Control Recensione

Control - recensione del biopic su Ian Curtis diretto da Anton Corbijn

22 ottobre 2008

Un esordio di tutto rispetto, quello di Anton Corbijn, videomaker e fotografo delle rockstar. Control evita quasi tutte le trappole dei biopic e ci racconta un Ian Curtis uomo prima ancora che un Ian Curtis idolo musicale.

Control - recensione del biopic su Ian Curtis diretto da Anton Corbijn

Control - la recensione

Ian Curtis si impiccò a soli 23 anni, segnato da una vita costantemente accompagnata dall’epilessia e da una (con)seguente depressione. La sua morte, drammaticamente prematura, lo fece diventare un vero e proprio mito per i numerosissimi fan della band di cui era stato fondatore, paroliere e cantante: i Joy Division. Il rischio che un biopic su Curtis potesse trasformarsi quindi in un’opera agiografica e celebrativa c’era e non era da sottovalutare: ma al suo esordio nel cinema Anton Corbijn, fotografo delle rockstar e regista di numerosi, celebri videoclip, è stato in grado di dribblarlo con eleganza e intelligenza.

Dotato di un’eleganza formale che deriva dall’attività di fotografo di Corbijn più che da quella di videomaker, Control è un film secco e asciutto, che mette al centro della sua narrazione non una star della musica, decadente e “maledetta”, ma un ragazzo fragile e sensibilissimo, incapace di comunicare con il mondo come avrebbe voluto ma bisognosissimo d’amore nel senso più ampio del termine. La musica e la storia dei Joy Division, pur presenti, sono poco più di una cornice all’interno della quale viene ritratto un dramma tutto personale e inespresso, che si rispecchia formalmente in una serie di scelte che fanno sembrare quello di Corbijn un film ovattato, quasi trattenuto, ma che trasmettono invece alla perfezione il senso di distacco provato dal giovane Ian (un bravissimo Sam Riley, che canta anche le canzoni dei Joy Division) nei confronti del mondo e delle sue emozioni.

E non è un caso quindi che Control si “scaldi” con l’entrata in scena di Annik Honorée (Alexandra Maria Lara), la giornalista belga di cui Curtis s’innamorò ed iniziò una relazione che mise a durissima prova il suo rapporto con la moglie Deborah. Ma anche in questo ritratto Corbijn si dimostra sensibile e capace, evitando luoghi comuni e facilonerie e soprattutto non giudicando. Descrivendo quasi con affetto lo straordinario bisogno d’amore del suo protagonista: un bisogno intenso e bidirezionale, mai ipocrita o opportunista. Curtis, nella sua incapacità di gestire e amministrare sentimenti ed emotività, amava allo stesso modo la moglie e l’amante; e non riuscendo a gestire razionalmente questo dualismo, cederà a quell’ultimo, dissennato gesto. Love will Tear Us Apart.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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