Secondo uno studio, a Como il turismo è diventato un problema

A Como il turismo è diventato un problema, lo dimostra uno studio sull’overtourism

Il fenomeno Una ricerca ci colloca fra i centri in sofferenza. Ci sono oltre cinque visitatori per ogni residente, e più di 2.500 per ogni chilometro quadrato di territorio

L’immagine delle code lunghe decine di metri alla biglietteria della Navigazione è ormai quella che racconta con più fedeltà il turismo comasco: un afflusso in crescita esponenziale di visitatori e una cronica impreparazione del territorio e delle sue strutture a gestirlo.

Il risultato è quello che si definisce “overtourism”, cioè l’eccessiva pressione del turismo su un territorio e una popolazione, con effetti negativi sulla qualità della vita dei residenti ma - alla fine - anche sul turismo stesso.

Lo studio

Uno studio sperimentale dell’istituto di ricerca Demoskopika lo ha misurato, provincia per provincia. E, a sorpresa, colloca Como nella fascia “moderata”, quella insomma in cui la sofferenza determinata dal turismo non rende ancora invivibile il territorio nel suo complesso. Con noi sono allineate realtà di indubbio richiamo come Siena e Pisa, altre di dubbio appeal turistico come Monza e Brianza e Vibo Valentia.

Nella fascia alta della classifica ci sono vere superstar come Venezia e Rimini, in quella intermedia anche Milano e Firenze. La graduatoria è il prodotto di cinque indicatori: densità turistica, densità ricettiva, intensità turistica, utilizzazione lorda e rifiuti urbani attribuibili al settore turistico.

Il primo indicatore calcola il numero di turisti per km quadrato: a Como sono 2.505, a Venezia sono oltre 14mila e a Rimini quasi 17mila. La densità ricettiva dice che abbiamo 35,5 posti letto per km quadrato, contro i 158 che si trovano in laguna, ricettività che viene utilizzata nella misura del 21% (il dato appare basso perché è spalmato su tutto l’anno e su tutta la provincia). Sotto la voce “intensità turistica” troviamo il numero di visitatori per residente (5,35, Bolzano svetta con 64), mentre a ogni comasco corrispondono 6,6 kg di rifiuti l’anno prodotti dai turisti.

Al di là delle letture statistiche, i numeri assoluti delle presenze sul Lario restituiscono numeri vertiginosi: l’anno scorso si è chiuso con un milione in più di pernottamenti rispetto al 2019, anno di riferimento per il turismo perché antecedente alla crisi del Covid.

Un incremento del 20%, numeri da capogiro che hanno accompagnato l’esplosione di Como Lake sui social, ma anche l’aumento esponenziale del traffico su una rete di infrastrutture inadeguata - e la Regina sta lì a raccontarlo -, dell’utilizzo dei mezzi pubblici (la coda ai battelli, appunto), e dei prezzi, resa immortale l’estate scorsa su tutti i media dalla impagabile vicenda del taglio del toast al prezzo di 2 euro.

I numeri

Il “salto” quantitativo la provincia di Como lo ha fatto nel 2022, raggiungendo una capacità ricettiva di 5.443 strutture (dati di Polis Lombardia), con un tasso di occupazione medio dei posti letto del 18,24%. Solo un anno prima, nel 2021, le strutture ricettive erano 4.372 e il tasso di occupazione del 17,86%.

Como come Venezia, dunque? Lo studio di Demoskopica dice di no, anche se ci trova allineati ad altre città non troppo grandi e meta di imponenti flussi turistici, come Siena. Quello restituito da Demoskopika però è un dato medio, quindi livellato: a como città, sul lungolago e il alcuni centri come Bellagio, Argegno e Menaggio la pressione delle masse di turisti è realmente ingestibile e impatta pesantemente sulla qualità della vita e dei servizi . Un dato che non sfugge a chi con il turismo lavora: le difficoltà della gestione delle messe mette quasi in ombra i fatturati stellari, e le nuove parole d’ordine sono destagionalizzare e delocalizzare, quindi cercare di spalmare le presenze anche sull’autunno e sulla primavera e rendere appetibili dal punto di vista turistico anche i centri dell’alto lago, ricchi di fascino ma disertati dalle grandi masse.

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