Jordan Belfort: la storia vera del Wolf of Wall Street
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Jordan Belfort: la vera storia del Wolf of Wall Street

Jordan Belfort: la vera storia del Wolf of Wall Street

“Mi chiamo Jordan Belfort. L’anno in cui ho compiuto 26 anni, ho guadagnato 49 milioni di dollari, il che mi ha fatto incazzare perché ne mancavano solo tre e avrei ottenuto una media di un milione a settimana”. È una delle citazioni più famose di The Wolf of Wall Street, il biopic con Leonardo DiCaprio che il regista Martin Scorsese e lo sceneggiatore Terence Winter hanno dedicato al broker simbolo della New York degli anni Novanta. Il “Caligola della Borsa” che ha conquistato un patrimonio incredibile truffando milioni di investitori.

Ma chi è davvero questo ex “gangster della finanza”, attirato da soldi, sesso e droghe come uno squalo dal sangue, definito dalla rivista Forbes “un Robin Hood che ruba ai ricchi per dare a se stesso”, sposato quattro volte e finito in carcere per due anni e in rehab per dodici mesi prima di uscirne con la “promessa” di restituire 110 milioni di dollari alle sue prede e diventare un guru del “motivational speaking”?

 

Chi è Jordan Belfort: la storia vera

Nato nel 1962 nel Bronx da genitori ebrei entrambi commercialisti, Belfort cresce nel Queens e mette a segno il suo primo colpo prima ancora di entrare al college: con l’amico d’infanzia Elliot Loewenstern, guadagna ventimila dollari vendendo ai bagnanti sulla spiaggia di Long Island il ghiaccio recuperato dai contenitori di polistirolo che negozi e ristoranti della zona usano per il pesce. Ha imbastito quest’affare per iscriversi a una scuola di odontoiatria, ma cambia idea quasi subito e molla la University of Maryland School of Dentistry dopo appena un paio di giorni. È cruciale quello che gli dice uno dei decani dell’ateneo: “L’età dell’oro dell’odontoiatria è finita. Se sei qui semplicemente perché stai cercando di fare un sacco di soldi, sei nel posto sbagliato”.

Belfort si mette a fare il venditore porta a porta di carne e frutti di mare. Il business comincia bene, poi l’azienda che ha messo in piedi scricchiola e dichiara fallimento. A 25 anni Jordan non sa cosa fare. È grazie ad un amico di famiglia che ottiene un posto da telefonista in una società di brokeraggio, la L.F. Rothschild. Pure qui viene licenziato quando la banca d’affari collassa a pochi giorni dal Black Monday, il lunedì nero della crisi record di Wall Street. In quel breve periodo, Belfort ha imparato parecchio.

In un garage comincia a investire piccole somme e sviluppa con i “compari” Danny Porush e Brian Blake la Stratton Oakmont, un’azienda specializzata in “pump and dump”. Lo schema è semplice. Acquista le penny stock, azioni di piccole società fuori dal listino principale e con scarse prospettive di crescita. Abbindola gli interlocutori ingannandoli con promesse false e informazioni fuorvianti sul reale valore delle azioni e sul livello di rischio degli investimenti. Così fa aumentare artificialmente il valore delle stock per poi vendere le proprie quote e farle crollare mandando in rovina gli stakeholder.

Alla fine degli anni Ottanta, Wall Street è come il selvaggio West: non ci sono regole. Belfort approfitta della mancanza di qualsiasi controllo per guadagnare un’immensa fortuna. La sua Stratton Oakmont diventa presto una delle società di intermediazione finanziaria “over-the-counter” più grosse e spericolate degli Stati Uniti. Il fatturato della compagnia arriva a toccare punte di 25 milioni di dollari a semestre.

La New York dell’epoca è quella dei festini dei vip e della coca: un’autentica città da sniffare. È in questo mondo fuori dalle regole, che si muove Belfort con un comportamento sempre più sregolato e spregiudicato. Si sposta guidando sei auto di lusso e volando a bordo del suo elicottero personale. Acquista uno yacht faraonico di 50 metri, un tempo appartenuto a Coco Chanel. Spende una barca di soldi in ristoranti gourmet, hotel scintillanti e prostitute d’alto bordo. Assume regolarmente cocaina e morfina e prende come fossero caramelle una ventina di Quaalude al giorno, il tristemente celebre antidepressivo con effetti allucinogeni, noto come “la droga di Wall Street” e “la pillola della felicità”.

Questo colosso dai piedi d’argilla frutto della vendita di stock di azioni spazzatura e quella frenetica vita privata e “lavorativa” non possono durare a lungo. La NASD (la National Association of Securities Dealers) è col fiato sul collo di Belfort dal 1989, sottoponendo la Stratton Oakmont a un controllo quasi costante. Dopo dieci anni di successi ed eccessi, soltanto nel 1999 l’FBI inchioda il broker e la sua rete di dipendenti: per lui e Porush l’accusa è di frode e riciclaggio di denaro. Sulla vita del “Lupo” cala il sipario.

Belfort è condannato a quattro anni di prigione: ha truffato investitori per circa 200 milioni di dollari. Sconta 22 mesi di carcere presso l’istituto correzionale di Taft, in California, prima di patteggiare la pena assicurando di restituire 110,4 milioni alle sue vittime. L’accordo gli impone di pagare il 50% del suo reddito per rimborsare i 1.513 clienti che ha frodato fino al 2009. Altri 10 milioni sono ottenuti dalla vendita di beni e proprietà che gli sono stati sequestrati.

La restituzione non avviene secondo quanto previsto. Durante il periodo di libertà condizionata Belfort paga 382.910 dollari nel 2007, 148.799 dollari nel 2008 e 170.000 dollari nel 2009. Dopo, negozia un piano di risarcimento con il governo che prevede un minimo di 10mila dollari al mese per tutta la vita, al quale si aggiungono i profitti dei suoi interventi pubblici e le royalties ottenute dalla sua attività mediatica.

Dopo aver toccato il fondo, a 47 anni Belfort comincia una nuova vita. Quando è stato in carcere, ha passato qualche tempo in cella con Tommy Chong, l’attore comico e attivista pro-marijuana libera di Cheech & Chong, la coppia di Up in Smoke. È Chong a incoraggiarlo a scrivere del suo periodo “esagerato” da stock broker. Belfort racconta la sua pazzesca corsa in diversi libri come Il lupo di Wall Street (quello da cui è tratto il film di Scorsese ed edito in Italia da Rizzoli), il sequel Catching the Wolf of Wall Street e Il libretto rosso del lupo di Wall Street. I segreti del successo dal più grande venditore di tutti i tempi, pubblicato da Vallardi. In questo “saggio”, Belfort rivela i segreti dello Straight Line System, il sistema che ha messo a punto per persuadere qualsiasi cliente e diventare “il più grande venditore di tutti i tempi”.

Il naufragio ad Olbia con la barca

È uno degli episodi più curiosi, divertenti e singolari della sua vita, ed è tutto vero. Alle 11 di sabato 23 giugno 1996, il finanziere parte da Riva di Traiano, porto a sud di Civitavecchia, a bordo della Nadine. Con lui ci sono otto membri dell’equipaggio, la moglie Nadine Caridi (da cui il nome del panfilo da 20 miliardi di dollari) e dieci amici che l’accompagnano in quella che dovrebbe essere un tranquilla e rilassante traversata da nababbi verso la Costa Smeralda.

Le condizioni meteo sono proibitive (onde alte sette metri e un maestrale a 35 nodi) e Belfort è costantemente sotto effetto di coca e Quaalude. Non dà ascolto al capitano e succede l’inevitabile: lo yacht imbarca acqua da un boccaporto e s’inabissa nel cuore del Mediterraneo, a 40 miglia dalla baia di Cala di Volpe. L’allarme parte alle 3 del mattino, poche ore dopo la Nadine finisce su un fondale a 1300 metri. È il comandante della capitaneria di Olbia Antonio Camboni a guidare i tempestivi soccorsi. La Nadine resta in fondo al mare, ma i 19 naufraghi sono portati in salvo grazie ai sommozzatori dell’unità COMSUBIN e ai militari arrivati su un elicottero Sea King.

Nei servizi televisivi dell’epoca si vede un Belfort visibilmente alterato che ringrazia i soccorritori. “Viva l’Italia!”, grida sorridente. Leggenda vuole che il “Lupo” abbia finito la serata festeggiando il pericolo scampato all’Hotel Cala di Volpe con una cena a bordo piscina a base di aragosta e fiumi di Vermentino. “La cosa bella di essere salvati dagli italiani – scriverà poi nel suo memoir – è che ti danno da mangiare, ti danno da bere vino rosso e dopo si balla”.

I quattro matrimoni

Belfort è stato sposato quattro volte. La prima moglie si chiama Denise Lombardo ed è la sua fidanzatina d’infanzia: i due sono stati sposati sei anni, dal 1985 al 1991. Dopo il primo divorzio, il broker della Stratton Oakmont sposa Nadine Caridi, una bellissima modella britannica (ora Nadine Macaluso) con la quale ha due figli, Chandler, nato nel 1993, e Carter, nato nel 1996. Il loro matrimonio dura 14 anni: la coppia divorzia nel 2005, quando Belfort è ormai in una spirale fuori controllo di dipendenza da sesso e droghe e Nadine lo denuncia diverse volte di violenza domestica.

Dal 2012 al 2020 Belfort è sposato con Anne Koppe, imprenditrice conosciuta nel 2008. Attualmente l’ormai ex “Lupo” fa coppia con Cristina Invernizzi, attrice e modella argentina di quasi trent’anni più giovane di lui. Jordan e Cristina si sono sposati in gran segreto a Las Vegas nel febbraio del 2021 e oggi vivono insieme a Miami.

Il film The Wolf of Wall Street

The Wolf of Wall Street, diretto da Martin Scorsese nel 2013, è uno dei migliori film degli anni Duemila del regista newyorkese. Prodotto da Scorsese e DiCaprio con Riza Aziz, Joey McFarland, Emma Tillinger Koskoff, Georgia Kacandes, Alexandra Milchan, Rick Yorn, Irwin Winkler, Danny Dimbort e Joel Gotler, il biopic si basa sull’omonimo libro autobiografico di Belfort e schiera nel cast Jonah Hill (il complice e socio in affari Donnie Azoff), Margot Robbie (Naomi Lapaglia, l’ex modella seconda moglie di Jordan), Kyle Chandler (l’agente dell’FBI Patrick Denham), Matthew McCounaghey (Mark Hanna, uno dei primi mentori di Belfort), Jean Dujardin (il banchiere svizzero Jean Jacques Sorel), Joanna Lumley (Emma, la zia inglese di Naomi) e Rob Reiner (“Mad” Max Belfort, l’irascibile padre di Jordan).

Accolto in maniera trionfale dalla critica nonostante le numerose controversie, dal presunto maltrattamento di animali (per lo scimpanzé sui pattini a rotelle) alla causa per diffamazione intentata dal collaboratore Andrew Greene, fonte d’ispirazione non citata per il personaggio di Nicky “Rugrat” Koskoff, The Wolf of Wall Street è candidato a cinque Premi Oscar. Non ne vince nemmeno uno: è l’anno di 12 anni schiavo, Gravity e Dallas Buyers Club. Il film è comunque una hit al botteghino internazionale, incassando 392 milioni di dollari e diventando così il maggior incasso di Scorsese al box-office. The Wolf of Wall Street strappa pure un altro curioso primato: è il film con il maggior numero di parolacce nella storia del cinema, collezionando 715 imprecazioni tra cui 506 “fuck”.

Il cameo di Jordan Belfort nel film di Scorsese

Il “Lupo” appare nel finale del “suo” biopic. Quando viene condannato a 36 mesi di prigione, il Jordan di DiCaprio arriva terrorizzato in carcere ma si ambienta subito cimentandosi in un doppio di tennis, la sua grande passione. Tornato in libertà, è invitato ad uno dei suoi seminari motivazionali. Il presentatore che lo introduce come “il peggior figlio di puttana che abbia mai conosciuto”, è proprio il vero Belfort.

https://youtu.be/2d-la71LvSQ

La storia vera vs il film

La carriera, i soldi, gli eccessi che si vedono nel film di Scorsese, persino il festino con il lancio di un nano, sono tutti veri. Buona parte dei dialoghi di DiCaprio arrivano direttamente dal libro di Belfort. Gregory Coleman, il vero agende dell’FBI che ha incastrato Belfort, ha detto al New York Times: “Ho seguito questo tizio per dieci anni, e tutto quello che ha scritto è vero”. Con i dovuti distinguo.

Belfort dormiva davvero su un materasso zeppo di banconote da 100 dollari: l’originale ne conteneva tre milioni. La moglie nel film non si chiama Nadine ma Naomi, ma il soprannome è proprio la “Duchessa di Bay Ridge” e la zia coinvolta negli affari loschi di Jordan in Svizzera si chiama Patricia, non Emma. Le pubblicità in cui è apparsa Nadine, come quella della birra Miller Lite, sono vere eccome.

Anche Donnie Azoff, il personaggio di Jonah Hill, è un nome di finzione: nella realtà è Danny Porush, non ha incontrato Belfort in un ristorante ma sono stati presentati dalla moglie di Porush, che era realmente sua cugina. Danny ha ammesso di aver mangiato un pesce rosso vivo che apparteneva a un dipendente della Stratton, ma nega il sesso a tre con Belfort e una dipendente adolescente.

Pure Mark Hanna, il personaggio esilarante di McConaughey che promuove cocaina e masturbazione come chiavi del successo, esiste sul serio: era un trader della L.F. Rothschild ed è finito condannato per frode in borsa. Quanto al naufragio dello yacht Nadine, Scorsese e Winter spostano l’ambientazione dalla Sardegna alla Liguria e la Costa Azzurra. Una sottigliezza che non inficia il risultato finale, definito da Belfort a London Real “un ottimo lavoro” nella descrizione della “sensazione generale”, del “cameratismo e la pazzia” di quegli anni rampanti. In effetti i party della Stratton erano davvero selvaggi.

Che fine ha fatto Jordan Belfort? Ecco cosa fa oggi

Oggi Belfort ha 59 anni, scrive libri, ha due milioni di follower su Instagram e quasi 700mila su Twitter e conduce il podcast The Wolf’s Den, dove racconta i momenti più folli della sua vita e intervista celebrità, imprenditori, scienziati e “chiunque altro susciti il mio interesse”. Non meno importante è la sua carriera da “speaker motivazionale”. Il suo primo tour australiano, chiamato “The Truth Behind His Success”, è stato un successo clamoroso, non senza l’ennesimo scandalo.

Nel 2015 un’inchiesta condotta dal network 7News e dal settimanale Sunday Mail ha scoperto che Belfort è stato assunto dall’imprenditore Paul Conquest, fondatore dell’importante agenzia per il lavoro Career Pathways e detentore del pacchetto di maggioranza della società Face to Face Training, finanziata con oltre 10 milioni di dollari dal governo per servizi di formazione e assessment.

Nel corso dei workshop tenuti all’Eatons Hill Hotel di Brisbane, Belfort avrebbe fortemente promosso questi due brand. Ma il denaro pubblico dei contribuenti doveva essere speso per corsi di formazione certificati: cosa che Face to Face non avrebbe fatto affidandoli a Belfort. 9 News ha bollato il programma di formazione come una truffa, ribattezzando Jordan il “Wolf of Queensland”.

Belfort continua a tenere programmi di formazione e seminari sulle vendite, organizzati dalla sua nuova attività, la Global Motivation Inc. I suoi discorsi vertono soprattutto sull’importanza dell’etica negli affari e sull’apprendimento dagli errori che ha commesso durante gli anni Novanta.

Belfort è ancora ricco? Il suo patrimonio

Nonostante tutti gli alti e bassi che Belfort ha vissuto nella sua vita, l’ex broker è riuscito in qualche modo a rimettersi in sesto e a “risorgere dalle ceneri”. Ora tiene il massimo riserbo sulle sue finanze. Alcuni ritengono abbia ancora un patrimonio da 100 milioni di dollari nascosto nei paradisi fiscali, mentre molti sostengono che a partire dal 2013, avrebbe restituito solo 10 milioni di dollari alle vittime delle sue truffe sui 110 milioni previsti. Ma lui non ama discutere pubblicamente della questione.

L’attività da scrittore e “motivational speaker” gli permette di guadagnare bene. Per ogni intervento chiede una fee che oscilla tra i 30mila e i 75mila dollari. Per un seminario si arriva a 80mila o anche di più. Dalla vendita dei diritti di The Wolf of Wall Street ha ottenuto 940,500 dollari, finiti nel fondo di risarcimento per le persone che ha frodato, almeno a suo dire.

Nel 2021 ha strappato un lauto contratto con il gruppo Discovery per apparire nel documentario GameStop: The Wall Street Hijack, dedicato all’incredibile caso dei micro investitori che hanno fatto volare le azioni della catena di negozi di videogame. Il debito residuo di Belfort sarebbe comunque ancora molto ampio. Tanto che nel gennaio del 2020 ha intentato una causa da 300 milioni di dollari per frode e violazione del contratto, nota come “Hail Mary lawsuit”, a uno dei produttori di The Wolf of Wall Street. Il “Lupo” sostiene che Riza Aziz di Red Granite Pictures, accusato di corruzione in Malesia per una presunta appropriazione indebita di oltre 200 milioni di dollari sottratti ad un fondo statale, ha finanziato il biopic di Scorsese con quei soldi rubati e gli ha tenuto nascosto questo “particolare”. Un elemento che avrebbe danneggiato la sua immagine e influito negativamente sui diritti della sua storia. Incassare questo “risarcimento” risolverebbe definitivamente tutti i suoi problemi.

AUTORE

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Alessandro Zoppo

Ascolta musica e guarda cinema da quando aveva 6 anni. Orgogliosamente sannita ma romano d'adozione, Alessandro scrive per siti web e riviste occupandosi di cultura, economia, finanza, politica e sport. Impegnato anche in festival e rassegne di cinema, Alessandro è tra gli autori di Borsa&Finanza da aprile 2022 dove si occupa prevalentemente di temi legati alla finanza personale, al Fintech e alla tecnologia.

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