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Il generale dell'armata morta

Il generale dell'armata morta
Un generale e un cappellano militare ricevono dal governo italiano l'incarico di andare a recuperare i resti dei compatrioti caduti in Albania vent'anni prima, durante la Seconda Guerra mondiale. La missione si rivelerà, per il generale, più spaventosa della guerra stessa e proseguendo nel suo lavoro lo incalzeranno gli incubi notturni - e di giorno la paura dell'ostilità da parte di quegli albanesi che, a loro volta, hanno visto cadere i loro cari durante la guerra. Nei giorni prima della partenza, molti familiari e amici dei soldati che compaiono negli elenchi dell'esercito morto si recano dal generale a raccomandare la ricerca dei propri cari. Anche la famiglia del colonnello Z. si affida al buon esito della missione. La seducente ed enigmatica contessa Betty attende che gli venga svelato il mistero che avvolge la scomparsa di suo marito, ma sulla sua storia verranno alla luce rivelazioni inaspettate...
Il generale dell'armata morta è il primo romanzo di Ismail Kadaré. Pubblicato nel 1963, quando l'autore aveva appena 26 anni, ebbe subito grande successo, e non solo in patria. Grazie a questo capolavoro gli venne conferita, nel 2005, la prima edizione del Booker Prize. Dalla storia del libro è nato l'omonimo film di Luciano Tovoli, prodotto nel 1983, l'anno che segue l'uscita della prima edizione italiana del romanzo - tradotto dal testo francese. La scelta di raccontare questa storia dal punto di vista del generale italiano che, insieme al cappellano militare, compie la missione, consente paradossalmente al lettore di comprendere meglio il punto di vista del popolo albanese, rendendo così più efficace la denuncia della ferocia che ha contraddistinto l'invasione dell'Albania da parte dell'esercito italiano. Lo sviluppo dei dialoghi tra i due coprotagonisti e il delinearsi della loro personalità, i pensieri del generale sempre più ostili al paese che attraversa in lungo e in largo, caricano di profonda tristezza la narrazione, e provocano nel lettore disappunto e indignazione. La specularità degli sguardi rende tangibile la drammaticità degli eventi, l'assurdità della guerra che accomuna, nel suo destino di morte, vincitori e vinti. L'autore racconta le storie dei soldati caduti dall'una e dall'altra parte attraverso un incalzare di sguardi e di modi narrativi: dal ritrovamento dei diari alla storia orale, tutte le molteplici forme che la scrittura fornisce contribuiscono con sapienza a sviluppare l'intreccio della trama e dei punti di vista. Questa storia, fin dal principio definita “una missione che valicava i confini del naturale”, è così immersa nel contesto storico reale e permette di afferrarlo così a fondo, che da assurda diventa quasi vera e, alla fine della lettura, si fatica a ricordarla come una storia non realmente accaduta.