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Guerra Putin-Italia atto secondo: la Russia sequestra 463 milioni a Unicredit

Tegola legale in Russia per Unicredit. Sono trascorsi appena venti giorni dal decreto con cui Mosca aveva deciso di nazionalizzare la filiale locale di Ariston, affidandola in gestione a una partecipate del colosso statale Gazprom, e un’altra società italiana entra nel mirino della autorità russe. La Corte di Arbitrato di San Pietroburgo ha ordinato il sequestro preventivo di 463 milioni di euro su conti e proprietà della controllata russa dell’istituto guidato da Andrea Orcel. La vicenda ricade all’interno di una causa con una partecipata di Gazprom. Dall’istituto non arrivano commenti. 

Non fosse legato alle sanzioni imposte contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina, a prima vista l’intera vicenda sarebbe uno dei tanti contenziosi commerciali tra aziende in giro per il mondo. Sullo sfondo ci sono però la risposta della Ue alla guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina, la pressante richiesta della Banca centrale europea agli istituti del Continente affinché taglino i ponti con la Federazione, le decisioni del Cremlino contro Ariston giustificate dall’ambasciatore russo Alexey Paramov come  un  risposta “agli atti ostili e alle sterili e pericolose avventure geopolitiche anti-russe". 

La decisione di San Pietroburgo è stata presa su istanza di Ruskhimalyans, conosciuta anche con il nome inglese di RusChemAlliance, partecipata al 50% del gigante statale dell’energia, che si occupa della produzione di gas liquido. Lo scorso anno l’azienda aveva intentato causa contro la banca per la mancata esecuzione di una garanzia su un contratto stipulato con un consorzio tedesco. Dopo lo stop a un progetto nel porto baltico di Ust-Luga, fermato dalle sanzioni europee, Unicredit non aveva pagato le relative garanzie bancarie. Lo stesso avevano fatto altri istituti garanti, tra cui le tedesche Commerzbank e Deutsche Bank.

Il caso è legato a un cosiddetto perfomance bond a garanzia del contratto tra Ruskhimalyans  e il consorzio Lide, per la costruzione di un impianto di trattamento del gas. Quando i contraenti tedeschi si sono tirati indietro per rnon violare le sanzioni, Ruskhimalyans ha chiesto il pagamento delle garanzie che le sono state rifiutate. Farlo sarebbe stato a sua volta una violazione delle misure imposte contro il Cremlino. 

Lo scontro si perde nei labirinti del diritto commerciale.  A metà aprile il gruppo di Piazza Gae Aulenti aveva segnato un punto a proprio favore. Unicredit si era infatti rivolta alla Corte suprema britannica per chiedere di non tenere la causa in Russia. Perché Orcel e suoi si sono rivolti proprio a Londra? Il contratto tra Ruskhimalyans e Unicredit è di diritto inglese. Una clausola prevede inoltre che eventuali dispute e contenziosi debbano essere discussi davanti alla sezione arbitrale della Camera di commercio internazionale di Parigi.

La banca italiana aveva già ottenuto un'ingiunzione anti-causa per impedire che i russi portassero avanti il caso.  La partecipata Gazprom aveva poi fatto appello, senza successo, nel tentativo di ottenere che la richiesta di sospendere re la causa in Russia fosse presa  in Francia.  

La pronuncia non è bastata. Il tribunale russo è andato avanti. A complicare il quadro le due giurisdizioni sotto le quali può ricadere il contratto sono anche dei due Paesi, Gran Bretagna e Francia, in prima linea nel sostegno a Kiev contro l’invasione russa. Il presidente francese Emmanuel Macron ormai non esclude più l’invio di truppe. Il premier britannico Rishi Sunak definisce il suo Paese il maggior sostenitore dell’Ucraina.

La Farnesina sta seguendo la vicenda. Il caso sarà discusso lunedì 20 maggio nella prossima riunione del tavolo permanente con le imprese italiane che ancora hanno interessi nella Federazione. L’ultimo incontro, a inizio maggio, era stato segnato dalla nazionalizzazione dello stabilimento Ariston. “Dobbiamo fare in modo che le nostre imprese possano essere protette, e che continuino legittimamente a lavorare in Russia”, aveva detto nell’occasione il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. 

Ora tra le feluche plana  l’affaire Unicredit. L’attività dell’istituto in Russia è al centro delle preoccupazioni anche della Banca centrale europea. Pochi giorni prima delle decisioni della Corte suprema di Londra, l’agenzia Reuters riferiva che l’Eurotower è pronta a sollecitare l’istituto a tagliare le attività all’ombra del Cremlino. Una richiesta simile a quella fatta all’austriaca Raiffeisen Bank.

“UniCredit avrà risolto completamente la sua esposizione transfrontaliera verso la Russia entro la fine del 2025 e continuerà a ridurre l'esposizione locale”, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministratore delegato Andrea Orcel, commentando i risultati del primo trimestre dell’anno. “Negli ultimi due anni abbiamo ridotto l'esposizione cross border verso la Russia del 91 per cento e sarà azzerata nei prossimi 15-18 mesi. Sulla parte locale l’abbiamo ridotta del 67 per cento”, ha spiegato il manager in un'intervista a Class Cnbc. “La nostra strategia è di disimpegno progressivo e ordinato nei prossimi anni”,

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