Putin alla parata della Vittoria: 'Le forze nucleari sono in allerta' - la Repubblica

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Alla Parata della Vittoria sotto la neve, Putin minaccia: “Le nostre forze nucleari sono in allerta”

Alla Parata della Vittoria sotto la neve, Putin minaccia: “Le nostre forze nucleari sono in allerta”

Mai così pochi uomini e mezzi, ma fiducia nell’avanzata militare in Ucraina. Al via esercitazioni congiunte con Minsk. In tribuna otto leader stranieri. Un moscovita: “Tutta propaganda”. Ma qualcun altro dice: “Libereremo Kiev dai neonazisti”

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MOSCA — La neve nella Giornata della Vittoria non si era mai vista. Comincia a sferzare portata dal vento proprio quando, al rintoccare delle 10, tutti gli schermi della Federazione si sintonizzano sulla Piazza Rossa per mostrare l’arrivo del tricolore nazionale e dello Stendardo della Vittoria con falce e martello, la bandiera simbolo del trionfo sovietico sulla Germania nazista che fu issata dai soldati dell’Armata Rossa sul Reichstag di Berlino.

È il 9 maggio moscovita più freddo dalla resa del Terzo Reich nel 1945, dicono i meteorologi. Non sorprende perciò che, alle transenne che costeggiano le strade del centro, presidiate da un agente ogni 10 metri, non ci sia la solita calca impaziente di vedere la parata militare. Anche se qualche entusiasta irriducibile esulta per «l’atmosfera senza precedenti» in questa giornata di festa nazionale. «La nostra festa sacra più importante», la definisce Vladimir Putin che ne ha fatto il pilastro dei suoi 24 anni al potere.

Le minacce di Putin: “Forze nucleari in allerta”

Un sole improvviso lo bacia quando prende posto sul podio per il suo tradizionale discorso dopo che il comandante delle forze di terra, Oleg Saljukov, e il ministro “ad interim” della Difesa, Sergej Shojgu, hanno passato in rassegna le truppe schierate sull’acciottolato.

«La Russia — dice il presidente russo che si è insediato da Zar per un quinto mandato solo due giorni fa — farà di tutto per prevenire un conflitto globale, ma non permetteremo a nessuno di minacciarci. Le nostre forze strategiche sono sempre pronte al combattimento». E perché non appaiono minacce vuote, a fine cerimonia, rivela che Mosca e Minsk hanno iniziato i preparativi delle esercitazioni con armi nucleari tattiche annunciate lunedì, pur minimizzando: «Nulla di insolito qui, si tratta di lavoro pianificato».

Putin accusa l’Occidente di «distorcere la verità sulla Seconda Guerra Mondiale» e afferma che «la Russia non ha mai sminuito l’importanza del secondo fronte e dell’aiuto degli Alleati», eppure sostiene che mentre i sovietici «combattevano i nazisti quasi uno contro uno, quasi tutta l’Europa lavorava per il potere militare della Wehrmacht».

Poi ammette che «la Russia attraversa un periodo difficile» e chiede un minuto di silenzio per onorare, insieme ai caduti della Grande Guerra Patriottica, come la Russia chiama la Seconda Guerra Mondiale, anche «i compagni d’armi morti nella lotta ai neonazisti», come descrive falsamente gli ucraini. Per poi concludere tra le cannonate a salve: «Per la Russia! Per la vittoria! Urrah!».

La parola “Pobeda”, Vittoria

Pobeda, Vittoria, è la parola che campeggia ovunque. Non solo in Piazza Rossa, ma sugli stendardi rossi che sventolano lungo i ponti sulla Moscova, sopra i tank-trofeo della Nato catturati in Ucraina esposti sulla collina Poklonnaja o sugli adesivi che decorano le vetrine dei bar. Un’allusione al trionfo sovietico sul nazifascismo, certo, ma anche a una nuova vittoria, in Ucraina, che la Russia sente più vicina.

Nel 2022 il paragone fu un altro: la lotta ai “neonazisti di Kiev” come la guerra al Terzo Reich. L’anno scorso, stesso parallelismo, ma senza enfasi, dopo una serie di sconfitte sul campo e lo shock dei due droni sul Cremlino. Adesso la simmetria è tutta qua: la vittoria vicina come nel 1945.

La parata sobria: pochi uomini e mezzi

Tanto ottimismo a dispetto di una parata mai così sobria: soltanto 9mila uomini e 75 mezzi perché «le unità coinvolte nella zona di conflitto — scrive Isvestija — non sono state distolte dal combattimento».

Sole e neve continuano ad alternarsi mentre marciano 30 unità, compresi 1000 reduci dal fronte ucraino. Il T-34, il leggendario blindato sovietico che da tradizione apre il corteo degli equipaggiamenti, è come l’anno scorso l’unico carro armato esibito.

Seguono i sistemi missilistici S400 e Iskander che, dice il commentatore tv, «fanno un danno enorme al nemico nella zona dell’Operazione militare speciale» e tre lanciamissili balistici intercontinentali Jars «capaci di colpire obiettivi in qualsiasi punto del globo».

E, dopo aver disertato le ultime due parate, l’aviazione approfitta di un temporaneo sprazzo di sole per sfrecciare: prima i Cavalieri e Rondoni nella formazione Diamante di Kubinka, poi una pattuglia di sei Su-25 che colora il cielo di bianco blu e rosso.

Otto leader stranieri. La tv: “Macché isolamento”

Vladimir Putin non sembra turbato dal formato ridotto della sfilata. Attorniato in tribuna dai pochi veterani ancora vivi a 79 anni dalla caduta di Berlino, osserva compiaciuto col nastro neroarancione di San Giorgio appuntato sul cappotto costellato di fiocchi di neve.

Poi s’incammina verso i Giardini di Alessandro per rendere omaggio al Milite ignoto, conversando sorridente con Shojgu, che attende speranzoso la riconferma nel nuovo governo, o scambiando una parola con gli otto leader stranieri che lo accompagnano.

«Di quale isolamento parliamo?», commentano in tv elencandone i Paesi: Kazakhstan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Bielorussia, Cuba, Laos e Guinea-Bissau. Ma il premier armeno Nikol Pashinjan che alla vigilia era a Mosca per il vertice dell’Unione economica euroasiatica diserta, a conferma delle frizioni tra Mosca e Erevan.

Niente Reggimento Immortale

Annullato per il secondo anno consecutivo il Reggimento Immortale, il corteo di cittadini che mostrano i ritratti dei loro antenati che combatterono contro i nazisti. L’allerta di sicurezza è massimo dopo l’attacco alla Crocus City Hall di marzo e per possibili attacchi ucraini. Ma i droni di Kiev colpiscono lontano: nelle regioni di Belgorod e Kursk e persino in Baschiria, a 1.200 km dal confine ucraino.

La mostra sulla Vecchia Arbat

I moscoviti che si erano assiepati alle transenne sembrano smarriti. Vagano senza meta con poco entusiasmo. Molti finiscono col passeggiare sulla storica Vecchia Arbat dove c’è una mostra dedicata agli “eroi” del conflitto in Ucraina con disegni infarciti di slogan storici e biblici. Titolo: Mi nesiom mir, “Portiamo la pace”.

Aleksandr, barista 37 anni, scuote la testa: «È tutta propaganda. Come il discorso di Putin. Oggi dovrebbe essere una giornata di lutto». È il solo a dissentire. Sergej Kulikov, operaio edile cinquantenne, si sofferma davanti a una citazione dalla Lettera ai Romani: «Se Dio è con noi, chi è contro di noi?». È convinto che la Russia stia liberando «il suo territorio storico dai nazisti che si sono moltiplicati». Evgenij Viselov, imprenditore 45enne, è d’accordo «al 100 per 100» con lo slogan della mostra: “Lo dice anche un vecchio proverbio, il buono deve essere armato coi pugni».

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