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ItaliaOggi - Numero 107   pag. 9  del 07/05/2024
politica

sotto a chi tocca

di Stefano Lorenzetto





  • Il Corriere della Sera ospita un articolo firmato da Gennaro Sangiuliano, ex direttore di Roma e del Tg2, ex vicedirettore di Libero e del Tg1, oggi ministro della Cultura: «Ma ci volle la caduta del Muro di Berlino e la decisione di cambiare nome al Pci per far riconoscere agli esponenti di quel partito le responsabilità materiali e morali della loro storia politica». Nonostante un illustre precedente dantesco («Grandine grossa, acqua tinta e neve / per l'aere tenebroso si riversa», Divina Commedia, Inferno VI, 10-11), ci saremmo aspettati, soprattutto da un giornalista, il verbo al plurale («ma ci vollero»), considerato che i soggetti sono due («la caduta» e «la decisione»).

  • «Le bambine ci riguardano», strilla la copertina di Donne Chiesa Mondo, mensile dell'Osservatore Romano. Un titolo più superfluo che maldestro: di un certo interesse per l'infanzia ci sembravano già traboccanti le cronache.

  • Sul settimanale 7, nella rubrica 7 di cuori, Massimo Gramellini affronta il disagio della lettrice Barbara, quasi 60 anni, che ha un cruccio: il «nuovo amore» non la ospita, in quanto «non ha una casa sua, abita nell'appartamento che l'ex moglie gli ha dato, ma dove gli ha espressamente chiesto che io non mettessi piede». Gramellini le chiede: «Ma se tu ci andassi, la signora come farebbe a scoprirlo? Ha forse messo delle telecamere nascoste in bagno o ha assoldato un vicino di pianerottolo perché gli faccia da spia?». Il gender dilaga.

  • Incipit di un servizio firmato da Federico Giuliani sul sito del Giornale: «Prosegue la guerra tecnologica che antepone Stati Uniti e Cina». Sì, ma ora chi lo spiega a Joe Biden e Xi Jinping che anteporre (mettere davanti, mettere prima) è meglio di contrapporre (mettere contro)?

  • Marina Terragni scrive sul Foglio: «Il colossale Cass Review ha mandato gambe all'aria tutto il sistema di “cura” destinato a bambine e bambini con incongruenza o disforia di genere, rilevandone la fallacia e l'inconsistenza scientifica e facendo tremare le vene dei polsi a tutti quei medici che nei servizi dedicati hanno trattato migliaia di minori secondo un protocollo che palesemente non stava in piedi e contravveniva clamorosamente all'ippocratico “primum non nocere”». La locuzione corretta, nel significato di impaurire, terrorizzare, è quella mutuata dalla Divina Commedia di Dante Alighieri: «Aiutami da lei, famoso saggio / ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi». (Inferno I, 89-90). Polsi sta per arterie, derivando dal latino pulsum (battito). L'espressione le vene e i polsi non riguarda perciò le vene dei polsi tirate in ballo da Terragni: indica le vene e le arterie in genere, cioè i vasi sanguigni di tutto il corpo.

  • Su Robinson, settimanale culturale della Repubblica, Antonio Gnoli intervista Fusako Yusaki, artista giapponese: «Fusako ha compiuto 87 anni e da sessanta vive a Milano. Oggi in realtà nel vicino comune di Corsica». Data la distanza dell'isola francese, supponiamo che si tratti di Corsico, 9 chilometri da piazza del Duomo.

  • Dalla rubrica In prima pagina di Anteprima, apprendiamo che, insieme a Gianfranco Fini, per l'affaire della casa di Montecarlo è stata condannata «anche la compagna Elisabetta Tulliani (cinque ani)». Eppure non ci pare che abbia avuto tanto culo.

  • Titolo dal sito di Tgcom 24: «Maria Teresa Ruta si sposa per la 12esima volta: “Le nozze il 23 ottobre”». Premesso che Ruta si sposò la prima volta nel 1987 con il giornalista Amedeo Goria, dal quale si separò nel 1999 e divorziò nel 2004, e che nel 2015 si risposò con il produttore discografico Roberto Zappulla, attendiamo di conoscere dalla sposa (che ripete l'insensata storiella su Libero) i nomi degli altri 9 mariti periti nell'infinita ecatombe coniugale, posto che i «matrimoni etnici» di cui lei favoleggia non sono matrimoni.

  • «Uno Maggio a Taranto», titola La Repubblica. D'accordo, non è colpa del giornale se un evento, che ha per direttori artistici il cantautore Diodato, il trombettista Roy Paci e l'attore Michele Riondino, è stato chiamato «Uno Maggio Taranto libero e pensante». Ma poiché i quotidiani dovrebbero essere scritti in italiano, quell'«Uno Maggio» andava quanto meno messo fra virgolette. Senza, invece, sembra una scelta della redazione. E non vi è alcun dubbio che chiamare «Uno Maggio» la Festa del lavoro è, dal punto di vista linguistico, una scemenza. Infatti sullo Zingarelli 2024 sono menzionati solo il Primo Maggio e il 1° Maggio.

  • Titolo da Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana: «Siamo amici di Dio, amati senza un perché». Non avevano sempre detto che ci ama perché siamo suoi figli?

  • Titolo a tutta pagina sulla Stampa: «Sbranato dai Pit Bull». Chissà perché le due maiuscole. Saranno per non confondere il cane (peraltro comunemente chiamato pitbull) con il pit stop?

  • Il sito del Corriere della Sera riporta testualmente l'ordinanza dei giudici del Riesame nell'ambito dell'inchiesta sull'eredità Agnelli: «La frode è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann, i quali si è visto come fossero in ottimi rapporti con la nonna (Marella Caracciolo) e come ne conoscessero abitudini e problematiche di salute che rendevano prevalente la sua permanenza in Italia. Di fronte al decesso della congiunta, è verosimile che abbiano avallato, con dolorosa volontà adesiva, le strategie già suggerite e realizzate con la fattiva consulenza di Gianluca Ferrero (commercialista di famiglia, anche lui indagato)». La «dolorosa volontà adesiva», prima di approdare nella prosa giudiziaria, era conosciuta come un'esclusiva tipicità dei cerotti, specialmente quando si strappano da zone delicate della cute. In realtà, dopo calibrate riflessioni, riteniamo che i magistrati intendessero attribuire ai tre fratelli Elkann una «dolosa volontà adesiva».

  • Post del Giorno su X: «Ilaria e Fabio: un errore di troppo. Matrimonio a prima vista 2024: colpi di scena, amori disel e rotture senza appello». La misteriosa parola è ripetuta anche nel testo, segno che non si tratta di un refuso. Si vede che nella redazione del giornale milanese diesel si pronuncia, e si scrive, disel.

    www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm

    Forum Commercialisti Speciale Riforma


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