Home Interviste Questa cassa non è un albergo, Cristiana Mastropietro a Tvblog: “È un inno alla vita e ai family business italiani”

Questa cassa non è un albergo, Cristiana Mastropietro a Tvblog: “È un inno alla vita e ai family business italiani”

I Taffo si raccontano in “Questa cassa non è un albergo”: 90′ tra storie di famiglia e aneddoti da impresa funebre firmati Pesci Combattenti

2 Novembre 2023 12:26

Senti Taffo e il pensiero va alla loro comunicazione social, che ha cambiato la ‘percezione’ dei servizi funebri in Italia. Ma in questo giovedì 2 novembre 2023 i Taffo si presentano in tv per farsi conoscere come famiglia e come azienda nella (mini)serie in tre parti Questa cassa non è un albergo, in onda (tutta) questa sera alle 21.20 su Real Time (DTT, 31). La serie, composta da 3 puntate da 30′, è già stata presentata in anteprima lo scorso 28 ottobre ed è disponibile on demand su Discovery+.

A raccontarci il dietro-le-quinte di un’impresa funebre a carattere familiare, tra telefonate notturne e dinamiche di gruppo, ci ha pensato Pesci Combattenti, società di produzione di Cristiana Mastropietro, Riccardo Mastropietro e Giulio Testa che ha ideato e firmato le ultime edizioni di Scene da un matrimonio, ma anche altri ‘family business’ come L’atelier delle meraviglie, Il salone delle meraviglie e che ha rivoluzionato i format food con Unti e bisunti, ormai qualche anno fa. Adesso si cimenta con un branded content – realizzato con la consulenza dell’agenzia Camelot – su un tema piuttosto tabù in Italia come la morte. Ci fu qualche anno fa un primo tentativo di raccontare il ‘nascosto’ mondo delle onoranze funebri con Muorti e Stramuorti, una sorta di docufiction sulla famiglia Dell’Anno di Napoli trasmessa su Explora HD, del gruppo De Agostini, ma ebbe vita breve. Al di là delle scaramanzie, una delle grandi difficoltà di questo tipo di racconto è quello di non poter raccontare ‘l’evento’ in sé: non si va a casa del defunto, non si assiste ai preparativi, non si va al funerale, non si fa tutto quello che è invece al centro di programmi legati ad altre cerimonie. Alle feste. La morte è, al momento, l’unico momento ancora privato, almeno per la tv.

Di questo e della chiave scelta per raccontare i Taffo e le loro vicende personali e professionali abbiamo parlato con Cristiana Mastropietro, Chief Creative Officer di Pesci Combattenti. E la prima domanda non poteva che essere una: ma come vi è venuto in mente?

Guarda, inizio col dire una cosa: se c’è una certezza nella vita è la morte (e si sorride, è pur sempre un modo per esorcizzare). A parte questo, è stata una vera sfida, perché l’argomento per noi è un tabù. Anche per questo la comunicazione di Taffo mi ha colpito subito: noi siamo lontani, come tradizione, dall’humor nero britannico, ma loro sono riusciti a costruire una comunicazione molto intelligente in un settore a dir poco particolare. Per cui quando siamo stati contattati dall’agenzia Camelot per costruire un progetto tv intorno all’azienda ne sono stata subito entusiasta. Ci piacciono le sfide!.

Come avete iniziato a lavorare al progetto tv?

Intanto considera che a noi piacciono i family business. Li abbiamo raccontati spesso perché in fondo sono il cuore economico del nostro Paese. Il modo in cui si intrecciano dinamiche familiari e attività commerciali è sempre molto interessante e quindi abbiamo approcciato i Taffo nello stesso modo. Ho chiesto di andare da loro non solo per conoscerli, ma per vedere tutto, dai magazzini con le bare agli uffici. E ovviamente abbiamo conosciuto i membri della famiglia. Davvero fantastici.

Ecco, ce li puoi descrivere per come li avete visti, conosciuti a raccontati?

Beh, il capofamiglia è Luciano Taffo: è lui il grande capo, il fondatore, ma è anche un gran romantico. Viene da una famiglia di falegnami e puoi capirne la passione per il legno, l’artigianato e la qualità, nonché la competenza dal modo in cui tocca il legno. Gli basta sfiorarlo per dirti di cosa si tratta: in questo senso ti fa davvero  emozionare ed è per questo che ne parlo in termini di romanticismo puro… Con lui c’è Luana, la moglie, che ha sviluppato il settore del ‘pet’, dedicato quindi alla sepoltura degli animali. E poi ci sono i due figli, Alessandro e Daniele: il primo è il creativo, che si occupa delle campagne pubblicitarie, il secondo è il più ‘razionale’, che segue il ‘main business’ di famiglia. Alessandro è sposato con Azzurra, il cui padre, Sandro Purificati, è il responsabile dell’area operativa dell’azienda: in pratica è in consuocero di Luciano e ne è anche un po’ il braccio destro. Quando si dice un’attività familiare…

Questa cassa non è un albergo

 

E torniamo quindi al focus del progetto: più che il racconto ‘della morte’ è il racconto di un family business…

Sì, assolutamente. Quel che ci ha colpito è la famiglia in sé, che per di più lavora in un settore particolare come quello delle pompe funebri. Loro ormai fanno numeri importanti, hanno dei volumi di affari notevoli, ma resta un’azienda a conduzione assolutamente familiare, con le sue dinamiche tra casa e attività. Ci piaceva l’idea di raccontare la loro assoluta normalità, fatta di bambini che giocano in ufficio, che si inseguono nei magazzini, che però in questo caso sono pieni di casse e di paramenti funebri… Sai, ci interessava mostrare quel che avviene dietro i vetri fumé delle porte anodizzate dietro cui in genere si ‘nascondono’ le imprese funebri. Non si vede nulla della loro quotidianità, né della loro creatività. I Taffo in questo senso sono dei precursori: Alessandro è un vulcano di idee ed è riuscito a fare marketing con i teli da mare brandizzati, con i portachiavi a bara, con i portapenne ironici… Insomma, trovo tutto questo geniale.

Beh, sì: l’aspetto marketing è essenziale nella storia della Taffo, tanto che mi viene da chiedere quale sia ormai il core business visto che la comunicazione (e penso soprattutto al lavoro fatto con la KiR di Riccardo Pirrone) è stata un traino essenziale per la sua affermazione a carattere anche nazionale. Ma torno a bomba sull’argomento: se le imprese funebri in Italia sono ‘nascoste’ dietro a vetri fumé c’è un motivo, ovvero che io non voglio vedere nulla che abbia a che fare con loro fin quando non sono assolutamente costretta… 

Sì, lo so, ma è proprio questo il punto: ci è piaciuto proprio raccontare quella creatività, quell’entusiasmo, anche quell’innovazione e ti dirò anche il ‘romanticismo’ che c’è dietro a un business al quale normalmente non si assocerebbe nulla di tutto questo. Luciano Taffo, e la famiglia in generale, è in fondo la prova che qualunque sia il tuo lavoro, puoi renderlo la cosa più bella della tua vita. Loro hanno fatto esattamente questo e si mostrano per quello che sono: allegri, pazzarelli, coinvolgenti, empatici, attenti, professionali…

Televisivamente, però, il non voler vedere o il non ‘poter’ vedere il lavoro della famiglia resta un po’ un problema. Diversamente da quel che accade in altri family business, qui non vediamo ‘l’evento’, non vi partecipiamo né prima, né durante, né dopo. Tocca raccontare quel che non si può vedere…

Certo, non si vede il lavoro nel suo ‘farsi’, ma come dicevo a noi interessano le storie di famiglia e di lavoro e il programma è pieno di aneddoti anche buffi legati alle tante cerimonie che hanno seguito in decenni di carriera. Si è scelto, quindi, di procedere con degli inserti fictional che mettono in scena episodi che i Taffo ci hanno raccontato, tutti assolutamente veri. Tutto quello che si vede è vero, così come è vera la telefonata che apre la puntata, nel senso che replica una delle tante telefonate che svegliano Luciano e Luana nel cuore della notte. Sono loro a raccoglierle e sono loro, quindi, a seguire per primi ‘l’evento’, a fare domande, a consolare, a organizzare il servizio.

 

Quindi quella è proprio la camera da letto di Luciano e Luana, così, un po’ barocca…

Assolutamente sì. Quella è proprio la camera da letto di Luciano e Luana: abbiamo girato lì dove i fatti accadono, proprio per restituire il senso di una giornata di lavoro, una come tante. Gli aneddoti sono per forza di cose ricostruiti, ma nascono dai loro racconti. Così come gli imprevisti che capitano, dal dimenticare qualche paramento al non trovare il palazzo del defunto… Noi abbiamo voluto raccontare il loro lavoro, il loro essere una famiglia che ha un’attività commerciale. La cifra resta sempre la stessa, quella cara a Pesci Combattenti: documentare il reale.

Storie di ‘vita vissuta’, insomma…

Sì. Cerchiamo di restuire anche quel tocco di surreale che porta con sé qualsiasi imprevisto in una situazione dolorosa come quella di un lutto, ma partiamo da due presupposti a mio avviso importanti: in primis, non mancare di rispetto a nessuno. E questa è la cosa più importante. Il secondo presupposto è che la morte riguarda tutti: è vero che non la vogliamo vedere, che la vorremmo evitare, ma in realtà non possiamo farlo. Una delle cose che mi ha sempre colpito, nella vita reale, è che dopo un funerale il più delle volte ci si ritrova con le persone care per mangiare qualcosa insieme. Ecco, è un ritorno alla vita anche quello e quindi la morte deve essere vista come una proiezione verso la vita, non come la fine.

 

 

Insomma, “Questa cassa non è un albergo” è un inno alla vita?

Guarda, alla fine il senso di tutto è nella sigla, ironica, noir, che in fondo ti ricorda che alla fine moriremo tutti e che quindi bisogna vivere bene, al meglio di ogni secondo. E’ il senso stesso della loro comunicazione, con la quale hanno ribaltato la visione della morte. E nella serie si vede anche come la famiglia Taffo gestisca l’idea della morte con estrema naturalezza, come spesso si fa in famiglia, anche scherzando su chi morirà prima, su come si vuole essere sepolti…

La chiave scelta anche per il racconto tv, dunque, è quella del ribaltamento…

Direi proprio di sì. È la cosa che mi piace, e che ci piace fare, con Pesci Combattenti: ribaltare il punto di vista, mostrare le cose da altre angolazioni. È un inno alla vita, all’amore, alla famiglia, alla passione per il lavoro. Un inno alla capacità imprenditoriale delle famiglie italiane, alla loro resistenza, alla loro forza.

Posso fare una domanda un po’ più ‘tecnica’? Solitamente Pesci Combattenti si ‘diverte’ molto con la colonna sonora. In questo caso mi è sembrato che vi siate tenuti su una chiave quasi ‘epico-drammatica’, meno ironica o di contrappunto rispetto a quanto fatto in altri programmi. Qual è il motivo di questa scelta?

Guarda, ti direi che per questo tipo di racconto non abbiamo sentito l’esigenza di sottolineare ‘contrasti’. Diciamo che c’erano già i protagonisti a fare da ‘contraltare’ al racconto e abbiamo voluto lasciare il più possibile questa terza dimensione a loro, ai Taffo.

Beh, archiviati i Taffo – sempre che non ci sia uno svilppo in seguito, no? – cos’altro c’è nel futuro di Pesci Combattenti?

Guarda, abbiamo girato la Sicilia con Simonetta Agnello Hornby e farlo con lei ti porta in un’altra dimensione di racconto che spero apprezzerete e poi tra un po’ dovremmo iniziare a girare la nuova edizione de Le Ragazze…

Storie di donne, ma soprattutto storie belle. Insomma non ci resta che seguire Questa cassa non è un albergo, dalle 21.20 su Real Time giovedì 2 novembre. E mo’ ce lo segniamo proprio…