…e ora parliamo di Kevin

…e ora parliamo di Kevin

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Non mancano alcune forzature, come il saluto di Kevin alla platea o il pur piacevole ma meccanico ricorso ad allegri brani musicali come contraltare di situazioni drammatiche, ma nel suo complesso “…e ora parliamo di Kevin” è un’opera che trabocca sovrabbondanza di idee sia sul piano narrativo che visivo. In concorso al Festival di Cannes.

L’innocenza del diavolo

Eva ha rinunciato alla carriera e alle ambizioni personali per il primo genito Kevin, ma la comunicazione tra madre e figlio si dimostra davvero complicata. Alla soglia dei sedici anni, Kevin commette un atto irreparabile. Eva è combattuta tra il senso di colpa e il suo spirito materno: ha mai veramente amato suo figlio? Quali sono le sue responsabilità per l’atto commesso da Kevin? [sinossi]

Al terzo lungometraggio, la scozzese Lynne Ramsay (Ratcatcher – Acchiappatopi e Morvern Callar), classe 1969, guadagna meritatamente il Concorso della 64a edizione del Festival di Cannes con …e ora parliamo di Kevin, ambiziosa ricostruzione di un dramma umanamente quasi incalcolabile [1]. Senza alcun timore narrativo e soprattutto estetico, la Ramsay cerca di ricomporre i pezzi di un puzzle delirante, infernale: sposando quasi completamente il punto di vista di Eva (Tilda Swinton), la regista e co-sceneggiatrice scandaglia il rapporto madre-figlio attraversando tutti i passaggi che hanno portato la protagonista a essere amante, moglie, madre e infine donna dalla vita e dalla socialità completamente distrutta [2]. In un percorso senza sosta e senza respiro, che cala volutamente lo spettatore in un incubo a occhi aperti, tra cambi repentini di piani temporali e continui rimandi iconografici e cromatici al tragico evento, la Ramsay ha il merito di dare senso alla complessa e ricercata messa in scena, evitando accuratamente di scivolare nell’autocompiacimento estetico [3]. Non mancano alcune forzature, come il “saluto” finale di Kevin alla “platea” o il pur piacevole ma meccanico ricorso ad allegri brani musicali come contraltare di situazioni drammatiche, ma nel suo complesso …e ora parliamo di Kevin è un’opera che trabocca sovrabbondanza di idee sia sul piano narrativo che visivo.

L’insistenza su alcuni temi – su tutti, il colore rosso che domina la pellicola: l’iniziale battaglia coi pomodori, che lentamente assumono ben altra valenza, la vernice che ha imbrattato la casa di Eva e via discorrendo – sembra quasi dare corpo al lancinante dolore di Eva, a un trauma che non si può descrivere direttamente, ma che deve essere ricostruito pezzo per pezzo, con la consapevolezza che il puzzle non potrà mai essere terminato. I pezzi mancanti, per nostra fortuna, non possiamo nemmeno immaginarli.
Lynne Ramsay utilizza sapientemente la colonna sonora e la frammentazione narrativa e visiva, soprattutto con primi/primissimi piani e dettagli, e non resta impigliata nel groviglio dei flashback, sia brevi e taglienti che di più ampio respiro – citiamo almeno l’episodio del braccio rotto, con tutti gli annessi e connessi psicologici, quasi una pietra tombale sulle velleità materne di Eva e sulla possibile innocenza del fanciullo Kevin. (Quasi) Tutto torna nella circolarità di …e ora parliamo di Kevin, nonostante la pretesa finale di riuscire a ingabbiare, spiegare, normalizzare il personaggio di Kevin. Un passo falso, un passo di troppo.

In un lungometraggio ricco di ellissi narrative, forse sarebbe stato meglio tenere fuori la macchina da presa dalla scuola e dalla prigione, ma la tentazione di deframmentare e ricostruire anche il piccolo arciere Kevin, oramai cresciuto, deve essere stata troppo forte.
A parte l’ottima performance di Tilda Swinton, che sembra calarsi con invidiabile naturalezza e facilità in un ruolo sfaccettato e certamente doloroso, e un John C. Reilly (Franklin) bravo ma troppo defilato, vale la pena sottolineare la più che convincente interpretazione del giovane Ezra Miller (Afterschool), evidentemente a suo agio in ruoli estremi.

Note
1. L’inizio del Concorso 2011 è tutto al femminile: dopo il deludente Sleeping Beauty dell’esordiente australiana Julia Leigh e …e ora parliamo di Kevin, sarà il turno di Polisse, scritto, diretto e interpretato dalla transalpina Maïwenn Le Besco.
2. La sceneggiatura, scritta a quattro mani con Rory Kinnear, è tratta dall’omonimo romanzo di Lionel Shriver.
3. Inevitabile il confronto con la sterile estetica del suddetto Sleeping Beauty.
Info
Il sito ufficiale di …e ora parliamo di Kevin.
…e ora parliamo di Kevin sul sito del Festival di Cannes.
Il trailer originale di …e ora parliamo di Kevin.
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