Duri si diventa Recensione

Duri si diventa: recensione della commedia con Will Ferrell e Kevin Hart

30 giugno 2015
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Si ride molto e si ride di cuore e di pancia alla buddy comedy con due mattatori.

Duri si diventa: recensione della commedia con Will Ferrell e Kevin Hart

Succede sempre più raramente – ma per fortuna capita – di riuscire a spegnere il cervello per un'ora e mezzo con una commedia americana e ridere di gusto, senza pensieri e preoccupazioni. Della crisi in apparenza inarrestabile del buddy movie avevamo parlato di recente a proposito di Fuga in tacchi a spillo, ma a ridare nuova linfa a un genere letteralmente (s)finito arriva Etan Cohen, che sulla scorta di una sceneggiatura scritta da due autori e attori non a caso televisivi, con l’apporto del complice storico di Will Ferrell, Adam MacKay, porta a casa una delle commedie più vivaci, scorrette e irresistibili degli ultimi anni. In America i critici hanno storto il naso e il pubblico non l'ha premiata. I motivi non ci interessano, ma se amate Will Ferrell e volete vederlo in una delle sue interpretazioni più folli e comiche di sempre, Duri si diventa è il film che fa per voi.

La storia è semplice ma efficace come un meccanismo a orologeria: ricchissimo, col genio per gli affari e appena diventato socio nell’azienda del futuro suocero, James King viene arrestato e accusato di frode e appropriazione indebita proprio nel giorno della festa per il suo fidanzamento. Condannato in maniera esemplare a 10 anni di carcere duro, ha solo un mese per imparare a sopravvivere alla prova che lo aspetta. Per farlo assume un allenatore molto particolare, Darnell, il titolare (nero) di un’impresa di autolavaggi di cui dà per scontato che abbia un passato criminale. Così ovviamente non è, ma l’addestramento - un vero e proprio boot camp nel mondo carcerario, ricostruito nella sua lussuosa villa - darà i risultati sperati e anche molto di più.

 Duri si diventa funziona perché, a non farci soffermare sui difetti della trama, sui riferimenti ad altri film o sui motivi familiari del genere, è Will Ferrell, che si appropria immediatamente del personaggio e della storia, rendendola unica e originale con la sola forza della sua personalità. Anche se si tratta di attori per certi versi agli antipodi, la sua concezione della comicità ricorda quella dell’insuperabile mattatore Robin Williams. Un comico puro è un esibizionista estremo, sa esagerare, mettersi alla berlina, sfruttare le proprie caratteristiche fisiche e caratteriali pur di strappare la risata, non si vergogna di niente. Ferrell è un maestro nell’uso del corpo, si mette a nudo senza imbarazzi pur di suscitare la risata, è un gigante (anche letteralmente) dello slapstick, non arretra di fronte a niente.

L’idea vincente del film è quella di affiancargli (un classico del genere che non sempre funziona) un partner piccolo e mingherlino come Kevin Hart, la cui comicità è prevalentemente – anche se non solo – di parola. A sottolineare la perfetta alchimia tra i due basterebbe la scena della simulazione dell’ingresso di King in prigione, minacciato e respinto dalla zona dei neri a quella dei latinoamericani e corteggiato da un predatore sessuale: Hart interpreta tutti e tre i personaggi semplicemente spostandosi da un lato all'altro di Ferrell, in una vorticosa performance che lascia stordito il personaggio a cui si rivolge e lo spettatore in sala.

La cosa bella di un film come questo è che – una volta lasciati andare i freni e le inibizioni che impediscono di godere di questo tipo di storie – si può ridere (e si ride) di tutto: degli oggetti nascosti nell’ano, dei doppi sensi, dei neri, delle gang, dei ricchi, della Fratellanza ariana, dei gay e degli etero, dei pregiudizi e della stupidità. Eccessivo senza essere volgare, ridicolo senza essere patetico, Duri si diventa si distingue dai suoi recenti omologhi perché gli autori sanno (come sa ad esempio anche Seth MacFarlane) che se hai dei bravi attori e offri loro situazioni anche solo potenzialmente divertenti, questi sono in grado di portare il pubblico dovunque vogliano.

Non stiamo certo dicendo che si tratti di un capolavoro - anche se nei suoi momenti migliori ricorda i film con Pryor/Wilder e le coppie Nolte/Murphy e Aykroyd/Murphy – ma se siete tra i fortunati che riescono a spogliarsi, al cinema, di aspettative, sovrastrutture e preconcetti, sicuramente vi divertirete senza poi vergognarvi. Altamente raccomandato vederlo in compagnia, perché si ride sicuramente di più.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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