando le differenti possibilità di attingere a del girato che aiutasse a conferire credibilità ai primi piani dedicati a Ford e a Mikkelsen quando sono in scena,  

 

Sotto il profilo tecnico dei VFX Indiana Jones e il Quadrante del Destino è molto più colpevole in una delle sequenze finali, che avrebbe giovato di una location ricercata ad hoc, piuttosto che l’uso di green screen che non rendono giustizia a quello che dovrebbe essere un momento molto importante, su un piano drammatico; in fondo erano già a zonzo per il Mar Mediterraneo e una bella ripresa esterna sarebbe sembrata cosa buona e giusta.

 

 

[Harrison Ford è Indy per l'ultima volta in Indiana Jones e il Quadrato del Destino]


 

Mettendo da parte l’annoso problema dell’impiego di VFX poco rifiniti e decisioni produttive discutibili, Indiana Jones e il Quadrante del Destino non è un pessimo modo per salutare il personaggio e riesce a riportare l’archeologo nel cuore dei fan, consegnandolo finalmente a una meritata pensione. 

 

Indiana Jones e il Quadrante del Destino è un film d’avventura calzante rispetto al mito del personaggio, ma che avrà sempre il peso di non essere mai grande quanto le origini della leggenda. 

Il dubbio che rimane forse irrisolto è che potrebbe non esserci più tempo, nel Cinema di oggi, per replicare la magia di Indiana Jones. 

 

Vedete: il fulcro è sempre il tempo.  

 

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2 commenti

Terry Miller

10 mesi fa

Mi trovo d'accordo con la recensione di Ale. Non si grida al capolavoro, ma è un ottimo modo per salutare per sempre, spero, un personaggio che ci ha fatto emozionare per tanti anni. Il ringiovanimento digitale ha fatto passi avanti incredibili e mentre l'inizio del film si svolgeva ho avuto sempre meno la sensazione del "si vede che è finto" che provavo nei primi minuti del film.

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Claudio Bertelle

11 mesi fa

Grande Ale, trovo assolutamente giusto che i certi personaggi debbano restare nel loro tempo 😉

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