SANDRO BALDACCI E IL TEATRO IN CARCERE: una mostra fotografica a Genova per ricordare il regista - Il Secolo XIX
l’evento

A Genova una mostra in ricordo di Sandro Baldacci, pioniere del teatro nel carcere

Allestita nel foyer del teatro Ivo Chiesa, la mostra omaggia il lavoro portato avanti dal regista con i detenuti della casa circondariale di Marassi che fanno parte della Compagnia Teatrale Scatenati che torna in scena con gli spettacoli “Sette minuti” e “La parola ai giurati”

Rosaria Corona
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La mostra dedicata a Sandro Baldacci

 

Genova - La bellezza e la forza del teatro nel carcere. Occasione di riscatto sociale, nuova possibilità oltre i pregiudizi. Un ponte tra i detenuti e la società libera. A cinque mesi dall’improvvisa scomparsa di Sandro Baldacci (clicca qui per l’articolo), una mostra fotografica, allestita nel foyer del teatro Ivo Chiesa di Genova, racconta l’incredibile lavoro portato avanti dal regista nel carcere di Marassi in qualità di formatore e direttore artistico del Teatro dell’Arca, nato nel 2016 all’interno della casa circondariale genovese.

L’allestimento, curato da Roberto Materassi, testimonia la coraggiosa sfida portata avanti da Baldacci in oltre vent’anni di lavoro: trasformare un istituto di pena in luogo di cultura con oltre diciassette spettacoli portati in scena nei vari teatri genovesi e più di quattrocentocinquanta detenuti coinvolti come attori e tecnici. Di lui ricordano il rigore, l’intransigenza, l’impegno civile ma soprattutto l’umanità. Perché lavorare con i detenuti è sempre stato uno scambio alla pari: “Gli uomini detenuti mi hanno insegnato umiltà e pazienza. Li coinvolgi solo con la passione e non puoi fingere”, raccontava Baldacci sottolineando più volte come all’interno del carcere avesse trovato la vera essenza del teatro in tutta la sua autenticità. La sua assenza ha lasciato un vuoto incolmabile ma anche le basi di un percorso importante portato avanti, seppure a fatica, da Teatro Necessario Onlus: “E’ stato difficile continuare a trovare la forza, abbiamo avuto quasi la tentazione di fermarci ma poi abbiamo pensato che non sarebbe stato quello che Sandro avrebbe voluto. Ha dato talmente tanto con questo progetto che noi sul suo soclo stiamo continuando a camminare”, commenta Mirella Cannata, presidente di Teatro Necessario.

E il lavoro della Compagnia Teatrale Scatenati, composta per lo più da attori detenuti, è proseguita, nel ricordo di Baldacci, in vista della messa in scena dei due spettacoli che chiuderanno "Voci dall’Arca", la quarta rassegna sociale di Teatro Necessario: “Sette minuti”, che debutterà martedì 7 maggio al teatro Ivo Chiesa e poi dal 14 al 18 maggio al Teatro dell’Arca, e “La parola ai giurati”. A sottolineare l’autenticità sul palco è proprio Matteo Alfonso, regista di “Sette minuti”, spettacolo ambientato in una fabbrica e liberamente ispirato all’opera del pluripremiato scrittore e drammaturgo Stefano Massini con la musica di Matteo Baldacci, figlio di Sandro.

“Sono alla mia ventesima regia, ma questo spettacolo così come è avvenuto non sarei mai riuscito a farlo con degli attori professionisti - sottolinea Alfonso - C’è, per mille ragioni, un certo grado di adesione tra i personaggi che portano in scena e loro stessi. Le problematiche che hanno sono simili, le urgenze e i bisogni dei personaggi portati in scena non sono così distanti dai membri della nostra compagnia, formata da attori per niente borghesi e quindi particolarmente concreti. Lo spettacolo sono loro e voglio ringraziarli per la loro disponibilità e per il loro coraggio”.

Il secondo e ultimo spettacolo della rassegna è “La Parola ai Giurati”, in programma dal 27 al 31 maggio al Teatro dell’Arca. L’opera, liberamente ispirata a “Twelve angry men" di Reginald Rose con la regia di Serena Andreani vedrà protagonisti i detenuti della sezione di alta sicurezza del carcere genovese nei panni di un gruppo di giurati chiamati a deliberare su un caso di parricidio.

“Anche quest’anno con tutte le difficoltà siamo riusciti ad arrivare fin qui come faremo nei prossimi anni. Crediamo fermamente che tra le varie attività di educazione e reintegrazione che già il carcere pone in essere per tutti i detenuti, quella del teatro, oltre ad essere una delle più consolidate, rappresenta una delle esperienza più forti e toccanti - sottolinea Tullia Ardito, direttrice del carcere di Marassi - Molti dei detenuti non hanno mai visto un teatro, alcuni non parlano neppure italiano e attraverso la recitazione imparano la lingua, imparano a recitare. E questi sono i miracoli della cultura che trasforma le persone”.

Il punto d’arrivo di un progetto importante portato avanti da Teatro Necessario nell’ambito del progetto “Per Aspera ad Astra, come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza” e sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, dall’otto per mille della Tavola Valdese, dal teatro Nazionale di Genova, da Regione Liguria e dal Comune di Genova. “Spesso si pensa che quello che accade nel carcere sia un mondo a sé e quelle persone hanno una vita loro e invece si ha l’opportunità di farsi conoscere - aggiunge l’assessore comunale alle pari opportunità Francesca Corso - Ci fa capire che dietro queste persone ci sono delle storie, degli errori che li hanno portati dove sono ma ci sono anche delle rinascite. Che credo sia l’obiettivo che il carcere deve avere, ovvero quello di ristabilire un contatto con la realtà, di dare loro uno spazio nella società”.

L’importanza e l’utilità del teatro in carcere come strumento formativo, la necessità di farsi sentire e di immaginare un futuro diverso si evince anche dalle parole di uno degli attori detenuti, Veli, di nazionalità albanese, rinchiuso nel carcere di Marassi da tredici anni: “E’ uno dei giorni più belli della mia vita, mai avrei pensato di poter stare sul palco, di recitare. Mi ha aiutato moltissimo a lavorare su di me”, racconta durante la conferenza stampa di presentazione degli spettacoli. “Sandro era una grande persona, il teatro è per me qualcosa di bellissimo che ci permette di stare fuori dalla cella, che non ci fa pensare solo alla situazione in cui ci troviamo”, aggiunge Naim, uno dei veterani della compagnia di attori detenuti. Per la commozione, Moussa, altro attore detenuto, non riesce quasi a proferire parola. A parlare sono i suoi occhi, carichi di emozione per una nuova possibilità concessa.

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