Storia della Drammaturgia - Docsity

Storia della Drammaturgia, Appunti di Drammaturgia

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Appunti di Storia della Drammaturgia
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DRAMMATURGIA 25 SETTEMBRE 2018 [ESAMI 22 GENNAIO] 26 SETTEMBRE 2018 DRAMMATURGIA: uno degli elementi fondamentali che concorrono a fare uno spettacolo teatrale. Altri elementi sono: • Attore • Pubblico • Regia (anche se si è affermata in tempi recenti) • Spazio teatrale ( incide moltissimo) Teatro maggioritario è il teatro all’italiana ma non è l’unico tipo, vi sono altri spazi teatrali. Bisogna ricordarsi che per lunghissimo tempo, fino ad una sessantina di anni fa, con la storia della drammaturgia, coincideva qualsiasi storia del teatro, era considerata come genere letterario (letteratura teatrale) la drammaturgia era considerata il primum del teatro. Come cambiano questo valore e e le funzioni nel nostro modo di pensare? Vi sono due motivi, che facevano si che il testo dello spettacolo fosse l’unica cosa che contasse. Origine percettiva e psicologica (Evento teatrale si compone con una serie di elementi importanti quanto il testo, relazione pubblico ecc) ma anche il testo drammatico. L’evento teatrale nasce sotto la stella dell’effimero, di ciò che è destinato a vivere per poi scomparire per sempre, cosi come le registrazioni. Né la fotografia, né la registrazione sostituiscono lo spettacolo, semmai possono documentarlo. Il testo no. Il documento è oggetto di tutti i limiti che sono propri di un documento. Nel caso specifico delle registrazioni, vengono per necessità tecniche alternate buona parte degli effetti luminosi (nel momento in cui io devo registrare qualcosa, non posso restituire in maniera fedele il tipo di tecnica utilizzata) quindi le riprese modificano l’originaria disposizione proprio per consentire una migliore resa delle immagini. Una registrazione può dare l’idea del ritmo della rappresentazione, perdendo la possibilità di dire o suggerire qualcosa di un elemento fondamentale: rapporto tra pubblico, disposizione scenica. Nel cinema il pubblico è inessenziale, non ha il carattere dell’evento teatrale. Il pubblico condiziona la rappresentazione. Altro elemento fondamentale del documento registrato, è fatto di un alternarsi di inquadrature diverse, difficilmente una camera è fissa: close up dell’attore, immagine d’insieme, che comporta la ricostruzione selettiva di uno sguardo altrui, come se qualcuno si sostituisse ai vostri occhi. Come tutti i documenti, deve essere analizzato e interpretato in riferimento all’evento teatrale, che per lo studioso rimane comunque assente. Tornando a noi, vi sono due motivi che hanno fatto si che il testo drammatico fosse il primo e unico: • il testo rimane • ideologia dell’interpretazione del testo: è un modo di pensare abbastanza diffuso: se si va a vedere tante repliche dell’Amleto, capisce che si interpreta diversamente una stessa opera, anche se il punto di partenza è la stessa. Lo spettacolo è un elemento che va a sovrapporsi al testo, (sono molti di più coloro che hanno letto opere teatrali di coloro che hanno visto le opere stesse a teatro). Questo modo di pensare oggi come oggi è irricevibile, nessuno di noi oggi concepisce lo spettacolo come prolungamento del testo, il nostro punto di vista privilegia la drammaturgia, gli snodi della drammaturgia sono stati fatti da personalità forti dello spettacolo, personalità che furono eccellenti attori come i tragici greci: come anche Molier, o Ruzzante, che fu il suo nome d’arte assumendo il nome del protagonista, o Shakespeare (che pare fosse mediocre come attore, ma impresario quindi facente parte della compagnia di cui scriveva) o Goldoni (che scriveva per delle compagnie specifiche), fino ai giorni nostri: De Filippo e Dario Fo. 1 OTTOBRE 2018 Cos’è il testo drammatico? Sostanzialmente lo si è definito una composizione scritta di carattere tragico o comico che è destinato alla rappresentazione , pensato per essere rappresentato. Seconda facciata testo consegnato: regista autore dello spettacolo, colui che coordina tutti i linguaggi che concorrono a fare lo spettacolo, uno non va più a vedere l’Amleto di Shakespeare ma di Brooke. Il regista si fa garante di una corretta interpretazione del testo, c’è ancora un peso specifico del testo drammatico. La scrittura scenica è un movimento che si presenta e si afferma a partire dagli anni 60 (vedi Bartoluccci) con il trattato “La scrittura scenica” dove si abbatte qualsiasi gerarchia e tutti paritariamente concorrano nello spettacolo, in maniera molto più libera . Scrittura scenica (usato in termine metaforico, per indicare la composizione) fa il verso alla scrittura drammaturgica, per contrapporsi. Drammaturgia cinematografica: c’è una differenze sostanziale tra sceneggiatura e testo drammatico. Desumiamo che, leggere un testo drammatico può dare piacere come un testo letterario, mentre una sceneggiatura, serve per capire come è stato costruito un film, il testo drammatico può vivere anche fruito nella dimensione del libro. Parte centrale della riflessione, riferisce le idee balzane che si sono generate l’una dall’altra sul piano delle chiacchiere professorali e giornalistiche: sono nel 900 in Italia cresciute idee discutibili. Piece: composizione drammatica generale. Rifiuto viscerale del testo drammatico, attacchi contro il testo-centrismo: brutta malattia che secondo alcuni ha segnato la storia della cultura musicale, in cui si riteneva che il testo fosse al centro dello spettacolo. Il testo teatrale ha una sua natura autonomia, di qualsiasi fruizione. Nella realtà, da un lato ciò che è teatro vive indubbiamente come libro, dall’altra utilizza un testo drammatico ma per allontanarsene in una maniera molto pronunciata. (Luca Ronconi, uno dei registi migliori degli ultimi anni, esso stesso trasse il soggetto teatrale, è possibile fare teatro senza testo teatrale). Taviani afferma di sostituire uomo e donna con piece e messa in scena. Nella prima parte, tenta di distruggere un’idea. Nella seconda parte, afferma di liberare la letteratura drammatica: il contenuto profondo sarebbe dentro l’opera, scava sotto la superficie, dentro c’è un tesoro nascosto,l’opera letteraria fatta di parole, deve avere una marcia in più, attraverso la superficie si scorgono varie profondità. Il testo drammatico ha una sua vita autonoma, il punto di circolazione può non essere un teatro ma anche una biblioteca. Taviani, afferma che non è vero che ciò che più conta sono i testi, ma sono ciò che ne rimane. Noi potremmo sollevare molti dubbi sul fatto che i testi teatrali hanno una loro effettiva permanenza. Quali sono le caratteristiche della prima configurazione del testo? Intreccio di base (pochadistico) Farsa tradizionale napoletana: compagnia di Guitti (Capocomico Felice Sciosciammocca= Felice Scarpetta) Influssi teatro colto (Pirandello) Tutti i personaggi parlano in Dialetto L’intreccio di base è pochadistico ( pochade: tipo di commedia di origine francese, brillante leggera e maliziosa, basata su intrighi e avventure galanti, molto in voga a cavallo tra 800-900, bastata su triangolo amoroso moglie, marito, amante) facendola propria e combinandola con vari elementi per adattarlo alle esigenze. Racconta di un uomo, Alberto giovanotto ingenuo e dandy, alta borghesia in località balneare della Campania. Alberto ha una relazione con Bice, una donna che gli nasconde la sua identità. Incontro tra Alberto e Bice, che aspetta un figlio da lui, ma Bice non ne vuole sapere e rifiuta di sposarlo perché lei è già sposata. Egli allora si presenta dalla famiglia per chiedergli la mano, ma scopre che è già sposata con un conte. Situazione molto scomoda e scabrosa. per risolvere la situazione si finge pazzo, anche se viene poi smascherato, ma deve continuare a fingersi pazzo per non farsi ammazzare dal marito. Nella versione originale, interviene un amico di famiglia del conte che riesce a far passare l’adulterio per uno scherzo ben architettato. Intreccio di base dunque preponderante, elemento strutturale proprio della farsa tradizionale napoletana. In questa località balneare si trova una compagnia teatrale di infimo rango, itineranti che devono tirare a campare. Intreccio caratterizza in maniera napoletana il testo, e serve per fare da contrappunto comico ai protagonisti alti. I temi della compagnia sono quelli che fanno ridere per eccellenza, ovvero il poveraccio che ha fame, l’emarginato sociale. Questo tipo di comicità classica della comicità napoletana fa leva su determinati stratagemmi drammaturgici, quali il tormentone. Ci sono precisi influssi del teatro colto: deve tener presente il proprio pubblico, le mode e gli autori con la A maiuscola. Edoardo si rifà chiaramente a Luigi Pirandello, rimandando nel 1918 a IL BERRETTO A SOGNAGLI in cui la trama faceva leva sull’escamotage della finta pazzia come soluzione al tradimento. L’ingrediente viene mescolato con gli altri con chiare intenzioni pariodiche. In questa prima versione i personaggi parlano tutti in dialetto, tranne il conte. La struttura drammaturgica condiziona la tipologia dei personaggi. Alberto riprende i tratti di un tipo diffuso molto nel teatro del 800, anche in altre aree oltre il napoletano, ed è il “mamo”. Altro tipico della farsa tradizionale napoletana è il “guappo” che minaccia, è aggressivo, quale Salvatore. E’ una variante moderna della figura del capitan fracassa. La compagnia per cui viene scritta è molto numerosa (di Vincenzo Scarpetta) e il numero dei personaggi è maggiore rispetto alle versioni successive. Eduardo fonda una nuova compagnia: riscrittura per la compagnia del “teatro umoristico i De Filippo” (EDUARDO, Peppino, Titina, Tina Pica) e la prima rappresentazione risale al 23 Febbraio 1933. Cambia il titolo: cambiano anche i nomi dei personaggi ( Sciossciamocca diviene Gennaro De Sia) e i personaggi vengono ridefiniti, come il mamo, cambia il profilo linguistico, il napoletano viene molto riassorbito, si scopre che anche il marito di Bice aveva avuto una relazione adulterina, e a quel punto è anche il conte che si finge pazzo. Emerge con forza la presenza dei comici e degli attori in scena, acquista un peso molto più determinante diventando il vero cuore dello spettacolo. La commedia acquista un suo valore metateatrale, un teatro che riflette sul teatro. Tutta la seconda parte del primo atto consiste nella rappresentazione che devono proporre la scena, duplicazione e illusione scenica. Nel 1949, viene ripresa la commedia in un altro contesto, frattura insanabile con il fratello Peppino, subentrando poi Aldo Giuffreda. Versione testimoniata da un copione dattiloscritto, mettendo un accento sull’ulteriore importanza dell’attore. Cambiano anche alcuni tormentoni e alcuni soggetti, questa versione viene ripresa anche negli anni ‘50 con ulteriori varianti, le novità vengono testimoniate con la prima edizione della commedia nel ‘59 dalla Einaudi e poi sviluppate nella seconda edizione (1966) con ulteriori modifiche dell’incipit. Tormentone della buatta, ampliarsi del segmento “teatro nel teatro” Riprese stagioni 1964 - 65, 1965 - 66, la compagnia rinnovata in particolare per la morte di Titina e l’ingresso di Franco Parenti (varianti confluite nella seconda edizione, Einaudi, 1966) insieme allo sviluppo disteso in parti che nella principes erano rimaste a soggetto. L’edizione televisiva del 1975, si attiene alla redazione 1966 ma con nuove improvvisazioni e varianti e soltanto attraverso questo video conosciamo le novità introdotte spesso per motivi di improvvisazione. Rappresenta uno stadio ulteriore del testo che però non viene riflesso nell’edizione a stampa del 1979. Il testo è in movimento e per forza di cose cambia in profondità per adattarsi ed esigenze contestuali, di compagnia e socio culturali che rendono necessario l’aggiornamento del testo, cambia anche la sensibilità artistica di Eduardo. 8 OTTOBRE 2018 UOMO E GALANTUOMO di Eduardo De Filippo Rapporto tra testo e messa in scena. Nella versione iniziale, il fatto che si sporcasse il vestito di scena, è un tormentone. Nella versione finale, il tormentone è riassorbito e giocato magistralmente da Edoardo. Viola è la compagna del Capocomico (Edoardo De Filippo), Guappo è il fratello di Viola. Commedia degli equivoci: entra il fratello di Viola per smacchiare la reputazione della famiglia, insieme di malintesi che generano comicità. Alberto ha saputo da Bice che lei è incinta e lui crede che il Guappo si rivolga veramente a lui e no che abbia sbagliato persona. Alberto si dimostra disponibile a riparare il “guaio”. Nella versione definitiva il Guappo fa il verso a se stesso. Uomo pirico è un tratto del Guappo originale. Usano la lettera perché non trovano un attore che faccia il maresciallo. Per usare questo stratagemma si va a modificare il testo drammaturgico. La lettera deve spiegare anche l’assurdo, ovvero l’arresto attraverso la lettera stessa. Ma la lettera chi la porta? Altra soluzione diffusa: avvalersi di una persona che non è attore che può andare bene per le poche battute, in questo caso è la cantante della compagnia. Guerra tra il mondo degli attori e quello dei cantanti. Importanza della didascalia, come corredo indispensabile per l’esecuzione scenica. Problema della punteggiatura e intonazione della battuta e il suggeritore legge solo a destra. L’attore padroneggia bene il suo lavoro nel caso delle improvvisazioni. Vediamo Uomo e Galantuomo come non è mai stato scritto. L’ultima volontà d’autore non riflette quello che di nuovo hanno messo in scena. Gli attori stessi erano dentro a una continua variazione. Il tormentone è il ritornare della medesima situazione in un ampio lasso di tempo (esempio della buatta, il barattolo di latta). 9 OTTOBRE 2018 METATEATRO E TEATRO NEL TEATRO [Elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam]: Le parti femminili, fino alla Commedia dell’Arte, venivano eseguite da attori maschi, usavano i più giovani. L’illusionismo scenico tiene attenti gli spettatori. Vita come recita: Dio mi assegna quella parte (predestinazione). [As you like it di Shakespeare] Many parts: un uomo con più maschere. META: “con, dopo” Mutamento Successione Per influenza del termine metafisica Il Metateatro è un teatro la cui problematica è centrata sul teatro. È un teatro che parla di se stesso, che si auto-rappresenta. Termine coniato da Abel: Metatheatre. A new view of dramatic form (1963). Teatro che pone una riflessione sul proprio linguaggio, ma quello di Abel è uno studio tematico della vita come scena. Si ha un’analisi ti tipo tematico che fa leva sul simbolismo delle scene. Si ha metateatro ogni volta che la funzione scenica rimandi direttamente al mondo del teatro. Uomo e Galantuomo è anche metateatrale perché fa vedere la vita degli attori. Metateatro quando si fa riferimento all’arte drammatica. Per Abel è metateatro anche quando lo spettatore si trova di fronte all’azione dei personaggi consapevoli della finzione in cui si trovano, si allude al momento del fingere che è l’arte dell’attore. La locandiera si può considerare metateatrale perché Mirandolina simula continuamente, attraverso l’arte di fingere. Entrano poi in gioco due attrici vere e proprie che si spacciano per gentil donne. Qui il teatro di un tempo (modo di recitare vecchio) si scontra con un teatro di chi sa davvero come portare avanti la realtà attraverso la finzione. Ogni volta che un personaggio recita la battuta in a parte, rompe l’atmosfera scenica. Quando l’attore pronuncia la battuta a parte il pubblico sente ciò che l’attore dice ma gli altri personaggi in scena no. L’attore si rivolge direttamente agli spettatori. Sospensione dell’incredulità: ogni volta che io leggo un romanzo, faccio con l’autore un patto, questo consiste nel sospendere l’incredulità, ovvero devo credere a ciò che leggo. Questo che accade in letteratura a teatro è potenziato al massimo, perché ho delle persone in carne ed ossa che mi raccontano la storia, devo far finta di credere che ciò che vedo è uno spaccato di verità. IL TEATRO NEL TEATRO Utilizzo di particolari tecniche compositive. Si tratta di un dramma che ha al proprio interno un altro dramma (come in Uomo e Galantuomo). Il dramma cornice presuppone l’esistenza di un pubblico, ecco che anche la commedia incastonata deve avere un pubblico. In età barocca la rappresentazione nella rappresentazione è molto più articolata (es: The Spanish Tragedie di Thomas Kyd; Hamlet di Shakespeare). Effetti: è una forma ludica, che intrattiene, ci può anche essere uno strumento conoscitivo, per arrivare a un grado ulteriore di conoscenze e verità. POETICA DI ARISTOTELE Prima opera che dedica una riflessione sul teatro (forma teatrale). Viene rimesso in circolo tra 1400 e 1500, dà indicazioni per la composizione dei drammi stessi, ci dà una prima teoria del dramma. 15 OTTOBRE 2018 [La repubblica di Platone] MEZZI, OGGETTI, MODI Il più produttivo dal punto di vista sulla riflessione drammatica sarà quello dei modi. (Pagina 3 [Poetica di Aristotele]) Mezzi: mezzi impiegati singolarmente o congiuntamente. L’imitazione usa il linguaggio verbale, e con i versi produce imitazione sia mescolandoli tra di loro, sia con la poesia jambica. Cap. 5: anche la tragedia e la commedia (uso delle parole) aveva come componenti essenziali la danza. Tragedia e commedia usano la parola (sempre presente) dove la musica e la danza vengono utilizzate solo in alcune sezioni del dramma Oggetti: imitazione di quelli che agiscono, ciò che distingue la tragedia dalla commedia è che mentre la commedia raffigura uomini peggiori di come esistono realmente, la tragedia ha come oggetto di rappresentazioni uomini superiori ai comuni, tutto questo fino al 1700 mentre si impone una rivoluzione estetica, dove gli esseri non egregi possono avere una dimensione tragica. Uno dei passi più tormentati della poetica di Aristotele è il paragrafo dedicato ai modi. Riguarda la maniera in cui vengono rappresentati (maniera espositiva, sia divenendo un'altra persona, sia restando sé stesso senza cambiare). Diegesi opposto di mimesi (è l’esposizione narrativa) e l’altro modo, sono quelli che fanno l’imitazione (DRAMMA, attività imitativa che si avvale di personaggi in carne ed ossa che si presentano in azione in un’opera per produrre l’imitazione) Sofocle, autore di tragedie sotto certo aspetto è imitatore identico ad Omero (entrambi raffigurano uomini egregi) ma sotto altro aspetto, è identico ad Aristofane (rappresentante della commedia arcaica). DISTINZIONE TRA DRAMMA (MIMESI AL QUADRATO) E MODO DI RACCONTARE E DI ESPORRE IL DRAMMA (DIEGESI) [materiale didattico, libro terzo della repubblica di Platone] Platone delinea gli elementi propri dello stato perfetto, guidato da filosofi, è dedicato all’educazione dei filosofi, si discute anche dei modi di dizione, modo in cui si devono esprimere i filosofi. Come avvengono spiegati i modi di dizione? Anche la repubblica ha una struttura dialogica, dove il maestro Socrate dialoghi con gli allievi, immaginando il dialogo facendo emergere il valore e il significato delle cose. [Da pagina 111 capitolo 6] Esame del modo di dizione: “non comprendo ciò che intende dire, eppure lo devi” Il poeta fino a qui parla con la voce narrante. Qui si delinea in maniera netta una contrapposizione tra mimesi (imitazione che Platone usa come discorso diretto dei personaggi che parlando e imitando) e diegesi. Nel prosieguo della narrazione fa capire che in realtà è difficile che si diano condizioni di mimesi pura e diegesi pura. Abbiamo l’esistenza di un genere misto. Noi possiamo tentare di delineare un sistema, nel quale comprendere tutte le varie modalità attraverso cui possono esistere le forme drammatiche (noi abbiamo in mentre l’univoca, la successione di dialoghi). MIMESI: Dramma puramente mimetico (aristotelico/monologo) verosimile MISTO: Dramma didascalizzato Dramma narrativizzato/narrazione singolare con voci intercalate DIEGESI: Sommario diegetico preventivo o consultivo (scenario e descrizione) Dramma puramente mimetico: dramma così come lo immaginiamo, successione di battute ciascuna delle quali è preceduta dal personaggio che le pronuncia in cui non è nessuna intromissione di carattere narrativo. È stato teorizzato e messo in pratica da tutti coloro che hanno riflettuto sulla poetica di Aristotele, portato all’estreme conseguenze. Il trattato più interessante è la pratique du theatre edita nel 1657, considerato come il maggior libro della tradizione occidentale della poetica in quanto spettacolo, (opera da comporre nel rispetto delle regole dello spettacolo) D’Aubignac porta all’estremo alcuni concetti aristotelici (verosimile e necessario) e l’osservazione dell’unità del luogo, del tempo e dell’azione, ma fa anche una battaglia piuttosto ferma contro le intromissioni di carattere diegetico, cioè tutto ciò che non è pronunciato da un attore, come una didascalia, va contro la verosimiglianza. (anche il prologo è un’intromissione diegetica). Genere misto: si fa contaminare dalla diegesi in maniera marginale. Didascalia (didascalos): indicazione che viene annotata in concomitanza di una battuta per suggerire all’interprete i modi o i gesti da utilizzare nel pronunciare quella battuta. Noi diamo per scontato che la didascalia sia parte del testo drammatico, è bene sapere che la didascalia non era utilizzata. Le didascalie non esistevano perché era presente l’autore stesso che dava indicazioni sull’allestimento dello spettacolo. Per molto tempo ha avuto rigore il concetto di didascalia implicita. (Prima scena della Mandragola: i nomi dei personaggi sono indicati solo approssimativamente. La divisione in atti e in scene non c’è) è vicina ad un dramma puramente mimetico, tutto verosimile e necessario, non ci sono monologhi ingiustificati. La didascalia si afferma nel tempo (vediamo esempio la Locandiera, dove la didascalia si distingue immediatamente dalle battute, notiamo il corsivo, la distinzione grafica è dato all’ottica, dove l’occhio capisce che ciò che è in corsivo non fa parte del dramma. La battuta del marchese è contenuta tra parentesi perché viene pronunciata sottovoce, o pronunciata in a parte, dove in genere viene indicata tra sé, poi vi sono le didascalie di movimento dove viene indicata l’uscita di scena). Altri sistemi complessi di didascalia (Il Ventaglio) c’è una didascalia di tipo registico essendo una commedia corale, che parte dalla rappresentazione di un insieme di gente, vero e proprio spaccato sociale, ance se poi i personaggi che parlano sono il barone Evaristo (didascalie di tipo direttivo) e Limoncino. Oppure quando entra in scena Candida (solo ingresso in scena con forte risata). La didascalia si impone quando il teatro non viaggia solo sulle scene ma anche sui libri, nella misura in cui si traspone in pagina, il testo ha bisogno di un tipo di indicazioni. La didascalia funziona come una voce narrante, in cui integra tutto ciò che non viene detto dai personaggi in azione. La didascalia poi diviene, con il teatro moderno, essa stessa parte del dramma. (esempio Brecht, l’opera da tre soldi, indicazione didascalica (con una didascalia Polly informa i genitori delle sue nozze con il bandito McHeath). Operazione molto seria che deriva dall’idea del teatro epico di Brecht, diegesi e mimesi si mescolano tra di loro. Contrappone la forma canonica del teatro (drammatica) con quella epica (narrativa) laddove la forma drammatica coinvolge lo spettatore, il teatro epico fa dello spettatore un osservatore ( teatro critico che intende non tanto intrattenere lo spettatore e immedesimarlo facendogli perdere ogni distanza critica). Quello che vuole Brecht è un teatro che desidera rendere consapevole lo spettatore, mettendo a nudo la sua finzione, denudando la sua maschera mimetica. Breacht viene scoperto in Italia negli anni 50. Visione: a cura del regista spagnolo Mayorga, una decina di anni fa ideò una messa in scena di una tragedia intitolato Hamelin (il pifferaio di Hamelin) infestata da topi. La cosa interessante, è un personaggio che si chiama didascalos. Il didascalista spiega al pubblico tutto quello che gli attori non fanno o non fanno vedere al pubblico, funzionacome una sorta di regista che parla ad alta voce. Il didascalos esce momentaneamente di scena, gli attori si preparano. Lo spettacolo per il pubblico è già iniziato. Il didascalista, da una parte, richiama dalla Grecia antica l’allestitore dello spettacolo, dall’altro, interviene come voce narrante che dà istruzioni e si integra con l’attore e con i gesti che fa. È un teatro che si mostra nel suo farsi, attraverso questa modalità comunicativa, cerca di tornare alle sue origini. Nello spettatore aumenta la consapevolezza su un qualcosa di cui riflettere. Il dramma didascalizzato nasce per forma di libro, ma con l’evoluzione delle forme drammatiche, c’è anche la possibilità che essa stessa diventi una forma di spettacolo. 16 OTTOBRE 2018 MODI: (di dizione secondo Platone). MIMESI: dramma puramente mimetico (aristotelico)/monologo “verosimile” MISTO: dramma didascalizzato (libro) Dramma narrativizzato/narrazione singolare con “voci” intercalate, è nella nostra esperienza quotidiana che ci imbattiamo in forme narrativizzate, esempio di Marco Paolini (teatro di narrazione). Voci intercalate che l’attore unico assume su di se. L’esempio più importante è Dario Fo. Uno spettacolo di questo tipo comporta una spesa contenuta. Dario Fo fa uso del corpo che è estremo, assente negli attori narratori di oggi. [Il mistero buffo] Ha avuto moltissime edizioni, una migliore dell’altra, con più aggiunte. Uso della lingua grand melot: misto di dialetto lombardo-veneta, che fa uso di parole senza significato ma che lo evocano. Mistero buffo: culti nascosti, mistero: qualcosa che riguarda la religione (misteri sacri), si ispira a dei testi che non vengono riconosciuti (vangeli apocrifi). Fa un teatro politico, che produce coscienza critica nello spettatore. Dare voce a ciò che è sempre stato posto ai margini della storia. Mistero buffo allude a scene dei vangeli posti in modo anticlericale. Ha vinto il nobel per la letteratura. Laude dei flagellanti Strage degli innocenti La moralità del cieco e dello zoppo, ci aspettiamo di vedere in scena due attori ma lui assume le parti di entrambi i personaggi. Fa anche le parti singole di una folla. Prima rappresentazione nel 1969. Negli anni della lotta di classe degli operai. La resurrezione di Lazzaro: interpreta tutti quelli della folla che accorrono a vedere il miracolo di Cristo. DIEGESI: sommario diegetico (un riassunto ben dettagliato su uno spettacolo fatto da un giornale) preventivo o consuntivo (“scenario” e descrizione). Commedia dell’arte, utilizza un canovaccio (soggetto), consistevano nell’ossatura dell’intreccio, serviva agli attori per memorizzare le concatenazioni delle azioni da eseguire in scena. Troviamo anche l’elenco delle “robbe” (attrezzature necessarie per la rappresentazione). È tutto in stile indiretto, non ci sono parti parlate. Testi come questi sono stati alla base di una tradizione multi-secolare e geograficamente ampi. 17 OTTOBRE 2018 NO LEZIONE 22 OTTOBRE 2018 Testi che ci sono pervenuti: Teatro greco (V sec a.C.), nel IV sec si colloca l’operato di Aristotele. Delle centinaia di tragedie scritte tra 500-400 ce ne sono giunte integre solo 32. [pag. 17] [cap. 5] Definizione di commedia. Il ridicolo è deficienza e difetto: amartema. Teoria del tragico. Giorgio Agamben. Innocenza o colpevolezza di fronte a Dio. Agamben ritiene che la tragedia si possa identificare con un processo attraverso cui l’uomo giusto viene colpevolizzato laddove la commedia si ispira a un processo inverso: giustificazione del colpevole. Ragiona sul termine “amartia” e su come viene percepito in epoca cristiana. In latino, nel Medioevo, Amartia viene reso con peccatum. Il peccatum comico deriva da una mancanza, non dolore, mentre l’essenza della vicenda tragica era un rovesciamento, non per una colpa morale ma per un peccatum aliquod. Il termine peccatum, nella prospettiva cristiana, è quella del peccato originale (tutti i discendenti di Adamo ed Eva portano su di se questa colpa), può considerarsi l’equivalente cristiano dell’amartia greca (paradosso di una colpa che si trasmette indipendentemente della responsabilità individuale). Il conflitto agisce da un lato tra innocenza soggettiva dell’eroe tragico e una colpa che gli viene ingiustamente imputata. Eredita una colpa altrui. Il cuore della tragedia consiste nella sventura di un uomo giusto. La sventura di un uomo giusto può esserci anche nella commedia (es. del “Misantropo” di Molier), il protagonista si rivela come persona giusta e la sua vicenda è tutto sommato triste. 24 OTTOBRE 2018 COMMEDIA GRECA Aristofane. Commedia legata ai culti dionisiaci. Cerimonie che propizino la moltiplicazione degli uomini, degli animali, dei frutti della terra (sessualità ed abbondanza). Commedia rimanderebbe all’idea di un coro festivo, che usava battute pesanti. Aiskròs: brutto deforme Aiskrologia: discorso composto da battute pesanti. Tre fasi della commedia: Arkaia: fase più antica della commedia greca, sappiamo che erano conservate nella biblioteca di Alessandria. Erano conservate 365 opere, sappiamo che quelle che furono rappresentate furono almeno 550, ci rimangono solo 11 opere integrali e qualche frammento, tutte appartenenti ad un medesimo autore (Aristofane, che ne aveva composte almeno 40). Mezzo (commedia di mezzo) Nea (commedia nuova) Lo schema strutturale della commedia è influenzato da quello della tragedia. Troviamo un prologo, i canti del coro che intervallano una scena e l’altra. Fare un’opera di parodia, assumo un modello per rovesciarne il significato. Nella commedia c’è la “trovata” (es. della trovata delle donne che non faranno più sesso). Presenza della parabasi. Momento importante che segna il passaggio dalla prima alla seconda parte della commedia, significa avvicinarsi. Consiste nel fatto che il coro, nel momento centrale, esce dalla sua funzione scenica e si muove verso il pubblico, rompe l’illusione scenica. Gli spettatori sono resi partecipi, anche in modo provocante, con insulti e trattandoli in maniera provocatoria. La trama delle commedie è esile e assume temi e contenuti che non possono vertere sui miti o sul destino umano, sono temi che attingono alla politica e alla società della polis. I personaggi sono dei personaggi maschera, la loro fisionomia è astratta, anche i nomi lo sono. Quando la storia di Atene cambia, si modificano anche i generi teatrali. 404 a.C. Atene fu sconfitta contro Sparta. Qui la satira comincia a scomparire dagli spazi della commedia. Si apre una fase indistinta: Commedia di Mezzo. 338 a.C. Si svolge la battaglia di Cheronea, espansione macedone sulla Grecia. Fine del IV sec. La Nea Commedia. Vi furono almeno 64 scrittori appartenenti a questa fase, vennero prodotte circa 1400 commedie. Influenza dominante e decisiva sul teatro occidentale. Cambia tutto. La commedia nuova si ispira ad una pacatezza di toni, a un verismo che appaiono nuovi e riflesso di una società diversa, scompare la satira politica, sociale, i riferimenti all’attualità, scompare ciò che può rompere la verosimiglianza. Lo stesso coro perde quella che era stata la sua assoluta centralità. Abbiamo per la prima volta la divisione in 5 parti. Il coro interviene come intermezzo tra una parte e l’altra. Quello che fa il coro non per forza deve avere attinenza con ciò che è rappresentato. La commedia si occupa più che altro di una realtà piccolo borghese, si rivolge verso l’utilizzo di precise categorie sociali (niente politica). I temi ricorrenti riguardano le faccende private che potevano essere proprie dei cittadini ateniesi. Vicende d’amore, problemi finanziari, rapporti interpersonali all’interno delle famiglie. Lotta tra giovani contro i vecchi per raggiungere l’amore. Insieme di peripezie, date da equivoci e imbrogli. La peripezia e l’agnizione sono i due ingredienti fondamentali per la commedia. Agnizione: scoperta. Commedia di Menandro, unica commedia intera è stata scoperta nel 1957: O Discolos (il Misantropo). Commedia menandrea. Altro elemento: il rispetto delle unità. Luogo: fondale sempre fisso. Il modello della commedia nuova è dominante almeno fino al 1700. Si afferma quella che diventerà la Commedia di carattere. 31 OTTOBRE 2018 COMMEDIA LATINA Anche a Roma come in Grecia l’attività teatrale si svolge in un contesto religioso, ma a Roma il rapporto dell’attività teatrale con l’evento festivo rituale non è intimamente vissuto come in Grecia. Il teatro latino non ha al suo interno certamente tematiche legate. Dovevano contendere altri spettacoli più dozzinali, con acrobati, giocolieri, danzatori, fauna spettacolare molto varia rispetto a cui bisognava porsi in termini concorrenziali. Il teatro regolare subentra piuttosto tardi nella storia di Roma a seguito di precise circostanze storiche (gli eventi storici incidono sulle forme culturali) e a quanto tecniche, forme e tipologie d’intrecci, ricalca la commedia nuova (nea) greca. Le manifestazioni regolari cominciano nella seconda metà del terzo secolo avanti Cristo, piuttosto avanti dalla nascita di Roma. Non c’era il nulla ma si sviluppavano in determinate stagioni dell’anno, quel tipo di manifestazioni drammaturgiche caratteristiche delle popolazioni agricole, fondate sull’improvvisazione connesse con il rituale. ORAZIO ITALICUM ACETUM: predisposizione del popolo italico per l’ilarità, qualità innata (battuta che morde). Che forme avevano? Atellana (Atella, oggi nell’aria metropolitana meridionale) dove gli attori improvvisavano con maschere fisse ( Maccus, Buccus, Pappus, dette maschere parlanti, sciocco, mangione e logorroico, vecchio rimbambito). Hanno per lungo tempo fatto sì che le atellane fossero imparentate con la commedia dell’arte, ma al di là dei tratti comuni, è molto improbabile che la commedia dell’arte trovi i suoi progenitori nelle atellane. Fescennini: originari di Fescennia o Fascinum (malocchio) (città etrusca) connesse con le feste agresti per la mietitura e la vendemmia, al canto si accompagnava la danza e la rappresentazione consisteva in uno scambio di battute graffianti tra coloro che prendevano parte alla rappresentazione scenica. Gli etruschi hanno un’origine misteriosa, con un’incidenza molto forte sulla storia del teatro, gli etruschi furono i primi attori chiamati a Roma, intorno al 364. Parole chiave del lessico teatrale: histrio (istrione, attore) è una parola etrusca, come persona (significava maschera) che per noi indica un individuo. Subentra poi un teatro di testi scritti che quasi sempre ricorre a contenuti propri del teatro greco, e questo si deve a un fenomeno che Orazio c’ha lasciato scritto in “Greacia capta ferum victorem cepit et artes intuilit agresti latio”( la Grecia conquistata dai romani, a sua volta catturò l’energico vincitore e portò le arti nel Lazio agreste). (Magna Grecia, Italia Meridionale) 240 a.C. Livio Andonico introduzione teatro regolare, che ebbe a che fare con il diffondersi della cultura greca presso i latini. Duplice forma: Tragedia: Fabula cothurnata (conturno) tragedia di argomento greco. Variante latina: Fabula praetexta (abito magistrati, orlato di porpora). Commedia: Ambientazione greca: commedia Palliata (pallium <himation) Variante latina: fabula togata. Cos’è che accomuna tutte queste forme drammatiche, sia tragiche che comiche? la fabula, termine tecnico che non ha niente con il termine fiaba. È il racconto nelle sue parti costituenti dotate di coerenza e coesione, con inizio, mezzo, fine. I testi con cui ci misuriamo sono eseguigli, in particolar modo con la tragedia romana, di cui non ci è rimasto nulla. La cosa singolare, è che se sappiamo che nell’età repubblicana furono scritte molte tragedie, nell’età imperiale ci sono rimaste una decina di tragedie (Seneca) se n’è parlato a lungo perché sembrerebbero dimostrare che si sia prodotto uno scollamento totale, che fossero non rappresentabili per le loro caratteristiche, poi smentite con i fatti. Le tragedie di Seneca ebbero un’influenza enorme, soprattutto sulla scena elisabettiana, poiché avevano delle caratteristiche che alimentavano l’immaginazione i drammaturghi dell’epoca. Cinque divisioni in sezioni separate da intermezzi corali, che perde qualsiasi riferimento con l’azione principale rappresentata, linguaggio forbito, ricco, declamatorio dove possono sembrare vere e proprie arringhe di un avvocato, e soprattutto ci sono delle scene di estrema violenza, ferocia, (tipo Pulp Fiction di Tarantino). Altra caratteristica che avrà influenza anche su ambiti teatrali diversi dalla scena elisabettiana, è la l’attenzione su cui vengono costruite le motivazione psicologiche dei personaggi, dominati da una passione ossessiva e di vendetta (come Macbeth e Amleto) Frequenti soliloqui e figure dei confidenti: persone a cui il personaggio principale confida qualche cosa, avrà lunga durata sino al rinascimento, con funzione bene precisa: viene immaginato un dialogo per informare il pubblico. Questi personaggi da Eduardo De Filippo vengono chiamati “personaggio comodini” TEATRO REGOLARE: l’input fondamentale è la commedia greca, la Nea (Commedia Nuova con Menandro il protagonista principale). Altra commedia è Hecyra, la suocera, anche qui ci aspetteremmo, per convinzione comica, che il personaggio della suocera sia comico perché spodestata dal suo ruolo. Qui è una donna buona, affettuosa che si dichiara disposta ad abbandonare la casa per non essere d’intralcio alla vita dei comici. Adelphe: due fratelli Micione ed Emea: Micione è un vecchio celibe, adotta uno dei due figli di Emea con molta liberalità, laddove Emea educa l’altro figlio con massimo rigore. Tutta la commedia si riflette su quale tipo di educazione sia più proficua per la gioventù. 6 NOVEMBRE 2018 Personaggio Eponimo: personaggio che dà nome all’opera. La figura della vecchia, secondo la convenzione comica, ha un carattere arcigno (possono essere ricche matrone che tengono in pugno il marito, può essere la figura della ruffiana). [Dialogo Sostrata e Panfilo] Sostrata non ha nulla a che fare con la convenzione comica. Sostrata è triste per quanto riguarda la vicenda del figlio e Filomena (lei è incinta). Decide così di allontanarsi dalla coppia. Tema della pietà figliare che va incontro all’amore materno. Parole molto toccanti e affilate, Sostrata è una vecchia molto saggia. Bacchide: cortigiana d’alto borgo, è un personaggio topico (presente in Plauto), però si presenta in modo rivoluzionario, è una prostituta disinteressata. È una persona di buon cuore, è a lei che si deve la possibilità di una risoluzione felice del dramma domestico. È stata amante di Panfilo prima che si sposasse. Lo aiuta a venire a capo della situazione (lo stupro). [Dialogo Bacchide] Riferimento metateatrale (“tutte le altre cortigiane...”, intese quelle di altre opere). Terenzio ebbe un’accoglienza difficile da parte del pubblico, a differenza di Plauto. Terenzio scrive commedie ma con temi seri, concepisce il comico in una maniera diversa, cerca il sorriso con una certa pensosità. È tipico di Terenzio non il prologo esplicativo (che spiega gli antefatti) ma il prologo apologetico (si difende dalle accuse, dalle critiche, si scusa). [prologo Andria] Accusato di aver commesso un peccato di contaminatio. L’Andria ha due prologhi. Le rappresentazioni teatrali costituivano un momento dell’offerta spettacolare diversificata, c’era la concorrenza di altri spettacolo (funamboli ecc.). Terenzio predilige un pubblico più colto, avanzato. Terenzio rimane più fedele a Menandro, gioca la carta del comico di carattere, ha più a cuore l’introspezione psicologica dei personaggi. Si dimostra un maestro nella costruzione di un personaggio. Fa risaltare l’indole di un personaggio, mettendolo a contrasto con gli altri personaggi che agiscono in scena. Presentare coppie di personaggi simili, così si ha la possibilità di mettere in evidenza la configurazione psicologica diversa, serve a rendere tangibile la problematica di cui si dibatte e a riflettere su di essa. Significa rivedere e correggere situazioni tipiche della commedia (contrasto padre – figlio), in Terenzio diventa uno strumento per meditare sui problemi della convivenza familiare e sociale. I personaggi terenziani sono caratterizzati da una profonda umanità. Humanitas: homosum: niail humani a me alienum puto. In Terenzio molto spesso mancano le battute pronunciate “a parte”, preferenza per la forma dialogica. Verosimiglianza. Anche lo stile terenziano è diverso da quello plautino (linguaggio vivace), Terenzio fa uso di una lingua raffinata, colta, è uno stile pudico, come se si autocensurasse (si parla poco di corpi, di sesso, non ci si insulta). Terenzio fu un autore apprezzato anche dalla successiva cultura e società cristiana, grazie al contenuto delle sue opere. Nel decimo secolo, una monaca, compose delle commedie prendendo spunto da quelle di Terenzio (finivano con il trionfo della virtù). La commedia cessa di essere un genere vitale dopo il primo secolo avanti cristo, subentrano altre forme di intrattenimento. La commedie di Plauto e Terenzio vivono però attraverso la lettura. Ars poetica di Orazio: testamento drammaturgico della classicità latina. Si sofferma a lungo sul teatro e il testo drammatico, teorizza la preminenza estetica del dramma rispetto agli altri generi e alle altre arti. Il teatro scompare per dieci secoli, scompare l’idea stessa di teatro. Viene reciso il rapporto con la scena dei termini “commedia” e “tragedia”. Tragedia era qualunque testo che narrasse eventi lugubri coinvolgendo personaggi illustri, scritto in stile elevato. Commedia diventa una narrazione di accadimenti a lieto fine che hanno come protagonisti uomini di rango medio. I testi di teatro si interpretano in un altro modo, come poemi, che vanno letti ad alta voce (poeta cantore che recita da un pulpito con dei mimi che rappresentavano le scene narrate). Si perde l’idea di teatro per via della rovina degli edifici teatrali antichi (desertificazione materiale), l’ultima rappresentazione in Europa riguarda il V secolo d.C. (verrà ripresa alla fine del 1400). Desertificazione culturale, sopravviene il Cristianesimo, si fa polemica sul teatro, considerato una fonte di vizi e violazioni. Gli attori sono considerati figure immorali, si comportano come prostitute. È blasfemo trasformare il proprio volto nel volto di qualcun altro per produrre divertimento e per soldi. L’attore diventa per definizione “ipocrita”, il teatro ha natura demoniaca (il serpente dell’Eden è il primo attore). Sopravvivono i testi drammatici. Tutti gli studiosi di retorica credono che non c’è una distinzione tra testo drammatico e testo narrativo, per loro il testo drammatico non presuppone per forza qualcuno che metta in atto il testo stesso, resta un testo che ha lo stesso statuto di altri testi che non sono drammatici. (Platone scrive trattati in forma dialogica). Io scorporo, da quella che è una scrittura nata per la scena, la scena stessa. Resta una spettacolarità di strada (mimi, acrobati, ecc), che lavorano in maniera itinerante, restano anche piccoli gruppi di attori girovaghi che recitano viaggiando. Siamo lontano dall’idea di teatro. Il giullare può effettuare un narrare intercalato da più voci, può effettuare un monologo che arriva a drammatizzare storie che appartengono alle vite del tempo, il giullare fa riferimento a una memoria orale. Il processo è quello proprio della performance. Verso il decimo secolo ci sarà una specie di teatro sui generis (quello sacro). 7 NOVEMBRE 2018 Dramma sacro: c’è anche qui un elemento che si stacca dal coro e dialoga con esso. Si svolgeva dentro le Chiese, poi cominciarono a svilupparsi per strada e avevano delle caratteristiche particolari: celebrazione collettiva che duravano parecchi giorni (tra il 1200 al 1400), erano non più in latino ma in volgare. Il dramma classico coglie una crisi nei suoi elementi essenziali (sia la tragedia che la commedia), si concentra su un’azione particolare che deve essere emblematica per una tematica. Il dramma sacro si espande nello spazio e nel tempo, una specie di dramma cosmico che prevede storie estese nel tempo, non sempre raccontate con una logica causale o temporale, comportano dei salti. Le rappresentazioni durano parecchi giorni e si avvalgono di una scena multipla, rappresentate in varie stazioni (luoghi deputati). Mescolanza tra elementi tragici ed episodi burleschi, momenti di divertimento che rafforzano lo scopo didattico. Da un certo momento in poi rinascita del teatro in forme classiciste (ispirato dal teatro latino) tra Italia e Francia, parallelamente, dalla Spagna all’Inghilterra si crea un altro ambito teatrale, fanno uso di spazio e tempo teatrale diverso da quello di ordine classicistico. STAGIONE UMANISTICO RINASCIMENTALE Rinascita del Teatro grazie a una rivoluzione culturale: approcciarsi al mondo antico, “riscoperta”, lettura in sistema allegorico (racconto una cosa per parlare di un’altra, es dell’Eneide che racconta il viaggio di un’anima che si eleva a Dio). Modo “disinvolto” di leggere i testi antichi, ciò che cambia è l’imporsi di una prospettiva storico filologica, si riconosce all’antico la sua specificità, senza essere portatrice di valori cristiani. In ambito teatrale è un’operazione formidabile, il centro di tutto ciò fu l’Italia, il teatro venne preso in considerazione globalmente (in modo letterario ma anche dal punto di vista architettonico/scenico), nel corso del XV secolo va maturando una coscienza di recupero di ciò che si era perso negli anni precedenti. Come ci si avvicina ai testi drammatici? Ci si avvicina nel quadro di quello che fu l’immenso impegno dei filologi umanisti per la riscoperta, il commento degli antichi scrittori. 1429 recupero di 12 commedie plautine grazie a Nicolò Cusano, ricerca di tutto ciò che può esistere da qualche parte, per far emergere il passato bisogna cercarlo. Cercare soprattutto nei monasteri perché i monaci ricopiavano i testi. Questi intellettuali fanno ricerche nelle biblioteche dei conventi e dei monasteri, fanno riaffiorare testi che prima non si conoscevano. 1433 recupero manoscritto contenete le commedie di Terenzio con il Commento di Donato (il commento è ricco di riferimenti alla messa in scena) 1453 Caduta di Costantinopoli, produce un fenomeno di emigrazione, questi emigranti portano con loro manoscritti 1482- 1498 Commenti all’Ars Poetica di Orazio (di Landino e di Badio) 1498 Lorenzo Valla (filologo) traduce in latino la Poetica di Aristotele 1508 Aldo Manuzio (editore) pubblica a Venezia l’originale greco della Poetica 1490 prima edizione del De Architectur di Vitruvio, un capitolo intero è dedicato agli edifici teatrali, si distingue lo spazio degli attori e quello del pubblico, (1521 prima edizione in italiano). Si affianca una messa in pratica da ciò che si è appreso, si praticano degli esperimenti in cui cercare di riproporre sia la recitazione che l’allestimento scenico dei testi classici (accade all’interno delle Scuole e delle Accademie). Inizia a diffondersi la pratica dei volgarizzamenti dei testi per divertire le corti (trasposizione in volgare delle opere latine), il primo centro signorile che si distingue per questa attività è Ferrara. Nel 1486 va in scena una commedia di Plauto (motivo della gemmellarità). Le corti sono un luogo di élite, nella corte devono essere praticati dei riti che rappresentino la moda, motivo per cui il teatro si diffonde in fretta all’interno delle corti. Abbiamo un luogo specifico in cui avviene la rappresentazione, costituito per lo più da spazi chiusi all’interno dei palazzi signorili. MACHIAVELLI E IL TEATRO Il teatro stabilisce un contatto diretto con il pubblico, si può influire sul pubblico con il teatro stesso. Formazione umanistica di Machiavelli. Matura un precoce interesse per il teatro, trascrive un’opera di Terenzio: l’Eunuchus; procede al volgarizzamento dell’Andria di Terenzio. Attraverso quest’attività Machiavelli si impadronisce della grammatica della drammaturgia. Imitatio/aemulatio, grazie a questa dialettica fa funzionare la Mandragola, viene considerata capolavoro del teatro “comico” cinquecentesco. Intersecazioni con il tragico. Lieto fine che comporta il ristabilimento dell’ordine sociale. ELEMENTI CRITICI FONDAMENTALI DELLA MANDRAGOLA Questione e importanza della datazione (1518?), ricerche recenti hanno proposto una retrodatazione, è possibile riscontrare assonanze tra la Mandragola e alcune lettere che Machiavelli scriveva al suo amico Vettore (1513). Nel 1513 Machiavelli scrive il suo capolavoro “Il Principe”. Questa datazione getta a noi le basi per stabilire il sistema politico dell’epoca. Realismo (elementi convenzionali ma assenza del caso e importanza della virtù), Macchiavelli metabolizza il magistero terenziano e lo fa evolvere verso nuovi orizzonti. Ci confrontiamo con apparenza e sostanza: nell’apparenza ci sono molti elementi convenzionali (contrapposizione/antagonismo tra giovane e vecchio, il servo è una figura marginale però c’è la presenza del parassita, Ligurio). La commedia si affranca da quel modello: nella commedia non interviene mai il caso, tutto avviene per la capacità di iniziativa dei personaggi che perseguono il proprio obiettivo. Tutto avviene in ragione della “virtù” (termine originario, valore di chi si spende per realizzare qualcosa nella società, anche andando contro i valori morali). Il realismo è dato anche al fatto che si sente l’aderenza al tessuto urbano e antropologico della città di Firenze. C’è un richiamo alla realtà storica. Articolazione del tempo (definizione accurata; assenza di scene vuote, saldissima sintassi teatrale): qualche personaggio ricorda che ora è, c’è una scena notturna, stretta concatenazione teatrale, Macchiavelli cerca di fare in modo che lo spettatore abbia ben evidente la strettissima continuità dell’azione: nel corso degli atti la scena non rimane mai vuota, abbiamo la sensazione che tutto fili in maniera inesorabile. Estraneità al principio del miscere utile dulci (unire l’utile al dilettevole): la commedia deve in qualche modo fornire un insegnamento al pubblico, la Mandragola non intende insegnare niente, non c’è una morale da estrapolare, riflette la prospettiva di un autore che ragiona in termini politici. Il suo obiettivo è far vedere quelli che sono i principi che regolano i rapporti nella vita privata. Offre uno spaccato della fenomenologia della Firenze del 1500. La conclusione non allude a nessuna lietezza. Valore del sistema onomastico, non mette a caso i nomi dei personaggi che agiscono. Lo scrittore cerca di dare allo spettatore un profilo del personaggio attraverso i loro nomi. Sono nomi parlanti. Siro e Sostrata sono nomi parlanti di allusività culturale (servo e suocera in commedie di Terenzio), Machiavelli strizza l’occhio al pubblico colto. La suocera di nome Sostrata è un personaggio ambiguo moralmente, non ha nessuno dei tratti della Sostrata di Terenzio, ribaltamento della virtù del personaggio. Gli altri nomi fanno leva su particolari etimologie. Callimaco: Kalos e Make (Bellezza e Battaglia), sarebbe il combattente delle belle battaglie. Lui è questo ma in senso figurato. Significa anche il degrado del personaggio, per via del significato che il nome subisce. Figura retorica dell’antifrasi (dire il contrario di quello che è nella realtà). Nicia: è un nome antifrastico, Nike significa Vittoria, Nice vince in apparenza, perché il suo obiettivo primario è avere un figlio. Timoteo: colui che onora Dio. Forte novità del portare un frate in scena. Nella novellistica i frati non erano veri e propri Santi, sono dei fratacchioni gaudenti sessualmente, contraddicono la loro morale. Fra Timoteo non fa nulla di tutto ciò, tutto quello che fa lo fa per arricchire la Chiesa. Presta molta attenzione a ciò che si deve fare per non spegnere la fede ai devoti. Onora Dio a suo modo. Personaggio di un’ambiguità morale inquietante. Ligurio: nome parlante in senso letterale, è la figura del parassita. Ligurirre significa spiluccare, allude alla sua figura esterna che vive alle spalle degli altri. Ligurio da un certo momento in poi dimostra una dimensione tutt’altro che materiale, propensa a soddisfare materialmente i propri bisogni, è preso e affascinato dalla funzione intellettuale del piano di Callimaco, finisce per diventare il regista del piano. Trattamento innovativo di un personaggio proprio della commedia. Lucrezia: è presente dappertutto nella commedia ma presente in scena poche volte. È presente attraverso la parola altrui, tutti fanno considerazioni su Lucrezia. È il personaggio più complesso e problematico. Il nome rimanda alle storie di Tito Livio, raccontava la vicenda drammatica toccata in sorte a una Lucrezia romana moglie di un patrizio. Veniva descritta come una donna bellissima e il figlio dell’ultimo re di Roma (Sesto Tarquinio) sente il bisogno di possederla (cosa che accade anche nella Mandragola). Lucrezia viene stuprata da Sesto Tarquinio, non sopportando il peso della cosa decide di suicidarsi e vuole che il suo onore sia vendicato (mentem peccare non corpus, et unde consilium afuerit, culpam abesse). Lucrezia di Machiavelli ha un rovesciamento rispetto a quella di Tito. Nella Mandragola tutti hanno concorso alla rovina morale di Lucrezia. 14 NOVEMBRE 2018 Atto Primo: 3 scene, ha funzione introduttiva alla vicenda Personaggi in scena: Callimaco-Siro; Ligurio-Nicia; Ligurio-Callimaco Atto Secondo: 6 scene, atto che innesca la beffa Personaggi: Ligurio-Nicia-(Siro); Ligurio-Nicia-Callimaco_(Siro); Nicia-Siro Atto Terzo: 12 scene, entra in azione Timoteo per lo svolgimento della beffa, tutto gravita attorno al doppio obiettivo (acquisire Timoteo nella causa e vederlo agire per convincere lUcrezia), è l’atto più complesso. Entra in scena anche Lucrezia. Personaggi: Sostrata-Nivia (C’è un raddoppiamento per poi scendere) Atto Quarto: 10 scene, atto in discesa perché c’è l’attuazione della beffa, scaturisce un problema che serve per far mantenere l’attenzione al pubblico. L’ostacolo imprevisto è che lui non può far parte dell’esercito che porta l’uomo da Lucrezia, si cerca il modo di sostituire Callimaco e di non farlo riconoscere (essendo lui il garzone che deve andare a letto con Lucrezia), questo per non insospettire Nicia. Atto Quinto: 6 scene, si va verso la fine, bisogna informare il pubblico di ciò che è accaduto durante la notte tra Callimaco e Lucrezia. (Ragionata distribuzione delle scene). Il prologo diventerà un elemento strutturale su cui gli scrittori si cimentano con particolare impegno e divertimento, sentono nel prologo il momento in cui possono colloquiare con il pubblico. É per lo più di carattere apologetico, si evita di sprecare quest’occasione per raccontare la trama. Molto spesso si ricorre allo sdoppiamento del prologo in due parti: Prologo e Argomento. Machiavelli pratica un prologo originale perché è in versi, con toni scherzosi e provocanti, usa elementi topici di qualsiasi prologo (cercare di catturarsi la benevolenza del pubblico), sembra poi dividersi in due: la prima parte, in maniera giocosa, il prologhista mostra al pubblico gli elementi fondamentali della scenografia, elenca i personaggi principali dell’azione; poi passa a parlare dell’autore, il tono cambia, si fa cupo, viene direttamente in scena l’autore con un risentimento accentuato, parlando di sé e di cosa non gli è consentito fare, l’autore si sente offeso per l’esilio. Il suo risentimento tracima sulla corruzione dei tempi presenti, viene denunciato il fatto che il secolo attuale è corrotto in cui le antiche virtù si sono spente. Assume il carattere di una sfida politica al pubblico. Il tipo di commedia che si andrà a vedere ha significati stratificati, non è una semplice commedia. La Mandragola è una delle prime opere dopo la rinascita del teatro. v. 14 del prologo: Buezio: allusione alle corna di Nicia e al fatto che sia poco studiato. Dal v. 45 tono un po’ più torvo. Dal v. 67 diventa più aggressivo. L’argomento è esposto dal dialogo tra Callimaco e Siro. La prima scena del primo atto è prolettica. 17 NOVEMBRE 2018 VISIONE MANDRAGOLA 19 NOVEMBRE 2018 Presenza dei personaggi in scena: (a.1) (mandragola elementi più significativi). Nella scena centrale compare il personaggio della vittima beffarda (scena seconda) ed è un modo per far percepire al pubblico che Nicia sia dentro ad uno schiaccianoci (vittima sacrificale della beffa che intendono portare avanti). Nella prima scena, Callimaco ha un valore prolettico (come aveva annunciato il prologo). L’intero primo atto ha un valore produttivo all’interno dell’intera vicenda che metterà concretamente in moto nell’atto successivo. Due o tre battute, denotano la situazione inverosimile, Machiavelli percepisce questo pericolo (se io non voglio che una cosa non si sappia, non parlo, pertanto pensando io di avere bisogno dell’opera tua, Machiavelli evita l’ostacolo a modo suo, facendo capire al pubblico e al lettore che la commedia è diversa dal resto, in quanto il protagonista mette in chiaro la sua personalità accorta, intelligente, di una persona che agisce meditatamente, di un politico nell’accezione machiavelliana. Un’altra cosa (oltre al riferimento a Carlo ottavo) è il profilo di Callimaco: il suo ruolo nel gioco delle parti è quello dell’innamorato. Siamo stati abituati da Menandro in poi, da Terenzio e tante commedie cinquecentesche, a pensare ad un innamorato impotente, innamorato che si adagia facilmente nella malinconia, si fa sopraffare dall’amore, con il bisogno di un collaboratore che risolva i problemi per lui. L’innamorato della Mandragola fin dalla prima scena, non ha queste caratteristiche, usa la testa, è attivo, animato da un desiderio di azione espresso nel modi in cui il personaggio comunica con il servitore. Primo atto Siro chiede a Callimaco “che speranza avete voi di soddisfare il vostro desiderio” Siro riempie di domande Callimaco, che deve rispondere al pubblico. La presentazione indiretta di Lucrezia è fondamentale perché il pubblico si faccia un’idea della donna, una personalità molto forte e piena di virtù. “E non è mai alcuna cosa si disperata che non vi sia una via dal quale esasperare” è una battuta politica tipicamente machiavelliana, qual è l’importanza dell’azione. Anche la speranza è un filo, fare le cose, è dolce e pronta all’ascolto” e cos’è successo nel suo vissuto per renderla più diffidente? Nicia dice che “ella si botava di udire la messa dei servi, ch’ella impregnerebbe” una vicina le ha detto che se avrebbe fatto voto di sentire per 40 mattine consecutive, questo voto sarebbe stato ricompensato con l’essere gravida. Uno di quei “frattachioni” la molesta sessualmente, Lucrezia non va più in chiesa. Aveva capito che il mondo è fatto di corruzione anche negli ambienti meno sospettabili e decidendo cosi che il male era ovunque. Incontro con fra Timoteo: preceduto dal dialogo significativo tra Sostrata e Lucrezia, che sottolinea la stoltezza morale della madre e la saggezza della figlia (pag. 70 scena decima). Parole taglienti con il frate, poche ma coincise, e colloquiali con la madre. Stranezza mostruosa: da un lato sottoporre il vituperio di far morire un uomo, non credo che una cosa simile non sarebbe fattibile neanche se fossi l’unica donna al mondo che può portare avanti la specie umana (riferimento alla vicenda delle figlie di lot, si erano sottoposte al rapporto incestuoso del padre per la continuità dell’essere umano), caso estremo raccontato dalla bibbia, utilizzato da Fra Timoteo per cercare di persuaderla. Scomodare la vicenda di Lot per giustificare la volontà di avere un figlio sottoponendosi ad una forma adulterina, è grottesco: da un lato un caso estremo, dall’altra la giustificazione squallida e criminale. Sostrata non sa reggere il turpiloquio di Lucrezia, quindi taglia corto e gli dice di fare quello che il frate, massima autorità spirituale, dice. Lucrezia comincia a sudare per l’ansia e il tormento. Il frate usa parole su parole, tira fuori riflessioni teologiche “intortanto” ma tanto più Lucrezia è lapidaria “Parlate voi davvero, o state scherzando? “Che cosa mi persuadete voi, a chi mi conducete padre?” e lui “ io trovo qualcosa che fa per voi(..) sono invece maggiori gli spaventi che i mali” prospettiva assolutamente egoista: una donna senza figli non ha nulla quando rimane vedova. A Lucrezia questo ragionamento non interessa, ma Timoteo incalza, e con essa la madre, che la umilia. Atto quarto Fitta presenza di Callimaco e Timoteo, attributi due monologhi. La netta preferenza a Callimaco, la si deve alla necessità di disegnare la riflessione del personaggio, anche lui con due monologhi. È esattamente un personaggio in movimento nel senso che tanto c’era apparso determinato energico, tanto nel momento in cui le cose si stanno mettendo bene per lui, ci appare estremamente simile agli innamorati di commedia, anche se possiamo notare che in certi passaggi si combattano due anime: una che il desiderio non vada in porto, l’altra coraggiosa che deve andare fino in fondo con la testa alta incontro al destino. Cosa fondamentale è che dalla seconda scena subentra l’intoppo fatale, (andava inserita altrimenti la vicenda avrebbe perso attenzione). L’intoppo è che Callimaco si rende conto di aver scioccamente trascurato il fatto che lui è travestito, chi sarà il garzone che andrà a letto con Lucrezia? Ovviamente Ligurio risolve, facendosi carico di persuadere Timoteo di travestirsi dal Dottor Callimaco. Il travestimento di tutti i personaggi, di sera, è forma di allusività metateatrale, come Callimaco apparte travestito da Nicia vestito da medico. Nicia sembra molto fiero del suo travestimento. Quinto atto Numero di scene molto ridotto, nessuno ha dormito. Timoteo anche qui ha due monologhi. In questo atto, ci sono due scene (seconda e quarta) in cui viene raccontata la stessa cosa da due punti di vista: com’è andata la notte? Uno è il punto di vista di Nicia, l’altro di Callimaco (ovviamente si parla della notte tra Lucrezia e Callimaco) non non sappiamo mai direttamente come l’ha vissuta Lucrezia, si sa solo per testimonianze. Nel resoconto di Callimaco, risuonano come una voce altrui, le parole di Lucrezia vengono riportate direttamente in scena. Nicia dice stupidamente (da pag 117 scena seconda battuta 14) descrizione indiretta della prestanza fisica con una pulsione omosessuale, ammira l’amante che gli ruba la moglie. Callimaco ha un piacere, ma un piacere che non lo soddisfa (lei non lo ricambiava). Con un buon margine di verosimiglianza, quanto affermato è a carico della vanità maschile di Callimaco, sa fare l’amore in maniera molto prestante, ma lei non era abituata con Nicia. In Lucrezia, succede che ha avuto oramai piena cognizione del male del mondo, dal momento che a questo male non si può scappare, si diventa soggetto attivo, ha delle sfaccettature del tragico, è una scelta drammatica (l’abbiamo conosciuta come persona ferma), è semplicemente la presa d’atto della pervasiva corruzione della società che gravita attorno a lei. L’unico modo per difendersi è entrarne a farne parte come soggetto attivo, facendo violenza contro la sua antica natura. Nella mandragola si ride, ma si pensa molto. Gran divertimento nel finale, che contravviene in pieno a quelle che sono le leggi fondamentali della commedia, il lieto fine c’è ma a guardare dal punto di vista strutturale, il lieto fine nella commedia si riesce ad ottenere quando l’ordine viene ristabilito. Qui, quello che si produce nel finale è la legittimazione dell’illecito, disordine sociale, della corruzione, vicenda che getta bagliori sinistri sulla realtà rappresentata. Il pubblico si vede proporre una storia esattamente della città in cui vive, ci sono riferimenti concreti alla topografia, all’onomastica, alle vie, ai luoghi deputati alla villeggiatura, ai riferimenti storici (le guerre che si scatenano in Italia dopo la discesa di Carlo ottavo) è una commedia che si aureola di tragico. Tra l’altro, attraverso questo gioco, viene fuori il mercimonio della religione, provincialismo gretto di una classe medio alta che rappresenta Nicia e il complessivo rovesciamento di valori che è proprio della società in cui si agisce, molto legata al contesto storico, cogliendo la natura umana. Riflessioni sia dal punto di vista critico che scenico. LA COMMEDIA DELL’ARTE Fenomeno plurisecolare, espansione geografica davvero unica. Il fenomeno è propriamente di natura italiana, fino all’inizio del ‘600 è all’avanguardia culturale d’Europa, la cui genesi è abbastanza nebulosa. Sappiamo che la prima attestazione di una compagnia di comici è nel 1545 (Atto notarile a Padova) con cui degli uomini davanti a un notaio si costituiscono come compagnia per fare spettacoli a pagamento. Quando si sia formata la prassi di unirsi in società per fare il lavoro a pagamento non è stato chiarito. È già attestato alla prima metà del ‘500, ma poi con una certa rapidità diventa un fenomeno europeo. In Spagna, Germania, Francia e fino in Russia con una forte influenza, declinerà soltanto la fine del ‘700, continuando a mantenere robuste propaggini nel secolo successivo. Questo fenomeno non appartiene solo al passato, la commedia dell’arte, ha ispirato tutte le maggiori avanguardie teatrali del primo ‘900, dalla Russia alla Francia passando per l’Inghilterra. Estensione geo-temporale unica al mondo e che tra l’altro è come non fosse mai finita, recuperata qualora ci fosse qualcosa di nuovo. Taviani afferma che la storia della commedia dell’arte è quella del suo mito, sorta di affermazione paradossale. Le difficoltà storiografiche sono dovute al modo in cui ci si è occupati a parlare dal punto di vista storico-critico di essa. Viene riscoperta a metà del 800, molti studiosi dell’epoca si interessano di fenomeni quali la creatività del popolo, soprattutto come un genere di spettacolo basato su tipi fissi (maschere) e improvvisazioni (persona del popolo, che non avesse a che fare con i piani alti della cultura). Travisamento letale e molto duraturo, ancora oggi pensano che molti si servivano delle maschere. Qui a Padova intorno a febbraio dedicano un festival alla commedia dell’Arte, perché l’atto notarile è stato stipulato nel 25 febbraio. Significò l’autonomia dei professionisti dello spettacolo, prezzo del biglietto, a differenza di spettacoli che si allestivano solo in occasioni festive. Il nome “Commedia dell’Arte” è un termine che si afferma e viene a galla soltanto a metà ‘700, la definizione più corrente era quella di “commedia all’Italiana”. Barbieri afferma che i comici italiani recitano “improvvisamente” il loro modo di recitare si è oramai imposto ovunque agendo retroattivamente regole non più valide su come si scrivesse un dramma. Andrea Perucci scrive “dell’arte rappresentativa” premeditata all’improvviso, affrontando entrambe le modalità: mnemonico e improvvisato. Si parla di commedia all’italiana, o all’improvviso, o all’italiana improvviso. Il primo a definire il termine è stato Carlo Goldoni. La commedia in questione, è il teatro comico, importantissima in cui Goldoni mette in scena la compagnia per cui lavora (teatro nel teatro), gli attori recitano se stessi e la prima donna (nome d’arte Rosaura) dice “se facciamo le commedie d’arte vogliamo star bene (..)” dice che è innamorata del nuovo stile a cui allude a Carlo Goldoni. Sta cercando di imporre un diverso modo di far teatro. In realtà sul significato poi dell’espressione commedia dell’arte (qualcosa che fa ridere oche è fatta con molta creatività) pensiamo male. 21 NOVEMBRE 2018 Commedia dell’arte: chiarezza sul significato arte. Il termine arte suggerisce tutt’altro dal suo valore semantico originario. L’ars è soprattutto se non esclusivamente la padronanza delle tecniche necessarie a realizzare una professione. [vedi documento moodle commedia dell’arte] Artefatto: qualcosa fatto con perizia o artificioso perché è qualcosa che non è stato fatto in natura, conoscenza di tecniche deputate a esercitare un mestiere. Usato anche nell’italiano antico (corporazioni delle arti, non figurative ma degli artigiani, come falegnami ecc). Non a caso, è stato un filosofo e intellettuale a definire il termine, quale BENEDETTO CROCE: commedia trattata de gente di professione. Dato di importanza epocale, per la prima volta in età moderna l’esercizio dell’attore diviene a tutti gli effetti un vero e proprio mestiere, dotato di tecniche, devo studiare e non basta il talento. Naturalmente, anche l’attore si situa in un orizzonte di mercato, essendo una professione la faccio tramite pagamento (innovazione della commedia dell’arte) il teatro dà occasione di divertimento non solo per un determinato ceto sociale, ma anche per chi paga il biglietto. L’atto notarile qui a Padova stabiliva una costituzione di comici. Fino a qualche anno fa, si è frainteso che la parola commedia rimaneva associata a quello che prevedono le convinzioni di genere a riguardo (commedia fa ridere, deve avere una finalità educativa morale secondo il principio classico del miscere utile dulci) e questo è uno dei classici casi dove bisogna dubitare. Testimonianza di Barbieri: grande attore, scrive nel ‘34 un libro e nella parte iniziale afferma “ragionando nella commedia non intendo trattare del poema definito da Orazio, Aristotele ed altri (..) ma intendo parlare della mia professione, per tanto sotto questa voce di commedia voglio sempre infierire l’arte in genere, qual rappresenta tanto commedie quanto tragedie, pastorali, tragicommedie, pescatorie ed altre opere mista, atteso che noi rappresentiamo istorie e favole (nemico principale dell’attore è la noia del pubblico e non posso proporre al pubblico sempre le stesse cose, devo evitare la sazietà. Se loro si annoiano, al loro viene meno il guadagno) intrecciando le cose serie fra le giocose, per non render nel corso di’una stagione sazietà nei gusti(..) La parola commedia per i professionisti dello spettacolo, a differenza di Aristotele e co, non prevede che si parta da una situazione felice fino ad uno scioglimento felice e che porta con sé la capacità di far ridere il pubblico, ma un’ infinità di generi. Possiamo sinteticamente dire che il termine commedia è un termine “pass partout” ovvero indentifica una categoria onniprensiva di tutti i generi teatrali. Arte nuevo de hacer comedias en este tiempo: testo importantissimo scritto da Lope De Vega. Intende la commedia come la intendeva Barbieri. C’è l’insistenza sulla necessaria mescolanza di generi che l’arte nuevo prevede. Quando noi vediamo tra le carte private del ‘700, notiamo che privatamente (Goldoni) usa la commedia come categoria onnipresente. C’è una dinamica tra tradizione collettiva e tradizione futura/tratti brillanti. [punto 11] Non si ha più bisogno di essere ben istruiti riguardo la tradizione teatrale; così l’improvvisazione diventa una questione di memoria. L’improvvisazione ha più bisogno di memoria che non l’arte premeditata: devo avere a mente la struttura dell’azione scenica, devo conoscere il gioco degli altri attori, devo studiare quelli dei miei pezzi possono funzionare nella rappresentazione, devo tenere conto di tutto ciò che è stato inventato sulla scena prima di me. L’improvvisazione non è quella che intendiamo noi oggi. La rappresentazione premeditata è meno a memoria dell’altra. Improvvisazione si può sostituire con “composizione alla maniera dei comici”. Rappresentare all’improvviso non fa riferimento a un unico testo scritto. L’improvvisazione si oppone alla scrittura e alla fissità di un unico testo scritto. 1545 inizia in Concilio di Trento, si definisce l’ortodossia della Chiesa. Gabriele Paleotti scrive “perché sono da condannare le commedie dei comici dell’arte”? Perché non sono scritte in un libro, quindi non possono essere censurate, ecco perché devo condannarle a priori. Ci rinvia al teatro non scritto. Il soggetto è soltanto lo scheletro della rappresentazione (è importantissimo però). Quello che viene messo in discussione non è il primato del testo, è il primato del libro, la dimensione uniforme che la rappresentazione può avere un volta che viene trascritta. Idea che la Commedia dell’Arte rimanda alla mimica e che le parole contino poco è falsa, non è una commedia del gesto che ha una mancanza di testualità. Dobbiamo alla Commedia dell’Arte l’ingresso della donna in scena, la prima attestazione che abbiamo è degli anni 60-70 del 1500: è una rivoluzione. Si creano le possibilità per nuove sperimentazioni drammaturgiche. CARLO GOLDONI E LA COMMEDIA DELL’ARTE Goldoni è stato un autore di teatro che ha scritto moltissime opere, era un poeta stipendiato di compagnia, doveva scrivere tot pezzi l’anno. Ha scritto sia per il teatro di parola che per quello di musica. Ha scritto un’ottantina di libretti, di opere per il teatro di parola ne ha scritte 200 e a noi ne sono pervenute 150. Sono andate perse perché l’autore non le ha messe in stampa (anche di Molier e Shakespeare non ci sono rimasti autografi), tutte le opere che conosciamo ci sono trasmesse perché lui fece l’editore e stampò solo alcune delle sue opere, di queste 150 solo una minoranza è scritta in dialetto (interamente dialettali). Le 50 perse non vengono messe in stampa perché erano commedie a soggetto, scritte per i comici dell’arte. Goldoni impara dalla pratica del testo e gli attori con cui lavora, nel tempo, gli insegnano le regole del gioco scenico, è proprio inventandosi una modalità nuova di scrivere il teatro che riuscirà a portare verso la modernità la scrittura teatrale. La sua è una drammaturgia per l’attore, Goldoni costruisce i personaggi sulla falsa riga di quelle che sono le fisionomie degli attori per cui lavora, costruisce delle macchine spettacolari particolarmente efficaci. “Arlecchino servitore di due padroni” è la commedia più conosciuta di Goldoni al mondo. Quando la scrive però Arlecchino si chiamava Trufaldino come il nome d’arte di uno degli attori della compagnia. La prima rappresentazione è del 1745. Nel 1753 la mette in stampa, all’inizio era solo un soggetto. Quella che oggi è la commedia Goldoniana più rappresentata al mondo è una commedia che si radica nella commedia dell’arte. Francesco Bartoli: fu lui stesso un attore che lavorò con Sacco (comico di grande talento). 3 DICEMBRE 2018 [LA CASTALDA] Era una commedia con una fisionomia diversa, Goldoni la cambia quando la manda in stampa. La commedia è costruita sul personaggio principale della Castalda (donna di governo in un ambiente rustico), l’attrice che doveva interpretarla era un’attrice che diventerà molto famosa (Maddalena Marliani). Era rientrata nella compagnia Medebach da poco. Quando Goldoni lavora con la compagnia la Mariani era già scappata e aveva lasciato il marito, per poi tornare appunto. [L’autore a chi legge] Corallina: nome d’arte di Maddalena Marliani per il suo ruolo da servetta. Nuova proposta teatrale di Goldoni: maggiore attenzione alla realtà, al quotidiano, ai rapporti interpersonali. Goldoni riconosce che gli attori sono le colonne del gioco scenico. [PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE DELLE COMMEDIE DI GOLDONI – L’AUTORE A CHI LEGGE] Mondo e Teatro sono libri metaforici. Il libro del Mondo è il libro dell’esperienza, di ciò che esiste nella realtà. Nel libro del Teatro ci sono metafore di tipo pittorico. CARLO GOLDONI Nel 1750 ha 43 anni. È un intellettuale, borghese, laureato in legge. Si mette in pasticci politici a Venezia ed è costretto a scappare in Toscana, dove fa l’avvocato. Nel 1748 a Pisa esercitava la sua professione e gli capita la compagnia di Girolamo Medebach che gli fa una proposta, collaborare: Goldoni scrive le commedie per loro. Goldoni accetta perché era pieno di debiti. Il primo anno va benissimo è nel 1749 stipulano il contratto con diritti e doveri di entrambe le parti. Dopo una anno dalla sottoscrizione del contratto Goldoni avvia la pubblicazione delle sue commedie. Per fissare la sua proposta di nuovo teatro (ecco perché la lunga prefazione dell’edizione Bettinelli) [moodle]. LA FAMIGLIA DELL’ANTIQUARIO Tre atti: vengono a meno le ragioni retoriche della penta-partizione. La commedia ha un ritmo ternario (inizio – mezzo – fine). Questo è ripreso dalla Commedia dell’Arte. Titolo: bifocalità drammaturgica: la famiglia dell’antiquario e la suocera e la nuora. La figura dell’antiquario è una figura sociale molto diffusa nel 1700 (oggi chiamato collezionismo antiquario). Qui Goldoni rappresenta sotto una luce comica quest’attività che sarebbe degna di ogni credito. Goldoni, rappresentando il conte, rappresenta anche un qualcosa su cui riflettere: Anselmo è visto come un alienato. È una commedia che non ha inizio, mezzo e fine, gli atti sono allineati paratatticamente. Il disordine iniziale non viene corretto, nuora e suocera non si riappacificano. Tutta la commedia si svolge in interni. 4 DICEMBRE 2018 LA FAMIGLIA DELL’ANTIQUARIO L’ambientazione a Palermo è tattica, è un espediente che Goldoni usa per sfuggire alle maglie della censura. È messo in ridicolo il ruolo dell’aristocrazia veneziana. Prima rappresentazione: carnevale del 1749-50 (da Santo Stefano in rapporto alla Pasqua). Goldoni ha una mentalità acuta e capisce l’importanza della pubblicità, di creare l’attenzione attorno al proprio nome, motivo per cui pubblica le sue opere. Prima edizione: Venezia, Bettinelli, nel tomo terzo, 1752 Seconda edizione: Firenze, Paperini, tomo quarto, 1753 Terza edizione: Venezia, Pasquali, tomo settimo, 1764 Goldoni ad ogni pubblicazione fa delle modifiche. (Il testo che noi leggiamo oggi non è il testo iniziale e neppure è quello della prima messa in scena). Atto primo: 22 scene Atto secondo: 20 scene Atto terzo: 11 scene (ma 19 nelle prime due edizioni) Il conte Anselmo è il personaggio più presente in scena, la sua presenza è comunque molto equilibrata. Nel primo atto Anselmo ha due monologhi, l’attenzione perciò volge tutta su di lui. Il conte è interpretato da Girolamo Medebach (aveva il ruolo di primo uomo/primo amoroso), era portato per interpretare caratteri outsider, alienati, Goldoni sfrutta questa sua capacità. Doralice è una presenza netta, l’interprete è Teodora Medebach (moglie di Girolamo), è la prima donna della compagnia. Contessa Isabella, seconda donna, donna più anziana. Pantalone, maschera tipica della Commedia dell’Arte, si fa man mano più presente, è un vecchio ricco mercante veneziano (la maschera può essere anche un vecchio godereccio). Dottor Balanzoni, altra maschera, rinvia alla società contemporanea di Goldoni (il cicisbeo: cavalier servente, figura istituzionale delle donne maritate nell’aristocrazia, non è in antagonismo con il marito). Colombina, accende la miccia che fa divampare l’incendio tra suocera e nuora, ha una natura pettegola e intemperata. Pancrazio è un personaggio strumentale che appare in una sola scena. Notiamo la presenza delle maschere. Brighella e Arlecchino sono molto marginali, hanno una presenza ridotta. È snaturato il ruolo di Brighella, si professa come servo fedele, la figura è meno fedele rispetto alla maschera della commedia dell’arte. Goldoni non può rinunciare alle maschere perché il pubblico è abituato a vederli in scena, però al tempo stesso in maniera nascosta inganna il pubblico, mostra maschere diverse dalle originali. L’atteggiamento di Pantalone è quello di un padre preoccupato, con le sue novità il personaggio viene incontro al pubblico. La casa è ispezionata ambiente per ambiente, come una fotografia dinamica, in ogni interno avvengono delle interazioni interpersonali. ATTO PRIMO Tre macro sequenze: Camera del conte Anselmo, Camera della contessa Isabella, Salotto del conte Anselmo.