I Templari: origine e fine dell’ordine dei monaci guerrieri – parte prima

INIZI

I cavalieri Templari furono un ordine religioso-militare creato all’inizio del secolo XII°. Nel 1118 , Hugues de Payns costituisce una milizia assolutamente inedita per quei tempi: l’ Ordine dei poveri cavalieri del Cristo allo scopo di proteggere coloro che si recavano in pellegrinaggio a Gerusalemme. Secondo la tradizione il nucleo originario era formato da nove cavalieri: oltre a Hugues de Payns vi erano Bysol de Saint Omer, Andrè de Montbard zio di San Bernardo di Chiaravalle, Archambaud de Saint Aignan, Gondemar, Rossal, Jacques de Montignac, Philippe de Bordeaux e Nivar de Montdidier . Secondo la leggenda questi nove Cavalieri avevano anche uno “scopo segreto”, e cioè trovare antiche reliquie dai poteri immensi: l’Arca dell’Alleanza ed il Santo Graal che si supponevano nascosti in sotterranei segreti tra i ruderi del tempio di Salomone.

Re Baldovino II di Gerusalemme consegna il Tempio a Hugues de Payens e Godfrey de Saint-Omer.

Il nuovo ordine conciliava i principi basilari del monachesimo con l’uso delle armi. Venivano reclutati soprattutto tra i giovani della nobiltà, desiderosi di impegnarsi nella difesa della cristianità in Medio Oriente. L’ordine militare così formato aveva una gerarchia assai rigida. I suoi membri facevano voto di castità, obbedienza e povertà, lasciando all’ordine tutte le loro proprietà ed eredità.
Fu scelta inizialmente la regola di S. Agostino, in parte trasformata per adattarla agli scopi militari dei componenti. Il re di Gerusalemme, Baldovino II, accolse i primi cavalieri nel suo palazzo, presso la moschea di Al-Aqsa, dove in passato sorgeva il Tempio di Salomone questi ebbero dapprima il nome di Cristi militia (guerrieri di Cristo) e poi di militia templi (guerrieri del tempio). Da questo momento la nuova milizia prenderà il nome di Ordine del Tempio ed i suoi membri Templari.
Al momento della loro nascita non c’era stata l’esigenza di creare una gerarchia ben definita. Hugues de Payns è il maestro, gli altri primi cavalieri semplici monaci. Solo dopo la redazione della ‘regola’ e degli ‘statuti gerarchici, prende forma un organigramma preciso ed efficiente. L’ordine era composto dai cavalieri che costituivano la maggioranza, e portavano un mantello bianco con croce rossa, e dagli scudieri (sergenti) che vestivano invece di bruno. Potevano essere indifferentemente laici o sacerdoti, ma dovevano giurare i voti dell’ordine monastico.

S. Agostino consegna la Regola.

A capo di tutti vi era il Magister militiae templi che aveva intorno a sé per il disbrigo delle varie incombenze il siniscalco, il maresciallo, il gonfaloniere e l’elemosiniere. Il Maestro è il vero e proprio governatore della milizia. Pur occupandosi di tutte le questioni riguardanti l’ordine, il suo potere non è ‘assoluto’ ma molto spesso vincolato al consenso del capitolo dei monaci.
Nei primi tempi, lo sviluppo del nuovo ordine appare alquanto modesto e anche per questo Hugues de Payns , nel 1127, ritorna in Europa alla ricerca di rinforzi e di sostegni sia morali che economici. L’Ordine in ogni caso assunse reale importanza solo a partire dal 1126, quando, con l‘ingresso del conte Hugues de Champagne, iniziarono a pervenire donazioni e lasciti.
Hugues de Payns arriva a Troyes nel 1128 dopo aver incontrato a Roma il papa Onorio II. La creazione della nuovo milizia non aveva precedenti nella storia cristiana, e, anche il papa stesso mostrava evidenti segni di imbarazzo. Era quindi necessario trovare una posizione chiara e precisa, ed una regola che si adattasse perfettamente alla situazione. Da questo momento entra nelle vicende Templari, uno dei personaggi più carismatici ed autorevoli del tempo: Bernardo di Chiaravalle

Bernardo di Chiaravalle

Monaco cistercense, fondatore della abbazia di Chiaravalle (1115), scrittore e successivamente Dottore della Chiesa, sarà proprio per merito suo che nel Concilio di Troyes (1118), la nuova milizia viene ufficialmente riconosciuta grazie al ‘De laude novae militiae‘ (elogio della nuova milizia), vero e proprio proclama di esaltazione dell’Ordine Templare. Quindi viene redatta la prima regola di base denominata ‘latina’, punto di partenza per lo sviluppo dell’ordine.
In pochi anni i cavalieri Templari assunsero un ruolo sempre più incisivo dal punto di vista militare, sia in Terrasanta che nella penisola iberica ancora occupata dai mori invasori.
A partire dal 1128 i cavalieri Templari conobbero un sorprendente e rapido sviluppo in tutta Europa e specialmente in Francia, Inghilterra, Aragona, e Portogallo e costruirono dappertutto chiese a somiglianza di quella di Gerusalemme, che ebbero sempre il nome di tempio.

STRUTTURA ECONOMICO-MILITARE

Le conseguenze del Concilio di Troyes furono inattese e sorprendenti al tempo stesso.
Un gran numero di persone si arruolarono nella nuova milizia, ma fu soprattutto grazie a donazioni e lasciti che i Templari riuscirono a creare una vera e propria struttura economico-finanziaria adatta a sostenere la costosa permanenza in Terrasanta.
I templari entrarono quindi nelle attività bancarie quasi per caso.
Quando dei nuovi membri si univano all’ordine, generalmente donavano ad esso ingenti somme di denaro o proprietà, poiché tutti dovevano prendere il voto di povertà. Grazie anche ai vari privilegi papali, la potenza finanziaria dei Cavalieri fu assicurata dall’inizio. Poiché i templari mantenevano denaro contante in tutte le loro case e templi, fu nel 1135 che l’ordine cominciò a prestare soldi ai pellegrini spagnoli che desideravano viaggiare fino alla Terra Santa.
Con l’ulteriore aiuto di permute, acquisti e vendite i Cavalieri del Tempio dettero omogeneità ed organicità all’organizzazione dei loro possedimenti. Donazioni, lasciti e reclutamento di nuove forze rappresentarono il passo decisivo per una trasformazione graduale dell’ordine in un esercito ‘parallelo’ a quello degli altri Re europei.
Già nel 1129,per la prima volta, i Templari combattono come veri soldati, pur subendo una sconfitta e molte perdite umane. Successivamente si distinsero sui campi di battaglia a Tiberiade nel 1187, a Gaza 1244, e ad Al-Mansurà 1250.

Cavalieri templari in battaglia

Con l’andar del tempo crebbero di numero e di potenza, ebbero molti beni, che andarono sempre più ingrandendosi, facendosi persino prestatori di denaro ai principi e ai privati.
Da pochi anni Ugo di Payns è ritornato dopo la lunga permanenza in Europa. E’ vero, adesso l’ordine ha più omogeneità, c’è una regola, ha ottenuto stima e rispetto, ma questo ha portato anche l’inizio di una evoluzione. Qui a Baghras, fortezza situata a nord di Antiochia, i Templari non svolgono più solo la difesa dei pellegrini ma anche la protezione dei confini dei fragili stati latini. Quindi da missionari diventano un vero e proprio esercito privato, di supporto degli eserciti franchi.
Anche se poco numerosi, i cavalieri del Tempio si distinguono sempre per l’addestramento e la disciplina che ne fanno la colonna portante dell’esercito crociato che è invece approssimativo e disorganizzato. Le loro strategie, abbinate ad un coraggio che desta ammirazione e paura al tempo stesso tra le file del nemico, sono cosa risaputa. Malumori però serpeggiano tra le loro file. Pur essendo stati creati per la permanenza in Terrasanta, notevoli forze umane ed economiche vengono destinate nella Penisola Iberica dove si lotta per la riconquista di quei territori ancora in mano agli infedeli.

La regola definisce in modo chiaro e preciso anche il comportamento da tenere nei casi di scontri militari. Sotto il controllo del Maestro o del Maresciallo ai cavalieri non è possibile usare singole iniziative. Severe punizioni sono previste per chi non rispetta le consegne, per chi esce dai ranghi, per chi abbandona il campo senza permesso.
Per la prima volta gli europei si trovano a combattere un nemico che attua una tattica fatta di trappole, di imboscate, sfruttando le strette gole e vallate del territorio, o di finte ritirate. È necessario quindi avere anche come proprie risorse anche quelle della mobilità e della rapidità, e in questo i Templari erano veri maestri.
In caso di impedimenti o assenze il Maestro veniva sostituito dal Siniscalco, ma di fatto è il Maresciallo il vero responsabile del convento, oltre che comandante per le operazioni militari.

Gerusalemme

Accanto a queste figure troviamo il Commendatore del Regno di Gerusalemme, che si occupava anche delle funzioni di tesoreria , amministrazione e mantenimento delle relazioni verso le altre case Templari d’Occidente, Il Commendatore della Città di Gerusalemme, che assolveva il primario compito di proteggere i pellegrini nei luoghi santi, Il Commendatore di Tripoli ed Antiochia, che governava queste terre. I Commendatori delle varie Case Templari e il Commendatore dei Cavalieri, veri dignitari dell’Ordine, tutti disciplinati dallo statuto che ne regolava funzioni e poteri.
I Templari di ceto inferiore si suddividevano in Fratelli Cavalieri e Fratelli Sergenti che ricoprivano le funzioni assegnate in base ai loro compiti di combattimento o di preghiera. Oltre a queste distinzioni l’ordine poteva contare su un elevato numero di Fratelli Servitori, vere e proprie maestranze per le mansioni quotidiane all’interno delle loro dimore, diventate sempre più centri di attività economica ,spirituale e militare.
Accanto alla sede centrale di Gerusalemme troviamo le province d’oltremare di Antiochia e Tripoli. La principale risorsa economica e logistica per il buon funzionamento dell’ordine restò comunque l’Occidente, dalla penisola Iberica all’Ungheria.
I conflitti tra cristiani e mori infedeli nel sud dell’Europa elevarono i Cavalieri Templari ad un ruolo decisivo per la ‘riconquista’ (‘reconquista’), ripagata, oltre che dall’onore, da ingenti proprietà fondiarie sia nell’attuale Portogallo sia in Spagna, precisamente in Aragona.
Lo sviluppo trovò terreno fertile in Francia, specialmente in Provenza e nel Poitou, e successivamente in tutte le regioni del paese. Si crearono dimore e magioni anche in Inghilterra, Ungheria e nel resto del continente. L’espansione Templare in Italia non fu fulminea come altrove e anche nei decenni successivi il nostro paese non diventerà mai fondamentale per le sorti dell’ordine.
Come era nella logica Templare i possedimenti erano dislocati prevalentemente lungo le vie di comunicazione terrestre (per esempio la via Emilia, la via Francigena e la via di Postumia), nelle sedi di fiere e attività commerciali ed in prossimità dei porti d’imbarco per l’oriente, specialmente in Puglia.

Guido di Lusignano

Questa fu la regione italiana che prima fra le altre accolse le domus gerosolimitane rosso-crociate grazie all’importanza strategica e commerciale dei suoi porti e delle sue città.
Tutto il Meridione d’Italia venne compreso inizialmente nella provincia templare d’Apulia. Tra le prime fondazioni dell’ordine, oltre quella di Trani va ricordata la casa di Molfetta (documentata nel 1148), Barletta (1169), Matera (1170), Brindisi (1169) con possedimenti nel leccese, Bari, Andria, Foggia (nel periodo di transizione normanno-svevo), Troia (anteriore al 1190) e Salpi.
Tra le sedi più importanti, va menzionata la Casa Templare di Barletta, che ricoprì il ruolo di Casa Provinciale sino al processo del 1312. Questa, quindi, era la situazione delle Province Templari, non restava che collegarle per sfruttare al meglio le loro risorse e, come vedremo, in questo i Templari non furono inferiori a nessuno.

TEMPLARI E TERRASANTA

La crisi politica del regno di Gerusalemme e il crearsi di fazioni contribuisce ad indebolire il potere negli stati latini d’oltremare. Siamo in Galilea, in piena estate del 1187. L’esercito cristiano con a capo il re Guido di Lusingano, supportato nelle retroguardie anche dai Templari, si accampa nelle vicinanze di Seforia, non lontano da Nazareth.
La sosta giunge a proposito. Gli uomini e i cavalli hanno bisogno di riposo e di acqua per riprendere la marcia sulle tracce dell’armata araba. Il re, ascoltato il maestro dell’ordine dei Templari, tale Gerardo di Ridefort, decide di lanciarsi all’inseguimento del nemico. Dopo un giorno di dura marcia, con l’esercito ormai stremato, decide di accamparsi presso l‘altopiano di Hattin, ma i pozzi di acqua purtroppo sono a secco e nella rigogliosa pianura sottostante è sistemato il grosso del nemico con a capo il temibile Saladino. Complice l’oscurità ed una maggior freschezza fisica gli arabi risalgono l’altopiano e, usando tecniche da guerriglia, gettano scompiglio tra gli europei.
Stanco, assetato e circondato dal nemico: per l’esercito cristiano è la fine.
Errori militari da parte del re e di Gerardo di Ridefort contribuiscono alla disfatta completa delle forze latine. I Templari combattono valorosamente ma vengono tutti catturati e trucidati senza pietà dal nemico. Tra i pochi scampati al massacro i veri responsabili della sconfitta: il re e il maestro dell’ordine stesso.
I “diavoli rossi”, così chiamati dai musulmani, erano talmente temuti che venivano uccisi non appena fatti prigionieri. Ecco come lo stesso Saladino parla dei Templari fatti prigionieri: ”Voglio purgare la Terra da questi guerrieri immondi che non rinunciano mai alla loro ostilità, non rinnegano mai la loro fede e non saranno mai utili come schiavi”.

Saladino (dipinto del 1568)

Lo storico arabo Imad ad-Din, testimone oculare, racconta:
“Saladino promise cinquanta denari a chiunque portasse un templare o un ospitaliero prigioniero. Subito i soldati ne portarono centinaia, ed egli li fece decapitare perché preferì ucciderli piuttosto che ridurli in schiavitù. Era circondato da un gruppo di dottori della legge e di mistici, e da un certo numero di persone consacrate alla castità e all’ascetismo.
Ognuno di essi chiese il favore di uccidere un prigioniero, sguainò la spada e scoprì l’avambraccio. Il sultano stava seduto con la faccia sorridente, mentre quelle dei miscredenti erano accigliate. Le truppe erano schierate, con gli emiri su due file.
Fra i religiosi, alcuni diedero un taglio netto ed ebbero ringraziamenti; la spada di altri esitò e rimbalzò: furono scusati; altri ancora furono derisi e sostituiti. Io ero presente e osservavo il sultano che sorrideva al massacro, scorsi in lui l’uomo di parola e d’azione. Quante promesse non adempì! Quante lodi non si meritò! Quante ricompense durature a motivo del sangue da lui versato! …”.
Saladino sembrava dimenticare la sua proverbiale magnanimità di fronte ai monaci-guerrieri.
Con questa vittoria Saladino si impadronisce di tutto il regno ed entra in Gerusalemme da trionfatore.
La recente caduta della città di Tripoli è stata un duro presagio per gli abitanti di San Giovanni d’Acri. Fino ad allora il sultano non pareva intenzionato ad attaccare le città cristiane sulla costa, in fondo facevano comodo anche per motivazioni commerciali e finanziarie. San Giovanni in particolare veniva considerata come un centro fondamentale e nel suo porto troviamo mercanti genovesi, pisani e veneziani, il commercio procurava da sempre notevoli guadagni e anche il sultano ed i Templari lo sapevano bene.
Non è un caso se qui a San Giovanni d’Acri troviamo notevoli fortificazioni a protezione del centro. La città è divisa per quartieri ognuno dei quali viene ‘controllato’ da forze militari ben precise. Il quartiere del Tempio, a picco sul mare e nelle vicinanze del porto, è uno dei più importanti per il controllo delle posizioni. Anche in fatto di strategie e di astuzie i cavalieri Templari non devono imparare da nessuno.
I preparativi per l’assedio alla città iniziarono diversi mesi prima e inutili furono le richieste di aiuto verso l’Europa ormai rassegnata alla perdita degli stati latini. Il 6 aprile inizia il vero assedio sotto le mura cittadine. La differenza tra le forze in campo, sia numerica che di armamenti, risulta davvero notevole a vantaggio degli arabi.
Inutili sono le incursioni negli accampamenti del nemico eseguite nel cuore della notte da valorosi Templari.
Accanto alle poderose catapulte che per oltre un mese devastano i quartieri cristiani, gli arabi fanno largo uso di mine per demolire le mura della città. In poco tempo la prima cerchia inizia a cedere dando origine a varchi d’ingresso per le truppe del nemico, ormai vicinissimo alle postazioni di controllo. La lotta è durissima. Furiosi combattimenti sono segnalati in ogni zona, i quartieri cadono uno dopo l’altro nelle mani del nemico, i Templari rispondono con coraggio anche se il Maestro cade sul campo, ferito a morte. Il 28 maggio capitola l’ultimo baluardo della città: la torre dei Templari: il sultano diventa padrone di San Giovanni d’Acri.
Tutti i dignitari dell’ordine periscono tra le mura della città, ‘ versando il proprio sangue nel nome di Cristo e in difesa della fede cristiana….’.

Assedio di San Giovanni d’Acri.

E’ la fine degli stati latini e la conclusione dell’epoca delle crociate. la sconfitta di San Giovanni d’Acri aveva chiuso definitivamente ogni speranza di permanenza europea in Terrasanta. I pochi Templari che riuscirono a scampare ai massacri dei trionfatori musulmani si rifugiarono nell’isola di Cipro e precisamente a Limassol, dove venne spostata la sede dell’ordine.
Pur se in modesto numero, i cavalieri del tempio riuscirono a salvare dalla sede di San Giovanni il tesoro dell’ordine e le preziose reliquie tra le quali probabilmente un ‘sacro lenzuolo’ (la Sindone?).
Nel 1301 papa Bonifacio VIII dona all’ordine un isolotto, situato a due miglia al largo di Tortosa.
Ruad è un isolotto inospitale, arido, privo di acqua potabile ma strategicamente importante. Grazie all’arrivo di nuove forze da Cipro e dall’Europa i Templari riescono a fortificarlo e a creare una nuova guarnigione pronta a sfidare il vicino nemico infedele con rapide e fastidiose incursioni navali.
Il sultano d’Egitto, preoccupato dalla tenacia dei Templari e da un eventuale ritorno degli eserciti europei, assale l’isola-fortezza ma solo nel 1303 riesce ad ottenerne il pieno possesso. E’ l’ultima battaglia: quasi tutti i Templari cadono a protezione dell’isolotto, come a voler difendere le ultime speranze della loro stessa esistenza.
I pochi prigionieri catturati vengono lasciati morire di fame nelle buie carceri egiziane. Il bilancio finale della missione in Terrasanta, anche per l’ordine dei Templari, si può quindi definire disastroso. Enorme fu il sacrificio in vite umane, ripagato solo in piccola parte dal coraggio e dalla tenacia che anche il nemico riconobbe ai membri dell’ordine.
Quasi tutti i massimi dignitari perirono sul campo di battaglia, o in seguito per le ferite che riportarono, sotto il vessillo bianco-nero chiamato ‘bauceant’ al grido di : NON NOBIS, DOMINE, NON NOBIS SED NOMINI TUO DA GLORIAM (NON A NOI, SIGNORE, NON A NOI, MA AL TUO NOME DONA LA GLORIA). L’Ordine dopo la definitiva perdita di Acri e degli Stati Latini in Terra Santa nel 1291 si avviava al tramonto: la ragione per la quale era nato, due secoli prima, era ormai venuta meno.

 

FINE DELLA PRIMA PARTE

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