Europee,l’appello del leader MATTEO RENZI. contro l’astensionismo.

MATTEO RENZI (Stati Uniti d’Europa)
Tante sono le ragioni dell’ astensionismo, malattia delle democrazie occidentali contemporanee. Da un lato con il crollo delle ideologie si sono svuotate le sezioni e gli oratori.  Non è più tempo di Don Camillo e Peppone, verrebbe da dire. Dall’altro, la necessità di contenere il debito pubblico ha portato i cittadini a chiedere sempre meno risposte alla politica e a cercarle in una dimensione individuale. E ancora, gli anni del populismo e dell’antipolitica hanno portato a un’ingiusta disaffezione. Eppure, la politica continua a incidere nella vita delle persone. Non esiste più un muro fisico fra Berlino est e Berlino Ovest, ma con la criminale invasione russa dell’Ucraina una nuova cortina di ferro è calata sul mondo. Con confini molto meno precisi, certo, ma con un caos globale evidente. E un’Europa tragicamente assente. Se non c’è la politica, c’è la tecnocrazia a decidere per noi. Se c’è la politica, sono i cittadini a decidere chi dovrà rappresentarli e come.  Esiste però anche una responsabilità enorme nella classe politica italiana. I leader, da Meloni a Tajani, da Schlein a Calenda, si candidano pur sapendo che se eletti non andranno in Europa. Trattano le europee come un sondaggio su loro stessi. Noi degli Stati Uniti d’Europa abbiamo fatto una scelta ben precisa: se saremo eletti, andremo davvero a Strasburgo. Dalle scelte dell’Europa dipende il futuro delle nostre case, della nostra salute, dei nostri stipendi, delle nostre pensioni. Ecco perché chi va in Europa deve fare la differenza.  Noi abbiamo nel simbolo il sogno degli STATI UNITI d’EUROPA, non un cognome. Stati Uniti d’Europa significa elezione diretta del presidente della commissione, significa abolizione del potere di veto, significa esercito e diplomazia comune. Significa un’Europa dei cittadini, non dei burocrati. Un’Europa protagonista nel mondo.  Andate a votare, perché quello che è in gioco non è una vittoria di uno o dell’altro schieramento, ma il futuro dei vostri figli.

Enews 973 DI MATTEO RENZI.

Ci siamo. Domani dalle 15:00 e domenica fino alle 23:00 si vota.
 Sono elezioni Europee: dal voto dipende il futuro dell’Europa.
Non sono un sondaggio nazionale come vorrebbe il 90% della politica italiana.
Sono in gioco la pace, il lavoro, la salute, l’innovazione, la cultura europea
.
 Sono elezioni Europee.
E allora vi chiedo di votare per gli Stati Uniti d’Europa, non per partiti italiani che nel proprio simbolo mettono il cognome del leader e non un progetto per il futuro.
Vi chiedo di votare per candidati che se eletti proveranno davvero a fare la differenza a Bruxelles, anziché dimettersi subito.
Vi chiedo di votare per chi in questi mesi ha parlato di Europa, non di altro.

 Sapete che in questi anni io ho vissuto un periodo difficile, che ho raccontato a cuore aperto nel libro “Il Mostro”. Mi hanno aggredito con indagini poi finite nel nulla, mi hanno insultato sui social, diffamato sui media. Ho reagito con il sorriso e grazie alla forza della mia famiglia e di amici come molti di voi, amici che non finirò mai di ringraziare.
Ora è tempo di rimettersi in gioco, anche per me.
Di capire a che punto è la notte, anche per me.
Di chiedere il voto, anche per me.

 Vi chiedo di votare la lista “Stati Uniti d’Europa” perché i nostri figli abbiano una casa solida. Una casa accogliente. E vi chiedo di scrivere Renzi nelle circoscrizioni in cui sono candidato. (QUI il facsimile) Sarebbe facile parlare degli altri.
Il PD candida chi vuole abolire le nostre leggi sul lavoro e sciogliere la Nato. Sciogliere la Nato proprio adesso, peraltro: gran tempismo.
Meloni continua a dire che lei fa il contrario di Renzi. E io in questo video che sta diventando virale le rispondo che ha ragione, punto su punto. 
Conte e Salvini hanno un’idea di Europa che è diametralmente opposta alla nostra.
Tajani spinge per la conferma di Ursula von der Leyen che per me è stata una sciagura.
E Calenda ha scelto di rompere il fronte unitario dei riformisti rifiutando il progetto Stati Uniti d’Europa e preferendo lasciare il suo cognome sul simbolo, la sua finta candidatura.
Sarebbe facile entrare come una lama nel burro nelle altrui contraddizioni.
Ma non serve.
Serve oggi provare orgoglio ed entusiasmo per quello che abbiamo proposto NOI, non gli altri.
Gli unici che parlano di Stati Uniti d’Europa.
Di superare il diritto di veto, di eleggere direttamente il Presidente della Commissione, di snellire la burocrazia e il numero dei commissari. Ma anche di aiutare le imprese messe in crisi dal Green Deal, di investire sulle radici culturali, di fare un investimento reale sull’intelligenza artificiale.
Trovate il nostro programma qui.
Alle 17:00 dal Senato firmo un impegno con tutti voi.
Perché mentre gli altri vivono queste elezioni come un sondaggio per contarsi in Italia, noi vogliamo contare in Europa. E facciamo sul serio fino in fondo.
Grazie a chi ci sta aiutando in tutti i modi in queste ore, soprattutto facendo girare il facsimile elettorale. Leggo i vostri commenti al Text Renzi (3347335300) e all’email matteo@matteorenzi.it.

E per chi vuole tenersi in contatto invito a seguire il canale WhatsApp. Poi domenica sera alle 23:00 ci sentiamo su Radio Leopolda per una lunga diretta con il mitico Bobo Giachetti. Un sorriso, un sorriso grato, Matteo
Ps. Per gli amici di Firenze. Al Comune si candida Stefania Saccardi con la lista “Al centro con Saccardi”. Stefania è per me una sorella da vent’anni, una donna intelligente e generosa. Una donna che sa fare politica. E che meriterebbe di essere la nuova Sindaca di Firenze. Vi chiedo di barrare il simbolo della lista (così il voto va sia alla sindaca che ai consiglieri). Se come spero nelle ultime ore crescerà l’onda per Stefania, andremo al ballottaggio noi e vinceremo. In alternativa saremo decisivi al ballottaggio. Anche a Firenze volevano renderci irrilevanti e invece siamo più centrali che mai. Merito innanzitutto di Stefania e di tutti voi. Grazie

Europee, già si vota! In Olanda la destra cresce ma fallisce il sorpasso

Gli exit poll nei Paesi Bassi, dove si è votato ieri, fanno da apripista al fine settimana in cui in tutto il continente si andrà alle urne. Wilders, leader del partito anti-Islam trionfatore alle politiche, passerebbe da 0 a 7 eurodeputati. Ma non sarebbe primo, come pronosticato alla vigilia. I laburisti di Timmermans (che già esulta) a quota 8

Gli exit poll finali nei Paesi Bassi confermano il vantaggio della coalizione Laburisti-Verdi guidata da Frans Timmermans sull’estrema destra di Geert Wilders alle Europee. In linea con quanto indicato dai primi exit poll diffusi subito dopo la chiusura delle urne, l’alleanza europeista sarebbe in testa con 8 seggi, rispetto ai 7 assegnati al Partito per la libertà (Pvv). Per il leader anti-Islam ed euroscettico si tratta comunque di una vittoria netta rispetto all’unico seggio ottenuto alle scorse Europee e successivamente perso dopo il passaggio a un altro partito del suo unico eurodeputato. L’affluenza alle urne, secondo la stima diffusa da Ipsos, è stata del 47%, in aumento rispetto al 42% di cinque anni fa.
La partita resta aperta e l’esito si capirà soltanto domenica sera, con i dati reali dello scrutino di tutti i Ventisette. Stando agli exit poll finali, il ticket Laburisti-Verdi perderebbe nel complesso un seggio rispetto agli attuali 9, frenando l’ondata sovranista pronosticata alla vigilia del voto. Dietro ai due rivali di punta seguono con 4 seggi i liberali di destra del premier uscente Mark Rutte, guidati da Dilan Yesilgoz (perdendo un seggio rispetto ai 5 detenuti nell’ultima legislatura).
I cristiano-democratici (Cda) si accaparrerebbero invece 3 seggi (-1) al pari dei liberali di sinistra D66 (+1). Il Movimento dei contadini (BBB) farebbe per la prima volta il suo ingresso all’Eurocamera ottenendo 2 seggi, così come gli altri alleati di governo di Wilders, i centristi di Pieter Omtzigt, che avrebbero però soltanto un seggio. Fuori dai giochi invece il Forum per la democrazia (FvD) guidato dal leader populista Thierry Baudet: dato inizialmente a un seggio, stando ai nuovi exit poll il partito farebbe registrare una sonora debacle, perdendo tutti e quattro gli attuali seggi a Strasburgo

EUROPEE: Chi rischia di più da questo voto? Meloni, Schlein, Conte, Salvini, Tajani, Bonelli, Fratoianni o Calenda!

Senatore Matteo Renzi, oggi è la Giornata mondiale dell’Ambiente. Un tema che è stato al centro dell’azione politica della legislatura europea uscente. Intanto: un bilancio su quello che si è fatto.

«Il Green deal è stato un vero e proprio fallimento, che ha due volti: Franz Timmermans e Ursula von der Leyen. Non ha protetto l’ambiente e minaccia di colpire imprese, case e posti di lavoro. D’altronde, se ragioni con spirito burocratico e non politico questi sono i risultati, penalizzi le imprese europee e favorisci Cina e India».

La Commissione ha approvato ieri aiuti di Stato per oltre 30 miliardi, nell’ambito del Green deal. Chi pagherà?

«I contribuenti italiani, perché quei denari saranno spalmati sì in 20 anni ma si pagheranno con aumenti in bolletta. La transizione green non può essere fatta a spese dei cittadini. Facile fare gli ambientalisti tassando! È per questo che serve mandare in Europa leader competenti che abbiano davvero la capacità di incidere. Noi degli Stati Uniti d’Europa non ci candidiamo per finta, in Europa se eletti andremo davvero».

L’ambiente è il grande tema della generazione dei suoi figli. Ma l’attenzione sembra monopolizzata da chi occupa i binari o imbratta i monumenti. Cosa pensa di queste forme di lotta?

«Chi imbratta le opere d’arte e i monumenti, chi blocca le auto di persone che si svegliano la mattina per andare a lavorare, non è un ambientalista è un teppista. Manifestare è un diritto, imbrattare è una violazione della legge. Ed è triste che chi utilizza le maniere forti oscuri invece i tanti giovani che attraverso l’attivismo si informano e si battono davvero per il pianeta».

C’è un modo per battersi senza cadere nell’ideologia? I suoi figli, su questo, come la pensano?

«I ragazzi sono sensibili al tema dell’ambiente. Ed è un dovere di tutti battersi per un pianeta più sostenibile e pulito. Bisogna farlo però grazie alle nuove tecnologie, all’intelligenza artificiale, alla scienza. Non pensando di retrocedere nel nostro stile di vita ma semmai di utilizzare il progresso per proteggere l’ambiente e continuare a crescere».

Facciamo una previsione: secondo lei quale sarà la maggioranza che si formerà dalle elezioni europee?

«La stessa delle ultime due volte. Noi lavoreremo perché dopo la maggioranza Jean-Claude e quella Ursula si passi alla maggioranza Mario».

Un terzo dei 1.800 miliardi di euro di investimenti del Next Generation EU è dedicato proprio al Green deal. Cambierà qualcosa o teme che finiranno in mille rivoli, come spesso accade con i fondi erogati dall’Unione europea?

«Molto probabile. Invece queste risorse vanno indirizzate in maniera molto più efficace sulle vere criticità ambientali per creare immense opportunità di crescita di lavori, filiere, tecnologie, economie in tanti settori e tante realtà del nostro Paese da lanciare nella competizione globale».

Il grande obiettivo che l’Europa si è data è ridurre a zero, entro il 2050, le emissioni di gas serra. È realistico?

«Mi sembra un obiettivo molto ambizioso. E allora per raggiungerlo serve un grande investimento sulla tecnologia, non sull’ideologia. Salveremo il pianeta con gli ingegneri che lavorano all’innovazione con l’intelligenza artificiale non con gli ecovandali che imbrattano i quadri al Louvre. Non sopporto l’ideologia di chi fa dell’ambientalismo una religione laica. Serve buon senso. Dieci anni fa quando ho fatto lo Sblocca Italia Meloni e Salvini mi attaccarono. Entrambi sostennero il referendum sulle trivelle contro di me. Oggi si sono rimangiati le posizioni di allora per fortuna. E io ne sono felice».

Il prezzo, in termini di posti di lavoro, rischia di essere altissimo. Come si fa?

«Occorre trasformare la transizione in un grande piano innanzitutto per l’occupazione e la competizione, creando ricchezza e proteggendo l’ambiente. Non è accettabile che in nome di una ideologia si perdano posti di lavoro. Cosa pensano di fare, dare il reddito di cittadinanza a tutti?»

Le auto elettriche, fin qui decantate come un modo per salvare il pianeta, rischiano di essere un grande regalo al Giappone e alla Cina. Come se ne esce?

«Ben vengano le auto elettriche ma perché distruggere un mercato in cui gli europei erano leader? Perché siamo così masochisti?».

Che voto dà a Ursula von der Leyen e perché?

«Da 1 a 10, uno. È lei la grande sponsor del Green deal. Ed è lei che ha fallito in politica estera rendendo l’Europa ininfluente. Non capisco come Forza Italia possa sostenerla, con Silvio Berlusconi era un partito vicino alle imprese. Chi vota Forza Italia oggi vota Ursula von der Leyen, chi vota Stati Uniti d’Europa sceglie Mario Draghi».

Lei fa il nome di Draghi come possibile presidente della futura Commissione Ue. Non è che finirà come con l’elezione del presidente della Repubblica?

«Non mi sono occupato io della questione del Quirinale. Io mi sono occupato di mandare a casa Giuseppe Conte e portare Mario Draghi a palazzo Chigi. E quella, come ricorda, è finita bene».

Che risultato si aspetta per la lista Stati Uniti d’Europa?

«Tra quattro e sei parlamentari europei. Ma, soprattutto, mi aspetto che Stati Uniti d’Europa sia centrale a Strasburgo per riequilibrare Renew Europe, oggi troppo francese-centrico. E credo che saremo decisivi in Italia alle prossime elezioni politiche».

Davvero si trasferisce a Bruxelles?

«Sì, se eletto lavorerò al Parlamento europeo, perché penso che quello sia il luogo della vera sfida dei prossimi anni».

Chi rischia di più da questo voto? Meloni, Schlein, Conte, Salvini, Tajani, Bonelli, Fratoianni o Calenda?

«Rischia molto Giorgia Meloni, perché ha eccessivamente concentrato l’attenzione su se stessa. Ma io penso che, nonostante tutto, non andrà male. Anzi, credo che cannibalizzerà un po’ di voto dei suoi compagni di lista. Penso che non andrà benissimo il M5S, perché alle Europee tradizionalmente non va e la spinta propulsiva di Conte è esaurita. E penso che sarebbe molto grave se Calenda, non stando nella lista unitaria degli Stati Uniti d’Europa, non riuscirà a raggiungere il quorum, perché, nel caso, avrà regalato voti europeisti a parlamentari sovranisti».

I miei articoli DEL 7/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

Europee, già si vota! In Olanda la destra cresce ma fallisce il sorpasso – Blog di bezzifer

Enews 973 DI MATTEO RENZI. – Blog di bezzifer

https://bezzifer.altervista.org

Civiltà occidentale, sovranità europea e valori dell’individuo: come seguirli senza smarrirsi.

La polemica politica di questi giorni preelettorali si è esercitata sul tema della sovranità, da conferire o meno all’UE con il prossimo voto, prendendo spunto dalle parole pronunciate da Mattarella in occasione della festa della Repubblica Italiana. Una polemica certo pretestuosa. Parlando della pace, che non può essere perseguita rinunciando ai valori fondamentali dell’Occidente e di quella Unione Europea alla quale a suo tempo l’Italia ha “deciso di dare vita con gli altri popoli liberi del continente”, il Presidente ha rammentato il valore della scadenza elettorale per consacrare, ancora una volta, la sovranità storica dell’Unione Europea, espressione del “lascito ideale di quegli avvenimenti fondativi” scaturiti dalla lotta di liberazione e dalla scelta repubblicana. Innegabile l’alto profilo istituzionale del discorso al quale non si può, francamente, obiettare alcunché.

Tuttavia, il tema dell’identità nazionale e della sovranità europea, che ha suscitato le reazioni, pur inappropriate, dei partiti più suscettibili al riguardo, non è un argomento da trascurare in ambito politico. Perché è, in linea generale, un tema serio e per molti aspetti delicato. Che merita un minimo d’attenzione in più. Esiste un’identità culturale di tipo valoriale. Fatta di tradizioni e princìpi ai quali è molto difficile rinunciare tout court senza smarrirsi. Gli adulti, che tale identità hanno guadagnato con la propria, a volte faticosa, esperienza di vita, sono disposti a correggerla se ne capiscono le ragioni e ne apprezzano i vantaggi e i benefici. Ma non a privarsene volontariamente. Temono, com’è naturale, le conseguenze esistenziali che possono derivare da una situazione di subalternità che ogni trasferimento di autorità inevitabilmente comporta.

È un dato antropologico elementare che non va affatto ignorato se si vogliono capire i processi sociali e modificarli culturalmente. I giovani, che ancora non hanno consolidato la propria dimensione identitaria, sono giustamente desiderosi di ogni novità e non a caso sono quelli più pronti a aprirsi ai cambiamenti. Che poi si trasformeranno, una volta acquisiti, nel patrimonio culturale dell’età adulta che, come già i loro padri, si troveranno a difendere perché nel frattempo sarà diventato il filo conduttore della loro vita, altrettanto irrinunciabile. Naturalmente, la storia poi segue i suoi percorsi che il flusso degli eventi del mondo uniti ai sentimenti umani rende inarrestabili. Ma il compito della buona politica è capire le paure e confortarle in linea con le loro cause culturali. Dimostrando, cioè, la bontà dei rimedi e il senso e il valore per tutti di una prospettiva che le risolve in meglio; e non criticando chi, avvertendole, le esprime. Che se non convinto resterà sulle proprie posizioni, espresse o tacite che siano, per quanto lo si biasimi e gli si ripeta che è inadeguato. Come i voti dimostrano e anche le astensioni.

E, a questo proposito, c’è un altro dato elementare che non si può ignorare e che conforta. Un semplice dato storico. Da soli, adulti o giovani non avrebbero potuto annodare il filo conduttore che fa di noi una nazione sovrana. Perché tale filo identitario, da tanti orgogliosamente rivendicato, non è altro che la declinazione, in un arco temporale contemporaneo e in uno spazio geografico frazionato, di un’altra identità, ben maggiore della prima e più vincolante, che ha il nome di Civiltà occidentale. Un paradigma di pensiero espressione di una storia millenaria e che ha plasmato la mentalità dei popoli d’Europa, in qualunque regione della sua sfera d’influenza vivano. Così come è avvenuto, sulla scorta di altri paradigmi, in tutte le civiltà del globo. Senza l’Europa, la sua storia e la sua civiltà, non saremmo stati Italiani. Né potremmo oggi pensare italiano, facendone una bandiera d’identità, se non pensassimo, da tempo immemorabile, europeo.

Il benessere culturale dell’Europa dovrebbe, di conseguenza, essere la priorità di tutti coloro che si apprestano a rinnovare il patto di civiltà su cui l’Unione Europea si fonda, perché il suo buon esito riguarda tutti, indistintamente. Cercando insieme la soluzione migliore da perseguire per raggiungerlo senza suscitare timori ingiustificati, ma dando voce alle speranze e dando la forza della ragione all’unione delle volontà, così da superare le conflittualità d’interessi spiccioli nazionali. Spetta alla politica – la buona politica, ci auguriamo – la responsabilità di questo compito unitario che lo scenario mondiale, peraltro, rende sempre più urgente. Ed è questo l’impegno che dovremmo pretendere dagli eletti al Parlamento europeo, che dovrebbero essere chiamati a far sintesi delle molte differenze e a armonizzarle senza mortificarle. Nel rispetto della migliore tradizione culturale europea che di umanesimo e razionalismo ha fatto uno dei fattori della sua grandezza storica.

Il D-day risveglia la coscienza dell’Europa che non può più crogiolarsi nell’ignavia

I leader delle democrazie Ue, stretti tra Joe Biden e Volodymyr Zelensky, con l’occasione degli 80 anni dello sbarco in Normandia si ricordano improvvisamente che la libertà non è gratis. E se il presidente francese annuncia una sorta di nuova legione straniera che parla ucraino, gli altri promettono sostegno usque ad finem et ultra. Con qualche se e molti ma.

C’è voluta la celebrazione del D-day per ricordare alle democrazie europee che la libertà dei popoli deve essere difesa a tutti i costi. Dopo il toccante speech di Joe Biden sullo sbarco in Normandia, tutti i leader hanno indicato in Volodymyr Zelensky il simbolo più attuale della perenne lotta contro le dittature. Lo hanno ringraziato e hanno annunciato più continuità nel sostegno. Nel caso del presidente francese Emmanuel Macron il sostegno è andato oltre, in una intervista ai media che ha fatto imbestialire Mosca: «Vogliamo formare una brigata francese, 4.500 soldati ucraini, equipaggiarli, addestrarli, difendere il loro territorio». Pur soppesando le parole, evitando di parlare di soldati francesi in Ucraina, e negando di dare il via a un’escalation, il messaggio è tra i più potenti lanciati sul tema Ucraina dal capo dell’Eliseo.

Più concreta e forse “meno” impegnativa l’intenzione (non ancora annunciata ufficialmente) della Casa Bianca, della quale si è avuta notizia nella tarda serata che gli Stati Uniti invieranno altri 225 milioni di dollari in aiuti militari alle forze ucraine. Armi e dispositivi che Kyjiv potrebbe utilizzare per colpire anche all’interno del territorio russo, il passo forse più temuto dalle diplomazie internazionali. La nuova linea di Washington sul tema è più che possibilista. Con i razzi di artiglieria Himars, i nuovi mortai e altre tipologie di proiettili, da adesso l’Ucraina è legittimata a colpire oltre il confine se i russi dovessero attaccare o prepararsi a farlo. Rimangono però fuori da questa nuova direttiva i missili a lungo raggio forniti dagli Stati Uniti e tutte le armi in grado di produrre un’azione offensiva in Russia. Le medesime regole varranno anche, secondo Macron, per i caccia Mirage 2000-5 che la Francia invierà in Ucraina dopo l’addestramento dei piloti ucraini. 

Nel pomeriggio è arrivata anche la furiosa reazione di Mosca agli annunci sul via libera dato dal presidente degli Stati Uniti all’utilizzo delle armi. Mikhail Galuzin, viceministro degli esteri russo ha bollato come “oscene” le parole di Biden e ha dichiarato che «ogni tentativo di violare il territorio russo» indipendentemente dalla regione in cui ciò avvenga, «avrà una risposta adeguata. Coloro che ci bombardano in questo modo se ne pentiranno amaramente», ha detto Galuzin. Ma da Mosca sono partiti anche alcuni “avvertimenti”, come l’annuncio delle prossime esercitazioni delle forze russe nell’area caraibica, che però il portavoce del Consiglio alla sicurezza nazionale, John Kirby ha assicurato «non essere preoccupanti». Preoccupa invece le Forze di Difesa del Sud  lo schieramento nel Mar Nero di tre portamissili terra-aria russe, armate con i razzi Kalibr. Al Cremlino brucia ancora l’affondamento della portaerei Tsiklon colpita il 19 maggio a Sebastopoli.

Tensione che sale nell’Europa, alla vigilia delle Elezioni, in un momento in cui la dichiarazione meno allarmistica è quella della Germania, che avverte gli alleati: «Entro il 2029 bisogna essere in grado di affrontare una guerra».

Ottimo sondaggio, spero che alla fine ce la faremo a portarlo alla giuda della Commissione europea.

cittadini europei (chiamati al voto per le elezioni europee a partire dal 6 giugno, giorno in cui aprono i seggi in Olanda, ndr) preferiscono Ursula von der Leyen, candidata leader del Ppe, o Mario Draghi alla guida della nuova Commissione Ue? Il risultato di un sondaggio mostra un testa a testa, con un vantaggio di due punti per l’ex premier italiano ed ex presidente della Banca centrale europea: il 49% degli intervistati sceglie Draghi mentre il 47% preferisce la presidente uscente von der Leyen. L’indagine condotta dall’istituto di ricerca demoscopica Polling Europe nell’ultima settimana di maggio, su un campione rappresentativo della popolazione europea di età superiore ai 18 anni (ma in Belgio, Germania, Malta e Austria si vota già a 16 anni e in Grecia a 17), ha testato la notorietà e il tasso di gradimento di alcuni potenziali candidati.

Votare STATI UNITI D’EUROPA significa voler portare Mario #Draghi alla guida della Commissione europea. Ad oggi grandi battaglie politiche -frutto di intuizioni di Matteo Renzi, sostenute e fatte proprie dai Parlamentari di Italia Viva e dalla Base- tra mille difficoltà e sgambetti di tutti i Partiti ma combattute sempre a testa alta e a viso aperto, sono state vinte. Tutte. Sapete a quali mi riferisco. Certo, in Europa sarà più difficile farlo, ma non impossibile. Molto dipenderà dal numero di Parlamentari che riusciremo ad eleggere con la lista Stati Uniti d’Europa che in uno con Renew Europe potrebbero diventare determinanti per portare Mario Draghi alla guida della Commissione Europea. Forza amici, continuiamo a chiedere voti. Possiamo e dobbiamo farcela. Un ultimo sforzo corale farà la differenza.

Renzi “Previsioni per le europee buone, mi toccherà lasciare Roma”

Hai fatto una bellissima campagna elettorale, Matteo, complimenti! Piena di entusiasmo ,coraggio e voglia di fare. Le idee non ti mancano e sono tutte essenziali per far progredire l’Unione Europea. Non ti sei risparmiato e sono certo che il tuo buon lavoro unito alla validità del programma avrà un buon successo! E PER AVERE UN GRANDE SUCESSO PER NOI POPOLO SERVE VOTATE STATI UNITI D’EUROPA #scriviRenzi  “Le previsioni del voto sono buone e mi toccherà lasciare Roma. Le europee sono strane, si decide molto del futuro delle persone. Sulla percentuale penso che faremo sopra il 5%. Forza Italia e Lega sono più o meno alla pari. L’Europa è fondamentale perchè decide sul nostro futuro, è importante che si vada a votare”. Così il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, intervenuto su Rtl 102.5 “Quei politici che si candidano dicendo da subito che non andranno in Europa come Tajani, Schlein, Meloni, vi sembra normale che un politico si candidi per un ruolo e, anche se eletto, non vada in Europa? E’ normale che i cittadini si infastidiscano e non vadano a votare. Solo in Italia ci sono dei leader che prendono in giro i cittadini. Altrimenti in Europa decidono senza di noi”, ha aggiunto. Quanto alla visita di ieri del premier Meloni in Albania secondo Renzi “quei 850 milioni anzichè darli ai migranti in Albania, diamoli agli infermieri in Italia. Sono soldi che potrebbero abbattere le liste d’attesa e li mettiamo in un messaggio di comunicazione elettorale che per me è sbagliato. Meloni, se vuoi bene agli italiani, torna indietro sull’Albania e dai i soldi alla sanità italiana”.

#scriviRenzi

Matteo Renzi #scriviRenzi
Su e giù per l’Italia almeno un paio di volte, anche tre. Non solo l’ultimo mese, da quando è stata ufficiale la candidatura. Matteo Renzi è in campagna elettorale da marzo, prima il libro, poi la costruzione della lista unica con Emma Bonino. Sabato a Genova, lunedì a Cosenza, ieri a Milano, oggi chiuderà la campagna a Roma. A lui le campagne piacciono così, un corpo a corpo con elettori ed elettrici, confronti diretti. Quelli che avrebbe voluto fare con gli altri leader candidati.
«Mi rimetto sempre in cammino perché nella vita non si arriva se non per ripartire. E questa volta mi rimetto in cammino partendo dall’ultimo posto della lista, con l’umiltà che non sempre ho avuto nella mia esperienza» ha scritto nella enews. Ci parliamo mentre è a Milano in attesa della “text Renzi”, una diretta social su un numero whatsapp dedicato.

Presidente Renzi, parliamo, per favore, un po’ di Europa. Visto che sembra una campagna elettorale per le politiche invece che per le Europee e che pochi dei vostri competitor ne parlano. Cosa intende, prima di tutto, per Stati Uniti d’Europa? E qual è, a suo avviso, il primo passo da fare una volta insediato il Parlamento ed eletti Commissione e Consiglio?

«L’Italia è l’unico Paese su 27 dove i leader si candidano alle elezioni europee già sapendo che, se eletti, non andranno a Strasburgo: una vergogna, una truffa agli elettori, che ci espone a una figuraccia a livello internazionale ma che soprattutto dà la misura di quanto la politica italiana pecchi di provincialismo. Noi degli Stati Uniti d’Europa siamo gli unici che andranno davvero al Parlamento europeo: io personalmente sono pronto, se eletto, a lasciare Roma per Strasburgo. Gli Stati Uniti d’Europa sono il passaggio necessario per passare dall’Europa della burocrazia all’Europa della politica. Un’Europa che sia presente ai tavoli che contano, un’Europa capace di incidere davvero».

Quale ruolo immagina, anche in base ai sondaggi a sua disposizione, per i Liberali di Renew europe nella formazione della Commissione?

«Sono molto ottimista sul risultato: la nostra truppa sarà decisiva per impedire la rielezione di Ursula von der Leyen. Il suo fallimento è evidente. Dalla politica estera, dove l’Europa è stata totalmente ininfluente, al fallimentare green deal. Una misura ideologica che non ha protetto l’ambiente e ha danneggiato famiglie, imprese, posti di lavoro».

La presidente Meloni dice che “farà sempre il contrario di quello che fa lei”. Lei ha capito qual è il programma di Meloni e dei Conservatori? Nel caso, le chiedo quale è il vostro programma su alcuni dossier come diritto di veto di un solo Paese membro; difesa comune e politica estera comune; bilancio comune; gestione dei fenomeni migratori; sanità e salario europeo. È un vasto programma ma proviamoci. Uno per uno.

«Per una volta devo dare ragione a Giorgia Meloni: lei fa l’esatto contrario di ciò che abbiamo fatto con il nostro governo, è vero. E ne vado fiero! Noi siamo quelli dell’abolizione dell’Imu sulla casa, di industria 4.0, del Jobs Act, delle unioni civili, delle leggi sociali. Lei è quella del decreto Ferragni. In un anno e mezzo non è riuscita a fare neppure una riforma, solo grandi annunci. Quanto all’Europa, Meloni non ha interesse a parlare del programma: lei si candida per finta, in Europa non andrà. Per lei le elezioni sono un sondaggio. Per noi degli Stati Uniti d’Europa, invece, sono uno snodo cruciale. Quanto al nostro programma, il primo obiettivo, gli Stati Uniti d’Europa, potete leggerlo nel simbolo, dove noi non abbiamo messo un cognome, ma un sogno. Chiediamo l’elezione diretta del presidente della Commissione, perché siano i cittadini a decidere e non i tecnocrati, l’abolizione del diritto di veto, perché l’evoluzione del pn. esso di integrazione europea non può essere bloccato da chi minaccia, come Orban, di marciare su Bruxelles, un esercito e una politica estera comuni perché servono acceleratore e freno per incidere davvero. Chiediamo la nomina di un inviato speciale per i singoli conflitti, una figura di leader che possa mediare fra le parti rappresentando la Ue. Ovviamente, tutto questo presuppone un bilancio comune, come faceva notare lei giustamente. Quanto alla sanità trovo vergognoso che Giorgia Meloni sprechi 850 milioni dei contribuenti per il centro migranti in Albania, quei soldi devono andare per la sanità, per i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, per le liste d’attesa. In Europa chiederemo la riapertura della linea di credito del Mes sanitario, 37 miliardi a cui i populisti Conte, Salvini e Meloni hanno detto di no per ragioni ideologiche».

A proposito di Albania, Riccardo Magi ha cercato di partecipare al punto stampa di Meloni e Rama nel centro immigrati di Schengjin. È stato fermato dalla polizia. Ha visto la scena?

«Sì, ed è gravissimo. I capigruppo di Italia Viva hanno presentato un’interrogazione al ministro Tajani. Gravissimo che la premier, anziché solidarizzare, ironizzi con la sua solita arroganza sul 4%. Sei la presidente del Consiglio, le istituzioni hanno un peso. La verità, è che Meloni sta usando 850 milioni dei contribuenti italiani per uno spot elettorale, anziché metterli sulla sanità italiana».

Scenario A, superate il 4% e lei entra al Parlamento europeo. Primo obiettivo?

«In Europa mi impegnerò per rappresentare l’Italia che lavora, le imprese, il mondo del terzo settore, i giovani, il Mezzogiorno. In Italia, lavorerò perché questa forza riformista prenda sempre più corpo».

Scenario B, la lista non supera il 4%. Che succede?

«Non accadrà e supereremo di molto il 4%».

Mancano quattro giorni al voto. Cosa dire e fare per portare le persone a votare? Per i sondaggi l’astensione sarà altissima.

«Non lasciate mai che scelgano per voi. Andate a votare. E se volete, fatelo per noi. Gli Stati Uniti d’Europa sono un sogno, una speranza, un progetto per il futuro. Votate per i vostri figli, perché se c’è meno Europa, ci sono più Russia e Cina. Se c’è più Europa, c’è anche più Italia».

Il sud dell’Italia è anche il sud dell’Europa. Sono territori ricchi di bellezze e risorse. Con il fascino dei luoghi di frontiera. Cosa dovrà fare la nuova Europa per valorizzare le sue frontiere?

«Il Mezzogiorno deve diventare terra di opportunità grazie ai fondi europei: può diventare la Florida d’Europa, terra di lavoro, turismo, ma anche imprese e investimenti. Servono infrastrutture e serve spendere bene i soldi che arrivano da Bruxelles».

Torniamo in Italia. Il presidente Mattarella, senza dirlo, fa però capire che le tre riforme insieme – premierato, separazione carriere e autonomia regionale – possono avere una portata destabilizzante per l’assetto istituzionale del Paese. Lei, che è sempre stato un riformista, cosa ne pensa?

«Penso che non si farà nessuna delle tre. Io finora ho letto solo annunci e chiacchiere. Questo governo non ha nessuna vocazione riformista».

Politica estera: l’Europa conta molto poco nel nuovo disordine mondiale. L’Italia ancora meno. Cosa fare rispetto all’invasione russa dell’Ucraina? E cosa fare rispetto alla crisi mediorientale che passa da Israele?

«In seguito alla criminale invasione russa dell’Ucraina abbiamo detto da subito sì alle armi a Kiev, sì alle sanzioni a Mosca. Ma contemporaneamente, abbiamo proposto un inviato speciale per la diplomazia europea, una figura come Blair o Merkel. Quanto al Medioriente, non si può mettere sullo stesso piano un Paese democratico come Israele e un’organizzazione terroristica come Hamas. Dopo di che, bisogna lavorare, anche con i Paesi arabi riformisti, alla soluzione del “due popoli, due Stati” che preveda la sicurezza di Israele e la ricostruzione della Palestina, liberata da Hamas».

Non le chiedo che differenze ci sono tra voi e Azione. Le chiedo però che differenza ci sono tra voi e Forza Italia, visto che, nella prospettiva europea, governate l’Europa già insieme e potreste…

Il vero bivio dell’Europa.

Scegliere se essere protagonista in positivo sulla scena mondiale oppure un semplice conglomerato per lo scambio di beni e servizi. La speranza è che gli elettori diano un segnale chiaro. Una delle frasi fatte che ascoltiamo più spesso quando si parla dell’Europa comunitaria è quella che la descrive come eternamente “al bivio”. Ma tra quali possibilità? I punti di vista divergono sempre tra chi vorrebbe un rafforzamento delle istituzioni comuni, opzione che presuppone un maggiore trasferimento di sovranità a Bruxelles, e chi vorrebbe invece un recupero di sovranità da parte degli Stati su temi quali l’economia o le politiche ambientali, senza per questo chiedere lo smantellamento dell’Unione. A distanza di 67 anni dai Trattati di Roma, le due anime europee continuano a misurarsi senza mai approdare a una sintesi. L’anima che si ispira all’utopia di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli degli Stati Uniti d’Europa e l’anima nazionalista che è interessata solo ai vantaggi che l’Unione offre in quanto grande mercato interno. Per decenni quest’ultima posizione è stata apertamente sostenuta dal Regno Unito, ma in modo meno esplicito è stata condivisa anche dalle potenze continentali che hanno frapposto ostacoli a una reale trasformazione dell’UE da unione a federazione: soprattutto dopo i referendum franco-olandesi del 2005, responsabili dell’affossamento della Costituzione che avrebbe permesso la nascita di un “superstato”. Nel frattempo, l’Unione cresceva e l’aumento degli Stati membri ha allontanato sempre di più la possibilità di raggiungere l’unanimità necessaria per i passaggi cruciali. Bisogna però ricordare che esiste già un meccanismo, quello della cooperazione rafforzata, che permetterebbe a un gruppo di Paesi europei di andare oltre i Trattati, ad esempio gestendo in comune la difesa e la politica estera. Ma sono temi molto sensibili. Per i 27 Stati mantenere il comando ciascuno del proprio esercito è sempre gratificante, per quanto il comando sia finto, essendo questi eserciti quasi tutti membri della Nato a trazione nordamericana. Parigi, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha rimesso al centro la questione della difesa comune, ovviamente costruita attorno alla Francia in quanto unica potenza nucleare dell’Unione. Delle altre materie non si parla: cittadinanza comune, gestione dei flussi migratori, welfare, fiscalità. I grandi nodi che potrebbero fare la differenza tra la realtà ibrida attuale e uno Stato sovranazionale. Abbiamo l’euro, anche se solo per 20 Paesi, l’unica moneta nella storia che non viene coniata da uno Stato ma è gestita da una Banca Centrale che deve fare i conti con 20 ministri dell’economia e 20 debiti sovrani, e quindi con lo spread, un fenomeno impossibile da immaginare con qualsiasi altra moneta. Questa anomalia doveva essere solo temporanea, invece sta diventando permanente. Questo lento galleggiare è diventato pericoloso. Nelle campagne elettorali, comprese quelle per le elezioni europee, ormai si parla solo di questioni interne e cresce il disinteresse dei cittadini per un’Unione che sembra molto lontana, ma che in realtà ormai da anni condiziona la nostra vita quotidiana. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, molte delle scelte fatte in campo ambientale, agricolo, economico e culturale sono state dettate dall’UE, che resta un bastione della democrazia e dei diritti a livello mondiale. Non esiste area al mondo dove gli indicatori economici, sociali e politici siano così alti. Ed è proprio questo punto che rende l’insipienza della politica europea un danno non solo per i cittadini comunitari ma anche per il resto dell’umanità. Manca drammaticamente sulla scena internazionale un protagonista con le caratteristiche dell’Unione. Diverso rispetto alle potenze governate da autoritarismi o totalitarismi quali la Russia, l’Iran o la Cina, ma anche diverso rispetto agli Stati Uniti dove la democrazia si sta rapidamente deteriorando ed è nato il “doppio standard” sui diritti in politica estera. Il vero bivio dell’Europa sta qui: deve scegliere se essere protagonista in positivo sulla scena mondiale oppure un semplice conglomerato per lo scambio di beni e servizi. Due posizioni diverse, entrambe rispettabili, sulle quali si spera che gli elettori diano un segnale chiaro.

I miei articoli DEL 6/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

C’è chi riempie le tv ma non le urne. Poi c’è chi è boicottato dalle TV e riempirà le urne.

Non serve riempie le tv con slogan civetta. servono programmi reali e realizzabili per riempire le urne perché l’obiettivo è, o l’Europa cambia, e diventa un vero “blocco” unico che fa i propri interessi oppure continueremo a soffrire uno Stato x una cosa un’altro Stato per un’altra e andremo avanti in questo limbo. Bisogna cambiare. Guerre e Nato? La Nato è fondamentale soprattutto nello scenario odierno. In una Europa così i 27 stati membri sono imprigionati in qualcosa che non puoi abbandonare ma che non ti permette sviluppo e prosperità Sulle Guerre non è questa UE che ha gli strumenti, le “leve” per far terminare i conflitti. È il tempo della concretezza e non delle ideologie. SI SENTONO! Tante belle parole quelle ma fuori dalla realtà di oggi.

Certo che noi italiani siamo molto particolari, si preferiscono sempre di più chi predica bene e razzola male, chi ruba anziché chi è a favore del popolo, chi commette reati contro la pubblica amministrazione anziché chi è ligio nel proprio dovere, chi favorisce le lobby anziché chi lavora per il bene comune, insomma siamo un popolino che va avanti alla giornata, senza una prospettiva futura concreta. Quindi il ricco diventa sempre più ricco ed il povero sprofonda sotto terra senza nessuna possibilità di potersi rialzare. Esportiamo ragazzi laureati e preparati ed importiamo manovalanza per la criminalità continuando a pagare politici che non sanno fare il loro mestiere che foraggiano giornalai per parlare male di chi lotta per una equità sociale giusta. Questa è la ns Italia. Mi domando ma quanta vasellina bisogna ancora comprare prima che questo popolino prenda contezza di chi abbiamo al governo? Finche ci saranno i Travaglio i Sallusti i Porro i Del Debbio I Vespa etc etc etc che fanno informazione scorretta, questa Italia rimarrà sempre orfana di quello che succede realmente nel ns paese. Poveri noi. POI CHI ATTUALMENTE CI SGOVERNA! Le destre: Le destre sono incompetenti e leggermente confuse, sono così ossessionate dall’opposizione che non vedono i strafalcioni dell’azione del governo di questa ultima settimana, tanti spot elettorali senza mettere un euro. Destronzi siate onesti (parola grossa alle vostre parti)e, soprattutto, una volta tanto fate gli italiani, invece che gli amici o i camerieri di qualcuno. Questo governo è contestualmente una delusione e una palla al piede per la nazione. L’opposizione non esiste, quindi niente alternativa, anche perché se la sx fosse al governo farebbe le stesse cose. La guerra è contro i nostri interessi ma noi ci sacrifichiamo. In questo contesto votare destra o sinistra a un parlamento che non ha il potere neanche di tirar su la zip dei pantaloni è superfluo. Siamo nei guai caro popolo intelligente e in questo contesto! per uscirne serve andare al centro e votare STATI UNITI D’EUROPA.. Diciamoci la verità fino in fondo. Questo coalizione è l’unico soluzione possibile in questo panorama desolante abitato da zombie, saltimbanchi e quaquaraqua. Meloni con la sua verve ed il suo intercalare romanesco riesce a nascondere evidenti lacune nella sua maggioranza governativa ma, grazie al buon Dio (e alla maturità del corpo elettorale), che abbiamo ( spero per sempre!) basta Salvini Ggiorgine ,grillini+Schein in posizioni di comando! SERVONO LEADER CHE SIANO IN GRADO DI RIVOLTARE COME UN CALZINO! L’EUROPA E L’ITALIA. E SI TRVANO NELLA COALISIONE DEI STATI UNITI D’EUROPA! DUE NOMI A CASO,MA CE NE SONO ALTRI : DRAGHI +RENZI! QUESTI SERVNO: Perché L’Europa, così com’è, è solo centro di burocrazie e provvedimenti spesso inutili. Ricorda un pò l’antica Grecia dove le varie città (Sparta, Atene,…), pur con la loro spettacolare cultura filosofica, non trovarono di meglio che farsi la guerra tra loro, fino poi a sparire. Oggi non abbiamo più scontri fisici tra Stati Europei ma economici si, e in Parlamento si discutono temi non sentiti e distanti anni luce dalla gente: insomma, un baraccone che di unità ha ben poco, quando dovrebbe essere l’esatto contrario, contando di più sia con gli stessi abitanti che con il Mondo intero,in posizioni di comando!

Renzi: i fondi dei centri albanesi vadano alla sanità.

La violenza usata nei confronti dell’onorevole Riccardo Magi questa mattina in Albania merita la condanna unanime di tutte le forze politiche. Il fatto che la Presidente del Consiglio anziché dare solidarietà al collega parlamentare italiano ironizzi sul 4% con la consueta volgarità e maleducazione istituzionale la dice lunga su quanto Giorgia Meloni sia inadeguata al ruolo che ricopre. La verità è che Giorgia Meloni sta usando gli 850 milioni per i migranti in Albania per farsi uno spot elettorale quando potrebbe usare quelle risorse per la sanità in Italia. Matteo Renzi. Giorgia Meloni in visita in Albania: “Cinico spottone elettorale della premier” Milioni di euro per i centri migranti da costruire in Albania dopo l’accordo tra la premier Giorgia Meloni e il presidente albanese Edi Rama. Per Matteo Renzi si tratta di “uno scandalo”. Meglio metterli sulla sanità. “E’ possibile che Meloni prenda 850mln delle tasse degli italiani e li butti letteralmente via per andare a costruire un cento migranti che non accoglierà nessuno, quando hai le liste di attesa? Ma dalli alle visite specialistiche, agli infermieri. Mi aspetterei che Meloni dica, rinuncio a questi 850mln e li metto sulla Sanità. Ma non lo fa perché punta solo agli annunci”, così il leader di Italia viva candidato per gli Stati Uniti d’Europa a Strasburgo. PERSINO: Giuseppe Conte condivide ciò che sostiene RENZI. “Il decreto sull’Albania non serve a nulla. Quando i migranti saranno lì dopo li dovremo riportare in Italia. E si diffonderanno per le nostre strade. Quindi se me li porti in Albania spendendo quasi un miliardo quale è la logica?”. Così il leader del Movimento cinque stelle Giuseppe Conte a Rai Radio 1. Quindi è d’accordo con Renzi? “Certo – risponde – mettiamoli alla sanità, ma alla sanità andrebbe messo di più”. POI: Il patto con l’Albania sui migranti è “un enorme spreco di denaro per un progetto che calpesta i diritti delle persone, allunga le sofferenze di chi viene salvato in mare scaricando persone come barili e pacchi sul territorio albanese. Secondo me è contrario a quanto prevede la costituzione. E’ un cinico accordo”. Il viaggio di Meloni è “uno spottone elettorale che costa 800 milioni che potevamo spendere per la sanità pubblica”. Lo ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. L’arrivo in Albania” della premier Meloni “è un’altra di quelle questioni abbastanza surreali: andremo a spendere circa un miliardo di euro per fare cose in Albania che si potevano fare in Italia e quando mi dicono che non hanno i soldi per la sanità pubblica, allora io dico che quel miliardo di euro poteva essere tranquillamente spostato per la sanità pubblica in Italia, visto che i migranti che andranno in quei centri in Albania sono comunque pochissimi rispetto al totale e in ogni caso con una scelta abbastanza surreale”. Lo ha detto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e del Pd, candidato per le europee nel Nord Est, ospite di Start su SkyTg24. Renzi a Meloni: “Anziché buttare 850 milioni in Albania, li metta per le liste d’attesa”Anche Angelo Bonelli, deputato dell’Alleanza Verdi Sinistra e portavoce di Europa Verde sulla stessa linea: “Oggi ci troviamo già a 825 milioni di euro di spesa, e con questi ulteriori esborsi supereremo abbondantemente il miliardo. Un pozzo senza fondo che drena risorse pubbliche. Questo miliardo doveva essere usato per la nostra sanità. Ospedali in crisi con liste di attesa interminabili. Destiniamo queste risorse alla sanità e rispettiamo i diritti umani delle persone migranti”.

Come l’Unione Europea incide sulla vita di noi cittadini

Ho vissuto questa campagna per la lista con grande intensità, spendendomi al 100%. Adesso è arrivato il momento di chiedere anche il voto per me. Chiedere il voto è sempre un atto di umiltà. Ti espone al rifiuto. Ti mette in gioco. Ti fa rischiare. E chi vuole fare politica deve sempre avere il coraggio di rischiare. Se davvero siamo convinti che il mondo vive ore di pericolo, è giusto che ciascuno di noi faccia del suo meglio per dare una mano. Questo è il momento di osare l’Europa. Osare la pace, osare la crescita, osare la politica. Chiedo ai miei amici di scrivere Renzi perché dal risultato delle Europee potrà partire un percorso anche nazionale fondamentale per costruire un’alternativa ai sovranisti di destra e ai populisti di sinistra. Lo chiedo anche a voi astensionisti! anche se sostenete che siamo tutti uguali! guardate al passato! chi ha fatto e chi a galleggiato! siate onesti e votate con la testa non con le ideologie de panza.

Come l’Unione Europea incide e inciderà sulla vita di noi cittadini: Dalla possibilità di viaggiare senza passaporto tra i paesi membri all’acquisto di prodotti esteri senza costi aggiuntivi, l’Unione Europea è presente in modi dei quali neppure ci accorgiamo. Queste influenze si manifestano attraverso quattro libertà fondamentali . Nella storia dell’Unione Europea c’è stato un momento, precisamente nel 1958 (dopo che Belgio, Francia, Germania Ovest, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi firmarono i Trattati di Roma, istituendo così la Comunità Economica Europea) in cui venne deciso di eliminare le barriere commerciali, così che potessero circolare liberamente tra gli Stati Membri i beni, le persone, i servizi e i capitali: è così che nascono così le quattro libertà dell’Europa. Dopo un processo che aveva portato gli Stati membri da sei a dodici con l’ingresso di Grecia, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Portogallo, nel 1986 venne varato l’Atto Unico Europeo, che integrò l’obiettivo della creazione di un mercato comunitario senza confini interni. Finalmente nel 1987, dopo l’adozione dell’Atto per il Mercato Unico, venne fissata una data precisa per la sua realizzazione: il 1992. L’idea era quella di costruire una sorta di superstrada economica che coprisse tutto il continente, collegando le economie nazionali in un’unica rete e contribuendo, come recitava l’Atto, all’unione sempre più stretta fra i popoli europei. Con la firma al Trattato di Maastricht nel 1992 la Comunità Europea venne formalmente costituita in “Unione”, e sempre in quell’anno la libera circolazione delle persone venne rafforzata con la creazione della cittadinanza dell’Unione Europea. Successivamente, con i trattati di Amsterdam del 1997 e di Nizza del 2001, vengono predisposte le disposizioni relative alla tutela delle quattro libertà. Con il Trattato di Lisbona del 2009 le quattro libertà vengono ufficialmente riconosciute come principi fondamentali dell’Unione Europea. La prima delle quattro libertà è la libera circolazione delle merci. L’obiettivo principale è quello di garantire che esse possano muoversi liberamente tra i paesi dell’UE e paesi terzi con i quali abbiamo accordi commerciali. La libera circolazione delle merci è stata realizzata grazie all’eliminazione dei dazi doganali e di altre barriere commerciali, ciò che si traduce in una maggiore disponibilità di prodotti e in prezzi più bassi per i consumatori.La seconda riguarda la circolazione dei capitali. L’obiettivo è quello di eliminare le residue restrizioni sui movimenti di denaro tra gli Stati membri e non solo, che sono vietate dal 2004, secondo il trattato di Maastricht, ma ancora con alcune eccezioni. La liberalizzazione è stata cruciale per l’Unione economica e monetaria, insieme all’introduzione dell’Euro. Questo facilita gli investimenti e la circolazione di denaro all’interno dell’UE, contribuendo alla stabilità finanziaria e offrendo maggiori opportunità di investimento ai cittadini.La terza libertà è la libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, che è in sostanza la possibilità di aprire un’attività o offrire servizi in un altro paese dell’UE. L’obiettivo è quello di permettere a persone e aziende sia di operare in un altro paese dell’UE in modo stabile, sia di offrire i propri servizi temporaneamente in altri paesi, senza dover cambiare la propria residenza. Ciò contribuisce alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro, migliorando l’accesso dei cittadini a una vasta gamma di servizi. Infine vi è la libera circolazione dei lavoratori. La libera circolazione del lavoro è uno dei diritti più importanti per chi vive nell’Unione Europea. Avere questa libertà significa che è possibile lavorare e vivere in qualsiasi paese dell’Unione europea, senza essere discriminati a causa della propria nazionalità. Si possono accettare offerte di lavoro in un altro paese, trasferirsi lì, lavorare e anche stabilirvisi se lo si desidera Questo ha un impatto diretto sulla vita quotidiana, facilitando la mobilità lavorativa e l’integrazione culturale. Il Parlamento Europeo ha giocato un ruolo fondamentale nella creazione e nel potenziamento del mercato unico dell’UE: è stato la forza propulsiva del processo che ha portato alla sua creazione. Ha lavorato affinché il mercato interno dell’Unione diventasse completamente integrato entro il 2002, come indicato nella sua risoluzione del 20 novembre 1997. A partire dal 2006, con diverse risoluzioni, ha riconfermato che il mercato unico è il punto di riferimento delle politiche economiche dell’Unione Europea. È fondamentale che queste quattro libertà restino il fondamento politico dell’Unione, e che costante debba essere l’impegno continuare per superare ogni tipo di ostacolo che si frappone all’obiettivo della loro piena integrazione. Solo così il mercato dei cittadini dell’Unione sarà equo, inclusivo e in grado di funzionare per tutti, come una reta di circolazione di idee, lavoro e di valori comuni che attraversa senza barriere tutto il continente. Le elezioni europee del 2024 rappresentano l’opportunità per i cittadini di influenzare il futuro dell’UE e, di conseguenza, la propria vita quotidiana. Partecipare attivamente a questo processo è essenziale per garantire che l’Unione continui a rispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei suoi cittadini. L’UE non è un’entità distante: è un progetto condiviso che incide sul nostro presente e futuro. Ogni voto contribuisce a costruire un’Europa più integrata, solidale e attenta alle sfide globali. Il futuro dell’Europa è nelle nostre mani, ed è tempo di fare la nostra parte.

Urne piene, tasche vuote. Il governo impone 35 miliardi di tasse per il Green deal, senza dirlo agli elettori.

Da Bruxelles veniamo a sapere che Roma, senza dire niente per paura di contraccolpi elettorali, ha proposto un regime, accettato ieri dalla Commissione, per sostenere la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, che sarà pagato con prelievi nei prossimi anni sulle bollette della luce. Che meraviglia, il governo Meloni imporrà 35,3 miliardi di tasse fino al 2028 per finanziare una parte del Green deal tramite un prelievo dalle bollette elettriche degli italiani (ad accorgersene è stato David Carretta, corrispondente di Radio Radicale da Bruxelles). Potrebbe darsi che i 35,3 miliardi saranno spalmati su un periodo di venti anni. Si vedrà. Il governo da parte sua ha poco o nulla da dire. Per ora si registra una posizione imbarazzata se non sconsolata del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, uno che ha sempre più l’aria di passare lì per caso: «Su endotermico e transizione verde, aspettiamo di capire i pareri del nuovo Parlamento europeo e della Commissione dopo il voto di sabato e domenica». Certo è singolare che di tutto questo nessuno sappia nulla. Per di più a pochi giorni dal voto europeo. Si chiamano tecnicamente «oneri aggiuntivi», ma si capisce meglio se si dice: tasse.  In sostanza la Commissione Ue ha accettato «il regime» proposto dal governo italiano per sostenere la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili. Ecco cosa dice il comunicato diffuso ieri da Bruxelles: «Il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa.  Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili». Insomma, il governo Meloni, paradossalmente contrario al Green deal, dovrà a questo punto varare un decreto, chissà quando, per tradurre in norme la decisione sul prelievo ambientalista il cui costo – è facile immaginarlo – verrà imputato all’Europa «cattiva» e «verde».  Il punto politicamente rilevante è che tutta questa roba è stata fatta alla chetichella e certo non sarebbe dovuta uscire a quattro giorni dal voto. Protesta Italia viva: «Giorgia Meloni imporrà 35,3 miliardi di tasse per finanziare il Green deal, con aumenti nella bolletta elettrica – ha detto Raffaella Paita – questo è il Governo delle tasse e delle chiacchiere!».  Anche il Pd ieri sera non credeva ai suoi occhi. Ha detto Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in Commissione Bilancio a Montecitorio: «Purtroppo, siccome questo Governo pensa di essere autosufficiente e completamente autonomo rispetto al Parlamento, una notizia potenzialmente positiva per il Paese si trasforma nell’ennesima stangata ai danni dei cittadini. Vogliamo capire di che cifre stiamo parlando e come il Governo intende attuare questa misura». Il punto non è sostenere la transizione energetica, il punto è che mentre il governo finge di mettere soldi sulla sanità sta per toglierli “dalle tasche dagli italiani” per finanziare opere magari importanti ma che si potrebbero realizzare senza pesare sui bilanci delle famiglie. E senza avvertire nessuno.

Condividi:

America, Italia. Nel voto misureremo quanto sia ancora forte l’ondata populista del 2018

L’affettuosa chiamata di Trump a Salvini arriva proprio nei giorni in cui il leader leghista si è maggiormente esposto, con prese di posizione così smaccatamente filo-russe da finire riprese persino dalla propaganda di Mosca, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette. Le europee del 2014 segnarono il punto più alto della parabola di Matteo Renzi alla guida del Partito democratico, con un incredibile 40,8 per cento, da molti interpretato come l’inizio di una lunga egemonia della sinistra riformista. Le europee del 2019 videro invece il trionfo della Lega di Matteo Salvini, con un notevole 34 per cento, preso in gran parte agli alleati di governo del Movimento 5 stelle, che nel 2018 avevano vinto le politiche con il 32. Ma il primato del Partito democratico e della leadership renziana era già finito nel dicembre 2016 con la sconfitta al referendum costituzionale, i riformisti sono oggi minoranza nel loro stesso partito e Renzi deve lottare per raggiungere il 4 per cento, altro che il 40, per di più in alleanza con i radicali di Emma Bonino. Il primato populista appare invece assai più solido, al di là delle altalenanti fortune di Salvini, che comunque sembra essere riuscito a ritagliarsi ancora una volta uno spazio, e non solo sui mezzi di comunicazione. Lo dimostra la telefonata di ringraziamenti con cui ieri Donald Trump ha voluto premiare le dichiarazioni di aperto sostegno e solidarietà pronunciate da Salvini nei suoi confronti, per il processo che lo ha visto condannato e per le prossime elezioni che lo vedono ancora leggermente favorito. I numerosi retroscena che da tempo raccontano la gara tra la nostra presidente del Consiglio e il suo vice nell’accreditarsi (o ri-accreditarsi) presso l’uomo che nel 2021 ha tentato di sovvertire l’esito delle elezioni e fomentato l’assalto al congresso di Washington, obiettivamente, dovrebbero mettere qualche inquietudine anche agli osservatori più smaliziati, allergici a qualsiasi discussione circa pericoli o minacce autoritarie. Senza dimenticare che l’affettuosa chiamata di Trump arriva proprio nei giorni in cui Salvini si è maggiormente esposto, con prese di posizione così smaccatamente filo-russe da finire riprese persino dalla propaganda di Mosca. Motivo di più per irritare Giorgia Meloni, impegnata nella preparazione del G7 in Puglia, dove dovrà accogliere Joe Biden. Se dunque è vero che all’indomani del voto gli equilibri dell’Europa potrebbero dipendere dalle scelte di Meloni, come scrive la stampa internazionale, è anche vero che la posizione del governo appare suscettibile di vistose correzioni di rotta (in parte le stiamo già vedendo) specialmente per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina. Nel voto per le elezioni europee l’Italia misurerà quanto sia ancora forte la spinta propulsiva, per dir così, dell’ondata populista del 2018, con conseguenze che rischiano di andare molto oltre i nostri confini.

Brava Elly, e ora che ci fai?La strategia di Schlein serve a far galleggiare il Pd, ma non a battere la destra.

GALEGGIARE SERVE SOLO A VOI ALLA VOSTRE POLTRONE. MA NON AVETE MESSO IN CONTO CHE: UNA VOLTA C’ERA UN POPOLO COSI IGNORANTE CHE CONOSCEVA PIU E REGOLE DEL CALCIO CHE I PRIORI DIRITTI. PIDIOTI! QUEL TEMPO E FINITO FI NI TO. La segretaria ha dato un’impronta diversa al partito, cercando voti sempre più a sinistra che al centro. Un minoritarismo che le permetterà di non affondare, ma che non basterà mai per competere sul serio (Boccia e Ruotolo, del resto, sono una garanzia) «Finalmente Nanni Moretti può andare in soffitta. Con trent’anni di ritardo il Pd sta dicendo e facendo cose di sinistra». L’impegnativa riflessione consegnata a Daniela Preziosi su Domani è di Sandro Ruotolo, cronista ai tempi del primo Michele Santoro, e oggi membro della segreteria del Partito democratico, candidato (in bilico) nella circoscrizione Sud. Ruotolo, colonnello di Elly Schlein e da lei delegato a seguire i problemi dell’informazione (finora senza gran successo), ha ragione. Lasciamo perdere il riferimento ai trent’anni, che trent’anni fa il Partito democratico era in mente Dei, ma ha ragione nel sostenere che il Partito democratico si è spostato a sinistra: nella postura più che nei comportamenti parlamentari, e per fortuna, dove alla fine si fanno sentire un retaggio della politica di governo o un felpato richiamo del Quirinale, o tutt’e due le cose insieme. Però è innegabile che il Partito democratico schleiniano appaia, e in larga misura effettivamente sia, più di sinistra. Come ha spiegato Francesco Boccia, uno degli ideologi del nuovo corso, «la scommessa è conquistare voti da sinistra e non da destra come in passato». Forse alludeva al quarantuno per cento di Matteo Renzi (2014) quando per la prima volta il Partito democratico fece quello che si era proposto alla sua fondazione, prendere voti dall’altra parte, cosa solo in parte riuscita a Walter Veltroni (trentatré per cento), meno a Pier Luigi Bersani (venticinque), meno che mai a Nicola Zingaretti (ventuno) e Enrico Letta (diciannove): Boccia era in prima fila con chi ha ottenuto i risultati peggiori, Bersani, Zingaretti e Letta, e ostile a Veltroni e Renzi: così, tanto per dare un’idea di chi stiamo parlando. Intendiamoci bene, noi pensiamo che una maggiore caratterizzazione giovi elettoralmente a un Partito democratico che negli ultimi anni si era politicamente illanguidito, sbiadito, ammutolito, e infatti secondo tutte le previsioni Schlein avrà un buon risultato proprio grazie a questo ritrovato protagonismo. Perché questo Partito democratico più radicale dovrebbe riportare a casa alcuni consensi andati ai Cinquestelle o finiti nell’astensione e al tempo stesso confermare i voti dello zoccolo duro postcomunista e cattolico di sinistra, pacifista e financo integralista. Il problema è che questa linea di galleggiamento consente di non affondare ma anche di non competere. Si resta sempre lì, nella comfort zone di sinistra, quella delle feste dell’Unità, delle terrazze e forse anche di qualche muretto di periferia. Ma oltre il recinto più o meno rosso non si becca un voto. Resta cioè in questo Partito democratico un grumo di grillesca inaffidabilità sul piano della credibilità, della capacità di governare un Paese complicato come il nostro. Un buon argine a Giorgia Meloni, questo sarà il dividendo delle elezioni Europee per Schlein. Il che rimanda al vecchio aneddoto di quando Giancarlo Pajetta prese la prefettura di Milano e Palmiro Togliatti gli rispose: «Bravo, e ora che ci fai?». Già, che ci farà Elly con quei voti? Pertanto il buon Ruotolo di Nanni Moretti farebbe bene a ricordare anche un’altra frase immortale: «Con questi dirigenti non vinceremo mai». O, almeno, a cercare di smentirlo.

Condividi:

Mentire ma in fondo dare indizi di verità. Il paradosso del mentitore e il riformismo dem.

Il Pd di Schlein come il grande bugiardo Ulisse.Quando il Pd dichiara di essere un riformista o innovatore, io penso ad Ulisse che diceva di essere di Creta. Mentiva, ma in fondo dava anche un indizio di verità. Il Pd pensa che l’innovazione si sia fermata il giorno in cui è stata varata la Costituzione.

L’altra sera ho sentito Elly Schlein in televisione parlare della riforma Nordio, e contrapporsi duramente ad essa, e mi è venuto in mente Ulisse. Il personaggio di Ulisse, o Odisseo, è sicuramente una figura leggendaria, che funge da riferimento nell’epica del viaggio. Quando Campbell parla del viaggio dell’eroe, non possiamo fare a meno di pensare immediatamente a lui, ai Ciclopi, alle Sirene, alla maga Circe e alla battaglia finale con i Proci. Però Ulisse è anche sicuramente un grande bugiardo. Tra i più famosi e apprezzati bugiardi spudorati che si conoscano. Eppure Ulisse era di Itaca (o di Cefalonia, ma questa è una storia ancora diversa) e non di Creta, che era considerata dagli antichi greci la patria dei mentitori, tanto è vero che arrivarono a coniare il termine “cretismo” come sinonimo di falsità (mentre cretino deriva da cristiano, crètin, a causa di un cristiano originario della Savoia, dove pare fosse molto spiccata la disfunzione tiroidea che determina il cretinismo). Ulisse, che era chiaramente un provocatore, spesso si presentava come un cretese, quasi ad avvertire i suoi interlocutori che avrebbe fatto uso di ogni menzogna e falsità pur di raggiungere i suoi obbiettivi. A Ulisse e ai cretesi si ispira uno dei più famosi paradossi logici, il paradosso del mentitore. In fondo Ulisse dichiarandosi cretese, avvertiva di essere un bugiardo, e finiva di fatto per dire una delle poche verità che si concedeva. Ma cosa sarebbe successo se Ulisse avesse dichiarato più apertamente, senza far ricorso a questo escamotage, di essere un bugiardo? O se un cretese dichiarasse che tutti i cretesi sono bugiardi. Ci ritroveremmo davanti ad un paradosso logico. Se un bugiardo dichiara di essere un bugiardo la sua affermazione, se vera, è falsa e se falsa, è vera. Il paradosso del mentitore si deve appunto ad una sorta di sciamano cretese che, nel sesto secolo avanti Cristo, affermò che tutti i cretesi dicevano il falso. Inizialmente si tentò di relegare il problema, apparentemente irrisolvibile, nel recinto dell’autoreferenzialità. Fu Eubulide di Megara, un paio di secoli dopo, a farne un vero e proprio rompicapo, affermando: “in questo momento sto mentendo”. In questo caso, infatti, ci troviamo di fronte ad una vera contraddizione e, dunque, ad un’affermazione paradossale, un’antinomia che contraddice le regole stesse del pensiero. L’affermazione è infatti vera se falsa, e falsa se vera. Non se ne esce. I tentativi di soluzione sono stati innumerevoli: logici, filosofici, matematici. SI può tentare una decostruzione del linguaggio per ridurre la portata della contraddizione, ma essa rimane e segnala i limiti del linguaggio, che non riesce a contenere e spiegare tutto. Torniamo a Ulisse e alla segretaria del PD. Di fronte alle domande di un giornalista sulle ragioni della contrapposizione ad una riforma che prevede una cosa semplicissima, e cioè di rendere più netta e definita la terzietà del giudice verso pubblica accusa e difesa, ha balbettato delle motivazioni incomprensibili. Questo farebbe dipendere i giudici dalla politica e dall’esecutivo. E perché? Renderebbe meno certa l’obbligatorietà dell’azione penale. E perché, visto che dipende dai Pm? E allora è spuntata la difesa della Costituzione. E questa è la parte più incomprensibile. Infatti esiste la Costituzione scritta, che il Pd difende a spada tratta. Però poi c’è una costituzione materiale che spesso contraddice le cose scritte. È proprio vero, per esempio, quello che recita l’articolo 27 della Carta, che l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva? Sono proprio veri gli articoli 13 e 16 della Costituzione, che ogni violazione della corrispondenza deve avvenire con atto motivato? E potremmo lungamente continuare. L’impressione di fondo è che di fronte ad ogni tentativo di modificare la Costituzione per avvicinarla ai valori che propugna o per riconoscere che di fronte ai cambiamenti sociali bisogna cambiare anche le norme fondamentali, venga preso come un atto sovversivo o di lesione ad una Costituzione immutabile. E così quando il Pd dichiara di essere un partito riformista, o semplicemente innovatore, io penso ad Ulisse che diceva di essere di Creta. Mentiva, ma in fondo dava anche un indizio di verità. Il Pd pensa che l’innovazione si sia fermata il giorno in cui è stata varata la Costituzione. Si è raggiunta una bella perfezione formale e fa nulla che, nella realtà, molto di quello che vi è scritto sia inattuato o addirittura contraddetto dalla costituzione materiale. Un paradosso, un’antinomia, difficilmente risolvibile. Il Pd, quando dice di essere un partito riformista, dice la verità perché difende una Costituzione che in se è difficilmente criticabile, a dice anche il falso, perché non vede che quella stessa costituzione ha finito per essere negata dalla sua difficile attuazione e dai mutamenti di contesto che sono inevitabili, e che un partito sinceramente riformista dovrebbe vedere con coraggio e intelligenza. Che non sono la furbizia e l’astuzia, in cui il nostro Ulisse era maestro.

Chiamatemi Giorgia ma non contestate o parlate di Meloni: la premier scopre il Grande Fratello.

La violenza usata nei confronti dell’onorevole Riccardo Magi questa mattina in Albania merita la condanna unanime di tutte le forze politiche. Il fatto che la Presidente del Consiglio anziché dare solidarietà al collega parlamentare italiano ironizzi sul 4% con la consueta volgarità e maleducazione istituzionale la dice lunga su quanto Giorgia Meloni sia inadeguata al ruolo che ricopre. La verità è che Giorgia Meloni sta usando gli 850 milioni per i migranti in Albania per farsi uno spot elettorale quando potrebbe usare quelle risorse per la sanità in Italia.

Le luci della ribalta spesso ti si ribaltano contro. Fare politica è complicato, essere un personaggio pubblico è complicato, avere un riflettore sempre puntato sul viso è complicato e spesso fa sudare e tante volte illumina zone della tua vita che avresti preferito rimanessero nell’ombra. Dietro un sipario. Lo capisco. E però se tu quel riflettore lo stuzzichi e te lo punti sempre addosso, non è che poi te la puoi prendere con chi guarda le cose illuminate. O no? Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ripeto: presidente del Consiglio, non amministratrice del condominio di un palazzo nel paese di Duino Aurisina, si lamenta della morbosa curiosità che gli altri tutti hanno verso la sua vita: «Ognuno ha bisogno della sua dimensione di normalità, privata, che a me viene tolta. Ogni sabato e domenica trovo sotto casa fotografi che mi seguono e non è facile perché io ho scelto di fare politica, se avessi voluto partecipare al Grande Fratello lo avrei fatto, io invece non voglio rinunciare alla mia normalità. Sto lottando con tutta la mia volontà per rimanere la persona che ero prima, nonostante questa attenzione morbosa che vedo ogni giorno». Lei ha scelto di fare politica, appunto. Guida un paese, e no, non è Duino Aurisina. “Se ti stai candidando per la presidenza degli Stati Uniti d’America, vuol dire che, per definizione, hai rinunciato alla tua privacy; le persone vorranno sapere tutto ciò che hai fatto nella tua vita e per cosa sei pronto a batterti”. Lo disse parecchi anni fa un presidente, Barack Obama, lo cita oggi Luigi Di Gregorio, il più bravo degli spin doctor della destra italiana, nel suo ultimo libro War Room. E soprattutto lei, quel riflettore (giustamente eh, perché per racimolare voti devi essere popolare e per essere popolare devi farti conoscere, esporti. Per questo i comizi si fanno in piazza e non nel salotto di casa…) se l’è puntato addosso spesso. Annunciò la sua gravidanza dal palco di un comizio, ha lasciato Giambruno con un lungo post sui social che Chiara Ferragni ha preso carta e penna per imparare la lezione, condivide scatti della sua vita da mamma, della sua famiglia. Si fa intervistare da Diletta Leotta che conduce un programma (volutamente non utilizzo aggettivi) dal nome “mamme dilettanti” e racconta il compleanno di Ginevra, l’unicorno, come si comporta con lei quando deve andare via per lavoro. Se butti sangue in mare, gli squali si avvicinano. Non tutti attaccano, certo, ma alcuni sì. La stampa è un po’ così. Senza considerare la retorica del “la gente mi conosce come Giorgia, mi fermano per strada e mi danno del tu”. Ecco, la normalità conquista, tutti i divi più amati sono amati perché non se la tirano e non fanno gli snob con i fan. La sua strategia è giusta, è vincente. E infatti è la presidente del Consiglio. Il Grande Fratello lo ha voluto lei, ci risparmiasse la grande manfrina del volevo essere popolare, ma non così tanto.

Renzi: “Condanna unanime per l’aggressione contro Magi. E Meloni…”

Solidarietà al deputato Magi . La signora Meloni perde spesso occasioni per tacere. La Meloni! non potrebbe esserci peggior premier! il presidente del consiglio soltanto dei suoi lecchini ! ma non dovrebbe essere il presidente di tutti gli italiani !!! La sua vera natura esce sempre fuori la presidente del popolo con la villa da miliardaria vestiti di grandi firme contorno di parrucchieri truccatori stilisti il popolo non ha nemmeno il necessario per potersi curare !! Il popolo quando lo capirà’ !!!!

Renzi: “Condanna unanime per l’aggressione contro Magi. E Meloni…”

La violenza usata nei confronti dell’onorevole Riccardo Magi questa mattina in Albania merita la condanna unanime di tutte le forze politiche. Il fatto che la Presidente del Consiglio anziché dare solidarietà al collega parlamentare italiano ironizzi sul 4% con la consueta volgarità e maleducazione istituzionale la dice lunga su quanto Giorgia Meloni sia inadeguata al ruolo che ricopre. La verità è che Giorgia Meloni sta usando gli 850 milioni per i migranti in Albania per farsi uno spot elettorale quando potrebbe usare quelle risorse per la sanità in Italia“. Lo scrive su X il senatore di Italia Viva, Matteo Renzi.

Magi contesta la passerella di Meloni e viene aggredito in Albania, la ‘bulla’ premier: “Capisco che devi superare la soglia di sbarramento”

La passerella in Albania, nella cittadina di Shengjin dove verrà realizzato (non si sa quando) uno dei due centri di accoglienza per migranti. L’ultimo spot elettorale della premier Giorgia Meloni finisce però con l’aggressione della polizia albanese ad un parlamentare italiano d’opposizione, Riccardo Magi di Più Europa, e con l’intervento della stessa presidente del Consiglio che scende dall’auto e spiega ai poliziotti che si tratta di un deputato e che quindi non va aggredito. A spiegare quanto accaduto, oltre al video pubblicato , è lo stesso Magi che ricostruisce: “Fuori dalla conferenza stampa ho esposto un cartello con la scritta ‘Un miliardo di hot spot elettorale l’accordo Italia Albania” e l’ho alzato mentre passavano le auto. E mi sono quasi messo davanti al loro passaggio. A quel punto sono intervenuti degli agenti albanesi. E hanno cominciato a strattonarmi e mi hanno anche fatto uscire del sangue sul braccio. A quel punto Giorgia Meloni è scesa dalla macchina dicendogli di lasciarmi stare perché ero un parlamentare italiano. E io le ho risposto; “Almeno questo è rimasto. Se questo è successo a me, figuriamoci cosa accadrà ai migranti che vengono chiusi qui dentro senza che nessuno li veda”. Il video del faccia a faccia tra Meloni e Magi. Nel video si vede la Meloni tornare in auto poi, incalzata da Magi, torna indietro e replica: “Ho fatte tante di campagne elettorali e dovevo superare la soglia di sbarramento, ti capisco sei al 3%, devi fare queste cose…”. La replica del deputato di Più Europa è netta: “Non sono come te che hai un miliardo per fare lo spot elettorale”. Intervenuto in diretta a Tagadà su La7, trasmissione che ha seguito la passerella della premier in Albania, Magi aggiunge: “Meloni è scesa dalla macchina per evitare un enorme danno di immagine che avrebbe avuto. Ha detto, lasciatelo stare perché è un parlamentare. Ma il problema non è il fatto che io sono un parlamentare ma che se chi manifesta in modo non violento, facendo resistenza passiva, viene trattato così siamo su una brutta china”. Meloni e il 3% “Le parole della Meloni, ‘anche io sono stata al 3% e capisco cosa si fa per campagna elettorale’, sono vergognose. A me questo non interessa, ho fatto queste cose e continuerò e farle a prescindere dalla soglia di sbarramento. La vergogna è che un miliardo va allo spot elettorale della Meloni che è candidata e che al mattino mette il cappello da presidente del Consiglio e la sera quello da candidata”, ha  proseguito Magi.  .”Abbiamo ascoltato i due presidenti fare le vittime, attaccare la libera stampa italiana, mi sarei aspettato dalla presidenza Meloni una parola di difesa al sistema dell’informazione italiano, invece hanno fatto le vittime e non hanno detto nulla su come questo centro funzionerà, o meglio su come non funzionerà”, ha concluso Magi. Le parole di Renzi. Sulla vicenda è intervenuto anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva che con Più Europa ha creato la lista di scopo Stati Uniti d’Europa per le Europee: “La violenza usata nei confronti dell’onorevole Riccardo Magi questa mattina in Albania merita la condanna unanime di tutte le forze politiche. Il fatto che la Presidente del Consiglio anziché dare solidarietà al collega parlamentare italiano ironizzi sul 4% con la consueta volgarità e maleducazione istituzionale la dice lunga su quanto Giorgia Meloni sia inadeguata al ruolo che ricopre. La verità è che Giorgia Meloni sta usando gli 850 milioni per i migranti in Albania per farsi uno spot elettorale quando potrebbe usare quelle risorse per la sanità in Italia”.

I miei articoli DEL 5/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

Enews 972 DI MATTEO RENZI.

Rush finale per le Europee.
Finalmente si inizia a parlare di Europa, anche se ancora troppo poco rispetto a quanto servirebbe e a quanto sarebbe giusto. Entrando nel merito si capisce che l’unica lista che ha nel simbolo europeo un progetto per l’Europa siamo noi, gli Stati Uniti d’Europa. E si capisce che gli unici che se eletti andranno davvero in Europa siamo noi. In questa campagna elettorale noi siamo gli unici seri. Punto.
 
È stato per me un toccasana salutarvi, abbracciarvi, incrociarvi. Ancora in queste ore vedere migliaia di persone come a Cosenza o Sarno mi ha allargato l’anima.
In queste ultime battute sto cercando di raggiungere più persone possibili con i media che abbiamo concentrato alla fine:
·      Berlinguer Rete4
·      Panella La7
·      Floris La7
·      Pancheri Sky
·      Zanchini Radio Rai
Trovo che anche gli altri amici della lista si stiano dando da fare. Ad esempio credo che Riccardo Magi sia stato molto bravo dalla Gruber lunedì come Gian Domenico Caiazza era stato esemplare a Piazza Pulita. Abbiamo una grande squadra. Anche perché la bellezza di questa sfida è che siamo dalla parte giusta della storia. Mentre gli altri dicono “meno Europa”, noi diciamo Stati Uniti d’Europa. Un’Europa diversa da quella di oggi, un’Europa con l’anima e con le radici, un’Europa che sa di futuro.
 
Ora però è tempo di parlarvi di me. Molti di voi mi conoscono da anni: le Enews sono il canale più diretto che ho per aprire il cuore. Ho vissuto questa campagna per la lista con grande intensità, spendendomi al 100%. Adesso è arrivato il momento di chiedere anche il voto per me.
Chiedere il voto è sempre un atto di umiltà. Ti espone al rifiuto. Ti mette in gioco. Ti fa rischiare.
Non avevo molta voglia di rimettermi in gioco, lo confesso.
E non pensavo a Strasburgo come un mio approdo personale.
Ammetto che preferivo Roma.
Ma giorno dopo giorno la gravità della situazione europea, sul piano militare, diplomatico, economico, culturale, mi ha costretto a guardare in faccia la realtà.
E chi vuole fare politica deve sempre avere il coraggio di rischiare.
Se davvero siamo convinti che il mondo vive ore di pericolo, è giusto che ciascuno di noi faccia del suo meglio per dare una mano. Questo è il momento di osare l’Europa. Osare la pace, osare la crescita, osare la politica.
 
La vita politica mi ha regalato emozioni incredibili. Sono stato sindaco, Presidente del Consiglio, leader di partito, parlamentare. Ho perso battaglie che pensavo di dover vincere a tutti i costi. E ho vinto sfide sulle quali nessuno scommetteva un centesimo, a cominciare dall’operazione Conte-Draghi. E quando sento Giorgia Meloni dire che lei è il contrario di me, sono orgoglioso di dirle che sì, è vero: l’ho spiegato in questo reel che sta volando su Instagram.
 
Eppure il passato non basta. O meglio: al passato grazie, al futuro sì.
Oggi mi rimetto in cammino. Perché nella vita non si arriva se non per ripartire.
E mi rimetto in cammino partendo dall’ultimo posto della lista, con l’umiltà che non sempre ho avuto nella mia esperienza.
 
Chiedo ai miei amici di scrivere Renzi sulla scheda.
Chiedo ai miei amici di scrivere Renzi perché i miei amici sanno che votando per me in realtà votano per loro. O meglio: votano per noi. Noi, manipolo di coraggiosi sognatori che vogliono portare in Europa i progetti, le follie, l’entusiasmo che da sempre ci caratterizzano.
Chiedo ai miei amici di scrivere Renzi anche se questo mi porterà a lasciare il Senato perché questo è il tempo di un nuovo inizio. E tra qualche anno ricorderemo questo passaggio come uno dei momenti di snodo della nostra esperienza politica.
Chiedo ai miei amici di scrivere Renzi perché non possiamo lasciare i palazzi delle istituzioni europee alla burocrazia e all’algida tecnocrazia. Serve la politica. E portare la politica è la nostra missione, da qualche anno.
Chiedo ai miei amici di scrivere Renzi perché dal risultato delle Europee potrà partire un percorso anche nazionale fondamentale per costruire un’alternativa ai sovranisti di destra e ai populisti di sinistra.
 
Se vi va in queste ultime 72 ore datemi una mano. Fate campagna per me. Fate girare il fac-simile via WhatsApp certo ma anche vis a vis. E scrivetemi che tipo di reazione trovate. Leggo i vostri commenti tramite email matteo@matteorenzi.it e via WhatsApp 3347335300.
 
E mi raccomando: per chi vuole, oggi alle 17.30 edizione speciale della diretta “Text Renzi” da Milano da una location veramente unica.
 
Pensierino della Sera.
Dopo due anni di governo e a tre giorni dalle elezioni la Meloni ha scoperto che ci sono le liste d’attesa. E ha fatto il solito decreto-decretino, in cui promette tutto e non cambia nulla. Ho una proposta precisa per il Governo. Cancellate la follia dei centri migranti in Albania e date quei soldi alla sanità. Mettere 850 milioni di euro in Albania per i migranti è assurdo: mettiamo quei soldi in Italia per gli infermieri, i dottori, gli esami, i pronto soccorso, le liste d’attesa. L’ho detto chiaro qui, facciamolo girare. E siccome già mi immagino i diffamatori di professione dire che io ho tagliato sulla sanità, segnalo che nel 2013 il fondo sanitario valeva 107 miliardi. Ed è cresciuto ogni anno del mio governo fino ad arrivare a 112 miliardi nel 2017 con la mia ultima legge di bilancio. Giusto perché sia chiaro che noi non abbiamo tagliato un bel niente.


Un sorriso,
Matteo
 
PS. Per chi vuole darci una mano sui rappresentanti di lista: volontari@matteorenzi.it
Per chi può darci una mano economica qui il link.
Ma soprattutto tenetevi in contatto nel canale WhatsApp per tutti gli aggiornamenti.

Sul rischio astensionismo: “Timori fondati. Il Sud potrebbe disertare le urne”

Giovedì 6 giugno alle 18:00 appuntamento in Piazza di Pietra a Roma per la chiusura della campagna elettorale degli Stati Uniti d’Europa con Matteo Renzi, Emma Bonino e gli altri candidati.

“Alle ultime elezioni è andato a votare solo il 54 per cento degli elettori. Stavolta la soglia potrebbe scendere ancora” «In primo luogo a chi è forte al Sud. E quindi ai Cinquestelle». Conte è quello che rischia più di tutti? «In proporzione al totale i voti meridionali rappresentano per il Movimento il 65 per cento; il 49 per Forza Italia, il 35 per Fratelli d’Italia, il 34 per il Pd».

PORELLI: Se non c’è da votare per il reddito di cittadinanza o di nulla facenza il Sud preferisce andare al mare….

Non si capisce lo sforzo di emigrare in Europa, se neanche si fa lo sforzo di andare a votare … se va tutto bene così perché andare via… ? L’Europa rafforzata potrebbe aiutare lo sviluppo delle aree europee più in difficoltà, portando la qualità di vita e del lavoro ad uno standard europeo che non renda più necessario abbandonare le famiglie e i luoghi di nascita per vivere decentemente. La miope politica locale e il malaffare cercano di separarci dal sistema Europa, cercano di indebolirlo, per continuare coi loro traffici e interessi (lo chiamano “sovranismo” non perché sia il popolo sovrano ma essi stessi, come nuovi sovrani del proprio popolo ingannato). Ci tentano, ma se non si vota altro è come dire fate pure…Per spezzare le dinamiche incancrenite che nei fatti mantengono aree intere sottosviluppate bisogna votare, costruendo un’Europa più equa e forte, ascoltando i tanti giovani, che con sacrificio si sono trasferiti in Paesi più europei del nostro e sanno che direzione potrebbe prendere anche l’Italia, anche il Sud dell’Italia. PER QUESTO. Il Sud non può permettersi di disertare le urne, mai come adesso deve farsi sentire!! E spero che lo faccia!! E LO FACCIA BENE CON LA TESTA NON CON LA PANCIA E QUESTO SI FA VOTANDO STATI UNITI D’EUROPA. SI. Si continua ad ignorare pervicacemente l’unica lista che propone un approccio davvero europeo. Si dirà: ma è piccola! E allora? Se i pochi che parlano di Europa vengono pure oscurati, come ci si può lamentare? ATTUALMENTE E PICCOLA! OK MA CON LEADER COMPETENTI ONESTI E CON TENTA VOGLIA DI FARE RISOLVERE ,NON A PAROLE MA CON I FATTI. PER QUESTO LA MIA grande speranza è che avvenga l’esatto contrario di quelle che prevedono i sondaggisti. Mai come in queste elezioni europee, ed i motivi da elencare sarebbero tanti, la partecipazione è importante per sperare di incidere positivamente sulle sorti del nostro Paese, dell’Europa, e non solo. Facciamo tutti il nostro dovere civico, e soprattutto non facciamo scegliere solo agli altri il nostro futuro!!

Spese del Pnrr dopo il 2026, ma l’Italia ha rinunciato

I ministeri hanno affossato il fondo che avrebbe allungato le scadenze

Il Pnrr in due tempi, con il supporto delle banche e dei fondi. Flessibile, con la possibilità di spendere una parte della maxi-dote da 194,4 miliardi oltre la scadenza del 2026. Ma l’Italia non ci crede.

Manca una mente competente preparata e illuminata. NE AVEVAMO DUE E GLI HANNO DEFENESTRATI. PRIMA RENZI E ULTIMAMENTE DRAGHI. E ALLORA DICIAMOLO AD ALTA VOCE; È impossibile volare come un’aquila se si è circondati da tacchini . Incredibile, aiutarsi da soli a far fallire i progetti PNRR. Avevamo Draghi.. lo abbiamo defenestrato a favore di Giorgia.. ma come si fa?! la cosa che fa morir dal ridere è che saranno proprio una parte consistente di suoi elettori, a subirne le conseguenze.. meno tasse uguale meno servizi.. ti mettono in mano 4 spicci e poi per la salute e l’istruzione te la vedi tu e il Signore.. CAPOLAVORO TEMPTATION ISLAND! Sarà mai possibile arrivare ad essere guidati da persone capaci, se gli elettori parteggiano per gli incapaci? Quando i cittadini temono solo l’aumento delle tasse senza preoccuparsi di come verranno poi spese, se non quando si trovano a (non) usufruire dei servizi per cui ha pagato, difficilmente le cose potranno cambiare. Come sempre si fa una distinzione tra il bianco e il nero, dimenticando che prima del bianco c’è stato il nero e prima ancora il bianco. E’ evidente il comun denominatore, cioè la causa, i cittadini. Sicuramente, se non si interverrà sul denominatore, non potrà cambiare mai nulla. Siamo un popolino attento solo alle proprie necessità vicine, senza visione. Che le giovani generazioni ci aiutino!

Non si vedono busti di Stalin

Dalla spensieratezza, dal sorriso lieto, si capisce bene che per la sottosegretaria Castiello invocare la Decima Mas è come cantare la sigla dei Simpson, o fare un selfie con il suo cantante preferito. Non sa, non se ne rende conto, e mi chiedo che senso ha pretendere dalle e dai Castiello al governo una professione di antifascismo che non possono o non vogliono condividere. Non possono nel caso non ne capiscano il senso (vedi Castiello). Non vogliono nel caso siano fascisti. E molti, in Fratelli d’Italia e nella Lega, lo sono. Dunque sarebbe meglio smetterla con il rituale dell’indignazione antifascista. Non serve a niente. È fiato sprecato, come rimproverare il sorcio perché mangia il formaggio. Piuttosto può valere (perfino per la sottosegretaria Castiello) una osservazione che potrebbe aiutare il livello del dibattito a crescere di mezzo palmo, se non di un palmo intero. La replica “e ma allora, il comunismo?” presuppone che qualcuno, nel centrosinistra, abbia in casa il busto di Stalin; che qualche candidato del Pd inneggi al maoismo; che nei suoi social l’opposizione al governo abbondi di falci e martello. Ma così non è. Ripeto: così non è. Il comunismo, nella sinistra italiana, è ufficialmente agli archivi dal febbraio del 1991, un terzo di secolo fa. I fascisti, invece, sono al governo. E il busto di Mussolini è tra gli arredi domestici della seconda carica dello Stato. Dunque non vale, come argomento di discussione, l’idea che ci si trovi di fronte a una contrapposizione ideologica novecentesca: fascismo contro comunismo. La contrapposizione è di stringente attualità: fascismo contro democrazia. Chi omaggia la Decima non cerchi alibi. Invoca il fascismo contro la Repubblica.

Di busti in questo governo ce ne sono molti. Guardateli bene. Sono ingessati nella mente.

Non c’è partita. In campo un solo giocatore consapevole o meno di essere fascista. Con elmetto o no. L’avversario comunista si è dissolto nel 1991, ma loro non se ne sono accorti, troppo occupati a lustrare i busti del loro vate. Sarà la poca conoscenza della storia che gli fa vedere fantasmi ovunque. Nelle sezioni dell’ex PCI ho solo visto foto di Berlinguer noto antistalinista. Ora sono al governo i neofascisti che pur di avere un nemico, spesso immaginario, trafugherebbero la salma di Lenin. Contenti loro. Torte col faccione o con la decima da pasticceria patriottica. Patetici

I CAMERATI MI RISPONDONO Eh, no, caro BEZZI. Non è necessario il busto di Stalin… non ho mai visto nessuno chiedere a Napolitano l’abiura del comunismo per aver sostenuto l’invasione sovietica in Ungheria nel 1956. Ma dimenticavo: ci sono i totalitarismi buoni e quelli cattivi, c’è chi può sempre ergersi a giudice (ah, l’eterna spocchia della sinistra) e chi deve sempre e solo scusarsi. PS non sono fascista, sono un nostalgico democristiano, semplicemente moderato e… anticomunista viscerale, come Montanelli

CAMERATI Avete mai visto qualcuno di peso dire che Stalin ha fatto anche cose buone? O chiedere di abolire la proprietà privata? Di fare piani quinquennali? Nessuno chiede a nessuno di ripudiare errori fatti nell’immediatezza storica. Ma non essere antifascista nel 2024 è veramente un orrore imperdonabile. Chi non riesce a farlo dovrebbe essere inibito dalle cariche pubbliche, che parli al bar tra un bianchino e una partita a carte. Quanto al comunismo, è stato certamente una dittatura terribile, ma per onestà intellettuale bisogna dire che in Italia il partito comunista nei fatti ha lavorato per la democrazia in buona parte, cosa che non ho mai visto fare ad un fascista, un post fascista, un neo fascista. Per non parlare del fatto che ogni posizione di sinistra è comunista secondo alcuni fessi. Pure tenere la fiamma nel simbolo è a mio parere al limite dell’eversivo, troppi fascisti sono stati riammessi per la pace civile. Ma non ci può essere pace civile senza giustizia e quando il ricordo sfuma ci si possono inventare le peggio baggianate negazioniste o revisioniste. Senza dimenticare che il populismo ha molti tratti in comune col fascismo, primo fra tutti l’idea che il popolo elegga un capo e lui abbia potere assoluto, quasi divino. Deus vult, gott mit uns. Le ricorda nulla?

Europee, bagno di folla per Renzi al Rendano di Cosenza: «Candidature finte quelle di Meloni, Schlein e Tajani»

Quello che più mi fa rabbia è che, i Tg della Rai, lo mostrano sempre che passeggia .Che entusiasmo a Cosenza. Quasi duemila persone! Stati Uniti d’Europa sarà la vera sorpresa delle elezioni europee #ScriviRenzi

Il leader di ItaliaViva ha riempito il teatro della città bruzia ricevendo anche i complimenti dal sindaco Caruso. L’ex premier: «Oggi la Calabria non può che ripartire. Lo sapete bene voi e lo sanno i nostri candidati calabresi»

Bagno di folla per Matteo Renzi a Cosenza. Il leader di ItaliaViva, come ha detto dal palco il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, è l’unico leader che ha sfidato la prova di un teatro come il Rendano. Il socialista Caruso ne ha approfittato per lanciare qualche frecciata all’altro Matteo, Salvini, che invece ha preferito incontrare gli elettori in un locale dopo essere stato a pranzo con i suoi dirigenti. Renzi, invece, ha fatto una vera e propria prova di forza riempiendo il Teatro di tradizione cosentino in un caldissimo lunedì pomeriggio grazie anche al traino dei candidati locali come Filomena Greco. A giudicare dalle presenze non dovrebbero esserci eccessivi problemi al raggiungimento del quorum del 4%, anzi.   L’ex premier, in grande forma, dal palco ha spiegato le ragioni dell’alleanza con Bonino, Socialisti, Radicali, Libdem che ha portato alla formazione della lista “Stati Uniti d’Europa”. La principale è che l’Europa deve rialzare la testa rispetto a quanto sta accadendo nel mondo e dire la sua sulle tante fibrillazioni geopolitiche in corso. In questo quadro un ruolo determinante deve averlo il Sud del Paese, visto che il Mediterraneo è uno scacchiere fondamentale per quello che accadrà in Africa e quello che sta accadendo in Medio Oriente. Da qui, inevitabile, la critica ai Cpi che la premier Meloni ha voluto realizzare in Albania. «Ci ha buttato sopra 800 milioni per non arrivare a nulla, ma ve lo immaginate se questi soldi li avesse messi sulla scuola, sulla sanità, sulle infrastrutture del Sud». Un preambolo per poi spiegare perché ha deciso di abbandonare lo scranno di Senatore per ricoprire quello di europarlamentare. «Ho quasi cinquant’anni, i capelli mi si sono ingrigiti, potrei essere soddisfatto così, qualcosa nella mia vita politica l’ho fatta. Se ho deciso di candidarmi è perché ho tre figli e sono molto preoccupato per cosa succede nel mondo». Per correggere queste storture l’unica cosa è combattere politicamente in Europa, anche perché in Italia, Renzi giudica negativamente l’azione di Governo. «Quando ero Primo Ministro abbiamo dato gli 80 euro netti al mesi che calcolati per dodici mesi e per dieci anni sono soldini. Mi hanno accusato di dare mancette, ma la Meloni ora sta facendo molto di peggio. Avevamo dato agli studenti una card per l’ingresso gratuito nei Musei, perché l’Europa è anche cultura. Ce l’ha copiata anche Macron e altri Paesi europei. Ora un ministro che si chiama Sangiuliano, ma si crede San Gennaro l’ha tolta. Sulla scuola ho fatto una riforma che è stata molto contestata, ma che ha dato lavoro e rafforzato la nostra pubblica istruzione. Questo centrodestra, invece, continua a fare tagli, anche in sanità. Qui ci sono le mamme e gli operatori del Sacro Cuore un’eccellenza che rischia di chiudere per motivi che nessuno comprende». «Se in Calabria ci sono delle opportunità da cogliere sull’agricoltura, la pesca, le infrastrutture, la sanità – ha continuato – queste opportunità vengono dall’Europa, quindi noi dobbiamo mandare in Europa persone competenti che vogliono davvero mettersi in gioco. Meloni, Schlein, Tajani fanno delle candidature finte. Loro si candidano per non andare in Europa. Questo è inaccettabile ed è il grande punto di forza degli Stati Uniti d’Europa. I nostri candidati selezionati ci andranno davvero». «Io penso che abbiamo raggiunto il punto più basso – ha continuato Renzi -. Oggi la Calabria non può che ripartire. Lo sapete bene voi, in particolar modo calabresi, lo sanno i nostri candidati calabresi, a cominciare da Filomena Greco, da Pino Varacalli, da Nunzia Paese, da Stefano Mascaro, dalle nostre eccellenze di questo territorio». Per questo alla fine della kermesse, Renzi ha presentato sul palco i candidati calabresi alle Europee invitando i presenti a due opzioni elettorali: o mandare in Europa persone che si conoscono come i candidati locali oppure mandare persone competenti e non figuranti che già hanno annunciato che una volta eletti resteranno a Roma. Una sorta di truffa politica dice Renzi che l’Italia in questo momento, considerati i fragilissimi equilibri geopolitici, non può certo permettersi

Un fiume di soldi per i centri in Albania: appalto da 13,5 milioni per il noleggio di una nave (privata) che trasporterà i migranti

L'”Operazione Albania” sostituisce i BLOCCHI NAVALI ( irrealizzabili) promessi da Meloni/Salvini, prima delle elezioni. 800 MILIONI gia’ spesi senza che esista ancora nulla e ora navi noleggiate al “modico” costo di 13 milioni di €. In compenso la decrescita dei dati sulla natalità italica, mette in crisi aziende che non sanno più dove trovare personale ( magari per posizioni lavorative meno gettonate dai nostri giovani, ma INDISPENSABILI).Credo che l’unica parola adatta a definire questa situazione sia: FALLIMENTO ! Un fiume di soldi per i centri in Albania: appalto da 13,5 milioni per il noleggio di una nave (privata) che trasporterà i migranti. La partenza del protocollo spostata al 15 settembre. I naufraghi soccorsi da navi militari italiane verranno poi trasbordati a sud di Lampedusa. Ancora soldi investiti dal governo nel protocollo Albania che non si sa ancora quando partirà. Agli 850 milioni già preventivati per la realizzazione e la gestione dei centri a Shengjin e Gjader per i prossimi cinque anni, adesso arriva pure l’appalto per una nave privata che dovrà portare i migranti dal Mediterraneo all’Albania. I centri in Albania non esistono ancora, non sono stati ancora costruiti. l tutto è l’ennesimo annuncio di propaganda meloniana. Ma se non lo fosse sarebbe ancor più grave, tra le altre cose mi piacerebbe sapere DA CHI è stata noleggiata tale nave, scommetto da un loro amichetto a cui dare una barcata di soldi in cambio di una bella fetta in nero di ritorno. Complimenti alla sora giorgina, meglio autodefinitasi definita/autodefinasi aznorts. Quello del centro in Albania è una tale assurdità che va contro la logica, il buon senso e il misero portafoglio dello stato italiano che brucia inutilmente te milioni di euro.“ Non ci sono soldi !” Per la sanità, per chi lavora onestamente, per chi non riesce ad arrivare a fine mese, per le scuole, per le strade disastrate… A quando il blocco navale così tanto strombazzato in campagna elettorale?! A quando l’eliminazione delle accise sulla benzina? Turlupinare, questo riesce molto bene!! Ma per Salvini il problema erano i 35€ di diaria giornaliera per migrante, che avevano permesso di fare progetti SPRAR e di Micro Accoglienza Diffusa anche in piccoli paesi, dove l’integrazione era reale. Infatti col primo decreto sicurezza i 35€ furono portati a 21€ e la Micro Accoglienza morì. Leggere di tutti questi soldi dati agli amici degli amici, perché di fatto è così, ci marceranno in tanti, per tenerseli umani detenuti in centri lager, mi fa veramente rivoltare lo stomaco e non è ultima solo in termini di tempo. Chi pensa ed ha capito cosa sono questi fascioleghisti al potere sapeva che saremmo arrivati allo spreco, alle mazzette ed alle ruberie anche con questa strombazzata alleanza con l’Albania per il trasloco dei migranti. Sfruttare la povera gente ed arricchirsi sembra l’unico scopo di questo governo. Tutti questi soldi potrebbero essere spesi per migliorare le condizioni sociali e risolvere tanti problemi. *Voi* che li avete eletti vi aspettavate che spendessero i pochi soldi disponibili per darvi un’assistenza sanitaria decente? O che vi aumentassero la pensione? O che riuscissero a dare un’istruzione decorosa ai vostri figli?

Meloni conferma : “La criminalità organizzata si è infiltrata nel decreto flussi”. E sorprende Melillo con un esposto alla Direzione nazionale antimafia

Cavolo la melonera si è accorta che la mafia si è infiltrata nel decreto flussi” CAVOLO COME è SVEGLIA! Stavo dando un occhiata ai dati. Su oltre 280.000 domande in Italia ben 150.000 vengono dalla sola Campania. E in Campania solo il 3% di chi ottiene il visto poi fa un contratto di lavoro. Questo sistema verosibilmente va avanti da decenni, cero che seve intervenire per riformarlo completamente. Ma come sempre in ritardo , e proposta sempre qualche giorno prima di qualche elezione. QUARDA CASO. POI INFILATA IN UN CASTTO E TIRATA FUOR AL BISOGNO. CHE POPOLO BUE CHE SIAMO. Dal monitoraggio delle richieste, come già rivelato da diversi media, dati allarmanti sulle regioni di provenienza e sulla reale conversione in contratti di lavoro dei visti d’ingresso. Il decreto flussi, che nelle intenzioni del governo, dovrebbe consentire l’ingresso legale di 450.000 lavoratori in Italia nei prossimi tre anni, è già finito nelle mani delle organizzazioni criminali. Lo aveva denunciato Repubblica nelle scorse settimane e oggi la premier Giorgia Meloni è andata personalmente alla Direzione nazionale antimafia a presentare un inconsueto esposto per chiedere al procuratore Melillo l’apertura di un’inchiesta. Che bisogno ha il governo di ricorrere a un esposto per coinvolgere la magistratura, quando può avere canali più diretti? Sembra l’ennesima mossa di propaganda. Il ministro degli interni di che si occupa nel frattempo? Visto che non è bastato il blocco navale e nemmeno le catture su tutto il blocco terraqueo si sono accorti dopo 2 anni che ci sono delle infiltrazioni mafiose quindi vogliono aprire il campo profughi in Albania dove getteranno milioni e milioni di euro e sarà tutto risolto . Il presidente maschio Meloni per avere un po’ di risonanza o scruscio si reca dal Procuratore Nazionale Antimafia. Deve far capire che fa tutto lei, anche quando l’inchiesta é stata opera del giornale La Repubblica che sta tra quelli da lei odiati. Complimenti a Repubblica. Ma l’Intelligence di Piantedosi non si era a corta di nulla? Il problema erano i Rave e le proteste studentesche? Evidentemente si. Sono certo che i giornali di destra hanno fatto inchieste ancora migliori ma le opposizioni gli ha impedito di pubblicarle. E meno male che ci sono il blocco navale, gli accordi con Tunisia ed Albania, un Piantedosi sempre sul pezzo, sennò cosa sarebbe successo? Ma un minimo di onestà per ammettere che stanno fallendo in TUTTO arriverà mai? È un classico degli st….nzi capire le cose in ritardo e approfittarne per scopi elettorali. Un suggerimento cara Melonera, cambia mestiere. Lo sapeva tutta Europa che infatti chiedeva controlli severi, li abbiamo fatti ? se se so so su su dai. Per allertarsi bastava il fatto che all’apertura del “click day” in pochi secondi era tutto esaurito (come i biglietti per i concerti con ingenti ricavi per certe organizzazioni “intermediarie”, sempre che il confronto sia lecito). Peccato perchè l’idea era buona ma come al solito chi era al Governo ha voluto fare le cose in fretta e pasticciate (all’italiana). Se l’ignoranza fosse un vuoto sarebbe facile riempirlo di cose di culture di civiltà ma l’ignoranza ,cari mici destronzi, è un pieno, è un muro e i muri si possono solo abbatterli o scavalcare. dal libro sostieni Pereira di Tabucchi

Il fattore astensionismo incombe sul voto: “Sarà maggioritario”

La tornata europea secondo sondaggisti e politologi potrebbe passare alla storia per l’affluenza per la prima volta inferiore al 50 per cento.

A modo loro, potrebbero essere delle elezioni storiche. Cioè quelle dove per la prima volta, a livello nazionale, l’astensionismo, cioè il rifiuto a compiere quel che secondo la Costituzione è un “dovere civico”, potrebbe diventare maggioranza assoluta.

E’ una elezione molto importante che impatta sul nostro futuro e dell’Europa alla quale apparteniamo da sempre! così muoiono le democrazie… nell’indifferenza generale… quando non ci crede più nessuno…quando non rimane più nessuno a difenderle… quando tutti sono sì liberi di parlare ma nessuno sta a sentire… quando sembra che il proprio voto sia inutile o peggio mal riposto… del resto con partiti che non si possono più votare e partiti che non si può proprio votare… Quante volte, con gusto dell’iperbole, si è usata l’espressione “devono andare tutti a casa”? Ecco, questa volta credo che non sia più un’iperbole. Credo che davvero a sinistra e a destra dovrebbero andare TUTTI a casa, farsi da parte e passare il testimone a chi ha un minimo di spessore necessario. E qui serve tener presente che: Ogni astensione, ogni voto non espresso equivale ad un voto in più per i populisti. Pensateci bene. Più aumenta l’astensionismo più l’Italia e l’Europa, cadono in mano agli imbroglia popolo. Guarda caso da questi non partono mai appelli contro l’astensionismo. L’offerta politica alle elezioni non è un problema numerico; in Italia, da 79 anni, non abbiamo questo problema. Nel 2019 le liste sono state 18, con oltre un migliaio di candidati; ma solo 5 hanno superato la soglia del 4%. Dunque i 51 milioni di aventi diritto al voto hanno un ampio ventaglio di scelta, dall’estrema destra all’estrema sinistra. Ma qui nasce il problema; come fanno a scegliere gli elettori? Una parte minoritaria è già convinta per varie ragioni; ideologiche o altre (non sempre nobili). E gli altri, la grande maggioranza? Spetta alle liste convincerli, attraverso la campagna elettorale; proponendo i candidati e le idee in merito all’oggetto delle elezioni. E questo è stato fatto solamente da una coalizione (STATI UNITI D’EUROPA). Gli altri: In queste elezioni per il Parlamento della UE, come è stata la campagna elettorale? Senza dilungarmi, la definirei deprimente; comunque non si è parlato delle competenze della UE, quindi inutile. Allora, quelli tra i 51 milioni che non andranno sono tutti “ignavi”? Oppure sono il problema sono le liste, guidate da “incapaci”? Secondo me, la seconda. MA: Non ho detto che è inutile votare. Votare decide chi governa. A chi piace ancora qualcuno dei signori sui pannelli elettorali auguro di votare bene e vincere. E IO VOTO STATI UNITI D’EUROPA E RENZI. La diserzione dal voto contribuisce a fare emergere il peggio dalla politica. Quando rimangono le curve da stadio ad andare alle urne a trarne beneficio sono solo i Vannacci. Se fosse per me dopo tre volte che non vai a votare perdi il diritto di voto. Non ti meriti la democrazia, e hai dimenticato che qualcuno è morto per far sì che potessimo beneficiarne. POI: Il voto dovrebbe essere obbligatorio e dopo un esame, come per la patente. In Italia ci vuole una patente per tutto tranne che per diritto principale che abbiamo. Poi non stupiamoci se ci troviamo governi come questo.

L’appello elettorale degli intellettuali contro l’astensionismo: “Tutti a votare per l’Europa federale”

Il manifesto firmato da un centinaio di persone, “No a una Eur(operetta), cioè un’Europa di facciata”

Un appello elettorale, alla vigilia del voto europeo, contro l’astensionismo e per ribadire “l’importanza della posta in gioco” firmato da un centinaio di intellettuali. “C’è chi, come noi, la vuole federale, i cui organi decidano a maggioranza, autorevole nello scenario internazionale, organizzatrice di maggiore coesione economica e sociale tra i popoli coinvolti, oltre che promotrice di pace nel nostro continente e nel mondo.

Sottoscrivo in pieno la motivazione ed i contenuti dell’appello. Tuttavia gli argomenti dei firmatari rischiano di essere autoreferenziali rispetto al posizionamento dello sciame degli assenteisti. La responsabilità dei vari gruppi politici nell’incapacità di interpretare le esigenze di questo elettore assenteista, è certo grande; tuttavia non è da sottostimare come le nostre società siano sociologicamente con opinioni sempre più frammentate e partigiane. E’ una frammentazione che si paga in perdita del legame sociale di cui il neo liberalismo – anarcoide, individualista e qualunquista – è il grande artefice da vari decenni. E la politica come grano della democrazia, sembra ormai uno strumento azzoppato. Incrociamo le dita affinché la nostra Europa possa continuare a costruirsi grazie a scelte di rappresentanti all’altezza del compito che gli affidiamo votando, votando, votando !!!!

Chi non va a votare viene meno al suo dovere civico, e soprattutto a se stesso, facendo scegliere e decidere solo agli altri. E chi vota deve votare con la testa consultando i programmi dei vari partiti! E QUI! Ma forse sono stato distratto ma tranne STATI UNITI D’EUROPA: avete visto o sentito un candidato? qualcuno che ha parlato di programmi? o ha urlato solamente tutta la propria incapacità politica parlando alle farfalle? perciò qual è il programma politico dei singoli partiti ? l’Europa è molto importante se ci mandiamo i più scarsi come si fa ad avere risultati soddisfacenti? SERVE ANDARE A VOTARE E VOTARE CO LATESTA. VOTARE PROGRAMMI FATTIBILI E CHE SERVANO AL BENE DI TITTI EUROPEI E ITALIANI: E GLI UNICI CHE HA FATTO CIO.E CON PERSONAGGI COMPETENTI E ONESTI E STATA LA CALIZIONE DI”STATI UNITI D’EUROA” (RENZI). AVETE CAPITO CHI SI DEVE VOTARE! OK. BUON VOTO. GENTE: Si vota per il Parlamento europeo, dove siedono tutti gli schieramenti politici. Se cerca con attenzione, magari può trovare qualcuno che si prenda cura del suo orticello. Altrimenti può anche fare come quelli che vanno a votare pensando un pochino alla collettività. Se resta a casa, comunque, ci saranno elettori che decideranno anche il suo futuro. PS: Non è che partiti e uomini politici devono invogliare le persone deluse a recarsi al seggio. Sono le persone che devono approfittare del seggio per scegliere partiti e uomini politici con un minimo di dignità e onestà, cosa che negli ultimi trent’anni non è stata fatta (salvo eccezioni) per inseguire il pifferaio del momento. Con il ben noto seguito di delusione e, quindi, di astensione. Ma astenersi è puro infantilismo e contribuisce a non salvare l’Italia.

Attacco sovranista al Quirinale, hanno paura e raschiano il fondo.

Prendere di mira Mattarella per raggranellare qualche consenso è un obiettivo di basso livello, una rapinetta elettorale. Ammesso che riesca.

La Lega ha deciso di celebrare la festa del 2 Giugno con uno sguaiato attacco al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il compito è stato delegato al senatore Claudio Borghi, figura esemplare della stagione salviniana: no euro, no vax, no pudore. Tra una persona perbene e una persona dappoco, chi si dovrebbe dimettere? Chiedo per un nemico

Mi ripeto. Mirano ai voti anche dei NO WC che propugnano la pisciata libera agli angoli delle strade. Il bar sport è in effetti l’alma mater dove si è formato il Gotha degli economisti padani, basta guardarli in faccia: Salvini, Borghi, Rinaldi, Bagnai. Ma perché hanno questa così scarsa considerazione degli elettori? I “generali dietro la collina” arruolati, il ponte salvifico, i numeri di Borghi, le capriole doppie di Salvini, prima erano i migranti adesso i poteri forti minacciosi e cattivi. Che si deve fare pur di strappare uno 0,2 in più. PORELLI FANNO PENA.

POVERA ITALIA: il problema è sempre il solito, pare ci siano milioni di elettori che votano questi personaggi beceri, qualunque similitudine ( pescivendoli, ubriaconi ecc) è una offesa fatta alla categoria citata, come è possibile che vengano eletti certi “politici”? sembra impossibile anche ad un bambino! Evidentemente però i bambini sono cresciuti in un contesto tossico che è il mondo tutto degli ultimi 34 anni circa! Non è nostalgia è il lato negativo del “progresso” post-industriale. Solidarietà a Mattarella. Stavolta l’hanno fatta fuori dal vasino. Più che raggranellare voti, ne perderanno parecchi. Non fanno altro che diffondere odio e dividere gli italiani. Tutto si ritorcerà contro questi provocatori recidivi. Basta! Sono gli elettori che devono espellere questi figuri senza arte nè parte il cui unico obiettivo di conquistare poltrone super pagate. E fare danni all’Italia.

EPPURE POTREBBERO BASTARE APPENA ALTRI 3 GIORNI. Pensate un po’ che occasione strepitosa a portata di mano per mandarli a casa a lavorare. Che chance opportuna capitata proprio a fagiolo. Che opportunità irresistibile che ci viene data proprio nel momento perfetto (forse leggermente in ritardo, ma va bene lo stesso) Ooooooooooh, sia chiaro, non vogliamo sentire lamenti poi, da lunedì prossimo da chi non ha votato o votato di panza! serve votare e votare con la testa. IO VTO ! STATI UNITI D’EUROPA) RENZI.

I miei articoli DEL 4/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

Europa al bivio: se non la ricostruiamo rischia l’implosione

Serve un continente più forte sul piano politico, più efficace e salda sul piano istituzionale, più competitiva sul piano economico, più equa sul piano sociale e che possa contribuire a creare una governance globale più equilibrata per garantire pace e progresso

Viviamo una delle fasi più drammatiche dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per la prima volta, la pace che davamo per un valore acquisito è minacciata in maniera sempre più grave. Abbiamo la guerra in casa nel nostro Continente e, alle porte di casa, nel Sud dell’Europa e nel Mediterraneo. Di fronte alle crescenti tensioni militari, geopolitiche ed economiche che caratterizzano lo scenario internazionale, abbiamo oggi bisogno di un’Europa che sappia essere più forte sul piano politico, più efficace e salda sul piano istituzionale, più competitiva sul piano economico, più equa sul piano sociale e che possa contribuire a creare una governance globale più equilibrata, indispensabile per garantire pace e progresso. Nel corso della legislatura che si sta adesso chiudendo, si è andato sempre più rafforzando un vero e proprio processo di deindustrializzazione dell’Europa: ci si è illusi di poter essere i detentori dell’innovazione tecnologica, dell’intelligenza, di poter godere di livelli di welfare e di qualità della vita molto elevati senza dover produrre, anzi delocalizzando le nostre fabbriche nelle aree a più basso del costo del pianeta, dimenticando che manifattura, sviluppo, ricerca e innovazione camminano di pari passo. Negli ultimi cinque anni l’ideologia del Green deal ha fortemente accentuato questa deriva, perseguendo il mito della cosiddetta decrescita felice, minando la competitività del sistema economico e industriale europeo e mettendo a serio rischio sia la tenuta sociale sia la stessa sostenibilità ambientale. Sono state portate avanti una vera e propria messe di iniziative legislative che, in assenza di ogni neutralità tecnologica e soprattutto prive di ogni validazione scientifica del loro impatto ambientale, hanno fortemente compromesso intere filiere industriali. La quantità di iper-regolazione e la contraddittorietà ed erraticità delle legislazioni europee hanno creato un clima di incertezza che ha sempre più paralizzato, se non addirittura disincentivato, gli investimenti produttivi. Nel frattempo, le altre grandi potenze economiche del pianeta, hanno portato avanti una forte politica di rafforzamento del loro tessuto industriale e della loro competitività. Assistiamo ad una guerra economica, a cui siamo esposti in maniera significativa e rispetto alla quale dobbiamo saperci immediatamente attrezzare, recuperando una nuova strategia di sviluppo industriale e competitivo. In occasione della Conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali, Mario Draghi ha sottolineato come negli ultimi anni le altre grandi potenze economiche del pianeta abbiano portato avanti una forte politica di rafforzamento del loro tessuto industriale e della loro competitività, spesso attraverso politiche tese a renderci strutturalmente dipendenti da loro. Tutto ciò indebolisce il tessuto economico e sociale e, in particolare, indebolisce i ceti medi. La storia insegna che quando il ceto medio viene a soffrire o viene compresso, e purtroppo questo è quanto sta accadendo in tutte le democrazie occidentali negli ultimi anni, nascono poi intolleranze, razzismi, sentimenti che hanno proiettato nel secolo scorso ombre terribili e che noi dobbiamo saper combattere, saper contrastare, riaffermando i valori e le opportunità della nostra civiltà e della nostra storia. È per contrastare questi rischi e le derive del regresso e dei populismi che abbiamo bisogno di un’Europa diversa e meno autoreferenziale, soprattutto per garantire la pace, governare la sostenibilità del pianeta e preservare quelle conquiste sociali che sono  patrimonio della nostra storia e  indispensabili per la stabilità e l’equità dell’Unione. L’Europa concepita dai padri fondatori, nell’era post-bellica, prometteva sicurezza, crescita e prosperità basate dell’economia e dell’industria, vitali per il benessere e la coesione sociale di popolazioni che avevano subito le atrocità della guerra. Il visionario progetto di Jacques Delors nel 1992 proponeva la creazione di un vasto mercato unico come strumento principale per assicurare libertà, crescita e stabilità. Tuttavia, questo periodo di costruzione si è trovato a naufragare con l’ampliamento dell’Europa nel 2004, un processo affrettato e carente in termini di governance decisionale. Altrettanto critico è stato il fallimento del progetto di una Costituzione europea, e in particolare la difficoltà nel condividere i valori e gli ideali fondamentali che formano la nostra identità europea. Mai come ora abbiamo bisogno di più Europa, ma di un’Europa più unita nei suoi valori, più competitiva dal punto di vista economico, più forte dal punto di vista istituzionale e quindi più rilevante dal punto di vista politico. Per questo le prossime elezioni europee sono le più importanti della nostra storia. Oggi l’Europa è al bivio, o siamo pronti a ricostruirla o rischiamo l’implosione.

Meloni si lamenta che la Rai la escude, abbiamo sentito anche questa

TeleMeloni è tale senza che il nuovo Parlamento a maggioranza di centrodestra abbia ancora votato. In carica c’è ancora il vecchio Cda, ma questo non ha impedito di trasformarla nell’organo di propaganda personale di “Giorgia”

Tra i ritornelli che la presidente del Consiglio ripete in questi ultimi giorni di campagna elettorale c’è la litania vittimistica del “ci hanno sempre escluso dalla Rai”. Ancora ieri sera da Nicola Porro su Rete4, in un monologo che non ha brillato per lucidità, Giorgia Meloni ha riproposto la bufala secondo cui nella scorsa legislatura, al momento del rinnovo del Cda Rai durante il governo Draghi, la sinistra (che peraltro era in minoranza in quel governo) l’avrebbe esclusa dalla Rai. Basterebbe avere un minimo di onestà intellettuale per ricordare che se nel 2021 Fratelli d’Italia è rimasto senza consigliere Rai è stato esclusivamente per responsabilità della stessa Meloni, che non ha voluto fare accordi con nessuno, e dei partiti di centrodestra Lega e Forza Italia, che hanno preferito nominare persone vicine ai propri partiti invece che una persona indicata da Fdi. Tanto è vero che lo stesso Parlamento aveva nominato 3 anni prima in Cda Giampaolo Rossi, indicato da Fratelli d’Italia.  Nel 2018, pur avendo preso il 4,3% alle elezioni e con soli 19 deputati su 630, Fratelli d’Italia aveva ottenuto di eleggere Rossi in Cda perché c’era stato un accordo parlamentare tra i partiti. Nel 2021, invece, Giorgia Meloni non volle accordarsi con nessuno, né con i partiti di centrosinistra né tantomeno con i partiti di centrodestra suoi alleati, con i quali oggi governa. Nel 2021 furono Berlusconi (allora ancora leader di Forza Italia) e Salvini a decidere di non dare nessun consigliere a Giorgia Meloni, preferendo indicare Agnes e De Biasio.  Un Consiglio di amministrazione, peraltro, non così ostile a Meloni, se l’amministratore delegato nominato da Draghi ha accettato di dimettersi (pur non essendo tenuto a farlo) per dare spazio agli amministratori scelti dalla premier che hanno in poco più di un anno già proceduto a decine di nomine gradite all’attuale maggioranza parlamentare. TeleMeloni, come oggi è stata ribattezzata la Rai, è tale infatti senza che il nuovo Parlamento a maggioranza di centrodestra abbia ancora votato. In carica c’è ancora il Cda della precedente legislatura, ma questo non ha impedito di vedere la trasformazione della Rai nell’organo di propaganda personale di “Giorgia”.  Per la prima volta abbiamo una Rai sostanzialmente monocolore, dove in nessuna rete c’è spazio per trasmissioni diverse da quelle gradite a chi siede a Palazzo Chigi. Per incapacità nelle trattative o mancata volontà, questi amministratori hanno consentito l’addio di volti storici del servizio pubblico come Augias, Amadeus, Gramellini, Annunziata, Fazio, Berlinguer. Pensiamo anche al caso Saviano, con una trasmissione già pronta e registrata ma tenuta inspiegabilmente nel cassetto e forse ora salvata dal timore della Corte dei Conti. Per non parlare di occasioni di grandi giornalisti lasciati andare o meglio regalati alla concorrenza, come Di Bella e Mannoni.  I telespettatori continuano a pagare il canone come prima ma per seguire una trasmissione davvero da servizio pubblico, come la Costituzione spiegata da Corrado Augias, hanno dovuto mettere una rete commerciale, La7, e non più la tv pubblica. Chi vuole continuare a seguire conduttori per anni nel servizio pubblico deve guardare le tv private, che peraltro sono gratuite.  Neanche ai tempi di Berlusconi premier e del conflitto di interessi si era creata una situazione tale. Il vittimismo di chi è da quasi due anni a Palazzo Chigi e ha proceduto con centinaia di nomine nei ministeri e nelle aziende di Stato è davvero imbarazzante, oltre che totalmente infondato.

Il teatrino della Lega per le frasi di Mattarella sulla sovranità.

Il teatrino della Lega per le frasi di Mattarella sulla sovranità, i soliti populisti che cavalcano la paura per il consenso.

La sovranità dà i suoi frutti nella pace e nel progresso. Come quando negli anni Duemila avanzava la globalizzazione, cui i resistenti opponevano “No logo”, la bibbia no global di Naomi Klein. Da qualche anno, soprattutto nella crisi dell’Europa, il termine in voga è sovranismo. Parola che Matteo Salvini anni fa provò a spiegare a una scolaresca prima di essere richiamato dai piccoli per aver sforato il tempo a disposizione. Sovranismo è ormai entrato nel dibattito politico nazionale e al significato si arriva per approssimazione concettuale. In rete si trova un vecchio video in cui il Nobel per l’economia Milton Friedman, con una semplice matita, spiega globalizzazione e sovranismo. Lo fa raccontando quanto mondo ci sia nella produzione di quella matita: la grafi te dall’Africa, l’albero da Washington e così via. Un video pedagogico per far comprendere l’ineluttabilità della globalizzazione, l’anacronismo dei confini. In maniera semplice, con esempi accessibili a tutti, Friedman anestetizza le paure ancestrali dell’essere umano: il confronto con l’altro, col diverso, con l’ignoto. Che sono le armi che di volta in volta brandiscono i nuovi populisti che utilizzano la scorciatoia della paura per ottenere consenso nel più breve tempo possibile. Che poi l’obiettivo possa risultare dannoso per quegli stessi elettori, non viene preso in considerazione. L’esempio più lampante è la Brexit. Cui va allegata l’ammissione postuma di Nigel Farage uno dei sui principali sostenitori. Vale anche per l’Italia, in particolar modo all’approssimarsi delle elezioni. Come accaduto in questi giorni col teatrino messo in piedi dalla Lega per l’ovvietà detta da Mattarella, ossia «tra pochi giorni consacreremo, con l’elezione del Parlamento europeo, la sovranità della Ue». Il termine sovranità utilizzato per cavalcare chissà quale allarme. Invece di scendere sul terreno della polemica politica, in cui il vociare prende il sopravvento sull’ascolto, sarebbe il caso di diffondere il video di Friedman. Persino Borghi potrebbe rimanerne affascinato.

Europee, Conte prepara la sorpresa.

Europee, Conte prepara la sorpresa. L’asse rossobruno, Wagenknecht e Fico: i compagni di viaggio del nuovo corso grillino.

Tenetevi forte. Il fu avvocato del popolo ha sganciato la bomba. Con la miccia bagnata, sia chiaro. «C’è una sorpresa in atto. Posso solo anticipare che saremo nell’area progressista, ci sarà una bella sorpresa». Nel suo perfetto stile Giuseppe Conte ha caricato di enfasi la sua dichiarazione e, proprio come ai tempi delle dirette social in epoca Covid, ha provato a prendersi la scena giocando sul sentimento di suspense. Peccato che il risultato sia sempre lo stesso: parole e progetti fumosi. Sì, perché il Movimento 5 Stelle in Europa non ha ancora una casa. Al di là dell’annuncite zoppa del presidente grillino. Che cade nel solito errore della doppia morale. Tanto fumo. Conte si diverte a scagliarsi contro i leader che si candidano alle elezioni Europee e ad accusarli di prendere in giro gli elettori perché non andranno a Bruxelles. Ma è lo stesso Conte, distratto nel pontificare sugli altri, che dovrebbe sistemare le (tante) faccende interne al M5S prima di ergersi a Messia dell’etica. Il ragionamento non è complicato e lo spieghiamo in parole semplici per agevolare la comprensione al distratto Conte. Chi vota Fratelli d’Italia sa che sta sostenendo il progetto dei Conservatori. Chi vota Partito democratico è ben consapevole che sta supportando i Socialisti. Chi vota Forza Italia dà forza alla galassia del Partito popolare europeo. E chi vota i 5 Stelle? Bella domanda. Nessuno lo sa. Tranne Conte, che ha voluto rassicurare tutti: «Ci sarà una bella sorpresa». Chi si aspettava una risposta chiara e definitiva rimarrà deluso, tanto per cambiare.

Il problema non è solo il vapore che sprigiona il leader 5S. Magari tutto si limitasse alle questioni di metodo. C’è altro. E non è una semplice questione, ma la vera questione. Di merito. Ricordate gli esordi con Nigel Farage, il conservatore anti-Euro? Ecco, non sono un lontano ricordo. Quegli impulsi ora riguardano il sostegno militare all’Ucraina. Perché continuare a mandare armi a Kiev quando per difendersi dall’aggressione della Russia basta mettere l’hashtag #pace nel simbolo e chiedere maggiori sforzi diplomatici? Non a caso il collante della prossima avventura dei 5 Stelle a Bruxelles potrebbe essere l’ormai nota retorica pacifinta. Il Il nuovo gruppo europeo. Secondo Repubblica, dopo il fallimento dei dialoghi con i Socialisti e con i Verdi, ecco che si starebbe ragionando sull’idea di creare un nuovo gruppo europeo. Con compagni di viaggio che ricalcano il nuovo corso grillino. Si parla di Sahra Wagenknecht, uscita dalla Linke (la sinistra radicale tedesca) per fondare un partito a suo nome. Non la conoscete? Nessun problema. Volete farvi un’idea? Sappiate che uno dei principali slogan adottati è l’arcinoto «vuoi la pace o vuoi la guerra?». Il copione è il solito: chi vuole sostenere la resistenza degli ucraini è accusato di alimentare il conflitto; chi si sfila dalla linea euro-atlantica si professa unico discepolo della pace. Un’altra strada potrebbe portare allo Smer, i socialdemocratici slovacchi di Robert Fico. La cui svolta nazionalista, con tanto di occhiolino a Orban e Putin, è sotto gli occhi di tutti. Che c’è di meglio di un’alleanza rossobruna? Sarebbe il degno traguardo per Conte, un camaleonte della politica che ancora una volta – dopo il governo gialloverde e quello giallorosso – è pronto a giocare con i colori. Ma la «sorpresa» impacchettata potrebbe essere un incubo.

Oltre Borghi: Meloni parla già come Orbán, ma perché preoccuparci?

Dopo le polemiche del 2 giugno, è seguito un lungo silenzio della presidente del Consiglio, nonché di tutte le massime cariche dello Stato, che è difficile giustificare con la storiella dell’oscuro lavoro condotto dietro le quinte per convincere Salvini a ritrattare

La polemica innescata dal senatore leghista Claudio Borghi – il Toninelli della Lega – non meriterebbe nemmeno di essere ricordata, se non per riderne. Dopo essere arrivato a chiedere le dimissioni di Sergio Mattarella nel giorno della festa della Repubblica per un problema di comprensione del testo (Mattarella aveva detto semplicemente che con le elezioni del parlamento europeo ci apprestavamo a celebrare la sovranità europea), la mente economica del salvinismo ha confermato tutto: «Mi dica chiunque se la nostra Carta contempli cessioni di sovranità». In effetti potrebbe dirglielo chiunque (o almeno chiunque l’abbia letta), ma il gioco è bello quando dura poco: quando il saggio indica gli attacchi al Capo dello stato, lo sciocco guarda Borghi. L’importanza dell’incidente non sta nelle sue parole, e nemmeno nel fatto, pure in sé gravissimo, che a rilanciarle sia stato il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, prima di una molto tardiva e molto parziale correzione. Il punto è che al delirante attacco del suo vice al Quirinale, nonché ai principi fondamentali – costituzionali – della nostra adesione al progetto europeo, è seguito un lungo silenzio della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nonché di tutte le massime cariche dello Stato, dal meloniano Ignazio La Russa (che se l’è cavata in extremis con un blando giudizio di inopportunità) al salviniano Lorenzo Fontana (di cui si sono perse le tracce). Un silenzio che è difficile giustificare con la storiella dell’oscuro lavoro condotto dietro le quinte per convincere Salvini a ritrattare, non foss’altro per quello che Meloni ha detto in chiaro subito dopo. Le polemiche sul 2 giugno dovevano essere evitate e «sono stata molto contenta che Salvini abbia chiarito», ha detto in serata Meloni a Quarta Repubblica, tuttavia, «è la sinistra che non rispetta il Colle tirando il presidente della Repubblica nell’agone della politica, per raccontare di presunte divergenze con il governo». Essendo note anche ai sassi le divergenze, perlomeno dal giorno in cui Meloni ha fatto attaccare Mattarella da una nota di partito sul caso delle manganellate agli studenti di Pisa (anche lì seguirono due giorni di ridicole smentite, peraltro), si capisce che l’affermazione può essere letta anche in un senso più minaccioso. Non per niente il riferimento era alle polemiche con l’opposizione sulla riforma del premierato, su cui Meloni continua a ripetere, mentendo, di non avere toccato i poteri del Quirinale. Ma l’episodio è ancora più significativo perché segue di due giorni appena un suo attacco, letteralmente inaudito, alla Cei, in risposta a dichiarazioni che sarebbe eccessivo definire blandamente critiche, sempre a proposito della riforma costituzionale: «Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma, con tutto il rispetto, non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare, quindi nessuno ha mai detto che si preoccupava per questo. Facciamo che nessuno si preoccupa». Anche qui, eccepire sulla differenza tra Cei e Vaticano sarebbe come pretendere di spiegare il diritto comunitario a Borghi. È chiaro qual è il centro su cui vanno a convergere tanti singolari avvenimenti, cui si potrebbero aggiungere i numerosi episodi riguardanti l’informazione, dalla Rai alle sorti dell’agenzia Agi nelle mire del parlamentare-editore Angelucci (parlamentare leghista curiosamente presente al comizio di chiusura del partito concorrente, Fratelli d’Italia, in elezioni proporzionali), passando per la Buchmesse, per finire con il licenziamento in tronco, giusto ieri, del direttore del Messaggero, Alessandro Barbano, ad appena tre settimane dalla nomina, nel giorno stesso in cui scriveva nel suo editoriale – pensate un po’ – che «è giusto dire, come fa il Capo dello stato, che con il voto dell’8 giugno consacriamo la sovranità europea». Ma naturalmente sono tutte coincidenze e non c’è niente di cui preoccuparsi. Del resto, Meloni stessa al suo ultimo comizio lo ha detto chiaramente: «Il nostro motore sarà sempre l’amore, e non l’odio». Come diceva qualcuno – già, chi era più che lo diceva? – molti nemici, molto amore.

L’alba del populismo: La giustizia militante e la trentennale gregarietà della sinistra.

L’intervista dell’ex senatore Pellegrino sul Corriere riapre l’antica questione della sottomissione della politica, e della ditta Pd, al potere giudiziario. E fa notare i passi indietro della gestione Schlein rispetto ai predecessori.

Più di trent’anni dopo riemergono questi fantasmi, direbbe Eduardo, il vento del Novantatré italico che dal palazzo di giustizia milanese spazzò via partiti nati un secolo prima, o mezzo secolo prima, lasciando in piedi solo il Pds, erede del Pci, come assicurato ai tempi da “Luciano” (ovviamente Violante), come disse l’allora numero due del partito Massimo D’Alema a un costernato Giovanni Pellegrino, anch’egli Pds, presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. Pellegrino aveva già raccontato tutto o parecchio, in questi decenni. Stavolta la sua intervista a Francesco Verderami del Corriere della Sera forse è un po’ più esplicita (tutti i partiti prendevano soldi, anche Pci-Pds e Msi), o probabilmente la sua forza è dovuta alla riemersione di ricordi che impattano con la realtà di oggi. Perché il punto è sempre lo stesso da allora. Riguarda il posizionamento politico e culturale della sinistra di fronte al dilemma tra politica e magistratura. E in poche parole viene da dire che l’ultima “revisione” che i post-comunisti dovrebbero fare è proprio su questo terreno. Il problema non sono più da tempo il capitalismo, i grandi valori democratici, il nervo ancora scoperto è quello della nozione di giustizia in riferimento ai diritti del cittadino e in relazione ai problemi che la politica ha con il codice penale. E soprattutto al ruolo che in un sistema democratico hanno i magistrati. L’altro potere. Il Partito democratico, che pure ha tanto innovato nel pensiero della sinistra, su questo tema ha fatto poco: al massimo dicendo e non dicendo. Al dunque, il partito dei giudici è rimasto sempre al di sopra di ogni sospetto (solo Matteo Renzi provò a mettere le dita nella corrente ma venne fulminato) e i fruscii delle toghe non hanno smesso di incutere quel timore che impedisce di dire quello che bisogna dire, e cioè che Mani Pulite, più che esorbitare, di fatto assaltò la politica. Per questo aveva colpito che proprio “Luciano” – ovviamente Violante – avesse detto poche settimane fa al Riformista che Bettino Craxi «aveva ragione» quando affermò: «Guardate che se non troviamo una soluzione politica, prevarranno l’avventurismo e la degenerazione». Infatti, ha detto Violante, «è quello che è avvenuto. Perché distingueva il piano politico da quello giuridico. Purtroppo nessuno di noi capì. E sappiamo tutti come è andata». Già, nessuno di loro capì. Più prosaicamente è probabile che a nessuno di loro garbasse l’idea di mettersi contro il potere di Antonio Di Pietro e soci: certi, per salvarsi, ma soprattutto perché quelli «stanno facendo una rivoluzione», come con machiavellismo da Bignami D’Alema spiegò a Pellegrino. Ieri garbatamente Violante ci ha ricordato un suo articolo del 1993, quindi contemporaneo a quei fatti, nel quale metteva in guardia sullo «sfrenato giustizialismo». Scriveva: «Stiamo attenti, nessuna società accetterà di essere governata dai giudici». C’è da chiedersi se quella stagione sia realmente finita. Se guardiamo all’inchiesta genovese in cui è coinvolto Giovanni Toti, da un mese agli arresti domiciliari, parrebbe di no. Ma la sinistra balbetta. Sui fatti di ieri e su quelli di oggi. Accetta la sfida della separazione delle carriere? Ai tempi non lontani della segreteria di Maurizio Martina il Partito democratico era favorevole. Oggi Elly Schlein dice no. Le toghe fanno ancora paura, trent’anni dopo.

Condividi:

Governo: Renzi, ‘Meloni fa il contrario di me? Vero, con me riforme, con lei il nulla’

“E’ molto vero nel senso che la Meloni sta facendo esattamente il contrario di quello che ho fatto io: io nei primi due anni di governo ho dato 80 euro al mese a 10 milioni di famiglie, la Meloni si è preoccupata di dare lo stipendio a Renato Brunetta che era in pensione e che adesso prende 240mila euro, io avevo fatto le legge sulle unioni civili, sul terzo settore, per le persone con i disturbi allo spettro autistico, la Meloni ha fatto il decreto Ferragni e sui Rave party”. Così Matteo Renzi a Prima di domani su Rete4.
“La Meloni ha ragione: lei si è data la regola di non fare quello che ho fatto io e infatti in questi due anni non ha fatto niente”, sottolinea il leader di Iv. Quanto al referendum e al fatto che Meloni sleghi l’esito dalla tenuta del suo ruolo, osserva: “Chi perde il referendum su una legge del governo, sia che dica ‘vado a casa se perdo’, sia che dica ‘anche se perdo rimango qui’, se perde va a casa perché un presidente del Consiglio che perde su di una legge voluta dal governo ha la sfiducia dei cittadini”.
“Nei primi due anni di governo slogan senza risultati concreti per l’Italia” ORA. La Meloni si è svegliata all’improvviso. Dopo due anni di nulla cosmico promette di separare le carriere, di azzerare le liste d’attesa, di abbassare le tasse. Tutto ora. Tutto in campagna elettorale. Dopo due anni di fuffa gli ultimi annunci della Premier ci fanno capire che nei primi due anni di Governo ci ha riempito la testa di slogan ma non ha portato a casa un risultato concreto per l’Italia. Per costruire l’alternativa a Giorgia non serve inseguire il Movimento Cinque Stelle ma essere concreti. Ad esempio sulla sanità, servono i soldi del MES: 37 miliardi di euro che Meloni e Salvini non hanno voluto ma che non ha voluto nemmeno Conte. Ecco perché l’unica strada è oggi essere alternativi ai sovranisti di destra ma anche ai populisti di sinistra. Ecco perché servono gli Stati Uniti d’Europa“.

“Toglieteli il fiasco…”

Lei attacca su capitalismo infetto, lui replica su inchieste e poltrona. Botta e risposta al vetriolo su X tra la ministra del Turismo Daniela Santanchè e il leader M5S Giuseppe Conte.Il primo affondo arriva dall’esponente di FdI. “Togliete il fiasco alla sinistra – twitta la responsabile del Turismo -. Conte parla di capitalismo infetto, lui che sappiamo bene come ha gestito il Covid. La Schlein fa una contro manifestazione alla festa della Repubblica e  cè chi se la prende con il vino di Bruno Vespa”. “Toglieteli il fiasco…” La cosa tragica è che il buon Conte parla in un modo e agisce in un altro. Santanché sta ancora lì grazie a Conte e alla sua opposizione coreografata. Fra i due, non saprei quale è messo peggio. Chiedere decenza ad una entraîneuse ? Richiesta assai bizzarra…L’ altro da cancellare, è l’ opposto in tutti i sensi da quella da evitare , nell’onestà, moralità e capacità. La Ministra non conosce la vergogna. Dovrebbe avere il pudore di parlare il meno possibile! Questi ci meritiamo, li abbiamo messi al governo noi, vuol dire che la maggior parte del popolo italiano specialmente i truffaldini l’hanno votati, questo ci meritiamo….. Sono in politica perché hanno bisogno dei lauti compensi governativi ( per questo paghiamo a caro prezzo la nostra baracca amministrativa altro che evasori) una per coprire i buchi delle sue innumerevoli aziende fallimentari. L’altro! Un soggetto che gestisce in maniera fallimentare una setta privata, per interessi personali! come è potuto diventare primo ministro. In un paese normale sarebbero in carcere. Da precisare che la signora e il pagliaccio , quando erano all’opposizione, erano i primi che fomentavano crociate contro tutti e tutto in nome del popolo vessato. Un film di Alberto Sordi. Perché le televisioni non ci fanno mai vedere come si comportano i ministri delle altre democrazie europee? Giusto per farci un’idea… Direi che fra Conte e Santanche è in corso una lotta fra titani della politica che non vedono l’iceberg elettorale che hanno davanti. Anzi, più che titani sono dei supere marraiuoli. La cosa mi sta appassionando…per la fine che faranno! e sarà un bene per l’ITALIA. Questi si sentono INATTACCABILI, è allucinante la spregiudicatezza dei comportamenti!!!!! Come diceva il Marchese del Grillo “io sono io e voi non siete un …..”, però quello era un Film! Altro duello d’autore. In un Paese serio, questa ministra del Turismo non sarebbe ministra (per il suo ciclopico conflitto d’interessi) e non sarebbe più nemmeno imprenditrice, visto che ogni società che tocca magicamente fallisce.Ma dai sù, il conte era stretto tra i due geni (Di Maio e Casalino) e parlava a bacchetta. Ma non vi rendete conto la macchietta, sembrava di essere a teatro. Peccato che Conte non abbia gestito il COVID in maniera differente cioè non per interessi personali. Il liberi tutti avrebbe garantito una (opportuna, a giudicare da certi sproloqui e sceneggiate di infima lega) selezione naturale. Visto l’uso becero e inutile che del mezzo (Facebook, Instagram, TikTok ecc…) fanno i politici, io proporrei di toglierglielo per legge, almeno in campagna elettorale, un po’ come si fa con i figli minorenni e adolescenti un po’ indisciplinati. Questa si che sarebbe una riforma utile, altro che premierato! e concludo DICENDOVI :Il fiasco bisognerebbe toglierlo agli elettori, è colpa loro se abbiamo avuto Conte e Santanche al governo!

L’Ai è progressista: sceglie Pd e 5s.

Ecco come vota ChatGpt alle europee. La simulazione Eu&I che invita gli utenti a reagire a 30 dichiarazioni

Domanda: ma ChatGpt ha una coscienza politica? O meglio, messa di fronte a un test pre-elettorale, che risposte dà alle domande? Che orientamento finale risulterebbe, quindi? Risposta veloce, prima di spiegare l’esperimento: ChatGpt ha un’affinità maggiore con il Partito democratico, di poco superiore rispetto a quella con il M5S e con Alleanza verdi sinistra. IN STATI UNITI D’EUROPA L’INTELLIGENZA è EMORME E NON SERVE L’AI. E POI: MI SCOMPISCIO DAL RIDERE. Definire progressisti i 5* mi fa scompisciare dalle risate. Impossibile. L’AI non potrà mai votare per i 5S! E non solo perché è intelligente. Ma pure perché non ha necessità del RdC o di regalie e condoni. Poi i sinistri, impossibile non sanno neanche cos’è con tutto l’aiuto dell’AI…..Parlare di progressismo per questo PD (non l’originale), M5S e AVS è un ossimoro. Io li definirei conservatori sociali di sinistra. Oddio… questo sembra più uno “spot” pubblicitario a favore della *destra* che altro… Dai gente siamo seri! Piuttosto che dividerci come al solito in schieramenti (che hanno la fondatezza delle tifoserie calcistiche), dovremmo forse riflettere su come sia ovvio (con tutti i pericoli ed i danni che ne conseguiranno) che l’Intelligenza Artificiale segua l’inclinazione voluta dai suoi programmatori e che, dunque, quella che in futuro ci apparirà come una scelta assolutamente razionale effettuata dall’IA non sarà altro che quanto i suoi programmatori (esseri umani con i propri secondi fini) hanno voluto che facesse.. Alla prossima riunione del G7, incentrata sulla IA cui parteciperà il Papa, Giorgina sarà dalla parte della poca intelligenza naturale.

Giorgetti fa benissimo ad andarsene considerati i geni che compongono questo consiglio dei ministri.

Giorgetti è ai saluti. “Preparatevi a fare senza di me” Il ministro dell’Economia ha offerto a Meloni la disponibilità a lavorare nella nuova Commissione europea. Premier fredda, Salvini possibilista. L’ultimo mugugno è sui tagli ai Comuni. “Non si rendono conto che se non riduciamo la spesa allora andiamo a sbattere”, è il pensiero amaro di Giancarlo Giorgetti. Non si rendono conto, loro, i partiti della maggioranza che sostengono il governo.

Giorgetti mi stupisce spesso, si pone problemi concreti che interessano davvero all’Italia. Ha un approccio completamente diverso dai colleghi di partito, pare un “leghista per caso”. Non è sorprendente che si senta spesso fuori posto. La spaccatura è ogni giorno……Il felpa chiede le dimissioni del presidente e Forza Italia si è già smarcata! Tace invece la pdc che sembra abbia chiesto a Salvini di ritrattare. Si attendono le voci interpretative autorevoli dei giornali al seguito della sorella d’Italia (Sechi &co.) Ma. Sono molto preoccupato, dovesse lasciare Giorgetti, Salvini è pronto con il sostituto Claudio Borghi…..Dio ce ne scampi ! Giorgetti sa che se viene nominato alla Commissione Europea poi resta in carica per tutto il mandato e per di più non ha tra le mani un lavoro rognosissimo come quello attuale, specie per quello che lo attende nei prossimi mesi. Fossi in lui non esiterei ad accettare una eventuale proposta di migrare a Bruxelles, tra fine 2024 e 2025 si sente un principio di odore di Elezioni Politiche anticipate. Se lascia Giorgetti è l’inizio dello sgretolamento del governo, cosa che mi auguro di cuore. Spero che ne vedremo delle belle a partire dalla prossima settimana . .  Film già visto. La destra condona e il Centro poi deve sanare i danni. Questa volta facciamogli sbattere il grugno per bene. Fino a sparire. Le tasse sono un dovere civico non un pizzo di Stato cara Giorgia .Un governo esemplare. Prima la Premier dice che i dati vanno a gonfie vele (aumenta il lavoro ma il PIL resta patetico: segno di un peggioramento) poi il SUO ministro dell’economia sfalda tutto e vi lascia a piedi. Giorgetti dice che i partiti della maggioranza non si rendono conto della situazione finanziaria del Paese….e come potrebbero, essi devono dare l’illusione agli Italiani che va tutto benissimo, tutto a gonfie vele in accordo alla narrazione di Meloni tesa a narcotizzare gli Italiani. Se poi si aggiunge che parecchi ministri sono arrivati al potere con la bava alla bocca di odio e risentimento per essere stati da sempre esclusi e che quindi sono animati da desideri di vendetta o di rivalsa rispetto ai governanti passati, allora la frittata e fatta.

Giorgetti pretende da gente come Sangiuliano o Lollobrigida o Nordio di tener conto dei numeri, ma quelli hanno tutt’altro a cui pensare….qualcuno a fare gaffe qualche altre a togliersi sassolini dalle scarpe dalla Magistratura e qualche altro a cancellare l’antifascismo dalla cultura Italiana, è il ripetersi la condizione 2011, con fuga dalla porta dietro a Palazzo Chigi, già ora si sa chi, si prenderà cura di scongiurare il fallimento.

DIAMO UNA OCCHIATA A QUESTE LISTE PER LE ELEZIONI EUROPEE: Mah, anche solo leggendo i nomi non ci dovrebbe essere nessuna possibilità di ERRORE: * LEGA: Vannacci CAPOLISTA al Centro ed al Sud, poi è presente nelle liste in tutta Italia. * FRATELLI E SORELLE: Capolista in TUTTA Italia la Meloni: Si, è capolista in tutta Italia. A Seguire in Italia Meridionale Sgarbi ed altri. In una Lista hanno pure un Candidato che sui cartelloni si è fatto riprendere mentre punta un fucile. * PARTITO DEMOCRATICO: ELLY Capolista al Centro ed Isole- Bonaccini al NordEst – Cecilia Strada al NordOvest – Lucia Annunziata al SUD. * ItaliaViva + piùEuropa (Stati Uniti d’Europa) presentano Bonino – Caiazza – Rita Bernardini + lo stesso Renzi che ha voluto essere presente SOLO all’ultimo posto delle liste. E GARANTISCE CHE SE ELETTO VA A Bruxelles.  MI SEMBRA CI SIA POCO DA COMMENTARE. Anche una quinta elementare saprebbe cosa fare, figurati gli Over 18 ed anche quel 45% che di solito non va a votare.

Enews 971 DI MATTEO RENZI.

Renzi con Agnese (come sono belli?) al Quirinale per la Festa della Repubblica. Sempre un’emozione entrare in quel Palazzo. Sempre bello sapere che l’inquilino del Palazzo è un galantuomo. Ok ma : Ormai ci siamo. E Renzi vi informa che! Tra cinque giorni si vota per le elezioni europee.
In queste ore Meloni e Schlein stanno facendo di tutto per polarizzare lo scontro tra di loro.
Ma la vera polarizzazione andrebbe fatta tra chi si candida davvero e chi si candida per finta.
I politici si lamentano dei cittadini che non vanno a votare.
Ma cosa dovrebbero dire i cittadini dei politici che se eletti non vanno a Bruxelles?
Chi è peggio? Noi degli Stati Uniti d’Europa siamo gli unici che se eletti andranno davvero a Bruxelles. La sfiducia verso la classe politica nasce anche dal fatto che i leader – o presunti tali – utilizzano le Europee come un sondaggio.
Dico al popolo delle Enews che in queste ore si sta dando da fare tra gazebo, fac-simile e ogni forma di campagna elettorale: siamo dalla parte del giusto.
Noi abbiamo un progetto per l’Europa: gli Stati Uniti d’Europa.
Noi abbiamo candidati che se eletti non si dimettono subito.
Noi abbiamo dimostrato che sulle cose concrete portiamo a casa risultati.
Insisto su un solo punto: senza Stati Uniti d’Europa, l’Italia perde posizioni. L’Italia è più debole. L’Italia conta meno. Il vero avversario di questa campagna è chi dice: Meno Europa. Serve più Europa ma un’Europa diversa. Un’Europa politica, non burocratica. L’Europa dei valori e del terzo settore, non l’Europa delle regolicchie e delle tecnocrazie. È questa l’Europa che ci piace un sacco. È questa l’Europa che proviamo a costruire per i nostri figli. Tutto il resto non riguarda le elezioni europee.
La Meloni si è svegliata all’improvviso. Dopo due anni di nulla cosmico promette di separare le carriere, di azzerare le liste d’attesa, di abbassare le tasse. Tutto ora. Tutto in campagna elettorale. Dopo due anni di fuffa gli ultimi annunci della Premier ci fanno capire che nei primi due anni di Governo ci ha riempito la testa di slogan ma non ha portato a casa un risultato concreto per l’Italia. Per costruire l’alternativa a Giorgia non serve inseguire il Movimento Cinque Stelle ma essere concreti. Ad esempio sulla sanità, servono i soldi del MES: 37 miliardi di euro che Meloni e Salvini non hanno voluto ma che non ha voluto nemmeno Conte. Ecco perché l’unica strada è oggi essere alternativi ai sovranisti di destra ma anche ai populisti di sinistra. Ecco perché servono gli Stati Uniti d’Europa.
In queste ore sto girando tanto.
I vostri abbracci sono la benzina necessaria ad andare avanti con il sorriso, nonostante la stanchezza che qualche volta affiora (eh sì, non ho più l’età). Poi ieri tra i panzerotti di Bari e i tortellini di Bologna ho purtroppo rottamato la mia dieta intermittente. Finite le elezioni mi rimetto in forma, promesso. Per restare sui contenuti:

  • Link al mio intervento a Rapallo dai Giovani Industriali
  • Link alla mia intervista a Fanpage
  • Link alla mia intervista da Formigli
  • Link al video spot che abbiamo fatto girare da oggi e che andrà anche su alcune tv private
  • Link alla mia intervista al Corriere TV
  • Link al mio video con Skuola.net.

Il tempo è galantuomo, amici cari.
Per anni ci hanno dipinto come dei mostri. Ci hanno trascinato in tribunale, diffamato nei talk, attaccato sui social. Poi abbiamo vinto. E allora hanno smesso di parlare di noi. Ci hanno oscurato nei grandi media.
Sabato e domenica abbiamo l’occasione di mostrare chi siamo davvero.
È per questo che mi sono rimesso in gioco anche personalmente.
Chiedo di scrivere Renzi sulla scheda delle Europee barrando il simbolo Stati Uniti d’Europa.
Voglio vedere fino a che punto è arrivata l’ondata di fango che mi ha colpito.
Voglio vedere quante persone hanno ancora il desiderio e la forza di credere in me.
E io credo in voi, credo in noi. Credo nella possibilità di questa squadra di fare la differenza.
Vi sono grato per quello che avete fatto e che state facendo.
E non avete idea di quanto sia importante questo per me e per tutti noi.
Scrivere Renzi sulla scheda significa mandarmi in Europa, certo. Ma anche reagire a tutto l’odio che abbiamo subito in questi anni. E dire che noi ci siamo ancora, più forti e più sorridenti che mai.
Grazie del vostro impegno: sono i giorni decisivi. Casa per casa, porta a porta, whatsapp per whatsapp, fac-simile per fac-simile.
Vi leggo: matteo@matteorenzi.it

Pensierino della sera.
Ogni volta che un sovranista attacca Mattarella, io sono ancora più orgoglioso di aver scelto quel Presidente nel 2015 e aver impedito l’elezione al Colle del capo dei servizi segreti nel 2022

Un sorriso, Matteo
 
PS Date un occhio al canale WhatsApp perché in queste ore faremo molte cose. E chi vuole essere aggiornato resti collegato. Il meglio deve ancora venire, credetemi.

L’Europa che non c’è

Quante rivalità e divisioni nella Ue

Ci sono parole di due tipi. Quelle che spiegano le cose e quelle che le mascherano. In questa stagione prevalgono le seconde. Sarà il clima woke per cui si “discute” solo con chi si è già d’accordo, in comunità sempre più strette, fisicamente e mentalmente.

Ha poco senso guardarsi l’ombelico ormai. Siamo al bivio: o l’Europa diventa una unità entità sulle cose importanti (economia, esteri, banche, difesa, energia,..) o va definitivamente in frantumi (che è quello che vorrebbero soprattutto Russia e Cina e una buona parte degli americani).

Parto dalla sostanza : se l’EU (finalmente) avesse una voce sola (economica, militare, strategica, culturale, finanziaria) cambierebbe tutto. Cambierebbe il rapporto con la Cina (fondamentale), cambierebbe con USA e Russia, cambierebbe con molti “presunti” sovranismi (piccole-medie potenze, vedi Turchia et similia). Tale EU non dovrebbe per forza essere “tutta”, basterebbero (ed avanzerebbero) i Paesi principali (gli altri o si allineano o auguri). Le vicende recenti hanno avuto esiti in tal senso, manca poco. E a quel punto tutte le “cartine geografiche/geopolitiche di Limes (basate sull’attualità, peraltro discutibili) sarebbero preistoria. Che EU volete ? Quella di Salvini/Meloni o di Draghi ? Il quesito è semplice. Le conseguenze molto diverse. Votate bene.

ECCO IL PERCHE: Come spesso accade sono poco d’accordo con le analisi di Limes. Complimenti per un lavoro di messe a punto utili, piene anche dei vari paradossi di questa Unione europea, ma forse dico io anche delle sue potenzialità. Queste sono funzione di scelte condivise, a meno che non si accetti la prospettiva del l’ognun per sé: fatto di base esistente più che semplice tentazione. L’un per sè, l’uno contro l’altro, l’uno con l’atro in una dinamica politico-economica-militare mondiale in grande riorganizzazione, in cui i nostri paesi saranno consumatori, vassalli, prestatori di interessi esterni, cioè nazioni senza vera voce in capitolo. Vari governanti attuali si allineano su questa posizione, anche varie ( troppe) forze politiche. La parola è ai cittadini elettori; i loro voti contano eccome. Vale forse votare pensando in primo luogo a chi mandiamo al parlamento europeo, come ci rappresenterà. Votare e non lasciarsi s-vuotare nel vortice dell’obelicolo “casereccio”.

Mentre l’analisi di Limes finisce per dar manforte ai nostri velleitari sovranisti. Certamente la strada di una vera ed efficiente integrazione non è facilmente percorribile, anche per la contrarietà degli interessi delle maggiori potenze economiche, ma ritengo quelle prospettiva europea una forte garanzia contro uno scontro mortale di queste stesse potenze. Gli interessi economici in ballo sono così corposi da costituire un formidabile ostacolo al coronamento del disegno europeo, però bisogna insistere.

I miei articoli DEL 3/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

Perché un riformista non può mai votare Pd alle Europee: dem troppo a sinistra, troppo grillini

Detto sine ira et studio: un riformista non può scegliere di votare per il Pd, sabato e domenica prossimi. Essere riformisti significa prima di tutto rimanere saldamente ancorati al campo geopolitico, storico e culturale dell’Occidente democratico. Sono lontane da questa visione le parole di Marco Tarquinio, candidato indipendente del PD, che l’altro ieri ha chiesto lo scioglimento della NATO, ed è stato spalleggiato ieri da Nicola Zingaretti, già segretario del PD, che ha sostenuto trattarsi di una “denuncia forte… che credo sia giusta”. Neppure è da riformisti dire – parole di Elly Schlein – che “tutta la comunità internazionale deve fermare Netanyahu”, senza pronunciare un’acca sul terrorismo di Hamas che ha scatenato la reazione di Israele. Se poi – per noi è così – riformismo è sinonimo di garantismo, sempre, per chiunque e in qualunque circostanza, non è da garantisti chiedere dimissioni “per opportunità” di un politico indagato con accuse che potrebbero rivelarsi infondate, come ha fatto Elly Schlein parlando di Toti, “per il quadro grave che emerge”, perché “non si aspettano le sentenze, bisogna anticipare i giudizi”. Parole agghiaccianti, degne del peggiore giustizialismo grillino. Ma andiamo al punto politico. Per razzolare voti il PD sta scegliendo di raschiare il fondo del barile, scatenandosi in estremismi verbali. E però, anche se questa agitazione dovesse portare qualche voto in più, che cosa se ne farebbe mai il PD? Con una piattaforma tutta spostata “a sinistra” potrebbe mai proporsi come alternativa di governo? Certamente no, potrebbe al massimo garantire un po’ di sopravvivenza per la segreteria Schlein. Per questi semplici motivi, buona fortuna ai dirigenti del PD per una operazione di cortissimo respiro, spregiudicata e cinica. I riformisti penso che saranno altrove, l’8 e 9 giugno. P.S. Resterebbe da dire una parola sui “riformisti” del PD. O meglio, parole da dire non ce ne sono. Perché i nostri eroi non risultano agli atti.

2 GIUGNO 2024, LA LEZIONE DI SERGIO.

2 GIUGNO 2024, LA LEZIONE DI SERGIO. “La congiuntura internazionale propone nuovamente tempi straordinari. Come allora avvertiamo l’esigenza di impegnarsi per la pace, di perseguire insieme ovunque libertà e sviluppo, democrazia e diffusione del benessere, maturazione civile, crescita economica e dei diritti: questa ci appare, nella comunità internazionale, la grande sfida, l’orizzonte che abbiamo di fronte.
Rifiutando con determinazione baratti insidiosi: sicurezza a detrimento dei diritti, assenza di conflitti aggressivi in cambio di sottomissione, ordine attraverso paura e repressione, prosperità economica in cambio di sudditanza”. Sergio Mattarella

2 GIUGNO 1946. Il 1946 è il primo anno del dopoguerra e il 2 giugno gli italiani, per la prima volta le italiane, voteranno nel referendum che sceglierà la Repubblica, eleggendo contemporaneamente l’Assemblea Costituente che scriverà la Costituzione che entrerà in vigore il 1 gennaio del 1948. Un anno e mezzo di lavoro per costruire le basi del cambiamento, non solo passando dalla dittatura fascista alla democrazia, ma anche dalla società “eminentemente agricola”, come era scritto nei libri di scuola fino alla fine degli anni ’50, a quella industriale. Anni di grandi cambiamenti degli stili di vita che preparano, anche nel costume, il boom economico del 1957 – 62. Ma che canzoni ascoltavano e cantavano gli italiani nel 1946? Dischi, in ceralacca e a 78 giri, se ne vendevano pochi. Il successo di una canzone era dato dalla frequenza della sua trasmissione per radio, dall’esecuzione nei teatri di varietà e dalla vendita degli spartiti musicali eseguiti dalle orchestre da ballo nei locali dove si faceva musica dal vivo. Tra i successi del 1946 ricordiamo “Dove sta Zazà”, cantata da Nino Taranto, “Munasterio e santa Chiara” (Ebe De Paulis), “Conosci mia cugina” (Natalino Otto) e “Come è bello far l’amore quando è sera”, portata al successo da Luciano Tajoli. Di quest’ultima ne posto la versione cantata da Anna Magnani a conclusione dell’ultimo episodio del film “Siamo donne” (1953). Si tratta di un film collettivo diviso in cinque episodi in ciascuno dei quali un regista descrive un episodio della vita di un’attrice. Dopo un prologo sulle quattro attrici prescelte, regia di Alfredo Guarini, di Alida Valli ci racconta Gianni Franciolini, di Ingrid Bergman Roberto Rossellini, di Isa Miranda Luigi Zampa e infine Anna Magnani nell’episodio più vivace e meglio recitato, diretto da Luchino Visconti. Tutte le sceneggiature hanno come primo motore Cesare Zavattini. Nel 1946 non ero nato, quando uscì “Siamo donne” i miei non mi portavano ancora al cinema. Quando lo vidi da adulto rimasi letteralmente folgorato dalla prova d’attrice di Anna Magnani. E la canzone finale è interpretata da Nannarella con un sentimento che suscita nostalgia anche a chi quella Roma non ha mai conosciuto. La Roma e l’Italia semplice e repubblicana del 1946. Sappiamocela meritare ancora.

Vogliamo i picchiatelli?  Le fregnacce della destra contro Mattarella sono un regalo al opposizione.

A sei giorni dalle elezioni, prima Borghi e poi Salvini e tutta la Lega criticano il Capo dello Stato con discorsi da bar. Meloni non fiata, così il Pd e le altre opposizioni hanno gioco facile a fare gli adulti nella stanza.

Che la destra non ami Sergio Mattarella è cosa risaputissima da anni. Che però lo squaderni a sei giorni dal voto è un autogol clamoroso. Follia pura. Chiedere, anche se retoricamente, le dimissioni del presidente della Repubblica come ha fatto il personaggio forse meno equilibrato dei leghisti, Claudio Borghi, è darsi una martellata in stile Tafazzi: «Se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione europea invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso». Una grossolana chiosa al discorso di Mattarella che nel giorno della Repubblica aveva esaltato il ruolo dell’Europa.

Borghi, si dirà, è un mattocchio. Rincarare poi la dose da parte del capo della Lega nonché vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini non è meno demenziale, ma più grave. Un attacco a freddo alla figura più apprezzata e rispettata dai cittadini si spiega solo con questa specie di delirio di onnipotenza che nel tratto finale della campagna elettorale sta gonfiando le vene degli esponenti della destra. A partire da Giorgia Meloni, che nella sua furia autoreferenziale attacca tutti, anche chi non c’entra niente, come è capitato al cardinale Matteo Zuppi.

Salvini, ricalcando la “teoria” di Borghi, ha stiracchiato un discorso privo di senso: «Abbiamo un presidente della Repubblica perché c’è la Repubblica, io penso all’Europa come Stati sovrani che si mettono insieme, ma la sovranità nazionale è fondamentale. Non mi arrenderò mai a un super Stato europeo dove comandano quelli che hanno i soldi». Parole da bar. Che rivelano una totale ignoranza dei trattati e per l’ennesima volta il fastidio – eufemismo – per la persona di Sergio Mattarella e per la sua funzione di presidente della Repubblica: è cominciata la campagna elettorale per il premierato? Assisteremo nel prossimo futuro a un crescendo di attacchi al Quirinale?

Figurarsi se Mattarella può darsi pensiero per le boutade leghiste. E però non c’è dubbio che tra la destra (di cui la Lega rappresenta la faccia più feroce ma in un certo senso più sincera) e il Colle la tensione sta venendo allo scoperto, complici anche le differenze sulla politica estera.

Sull’Europa, ma anche sulla guerra scatenata dalla Russia, sulla quale Mattarella aveva detto che bisogna rifiutare «baratti insidiosi: sicurezza a detrimento dei diritti, assenza di conflitti aggressivi in cambio di sottomissione». Cioè parole molto diverse da quelle del governo sulle recenti scelte sulla difesa dell’Ucraina con cui l’Italia ha detto no all’uso delle armi per colpire i siti russi da cui partono gli attacchi di Mosca.

Nel solito pavido silenzio di Meloni, per non parlare di quello della solitamente rumorosa seconda carica dello Stato, il compito di attaccare i leghisti è spettato naturalmente alle opposizioni, dal Partito democratico a Carlo Calenda e Matteo Renzi, da Giuseppe Conte a Riccardo Magi che ha bollato come «eversiva» l’uscita di Borghi.

Diciamo la verità, attaccando il Capo dello Stato, i leghisti (e Meloni che li copre) hanno fatto un bel regalo a Elly Schlein, nella parte della grande sostenitrice di Sergio Mattarella e delle sue prerogative. Quando ieri sera in una piazza nel cuore di Roma più piena del solito ha citato il presidente della Repubblica è partito l’applauso più lungo. Una carta buona, a sei giorni dal voto.

Condividi:

Stati Uniti d’Occidente. Le elezioni europee e le sfide che le democrazie non possono ignorare

Sabato e domenica si vota per il rinnovo del Parlamento di Bruxelles, ecco che cosa (e chi) serve per fermare l’imperialismo russo, l’espansionismo cinese e la fine della democrazia americana.

Ci siamo, domenica eleggeremo i nuovi parlamentari europei, speriamo il più possibile dalla lista liberal-democratica Stati Uniti d’Europa di Matteo Renzi e di Emma Bonino, ma contiamo che riescano ad andare a Bruxelles anche la solitaria Azione di Carlo Calenda e quei pochi ma coraggiosi candidati del Partito democratico – Pina Picierno, Giorgio Gori, Irene Tinagli, Pier Maran – che non si arrendono alla trasformazione del loro partito in un’assemblea studentesca a immagine e somiglianza di Elly Schlein, la segretaria forgiatasi politicamente nell’idea di occupare il Partito democratico, non di guidarlo, e che ora si avvale della complicità della sedicente corrente riformista che subito dopo il voto sarebbe il caso di sciogliere “per non aver commesso il fatto”, il fatto di essere, appunto, una vera corrente riformista, essendo invece una stampella per facilitare il progetto demolitorio del Partito democratico.

Ma questa è anche la settimana dell’ottantesimo anniversario della vittoria alleata sul nazifascismo (giovedì 6 giugno), l’avvio di un percorso che si concluderà il 9-11 luglio a Washington con il summit per festeggiare il settantacinquesimo compleanno della Nato, dopo che il mondo libero avrà affrontato la conferenza di pace sull’Ucraina in Svizzera (15-16 giugno), il G7 in Italia (13-15 giugno) e il piano di Joe Biden per fermare la guerra scatenata da Hamas contro Israele.

Insomma, l’Occidente si sta muovendo per fare quello che sa fare meglio, difendere la pace, promuovere la democrazia, ampliare la sfera dei diritti individuali e sviluppare il benessere globale attraverso la libera circolazione delle persone, dei beni e dei capitali.

Lo so, a guardare i talk show, a leggere i social e a seguire la campagna elettorale, sembra che l’America, l’Europa, la Nato e il capitalismo, e anche gli ebrei, non abbiano garantito libertà e prosperità per ottant’anni, facendo peraltro uscire dalla povertà estrema e dall’oppressione un miliardo di persone, ma al contrario raccontano che i suddetti siano gli unici responsabili di ingiustizie sociali, pronomi sbagliati e altre calamità.

Mi chiedo sempre se valga ancora la pena ribattere a queste enormità, e non sia meglio ignorarle come se questi smemorati o ciechi, o semplicemente fessi, non esistessero. Posso testimoniare che si vive meglio, molto meglio, spegnendo la tv, e non ascoltandoli, ma poi questi indeboliscono il discorso pubblico, vincono le elezioni e provano a smantellare lo stato di diritto, anche se per fortuna poi non ne sono capaci.

Così ogni tanto ci riprovo, affidandomi però alla favolosa resistenza ucraina e ai ragazzi georgiani che amano l’Europa più di noi e provano ribrezzo per “la grande cultura russa” perché sanno che è uno strumento imperialista di oppressione e di cancellazione etnica.

I nuovi europei sono il futuro della nostra civilizzazione basata sullo stato di diritto perché sono gli unici che sanno per esperienza personale diretta qual è l’alternativa al nostro sistema, e sono anche i soli pronti a difenderla (a questo proposito consiglio di leggere il romanzo Marsilio “Favole del comunismo” scritto dall’albanese, ora anche italiana, Anita Likmeta: poi provate a sentire ancora le fregnacce di Conte, Salvini, Meloni e Schlein).

Vedremo che cosa succederà in questo mese e mezzo tra elezioni europee, summit per l’Ucraina e consolidamento dell’Alleanza atlantica, ma su questo scenario incombe comunque l’attacco della Russia all’Europa, e la sottovalutazione europea della minaccia russa che va ricordata proprio oggi che è l’anniversario del giorno in cui, ventotto anni fa, gli ucraini trasferirono gli ultimi missili nucleari alla Russia, come concordato col Memorandum di Budapest del 1994, in cambio della garanzia, fornita da Washington e Londra, di non essere più invasi dalla Russia. La Russia naturalmente se ne è infischiata e ha invaso e occupato ugualmente l’Ucraina, prima nel 2014 e poi nel 2022, dopo aver fallito il ventennale tentativo di teleguidare Kyjiv con la corruzione, i brogli elettorali e le stragi dei civili a Maidan. Forza, dai, concediamo altri territori e consegniamo altri cittadini ucraini alle cure amorevoli di Putin, così poi si sazierà e ci lascerà fare l’apericena in pace!

In ogni caso non è soltanto l’Ucraina a essere minacciata dalla Russia, lo sono anche la Georgia, la Moldavia e i Paesi baltici. E non è nemmeno solo la Russia a sfidare l’occidente liberal-democratico. Ci sono la furia islamista degli ayatollah iranianil’espansionismo cinesela guerra a Gaza e la possibile elezione a novembre di Donald Trump, tutti ovviamente alleati o legati al dittatore russo perché le menti malate pensano sempre allo stesso modo.

Il primo presidente antiamericano degli Stati Uniti è la variabile impazzita di questo tempo, per il ruolo che ha l’America nel reticolo di alleanze democratiche globali e perché nessuno è in grado di prevedere che cosa farà Trump se sarà eletto presidente per la seconda volta, nonostante sia già arrivata la prima di una serie di condanne, anche se non ancora quella per aver tentato un colpo di stato dopo aver perso le elezioni del 2020.

L’unica ideologia che muove Trump è Trump medesimo, il suo cognome e il suo brand, ma spesso anche il suo umore del momento. A questo giro, Trump non sarà contenuto da nessuno dei suoi ministri che durante il primo mandato lo hanno più o meno frenato, considerato che adesso, a cominciare dal suo vicepresidente Mike Pence che il 6 gennaio 2021 il branco trumpiano avrebbe voluto linciare e impiccare, sono tutti schierati contro di lui e lo considerano, sia pure in colpevole ritardo, un pericolo serio per la democrazia.

Non sono solo Robert De Niro, Hillary Clinton e i democratici a temere che se Trump sarà eletto non ci saranno più elezioni presidenziali, comincerà la persecuzione degli avversari politici e finirà la democrazia americana.

Lo dicono anche i suoi più stretti collaboratori del primo mandato e lo sbandierano i suoi strateghi come Steve Bannon, l’ospite d’onore delle feste di Atreju di Giorgia Meloni.

I repubblicani lo sanno, ma fanno finta di niente. Opportunisti e pavidi quali sono, facilitano la demolizione della democrazia americana, comportandosi come i riformisti del Partito democratico che tentano accordi elettorali con Jasmine Cristallo e Sandro Ruotolo anziché prefigurare un’alternativa alla segretaria rottamatrice.

Ora Trump straparla di bombardare Mosca (e Teheran), dopo essere stato eletto anche grazie all’operazione di infiltrazione nelle linee nemiche più riuscita degli ultimi decenni, e dopo aver cercato di regalare l’Ucraina al suo padrone (suo di Trump, non dell’Ucraina).

Nessuno sa che cosa farà Trump una volta tornato alla Casa Bianca, nemmeno Trump. Intanto potrebbe essere sconfitto di nuovo, come quattro anni fa, ma dobbiamo comunque immaginare di poter finire nel peggiore dei mondi possibili, quello caratterizzato dalla fine della democrazia americana e dallo scioglimento della Nato, fino allo scenario di una guerra a ovest dell’Ucraina.

Nel frattempo bisogna allacciarsi le cinture di sicurezza, aiutare il più possibile il popolo ucraino a respingere l’invasore, senza il freno che l’amica italiana di Bannon continua a tenere tirato, ricordare che cosa hanno significato per il mondo questi otto decenni di pace e prosperità, rafforzare l’Alleanza militare atlantica, neutralizzare per sempre Hamas, contenere l’Iran, fermare gli estremisti israeliani e, soprattutto, eleggere sabato e domenica a Bruxelles il numero più alto possibile di deputati anti populisti e anti putiniani.

Condividi:

Attacco a Mattarella.

Nel giorno della Festa della Repubblica, bagno di folla per il presidente che celebra la “sovranità dell’Ue”. Salvini e Borghi si scagliano contro il Colle

Gravissimo! Questi giornacci di governo che definiscono Mattarella “eminenza nera” e chiedono le dimissioni con Salvini in testa si possono definire a questo punto eversivi, ecco perché sarebbero necessari milioni di italiani in piazza e pure alle urne, e questo il popolo lo può fare l’8 e il 9 nelle elezioni EUROPEE.

Ma il popolo leghista, che si ritrova fascista, tace ? Voliamo considerare che sono al governo Con l’8 % dei votanti che scende al 5% degli aventi diritto al voto, con un premio di maggioranza anticostituzionale. E si atteggiamento a portavoce del popolo. Evidentemente Salvini si è proclamato re. Auspico a queste Europee, una sonora sconfitta.

Una domanda (retorica) ed un consiglio alla parte sana della Lega: Domanda: certe sparate verbali del vostro Leader e del suo Socio, buone solo per lisciare quei quattro gatti fuori di testa, val bene il disprezzo di milioni di persone ?!? Consiglio: CACCIATELI. Cacciateli prima che vi trascinino inesorabilmente nell’indecenza politica.

Ora, per definire in modo corretto persone come Matteo Salvini e Claudio Borghi ci sono termini precisi. Si tratta di termini medici, usati per fare delle diagnosi, non di volgarità. Purtroppo, però, il “Supremo Algoritmo” dei MEDIA E DEL WEB non consente di usare questi termini e quindi dovrete usare la vostra immaginazione.

Stiamo vivendo un attacco a tutto il sistema democratico, che si manifesta con il becerume di uomini e donne di partito da una parte e con la subcultura di uomini e donne di governo. Stiamo assistendo alla demolizione quotidiana dei valori e delle istituzioni. Questa è la preparazione di un colpo di spugna sulle libertà che culminerà con il premierato. Prepariamoci a una resistenza democratica. Che si dimetta Salvini. Ormai i suoi attacchi al sistema democratico sono diventati eversivi. Per non finire con il premierato e con il subfascismo dobbiamo intervenire. Anche nelle piazze. Italia sollevati. Borghi poi: Borghi Claudio sentenzia su argomenti che finge di conoscere per i quali poi, negli approfondimenti, disvela la sua ignoranza boccheggiante. Vi ricordate quando proponeva con certezze da capra di sostituire l’euro con gli assegnini? Se non fosse un leghista miracolato, Borghi farebbe l’intrattenitore con il banchetto delle tre carte nei mercati rionali. Da noi gioca invece a fare l’esperto di scienza delle finanze perché aveva, prima di vivere alle spalle degli italiani, un posto di sportellista in una banca. Adesso , s’è improvvisato critico del Presidente della Repubblica, cercando di lasciare un impronta più marcata di quella di Di Maio. Tutto dire.

Un Presidente di regione agli arresti domiciliari,rimane al suo posto. Il Presidente Mattarella si dovrebbe dimettere perché ha citato l’Europa,il mondo al contrario. Mi auguro che con questo voto si possa dare un colpo di ramazza.

La Lega contro Mattarella, sguaiata provocazione di Borghi: “Se il presidente pensa alla sovranità europea, si dimetta”

 Il Presidente Mattarella si dovrebbe dimettere perché ha citato l’Europa, il mondo al contrario. Mi auguro che con questo voto di possa dare un colpo di ramazza.

Stiamo vivendo un attacco a tutto il sistema democratico, che si manifesta con il becerume di uomini e donne di partito da una parte e con la subcultura di uomini e donne di governo. Stiamo assistendo alla demolizione quotidiana dei valori e delle istituzioni. Questa è la preparazione di un colpo di spugna sulle libertà che culminerà con il premierato. Prepariamoci a una resistenza democratica.

IL. Selfini é sempre stato opportunista, populista, creatore di paure artificiali, ma sostanzialmente piuttosto scaltro, tanto da raggiungere percentuali importanti di elettori. Poi GRAZIE A RENZI! qualcosa é successo dall’estate del papete. Da quel momento ha inanellato una serie incredibile di scelte incomprensibili. Ha ostentato la sua stima per trump ben sapendo che le sue elezioni erano a rischio, ha sposato le più strampalate tesi sul covid, prima, poi sull’inefficacia delle mascherine e del vaccino, oltretutto andando contro molti dei suoi elettori. E, sempre contro il pensiero di molti dei suoi elettori, si è scagliato contro le politiche europee di Draghi e ha ripreso i rigurgiti anti Nato e anti Europa. Fino ad arrivare all’opporsi alle sanzioni e all’invio di armi all’Ucraina invasa. Poi sono arrivate le cenette all’ambasciata russa di Roma a seguito delle quali il salvinov ha fatto cadere il cadere il governo Draghi. Il resto è storia recente, storia che si concluderà con il tentativo di far cadere il Governo Meloni. Cosa hanno in comune tutti queste scelte inspiegabilmente folli? No, non é solo il livello mediocre del politico, quello c’era già prima. In comune hanno una cosa sola. Sono esattamente le scelte che coincidono con la strategia dettata dal Cremlino ed esplicitata sia da Putin che dai suoi adepti. Selfini poteva e doveva immaginarsi che se si organizzano incontri con esponenti del regime russo, questi avranno le registrazioni di tutto e dal quel momento sei un loro uomo. Quando fai affari con Putin e la sua cerchia di persone senza scrupoli, poi dal giro non ne esci più anche se vuoi. ORA MI AUGURO CHE L’ 8-9 SIANO GLI ULTIMI GIORNI IN POLITICA PER QUESTI INDVIDUI. E PERCHE AVVENGA SPETTA A NOI ELETTORI! SERVE VOTARE STATI UNITI D’EUROPA ! LO DICO ANCHE A VOI CHE DI SOLITI VI ASTENETE (NON ANDATE A VOTARE) SERVE VOTARE IN MASSA CONTRO QUESTI SFESCISTI! NE VA DEL NOSTRO FUTURO.

La Lega contro Mattarella, sguaiata provocazione di Borghi: “Se il presidente pensa alla sovranità europea, si dimetta”

In campagna elettorale vale tutto, si sa. Figuriamoci a pochi giorni dalle elezioni europee che si preannunciano cariche di tensione. Deve aver pensato questo Claudio Borghi, senatore della Lega, mentre scriveva un duro post sui social in cui ha attaccato frontalmente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’esponente euroscettico del Carroccio pur di attaccare l’Unione Europea è arrivato a ventilare l’ipotesi delle dimissioni del capo dello Stato.

Borghi contro Mattarella, il post del leghista

“È il 2 giugno, è la Festa della Repubblica Italiana. Oggi si consacra la sovranità della nostra nazione. Se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione europea invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso”. Non usa giri di parole, Borghi, che insieme a queste frasi ha pubblicato una foto di un articolo di giornale che titolava “Mattarella: consacriamo la sovranità dell’Unione”, in merito al discorso del presidente di ieri.

Le parole del leghista hanno subito provocato reazioni nello spettro politico e a In mezz’ora su Rai Tre è arrivato il commento del suo leader, Matteo Salvini, che pur non usando i toni del suo esponente, ha ricalcato un concetto simile: “Oggi c’è la festa della Repubblica, oggi è la festa degli italiani, della Repubblica, non della sovranità europea. Abbiamo un presidente della Repubblica perché c’è la Repubblica, io penso all’Europa come stati sovrani che si mettono insieme, ma la sovranità nazionale è fondamentale, al di là dei tweet oggi si festeggia la Repubblica italiana. Non mi arrenderò mai a un super Stato europeo dove comandano quelli che hanno i soldi”.

Borghi contro Mattarella, attacco “inaccettabile”

La sguaiata provocazione di Borghi ha però, come prevedibile, attirato molte critiche. Tra i primi il suo omonimo, Enrico Borghi, senatore di Italia Viva: “Che la Lega, nel giorno della Festa della Repubblica, arrivi addirittura a chiedere le dimissioni del Presidente Mattarella, distorcendo le parole da lui pronunciate, è un fatto estremamente grave che non può passare sotto silenzio. La spasmodica ricerca di visibilità di chi è alla ricerca di un consenso quasi disperato non può spingersi fino a coinvolgere il garante della nostra Costituzione e della nostra unità nazionale”.

In una nota, pure il segretario di +Europa Riccardo Magi ha preso le difese del presidente della Repubblica: “L’endorsement di Salvini al tweet del leghista Borghi in cui viene avanzata la richiesta di dimissioni di Sergio Mattarella rappresenta un attacco eversivo da parte del vicepremier del Governo Meloni al Capo dello Stato nel giorno in cui si celebra la Festa della Repubblica, i cui valori sono incarnati proprio dal Presidente della Repubblica”. “Mattarella come sempre ha espresso parole sagge e di autentica ispirazione democratica sul collocamento dell’Italia, Paese fondatore dell’Ue e che solo nel contesto europeo può proteggere i propri interessi nazionali. E non riconoscere questo, vuol dire non riconoscere il valore dei trattati su cui si fonda l’Unione europea e al contempo non riconoscersi nella Costituzione italiana che sancisce proprio il valore sovraordinato di quei trattati. Che questo sia visto come un oltraggio da parte del leader del secondo partito di maggioranza è allarmante e preoccupa che questa posizione possa essere condivisa dalla premier Meloni che, a questo punto, deve esprimere delle parole chiare e deve farlo in Parlamento” ha concluso Magi, che poi ha definito Mattarella “una guida per tutti gli italiani”.

Da Azione, a parlare – tramite X – è la senatrice Mariastella Gelmini: “Il fatto che Claudio Borghi arrivi a chiedere le dimissioni del Presidente Mattarella e che lo faccia strumentalizzando le parole del Capo dello Stato in una giornata importante come quella della Festa della Repubblica, è inaccettabile. La Lega condanni quanto accaduto e prenda subito le distanze dalle gravi parole di Borghi”.

Dopo anche il leader del partito Carlo Calenda ha attaccato la Lega e il suo segretario:” Salvini non ha molte cose: l’intelligenza per aprire un tappo ma anche la dignità e l’onore per rispettare il presidente della Repubblica. Forse gli manca anche di sapere che i Trattati istitutivi dell’Unione Europea sono recepiti e considerati anche in base anche alla nostra Costituzione. Mi rendo conto però che sia troppo complicato. La cosa che dovrebbe fare è cercare di tenere almeno un comportamento educato perché quando non si sa che cosa dire si tace”.

Borghi contro Mattarella, la reazione del Pd

Anche dal Pd è arrivata una reazione veemente contro Borghi. In una nota, la capogruppo dem alla Camera Chiara Braga ha dichiarato: “Le parole di del senatore della Lega Claudio Borghi chiudono il cerchio di un attacco alla figura del Presidente della Repubblica che ha inizio con la legislatura a maggioranza di destra. Non basta il progetto del Premierato, ora l’attacco esplicito passa per la richiesta di dimissioni della persona più rappresentativa dell’unità nazionale e dello spirito di coesione. Un segnale gravissimo nella giornata della Repubblica. Salvini, leader dello stesso partito, e vicepremier anzichè coprire le parole Borghi, dovrebbe condannarle senza ambiguità”.

La condanna di Noi Moderati

Ma anche tra gli alleati di governo della Lega le parole di Borghi non sono passate inosservate. Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, alleati alle europee con Forza Italia, ha condannato duramente l’uscita: “L’attacco di Claudio Borghi al Presidente della Repubblica è inaccettabile ed inqualificabile. La Lega si scusi per queste parole inopportune e irriguardose nei confronti di Sergio Mattarella garante dell’Unita’ nazionale ed eletto, lo ricordo, anche con il voto della Lega”.

La contrapposizione tra Lega e Forza Italia

Tra Fi e Lega i rapporti in questa campagna elettorale sono stati non sempre tranquilli. L’anima popolare ed europeista del partito fondato da Silvio Berlusconi mal si concilia con la nuova sterzata verso una linea di destra estrema della Lega in cerca di un posizionamento diverso da Fratelli d’Italia. E Borghi è stato spesso protagonista, come quando ha iniziato una battaglia per togliere l’obbligo di esporre le bandiere europee nelle sedi delle istituzioni. In quel caso era stato bollato – più o meno direttamente – da Antonio Tajani come un ignorante.

Diciotto mesi di governo Meloni hanno già ampiamente dimostrato che per le idee garantiste, lì non c’è posto.

Non mi stupisce che il ministro Nordio sia stato respinto all’ingresso della manifestazione di Fratelli d’Italia e che gli sia stato negato l’accesso al palco. Diciotto mesi di governo Meloni hanno già ampiamente dimostrato che per le idee garantiste, lì non c’è posto.

Certo che per un “ministro” della Giustizia, venire rimbalzati da una deputata dai trascorsi giudiziari davvero poco edificanti, deve essere particolarmente umiliante. Mah…Povero Nordio, usato, abusato ed abbandonato dal governo musolonero per mezzo di una ex sottosegretaria pregiudicata ?? Ci sarebbe da ridere se non si parlasse di altissime cariche dello stato; ma si sa la realtà spesso supera la satira di molto.. Montaruli: condanna definitiva ad 1 anno e 7 mesi per peculato dopo rimborsopoli per essersi presa 25 mila euro di rimborsi finti. Ovviamente tra quelle che hanno chiesto e chiedono che il peculato venga depenalizzato come l’abuso d ufficio. Responsabile del evento elettorale della meloni. Immaginate voi. Ma Nordio è un pupazzo o si rende conto che una pregiudicata lo ha appena sfanculato? comunque! Quando si assiste a una gag del genere, perché di gag trattasi, non si sa se piangere, o ridere. Una cosa, però, è certa: quel Paese che ha un premier e un governo come i nostri, è un Paese che è inequivocabilmente alla frutta, anzi oltre.

Diciotto mesi di governo Meloni hanno già ampiamente dimostrato che per le idee garantiste, lì non c’è posto

“Non è previsto l’ingresso”. È stata questa la risposta ricevuta dal ministro della giustizia Carlo Nordio, dopo essere arrivato in piazza del Popolo, a Roma, in occasione dell’evento di chiusura della campagna elettorale di Fratelli d’Italia e aver cercato di accedere al retropalco da cui si stava tenendo il comizio. A negargli l’accesso Augusta Montaruli, onorevole di Fratelli d’Italia addetta all’organizzazione dell’evento. È stata lei, infatti, a spiegare a Nordio che “i ministri sono previsti all’interno della piazza”, tra lo scetticismo degli addetti alla sicurezza del Guardasigilli. Dopo una decina di minuti, il ministro della Giustizia è quindi ritornato al varco e, dopo un breve briefing tra lo staff organizzativo, ha infine ottenuto di poter raggiungere il retro del palco da cui, pochi minuti dopo, Giorgia Meloni ha tenuto il suo discorso alla piazza.

Renzi: Siamo circondati da mediocri che fanno una politica banale

 “Nessuno vuole fare una discussione di merito. Dicono Renzi e Antipatico. Bellini voi, simpatici voi, qual è il problema?” Così il leader di Italia Viva Matteo Renzi, al Convegno Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria “Diritti al voto. Volti d’Europa, sguardo sul mondo”, a Rapallo. “Ma è mai possibile che voi andate da un chirurgo, dovete operarvi? Ora, non facciamo gesti a potro paese in prima fila. Se dovete operarvi, io non trovo uno di voi che chiede se il chirurgo racconta bene le barzellette. Chiedete se il chirurgo è bravo. Se dovete mandare il vostro figlio a scuola, non trovo uno di voi che dice, ehi, ma l’autista, il clacson lo suona a tempo oppure sa guidare. Tutti voi chiederete un chirurgo che sape operare o un autista che sape guidare. In politica no! Tutti voi chiederete un chirurgo che sappia operare o un autista che sappia guidare. In politica no! In politica vota Giorgia una del popolo, non voglio uno del popolo, voglio uno meglio del popolo, voglio un leader, voglio una visione, voglio un progetto e l’unico progetto che c’è è Stati Uniti d’Europa. Votate pure i partiti personali, ma quando votate i partiti personali con nome personale qual è la risposta sui grandi temi?” ha continuato Renzi. “Ho sentito Taiani, interessantissimo, dice che noi sulla Russia non possiamo fare la guerra, bene, e che stiamo facendo sulla diplomazia? Perché io sono uno di quelli che crede all’esercito europeo, alla difesa comune, ma dal 24 febbraio 2022 dico che ci vuole un inviato speciale per l’Ucraina e la Russia perché sennò non si risolve. Non si risolve con peace and love di Conte, ma non si risolve nemmeno soltanto con le munizioni, si risolve con la politica. Il 24 febbraio 2022 io dissi Tony Blair o Angela Merkel, quel livello lì, due politici. Invece siamo circondati da mediocri che continuano con una politica banale e se anche voi non chiedete una politica diversa dal tram tram della banalità, della mediocrità, di chi viene a dirvi sempre le stesse cose, guardate che il problema non vi succede niente, saremo rassicurati, semplicemente non conteremo più nulla”, ha concluso. CONCLUSIONE ? COME NON DARLE RAGIONE.

In che senso si può scrivere “Berlusconi” sulla scheda elettorale

“Noi abbiamo fatto una lista che si chiama Stati Uniti d’Europa. Ma gli altri hanno questo bisogno adolescenziale: il mondo esplode e noi parliamo dei cognomi dei candidati italiani. Tranne Tajani che mette Berlusconi nel simbolo, altrimenti non lo vota neanche sua moglie“. Lo ha detto il leader di Italia viva Matteo Renzi, al Convegno Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria “Diritti al voto. Volti d’Europa, sguardo sul mondo”, a Rapallo. “O votate l’Europa. O votate per meno Europa. E l’unico progetto che c’è in campo, sono gli stati Uniti d’Europa”, sottolinea Renzi. CAZZO BERLUSCOI E RISORTO. Lo sostiene da giorni Forza Italia, nonostante il suo fondatore sia morto da un anno: le indicazioni elettorali per gli scrutatori sembrano darle ragione. Il partito di un morto che cerca i voti dati a un morto. Un paese che guarda avanti. La destra considera gli elettori (“il popolo della Nazione”) dei bambini (con tutto il rispetto per i bambini). Dopo Giorgia (una di noi) possiamo scrivere anche il nome di un morto. Un’ammissione da parte dei vivi di non essere alla sua altezza. Avanti verso il futuro. Scusate, sono il solo a trovarlo illogico? Il voto a un nominativo non presente in lista deve essere annullato, a meno che non risulti evidente che l’elettore ha commesso un errore per ignoranza, che sia di tipo ortografico (Tagliani, Melloni, etc.) o di altro genere (ad esempio il nominativo di un candidato di altra circoscrizione). Tale enunciato esclude a mio parere nel modo più assoluto la possibilità di ammettere, sanandolo, un voto irregolare suggerito ex ante da una segreteria di partito come stratagemma elettorale. Io nelle mie chiacchiere da bar con gli amici sostengo spesso che per votare bisognerebbe prima sostenere un esame di abilitazione. Un’infarinatura di macroeconomia, fondamenti di finanza pubblica, qualche domanda di attualità e conoscenza della storia contemporanea, i concetti base del diritto pubblico e dell’Unione Europea. Se non hai almeno le basi per capire di che si parla in un telegiornale, allora non sei in grado di esprimere un voto consapevole, questo è il mio assunto. Nella mia bolla è opinione prevalente. Ora invece scopro che non solo il voto è garantito sempre e comunque, ma anche se sei così ignorante da sbagliare a votare bisogna chiudere un occhio e tener buono il voto. A me questo sembra il capovolgimento della democrazia, il vero mondo al contrario, altro che Vannacci.. Impugnare questa faccenda affermando che le schede dovrebbero essere annullate è solo una sfumatura della (pericolosa) nozione secondo la quale non dovrebbero poter votare tutti, ma solo coloro che “capiscono” cosa stanno votando.

I miei articoli DEL 2/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

Non credo che voterei mai per un candidato che è sotto accusa per insurrezione ed è stato giudicato colpevole di avere usato fondi elettorali per comprare il silenzio di un’amante

Non credo che voterei mai per un candidato che è sotto accusa per insurrezione ed è stato giudicato colpevole di avere usato fondi elettorali per comprare il silenzio di un’amante. Anche se le sue idee politiche fossero simili alle mie, non potrei sentirmi rappresentato da lui: prima della politica (che è questione soggettiva) ci sono le regole di cittadinanza, che riguardano tutti e sono uguali per tutti. E’ una strategia politica fondamentale per la destra distribuire odio a piene mani e creare il tifo fanatico. E’ quello che sta facendo anche in Italia. ESEMPIO! PER FARMI CAPIRE. L’Italia è in infrazione da anni per non aver accolto leggi UE nel suo ordinamento, situazione carceraria, gestione dei rifiuti, leggi sulla concorrenza ne sono alcuni esempi. Alcuni partiti populisti che riscuotono successo, usano spesso espressioni come “la volontà del popolo” o peggio “degli italiani” come unica fonte per decidere cosa sia giusto o sbagliato. Per fortuna il Presidente Mattarella non perde occasione di indicare la Costituzione e le leggi come unico faro. Sta ai cittadini capirlo “Non credo che voterei”… Beh, vale anche per me. Più “non voterei” per un frodatore di fondi che per uno che è sotto accusa per “insurrezione”. Perché l’insurrezione per uno è la rivoluzione per l’altro, e negli eventi di 6 gennaio 2021 non vedo nessuna delle due. Non voterei neanche per uno da RSA. Non voterei per uno palesemente capace e cosciente (al contrario).. Uno che ci ruba il futuro con le guerre dove esistono le nazioni dove la plebe “vuole morire” e invece i figli della nomenclatura – no, loro preferiscono combatte (o fare “la resistenza” o vendicarsi) fino all’ultimo plebeo. Non paragonerei Usa e Italia, perché là – esiste la libertà di parola e da noi – la libertà di denuncia, là – il popolo è ancora un attore del processo democratico e da noi – una massa di frustrati che sanno che il voto cambia solo il vissuto di una parte della nomenclatura, per la plebe qualsiasi scelta porta sempre al domani che sarà peggio di oggi. Da noi Trump sarebbe stato un Cavaliere del lavoro… Ma soprattutto non farei un conservatore (anche se capisco che per uno della nomenclatura appisolata e al caldo, che per di più si chiama “progressista”, è naturale conservare il comodo status quo). E quindi avere 2 partiti o mille conta eccome: perché, quando ti costringono di scegliere tra un frodatore e un guerrafondaio fuori di testa, beh… E anche sulle regole “intoccabili” andrei piano, per qualcuno intoccabili sono le regole di non abortire, o le classi separati. L’autore trova la parola giusta – le regole _condivise_, ma dal pezzo traspare che il significato rimane oscuro per lui. Condivise vuol dire con il popolo e tra il popolo, non dalla nomenclatura e poi calate su quel branco di ignoranti che non sanno votare “bene” o sanno solo “odiare”. Un ABC della democrazia… MA! Forse, prima di tutto, prima di discutere di candidati, dovremmo interrogarci e metterci d’accordo su cosa sia la democrazia o su quale tipo di democrazia sia necessario in questa epoca storica. Da parte mia contribuirei al dibattito dicendo che la cosiddetta democrazia politica è come minimo monca senza una qualche forma di democrazia economica e che nessuna democrazia può resistere a lungo senza la moralità nella cosa pubblica

Sei troppo competente forte e nesto per questi quaquaraquà politici Italioti.

Sempre grandissimo ,vali tantissimo ,spero con tutto il cuore che ce la facciamo buon lavoro grande ,presidenti senatore segretario ,Italia Viva ,farà il suo ,come sempre

RENZI: ho incontrato i giovani industriali di Confindustria a Rapallo. Nessun Governo ha fatto quanto noi per aiutare i lavoratori a cominciare dagli 80€ e per le imprese a cominciare da Industria 4.0 e JobsAct. Ma noi siamo gli unici a parlare di futuro: ecco perché gli Stati Uniti d’Europa sono l’unica proposta politica di queste elezioni. Noi vogliamo contare in Europa, gli altri vogliono solo contarsi in Italia. Il nostro messaggio sta passando e trovo un clima ottimo con i giovani industriali.

ARGOMENTI TRATTATI E PROGRAMI : Draghi fine politico, non tecnico, ma non va tirato per la giacchetta. Il premierato? Sono favorevole all’elezione diretta del premier, ma la riforma Casellati ha un testo imbarazzante, è uno «schifezzellum». La riforma del premierato, il desiderio di una «maggioranza Mario» in Europa, la necessità di un esercito Ue, le divergenze con Carlo Calenda: questi sono i temi affrontati da Matteo Renzi, leader di Italia Viva e candidato con la lista Stati Uniti d’Europa, nell’intervista a Corriere Tv condotta dal vicedirettore Venanzio Postiglione sulle tracce delle domande dei lettori. Partiamo dalla scelta di questo nome molto forte, evocativo, Stati Uniti d’Europa. Perché? «Perché nessuno parla del futuro dell’Europa. Molti dicono “meno Europa”. Dire “meno Europa” significa lasciare tutto il potere alla Cina, alla Russia, all’India, ai Paesi emergenti». Perché è il momento di lasciare il Senato per passare all’Europarlamento «Vedo quello che sta accadendo e sono preoccupato per l’irrilevanza dell’Europa, che non gioca alcun ruolo nella vicenda mediorientale, nella vicenda russo-ucraina e sulle principali partite economiche: lei pensi all’impatto dell’AI o quello che ha a che vedere con una visione non ideologica del Green deal. L’Europa decide nei prossimi anni molto del futuro della nostra quotidianità. I leader italiani vanno in Europa per finta. Per me è il momento di rimettermi in gioco in prima persona. Credo che sia giusto andare a combattere per gli Stati Uniti d’Europa». Voterà sì a premierato e riforma della giustizia? O spera che non vadano da nessuna parte? «Se sono favorevole all’elezione diretta del premier o anche del Presidente della Repubblica? Si. Se sono favorevole alla riforma della Casellati? No, sono contrario. Poi troveremo il modo di esprimere questo dissenso in Aula. È un testo imbarazzante, indecente e assolutamente da cambiare: è uno “schifezzellum”. Penso che Meloni cambierà questo testo perché così è invotabile e farà di tutto per non portare a casa questo risultato. Perché dovrebbe fare il referendum e lo perderebbe. E non potrebbe far finta di niente. Rispetto alla separazione delle carriere per il momento è solo uno slogan, vedremo il testo quando inizieremo a discuterlo. Di principio sono d’accordo, ma est modus in rebus: dipende da come le fai le riforme». I programmi non sono così lontani: perché votare per gli Stati Uniti d’Europa e non per Azione? «È una grande domanda che andrebbe posta a Carlo Calenda. Non ci sono incompatibilità caratteriale o problemi personali. Se così fosse qualcuno dovrebbe spiegarmi perché l’ho sostenuto. Io a lui ho dato tutto quello che potevo dare e lui ha fatto una scelta personalistica. Ha scelto di non stare nel progetto lanciato da Bonino. Noi siamo amareggiati che Calenda sprechi un po’ di voti europeisti». Tanti avevano pronosticato un declino per Forza Italia che sembra non esserci. Lei se lo aspettava? «I dati di Forza Italia li vedremo il 9 di giugno. Io so un punto politico che non mi convince di Tajani. Se io fossi il ministro degli Esteri oggi comprerei una brandina e passerei 24 ore al giorno in ufficio dietro a tutte le crisi del mondo. Invece Tajani si candida e dice che se eletto non andrà al Parlamento europeo. E non mi convince il supporto che sta dando a Ursula von der Leyen. Chi vota Tajani vota von der Leyen, un buon motivo per non votare FI». Lei immagina Mario Draghi con un ruolo significativo a livello europeo. Abbiamo bisogno ancora di super tecnici? «Mandare a casa Conte e portare Draghi al governo è stata una delle operazioni più belle della mia esperienza politica. Potrà succedere ancora? È difficile, è giusto non tirarlo per la giacchetta. Pochi presunti tecnici hanno lo spessore politico di Mario Draghi, che si finge tecnico ma è un fine e raffinato politico». Biden ha dato il via libera all’Ucraina per attaccare con armi americane anche all’interno del territorio russo. «La vera questione sulla vicenda russo-ucraina è che l’Europa purtroppo ha rinunciato ad avere una politica di difesa comune. Non c’è neanche una voce diplomatica dell’Europa, una risorsa di cui abbiamo assolutamente bisogno oggi, così come abbiamo bisogno di un esercito europeo».

Effettivamente in Piazza Duomo la rappresentazione fisica de “Il mondo al contrario”. Che squallore. Fateli godere a codesti due ancora per una settimana e poi vanno in esilio.

Vannacci fa ombra a Salvini nel comizio ristretto in piazza Duomo, antagonisti bloccati. Il generale ironizza sulla ‘Decima’ e cita il Gladiatore: “Scateneremo l’inferno”. Il vicepremier: “L’Italia ripudia la guerra”

Il leader della Lega e il generale candidato alle Europee a Milano per presentare il libro del vicepremier. Salvini: “Se Schlein resta segretario Pd la Lega al governo per 30 anni” insomma il circo Vannacci&Salvini.

Ma veramente un tizio che da un palco annuncia di voler scatenare l’inferno merita l’attenzione dei media e non del servizio sanitario nazionale, reparto disturbi neurologici? OK .In mancanza del cerchio di fuoco, sappiate che il generale Vannacci ha dato ottima prova di sé, superando con un balzo la transenna e gettandosi poi a pesce nella folla. Una piccola folla, ma chi se ne frega, direbbe lui.

Degni rappresentanti del paese “mai fine al peggio””, che comunque dovrà ancora arrivare!!!! E SPERIAMO NON ARRIVI! Chissà se il generale che vuole scatenare l’inferno verrà identificato dalla digos….E Salvini proprio non ce la fa a non essere filo Putiniano. Sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Salvini che dice “l’Italia ripudia la guerra” affianco a un generale che dice “scateneremo l’inferno”. Gli italiani li votano pure! Vannacci” Andrò in Europa a difendere la nostra identità Cristiana” Il premier Meloni ” Sono …. sono… sono cristiana ” Ma questa destra cosa ha in comune con i valori del cristianesimo. A me sembra un ossimoro. Ma che vadano a lavorare tutti e due. Fra un po’ comincia la raccolta del pomodoro. Vuoti parolai.

Fino ad un paio di anni fa, il girasagre era fautore della legittima difesa sempre e comunque e si faceva ritrarre nelle fiere di armamenti con fucili e pistole. Poi, d’incanto, qualcosa è successo dal 24 febbraio 2022… Si è scoperto pacifista, ma in un modo curioso: mai un post sui quotidiani bombardamenti dei russi in Ucraina, mai una parola sulle migliaia di morti, sulle violenze, sulle deportazioni di bambini da parte di Mosca. Lui pacifista solo se l’Ucraina vuole difendersi dagli aggressori, guarda caso, i suoi amichetti russi. Si, quelli i cui rappresentanti, il girasagre incontrava all’hotel Lotte di Mosca o all’ambasciata russa di Roma (poco prima di far cadere il governo pro Ucraina di Draghi). Ma la ruota gira e ! Come scritto più volte, se Vannacci prenderá molti voti, il Cremlino é pronto a metterlo al posto del girasagre. Girasagre che ha molto deluso i gerarchi del cremlino. Fossi in lui comincerei a preoccuparmi delle registrazioni fatte all’hotel Metropol, Lotte e all’ambasciata di Roma che i russi hanno in mano. Il grande “pacifista” che si fa rappresentare da un generale che la guerra la fa per mestiere. Eccolo qua, il mondo al contrario.

Salvini e Vannacci rappresentano la peggiore storia della destra neofascista di cui è bene fornire alcuni dati storici: Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è orgogliosa della sua storia del Movimento Sociale Italiano. Poiché i giornalisti non lo fanno, ricordiamo noi solo due atti delle migliaia della storia del MSI-AN-FDI: Nel 1976 il deputato missino Sandro Saccucci uccise il giovane comunista Luigi Di Rosa e ne ferì gravemente un altro a Sezze in provincia di Latina. Saccucci, che militava nello stesso partito di Meloni si rifugiò nella Spagna franchista dove venne accolto a braccia aperte dall’ Internazionale Nera legata a Gladio e alla Nato che aveva la sede centrale a Madrid. Il deputato Sandro Saccucci non è l’ unico deputato e membro del MSI ad essere autore di uccisioni e violenze. Migliaia di atti squadristici tra il 1948 e il 1991 sono stati organizzati da membri del Movimento Sociale Italiano contro giovani comunisti tra cui spicca l’uccisione del giovane Walter Rossi di Lotta Continua, ucciso da colpi di arma da fuoco partiti dalla sezione del MSI di Monte Mario a Roma.Questa è la storia che Meloni rivendica persino nel suo simbolo. Una storia di violenze coperte da Gladio, dalla Nato, dai servizi segreti inglesi, americani e italiani.

Dopo “scrivi Giorgia” arriva “scrivi Elly”

E la preoccupazione della DITTA! “Molti elettori potrebbero sbagliarsi a scrivere Schlein correttamente. E non vogliamo farci annullare le schede. Ma non copiamo Meloni”

Scrivi Giorgia? No, “scrivi Elly”. Schlein finora aveva evitato di metterla in questi termini, forse anche per non dare l’impressione di replicare lo slogan coniato dalla premier per la campagna delle Europee di FdI. Ma ci hanno pensato i suoi dirigenti a piazzare la scritta sui manifesti.

Bella idea. Scrivete Ely, Elli, Ellis, Egli , come vi pare. Vota Elly, vota Giorgia: sembra l’isola dei famosi del falso bipolarismo politico e psichiatrico . Siamo nell’ Italietta fascistizzante della II Repubblica consumista neoliberista. Una tragedia senza fine per chi ha conosciuto politici come Togliatti, Longo, Berlinguer, Pajetta, Natta, La Malfa, Spadolini, Nenni, Pertini, De Martino, Moro, Andreotti, Zaccagnini, Fanfani, Saragat, e per ultimo ma non ultimo Renzi. uomini diversi ma immensamente colti e capaci di dialogare e di trovare accordi utili a tutti o, almeno, di concentrarsi per realizzare i programmi della propria forza politica senza mai insultare minimamente l’avversario politico. È purtroppo una delle tante conseguenze dell’arretramento culturale del Paese. Un certo tipo di tv pecoreccia, la crisi dell’editoria, il linguaggio scarnificato dei social, tutto concorre al degrado e all’involgarimento al punto che si ha paura, secondo me anche giustamente, che tanti elettori non sappiano scrivere nemmeno nome e cognome di un candidato. Meglio scrivere solo Giorgia e Elly, magari quest’ultimo nome era meglio con la i al posto della y.

MA INVECE DI PARLERE DI QUESTE CAZZATE ! PERCHE NON SPIEGATE I VOSTRI PROGRAMMI? LO CHIEDO ALLA ELLY E ALLA GIORGIA.ANCHE PERCHE L’UNICO VERO LEADER POLITCO ITALIANO DAL NOME MATTEO RENZI IL PROGRAMMA CHE VUOLE FARE IN EUROPA E PER L’ITALIA SONO MESI CHE LO STA DIVULGANDO! E NESSUNO (MEDIA TEEVISIVI E CARTACEI SOCIAL WEB) NE PARLA. PARLANO SOLO DI CAZZATE CHE DI CERTO NON RISOLVONO I PROBLEMI IMMENSI ITALIANI E EUROEI.

Ma non vi sembra che si sta esagerando tra Giorgia e Elly? La politica è fatta di idee, programmi e non di nomi.

E ALLORA DICIAMOLO QUALE E :Il problema vero è che: Il PD è la destra liberale. Salvini, Meloni e Tajani sono la estrema destra fascista o fascisteggiante. I DUE ESRTEMI SI UNISCONO! Le due facce della moneta del neoliberismo . Ciò successe anche nel novembre del 1922, più di cento anni fa: mentre all’ indomani del colpo di Stato fascista comunisti, socialisti massimalisti e anarchici venivano bastonati, Croce e Giolitti, oggi antenati rivendicati dal PD, votavano la fiducia al primo governo Mussolini in chiave anticomunista.

Meloni, stai proprio alla frutta… Poi, tra qualche ora c’è l’amaro

Meloni a Roma, comizio per le Europee: “È un referendum”. E sfida Schlein: “Non scappi sempre, sono o no leader democratica?” “Se non sono un leader democratico, cosa sono? Sono un dittatore? E se sono un dittatore, cosa si fa? La lotta armata per depormi? Sono dichiarazioni deliranti.” Appunto, deliranti. Ma le ha fatte lei, signorina stronza. E un PdC che non sta bene, riversa odio su metà della popolazione italiana quando dovrebbe governare nell’interesse e nel rispetto di tutti. A questo punto: Soprattutto è difficile immaginare che qualcuno dotato di normale capacità di ragionamento e di analisi dei fatti, purché non appartenente ad una delle tante piccole e grandi lobby protette dalla destra, possa votare per Meloni & C.

Completo rovesciamento della realtà: sono gli altri che non rispondono alle domande, gli altri che istigano all’odio, gli altri che insultano, è lei che difende le donne. Ma per piacere! Veramente quella che scappa da confronti, conferenze e domande non preconfezionate è lei, la Giorgia. “Elly” è speculare a “Giorgia” e “Giorgia” è speculare a “Elly”. Sono le due facce della stessa medaglia: la Casta partitocratica. Niente passione, niente programmi è tutta una recita di 2 privilegiate in un Paese povero culturalmente e economicamente. Poi al suo gregge ululante può raccontare qualsiasi cosa. Basta fare faccette e alzare i toni, cosa che le riesce benissimo. Fine della stagione con il piattino in mano? Sul piattino in mano ci sono 3000 miliardi di debito Pubblico che non hai spiegato con il Def in bianco come vuoi rientrare nei parametri Europei, e non hai spiegato a quei signori con le bandiere in mano osannanti come vuoi fermare il fabbisogno delle Amministrazioni Centrali dello Stato in continuo aumento. Basta con la propaganda e la demagogia oltreché linguaggio inappropriato per un PDC . Fine della stagione con il piattino in mano! Ha ragione! Adesso è la stagione del ITALIANO con le mutande in mano. L’unico indumento rimasto agli italiani. Gli evasori, garantiti da questo governo, circolano ben vestiti e ringraziano soprattutto chi paga le tasse. La nostra è una repubblica parlamentare, non siamo negli Usa, basta con slogan gratuiti per imbonirsi il popolino. Basta con gli slogan gratuiti? Ma se è l’unica cosa che sa fare, insieme a promesse mai mantenute. Faccia un piacere vada a casa! sua figlia l’attende. O attenda qualche giorno e lo farà il popolo elettore ITALIANO.

Oggi la Giorgia ha detto due frasi letteralmente copiate dai peggiori discorsi mussoliniani. La prima: “Faremo la storia” un misto tra un discorso di Mussolini e il neoliberismo capitalista, ancor peggiore, che usa questa espressione per qualsiasi evento sportivo, culturale o politico. La seconda espressione di Meloni è ancora più grave ed inquietante: ha utilizzato la parola “bivacco” per parlare dell’ opposizione, identica frase utilizzata da Mussolini dopo le violenze squadriste fasciste.

Il tutto nell’ assoluto silenzio dei giornalisti presunta mente antifascisti e dei partiti ancora più sedicenti anticomunisti come PD e Sinistra Italiana. La politica democratica, e scuola di democrazia e cultura, ci ha insegnato a pensare, studiare e soprattutto a non sottovalutare il nemico di classe. La strategia di Meloni per certi versi è astuta e preparata a tavolino. Ieri ammette le violenze delle squadracce fasciste contro Matteotti (ma non quelle molto più numerose e mortali contro comunisti e socialisti. E senza ricordare ovviamente che il mandante dell’ omicidio di Matteotti fu Mussolini). Ha fatto quel breve discorso alla Camera per conservare e contendere al PD quei pochi voti di ex democristiani e liberali rimasti vagamente antifascisti. Oggi recupera e copia letteralmente due frasi dello stesso Mussolini per recuperare voti di estrema destra in fuga verso la criminale X Mas di Vannacci-Salvini.

I prossimi giorni saranno caratterizzati come vogliono i media e i capitalisti monopolisti da un falso bipolarismo tra l’iperliberista e guerrafondaio Fratelli d’Italia e l’altrettanto iperliberista e guerrafondaio PD. Con l’anticomunista militante PD in netto svantaggio non tanto per la sua evidente insipienza ma soprattutto perché l’anticomunismo militante è stato monopolio dei fasci e del MSI.

MELONI È UN DISASTRO

Da qualunque lato guardi è un disastro e sembra che nessuno se ne accorga. La sinistra non parla mai di alternative….più le cose vanno male, più godono……vediamo cosa “dicono” le urne fra una settimana.

MELONI È UN DISASTRO
Il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, uomo non certo di sinistra, nelle sue Considerazioni finali rese ieri, ha indicato i due problemi da affrontare in modo strategico.
Primo, combattere il calo demografico che comporterebbe, se non risolto entro pochi anni, una discesa drastica del Pil. Un numero dietro il quale stanno chiusure, disoccupazione, impoverimento e crisi economica. Occorre, dice Panetta, almeno raddoppiare i flussi di lavoratori immigrati previsti dal governo, incentivare il lavoro giovanile e femminile e la natalità. Altro che pensare al Jobs Act, aggiungo.
Secondo alzare il livello dei redditi dei lavoratori. Dal 2000 ad oggi un lavoratore italiano prende, per ora lavorata, il 25% in meno di un lavoratore tedesco o francese. La democrazia è anche questione di reddito e occorre detassare il lavoro.
Meloni e la sua maggioranza non sono i più indicati per governare questa situazione, le loro politiche vanno esattamente in senso opposto.
Draghi ha lasciato la macchina col pieno di benzina. Meloni, avvertita in anticipo dai sondaggi favorevoli, si era preparata, profittando anche delle capacità pedagogiche di Supermario, dando continuità ad alcune scelte macroeconomiche sulle quali, tuttavia, ha innestato provvedimenti corporativi e clientelari tipici da governo degli affamati arrivati a tavola.
Ha aumentato le tasse per soddisfare questa “fame”, soprattutto quelle indirette come l’aumento dell’iva sui prodotti per l’infanzia e l’igiene femminile o la mancata cancellazione delle accise sui carburanti.
Dunque ora viviamo una strana situazione di passaggio. Da un lato gli indicatori macroeconomici ci vedono in situazione positiva (aumento del Pil, dell’occupazione etc.) dall’altro quelli riguardanti l’economia reale delle famiglie e dei singoli soffre per l’aumento del costo della vita e per i bassi redditi.
E il clima pre-elettorale favorisce una comunicazione asimmetrica.
In un qualsiasi paese da un lato il governo sottolinea i suoi successi e sorvola sui problemi, dall’altro l’opposizione fa il contrario. In Italia questo accade con due singolari particolarità.
La prima. Da quando è alla guida Meloni ha fatto strada, ma non dice che questo le è stato possibile usando il pieno lasciato da Draghi. Ma soprattutto non dice che ora sta viaggiando con la spia della riserva accesa.
Non può dirlo perché annunci come questi si possono fare se si indica ai cittadini il prossimo punto di rifornimento, se si hanno progetti strategici di rilancio e obbiettivi di riforme vere. Cose che Meloni non ha.
La seconda è l’esistenza di una parte maggioritaria dell’opposizione, che sfiora il 40% dei voti espressi, che invece di convergere su strategie e riforme, fa a gara per proporre ai cittadini obbiettivi disparati, inutili e dannosi.
L’occupazione vola? Abroghiamo il Jobs Act, che ha aperto il mercato del lavoro. I salari sono bassi? Approviamo per legge il salario minimo, come dire approviamo il socialismo con decreto ministeriale vista la difficoltà di fare la rivoluzione.
In compenso tutta quell’opposizione si schiera a difesa del più grande sperpero di risorse pubbliche della storia repubblicana. 200 miliardi dei cittadini, quelli coi redditi bassi e che pagano le tasse e l’affitto, per ristrutturare il 4% delle abitazioni private. Una voragine nei conti pubblici che si chiama Giuseppe Conte e M5S.
Ma il PD non può dirlo perché PD e M5S stanno piantati, fissi come pali nella vigna dell’inutile opposizione. Così come non può dire che per riformare la Sanità pubblica occorrerebbe chiedere all’UE di rimettere in pista i 37 miliardi che avremmo potuto prendere dal MES Sanitario e che Conte, in pandemia, rifiutò spalleggiato da Zingaretti e Letta, dicendo che non ne avevamo bisogno.
E oggi Schlein e Conte hanno la faccia tosta di parlare di sanità.
Il pieno di Draghi sta finendo, meglio fare rifornimento alla prossima stazione di servizio che si chiama Stati Uniti d’Europa.

I miei articoli DEL 1/6/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

La pavidità del male. L’indecisionista Meloni isola l’Italia, punisce gli ucraini e mostra il suo vero volto

Siamo uno dei pochi paesi che non ha ancora dato il via libera a Zelensky di usare le armi fornite a Kyjiv anche per attaccare le postazioni missilistiche russe da cui partono gli attacchi sui civili.

Giorgia Meloni riporta in auge l’Italietta che nei momenti chiave si isola nelle sue furbizie e parafrasando Hannah Arendt nella pavidità del male. I Paesi del mondo libero e democratico hanno quasi tutti deciso di allentare le restrizioni che impedivano l’uso di armi in dotazione all’Ucraina in gradi di colpire le postazioni sul suolo russo da cui partono gli attacchi di Mosca.  Il governo tedesco ha autorizzato Kyjiv a utilizzare le armi inviate a supporto difensivo per gli attacchi nella zona al confine tra i due Stati. In questo senso ci sono state consultazioni negli ultimi giorni tra Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania. Anche la Polonia, gli scandinavi, i baltici, i Paesi Bassi, il Canada hanno deciso in questa direzione.  Mancano all’appello Belgio, Spagna e appunto l’Italia. Che nel distinguersi dai maggiori Paesi civili del pianeta sta realizzando una specie di unità nazionale al contrario. Matteo Salvini, Antonio Tajani e Guido Crosetto guidano il fronte del no alla sollecitazione venuta dal capo della Nato Jens Stoltebnerg nel silenzio di Meloni, che è meno empatica degli altri tre nei confronti della Russia: ha scelto un doroteo barcamenarsi ma a un certo punto, cioè al G7 o al vertice Nato, dovrà pur esporsi. In questa fase, la presidente del Consiglio è come se avesse preso il treno di ritorno rispetto a quello su cui viaggiò Mario Draghi insieme a Emmanuel Macron e Olaf Scholz, leader che invece si stanno comportando coerentemente, verso Kyjiv. La scelta di non seguire gli alleati della Nato sta isolando dunque il nostro Paese relegandolo ai margini della vicenda europea più importante degli ultimi decenni insieme alla Cechia e, come detto, a Spagna e Belgio (ma Pedro Sanchez ha recentemente stanziato più di un miliardo per l’Ucraina). Le potenze europee e gli Stati Uniti al contrario fanno un ulteriore passo a difesa del popolo ucraino, una scelta certo non facile che ha già suscitato le solite rappresaglie verbali di Mosca, mentre il governo Meloni si ritrae perché a pochi giorni dal voto non vuole avere problemi con un’opinione pubblica spaventata. Purtroppo questa è anche l’ansia del Partito democratico, oltre che del pacifista alle vongole Giuseppe Conte, visto che i dem hanno scelto una linea di galleggiamento.  Quella del governo è pertanto una linea propagandistica che si fa forza di motivi di costituzionalità tutti da dimostrare che vengono agitati da Antonio Tajani che nell’occasione sembra Nicola Fratoianni; e con il Pd preoccupato da una possibile escalation, come se il mondo democratico si divertisse a prendere decisioni drammatiche, e sostenitore di una trattativa che si vede solo dalla terrazza del Nazareno. L’Italia scappa, dunque: la pavidità del male.

Condividi:

Mai come oggi, la Pace di cui abbiamo goduto per quasi 80 anni, è stata così tanto in pericolo.Per questi serve votare STATI UNITO D’EUROPA.

Stati Uniti d’Europa è l’unica lista che ha un progetto chiaro per l’Europa e noi se eletti andremo veramente a Bruxelles, non come gli altri. Continuiamo così , facciamo conoscere il nostro simbolo, raccontiamo il nostro sogno. Noi continuiamo a stare nelle piazze e nelle strade dei territori del Nord ovest a spiegare le nostre idee per cambiare l’Europa, per renderla più forte e autorevole, più pragmatica.

Mai come oggi, la Pace di cui abbiamo goduto per quasi 80 anni, è stata così tanto in pericolo. Il mondo è una polveriera e l’Europa, così com’è, non è in grado di giocare alcun ruolo. Mai come oggi le elezioni europee sono state così fondamentali. Per questo ti incoraggio a votare e far votare, anche se non ne hai voglia. Lo dobbiamo ai giovani, lo dobbiamo ad Altiero Spinelli, che dal carcere sognava l’Europa. Comunque, se non voti, altri lo faranno ed il risultato potrebbe non piacerti. Sii protagonista del tuo futuro! Dobbiamo realizzare il sogno di un’Europa forte che possa avere un ruolo importante nel panorama geopolitico. Per questo è necessario votare ed eleggere persone competenti, preparate, che conoscano i dossier e sappiano come maneggiarli. Io voterò STATI UNITI D’EUROPA. Un gruppo che sta insieme perché ha un PROGETTO comune ed è composto da persone di valore che hanno saputo buttare il cuore oltre l’ostacolo, limando le differenze, per realizzare un sogno. IO VOTERÒ RENZI E PAITA. Mi permetto di suggerirlo anche a te, anche nel caso in cui RENZI non ti piacesse perché, comunque la si pensi, è certamente un politico di spessore. Questo è ciò che conta. NON LA SIMPATIA, MA LA COMPETENZA. Inoltre, lui in Europa ci va davvero. Assieme a lui, ti prego di votare RAFFAELLA PAITA, validissima candidata, molto competente e motivata. Si possono dare 3 preferenze, purché siano alternate. #scriviRenzi#scriviPaita

Quello stile inattuale e bellissimo di BERLINGUER.

Rimpiangiamo Enrico Berlinguer perché incarna ciò che la comunità ha perduto per sempre: la compostezza. La stima e la reverenza che ancora circondano, quarant’anni dopo la sua morte, la figura di Enrico Berlinguer non sono di natura direttamente politica. Non direi che discendano dalle sue idee più forti e memorabili (l’austerità; la questione morale) e nemmeno dal suo indirizzo strategico (il compromesso storico).

 Berlinguer era una figura “quasi papale”, ma era proprio così un po’ il ruolo del segretario dell’epoca, un Papa alla Paolo VI, composto, sofferente, attento alla misura nel governare le varie “anime” della propria comunità. Ma la misura era anche il segno distintivo di quella classe dirigente: basterebbe vedere una delle tribune politiche dell’epoca, quei “lei, onorevole, dovrei contraddirla…” tra nemici (politici) giurati che in privato si davano del tu e prendevano insieme il bus (non auto blu) dal quartiere di Roma per andare alla Camera. Essendo poi della città di Berlinguer, amico personale di suoi nipoti che hanno lo stesso suo garbo ancora oggi, non posso non vedere quella sobrietà dei “signori” d’altri tempi che sopravvive in chi ha vissuto la propria condizione come un privilegio, non solo evitando di ostentarla ma passando la propria vita a compensarne gli effetti, quasi nel cercare un contatto con un’umanità da cui si sentono esclusi. Mi piace questo ricordo. Mi Piaceva Berlinguer. Quanto hanno da imparare. È vero il segretario del PCI era una figura quasi papale perché il comunismo era una fede, più di un’ideologia. Giusto o sbagliato che fosse. Berlinguer credo che non vada né mitizzato, né tirato per la giacca di qua o di là oggi, ma semplicemente studiato, analizzato come un leader politico di grande levatura sia del partito comunista di allora che per il senso della Costituzione repubblicana: la sola vera patria comune. In questo senso ritengo che sia una figura importante e significativa della storia civile e politica italiana; altre invece sono solo figurette o figuracce la cui lista è troppo lunga. Ecco, giusto lo stile va studiato perché attualmente l’hanno dimenticato. . Per il resto Berlinguer è molto sopravvalutato. Filo sovietico e stalinista in gioventù che davvero poco si era scostato da li negli anni della maturità. Quanto alla buona creanza dei politici di oggi che parlano troppo direi che basterebbe chiudere gli orridi talkshow e concepire una comunicazione diversa. Ma a molti conviene così. Ma ! Resterebbero comunque i social, a permettere a questa pessima classe politica di dare il peggio di sè.

Fassina: “Alleanza europea tra M5S e rossobruni per negoziare con Putin e non piegarci agli Usa”

Fassina o ci fa o ci è. FASSINA DICE “per imporre un cessate il fuoco e costruire un mondo multipolare con una Ue libera e non schiacciata sul liberismo”. Un susseguirsi di contraddizioni: – se imponi un cessate il fuoco vuol dire che hai già vinto la guerra e l’altro l’ha persa: non è la pace. – la libertà della UE è basilare, ma staccarla dal liberismo per incollarla al comunismo per di più sovietico non sembra una buona idea, visti gli eventi storici passati ed attuali Non sono riuscito ad andare oltre la lettura della terza risposta di Fassina, in cui afferma “Non possiamo vincere la guerra mandando ancora armi in Ucraina. Oramai è riconosciuto da tutti gli attori occidentali. ” In queste poche parole riesce a 1) distorcere i fatti, 2) affermare falsità ed 3) eludere la domanda postagli sulle conseguenze dello “… stop al sostegno ed invio di armi …” 1) “Non possiamo vincere la guerra … ” Notare l’uso del “Noi” e del “vincere” 2) “Oramai è riconosciuto da tutti …” Notare l’uso di “riconosciuto” e “tutti” 3) “La via del negoziato non favorisce Putin”. Fassina o ci fa o ci è. L’Europa che lui vuole indipendente , per poter esserlo deve anche avere la forza per difendere la sua indipendenza da nazioni super armate e aggressive. Le strade sono due : o diventare la cassaforte di tutti come la Svizzera , o armarsi in modo da scoraggiare tentativi di invasione .Tertium non datur. PERCIò. Caro Fassina abbia il coraggio di dire che lei con i vari gruppi rossobruni ( con dentro molti ultranazionalisti e fascisti) non chiedete a Putin di negoziare ma volete una resa incondizionata dell’ucrania. OK: Oh eccoli qua , finalmente si esprimono in modo chiaro, questi non vogliono la Nato, rivogliono la ex Unione Sovietica, sono sempre le stesse teste pensanti, quelli che se il popolo decide con un referendum per la separazione delle carrierie dei magistrati, ebbene questi signori, che soni di destra e di sinistra, non daranno mai mandato per questa legge, loro sono intelligenti e il popolo bue è facilmente influenzabile, mano male che c’è Fassina e Bersani, e Meloni e Salvini e quel finto Conte e Tajani e Dio ce ne scampi da Salvini che predica secessione e si presenta in tv con dietro la bandiera Italiana. Qualcuno gli spieghi a questi CIARLATANI: che si tratta sempre, o ci si sforza di farlo, anche mentre si combatte, o si resiste. Questo vale sempre in linea di principio. Poi ne’ io ne’ i Fassina & C abbiamo idea di come si stia trattando: ma anche i tavoli sanno che la Russia è un paese che i trattati non li rispetta (i trattati, non le promesse), dunque cedere il 20%-25% del territorio ucraino alla Russia sarebbe forse auspicabile se si avesse la certezza che poi la Russia non riprenderebbe ad attaccare. “L’Ucraina non esiste”: ecco la causa della guerra. Ma poi: chi ha violato le linee rosse? Gli occidentali cattivi? Mi dispiace che i Fassina &C, vada contro il principio di realtà. Quando parla di economia si può ascoltarlo, poi si può essere d’accordo o meno, ma dimentica che in politica come in economia senza il principio di realtà non si va da nessuna parte. Poi, ad allearsi anche col diavolo, forse è meglio lasciare perdere. OK: Nessuna sorpresa . Tutti i partiti di estrema destra in Europa sono dalla parte di Putin e diventano , su questo soggetto, alleati della sinistra “pacifista”. CHE: strana constatazione. L’attuale momento storico vede alleati fra loro le estreme destre, Putin ed i suoi colleghi (Cina, Corea del Nord, Sudafrica, ..), le sinistre “pacifiste” e l’intero mondo islamico. Unico collante: la lotta secolare contro la cultura dell’Occidente, evoluta rispetto a tutte le suddette aree nel mondo. E’ proprio strano? non vi sembra?

Fassina: “Alleanza europea tra M5S e rossobruni per negoziare con Putin e non piegarci agli Usa” L’ex sottosegretario all’Economia: “Dialogo auspicabile tra le loro forze e quella della sinistra per imporre un cessate il fuoco e costruire un mondo multipolare con una Ue libera e non schiacciata sul liberismo”

Onorevole Stefano Fassina, l’ipotesi di un accordo in Europa tra il Movimento 5 stelle e Alleanza di Sahra Wagenknecht le sembra credibile? Lei con la sua associazione “Patria e Costituzione” ha posizioni simili a entrambi i partiti. «La prospettiva mi sembra molto interessante, anzi auspicabile. Noi con il gruppo di Sara Wagenknecht, in particolare con Fabio De Masi, abbiamo un filo diretto dal 2015. Lei ha mandato un messaggio all’assemblea fondativa di Patria e Costituzione nel 2018. Il movimento che ha promosso è serio». [[(FckEditorEmbeddedHtmlLayoutElement) EU]] Ma quale sarebbe il legame vero tra questi mondi? «Entrambi i movimenti intercettano un pezzo di periferie sociali in grande sofferenza che senza qualcuno sul fronte progressista che ne raccoglie le domande non vanno a votare. Oppure, peggio, si rivolgono a destra. Vede, una volta queste fasce di popolo, di persone in carne e ossa, schiacciate dal liberismo, si rivolgevano ai partiti di sinistra o alle forze del cattolicesimo sociale nei partiti democristiani». Va bene, le “periferie” abbandonate. Ma questa alleanza che lei auspica ha un valore in Europa e molti la vedono come una ulteriore sponda che potrebbe avere Vladimir Putin: con lo stop al sostegno all’Ucraina e all’invio di armi per combattere la Russia che li ha invasi. «Veramente ritengo che le proposte dei movimenti di cui parliamo abbiano l’effetto contrario a quello che dice lei. Non possiamo vincere la guerra mandando ancora armi in Ucraina. Oramai è riconosciuto da tutti gli attori occidentali. La via del negoziato non favorisce Putin. È l’unica strada per evitare ulteriori morti al popolo ucraino e costruire una prospettiva multipolare». Ma secondo lei Putin si sederebbe a un tavolo per dialogare in questa prospettiva multipolare? «Dopo 2 anni e 3 mesi di scavalcamento di ogni linea rossa e di una dozzina di pacchetti di sanzioni sarebbe ora di riconoscere che con Putin si deve trattare. Putin non ha la forza per rifiutare un negoziato. Si deve lavorare innanzitutto ad un cessate il fuoco». Tornando al tema “multipolare”, ma in qualsiasi prospettiva l’Europa deve scegliere in che polo stare: quindi o con l’Occidente o con la Russia o la Cina. Non è cosi? «Ma l’Europa deve stare con se stessa, con la parte migliore della sua storia: ponte verso oriente e verso l’Africa. È chiaro che l’Europa ha una relazione imprescindibile con gli Usa ma senza esserne succube, come ora. C’è chi punta a ricostruire la stagione della guerra fredda e chi con realismo riconosce il mondo multipolare. In questo scenario si colloca bene il dialogo tra Sara Wagenknecht e M5S. Su questo asse, c’è larghissima parte dell’universo cattolico, i partiti della sinistra Ue e la parte del Pd che ha voluto la candidatura di Marco Tarquinio».

Vannacci: Questo general-azzo ricorda la decima mas, del fascistaccio junio borghese, noto per le sue imprese, dalla guerra civile di Spagna con Hitler e Mussolini, al golpe Borghese, con forestali (sic!) e qualche general-azzo.

Tentano di mimetizzarsi, di mascherarsi da gentleman, parlano anche di democrazia e di Istituzioni ma non resistono al Richiamo della Foresta. “X”: il simbolo perfetto per il leghista medio… o più che altro la sola cosa che sa scrivere. Cioè? Significa che i suoi possibili elettori sappiano scrivere? Pensa che siano così acculturati? La cafonaggine al potere…tutto iniziò nel 94 con l’ex fu cav, allora pensavamo di essere arrivati al massimo…ma si stava aprendo un degrado culturale che ancora oggi è senza fine.. E canna al vento alias Tajani che dice ? MI SON FURESTU, PER ME TUTTO VA BEN I QUADRATI I TRIANGULI LE RIGHE PER TERRA, PER ME TUTTO FA BRODO..anche le croci uncinate, le fiamme tricolori, le X della decima MAS. Fanno gara chi e più a destra. A proposito: Qualcuno potrebbe chiarire alla signora Meloni che non è una spiegazione dire che FdI tiene la fiamma per continuità con il MSI e AN. Questa continuità è proprio il problema sotteso alla domanda a cui attendiamo una vera risposta. E mi sa che anche quello è in continuità con le loro origini, vincere e vinceremo e poi perdi e scappi vestito da tedesco. Proprio così, sembra che tirare il sasso e nascondere la mano senza coraggio sia proprio una loro “qualità”. Insomma, questi stanno cercando in tutti i modi di comunicare agli elettori il loro pensiero e non creare fraintendimenti. Chi li vota evidentemente si riconosce nelle loro azioni e ragioni, purché non se ne dolga in seguito. OK: Quelli che li votano sono irrecuperabili, vivono in una realtà a parte. Ma quelli, tanti, che non votano perché ancora riescono a dire “tanto son tutti uguali”, sono i più difficili da capire. Gli indifferenti di Gramsci. Ci risiamo, dopo 100 anni. Comunque vada Vannacci è un “porello”. Sembra un personaggio dei film commedia degli anni settanta sui militari tipo ” IL sergente Rompiglioni” o “4 marmittoni alle Grandi Manovre”. Ma il più attinente è senz’altro ” Patroclo…e il soldato Camillone, grande grosso e frescone” UGUALE. AUGURI ITALIANI IO VOTO STATI UNITI D’EUROPA.

Vannacci: “Alle europee fate una ‘Decima’ sulla Lega”. È polemica e lo staff precisa. Meloni: “La fiamma nel simbolo di FdI? In continuità con Msi e An”

Fa discutere il video del generale candidato con il Carroccio realizzato per la campagna elettorale. L’entourage: “Si riferisce alle imprese eroiche della Marina Militare prima dell’armistizio” “Il prossimo 8 e 9 giugno quando andrete a votare per le elezioni del Parlamento europeo fate una ‘Decima’ sul simbolo della Lega e scrivete Vannacci. E li travolgeremo tutti con una valanga di voti”. Ancora il generale Roberto Vannacci. In un video realizzato in occasione della campagna elettorale per le Europee, il candidato della Lega alle europee fa riferimento alla Decima flottiglia Mas, corpo militare della Marina nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana, che, al comando del capitano di fregata Junio Valerio Borghese, in seguito all’armistizio di Cassibile, operò in coordinazione coi reparti tedeschi. “A presto per cambiare questa Europa che non ci piace”, dice ancora nel filmato che non compare sui social ufficiali del generale candidato per la Lega in tutta Italia ma l’autenticità è confermata da diverse fonti, sia del partito che dello staff che cura la campagna di Vannacci. Che, secondo Matteo Salvini, “sarà uno dei più votati non della Lega ma di tutti i partiti. È il bello della democrazia, è come negli Stati Uniti provano a fermare Trump usando le aule dei tribunali come una clava, come hanno fatto contro Berlusconi per 30 anni, ma poi scelgono liberamente i cittadini in Italia come negli Stati Uniti”. Meloni e la fiamma nel simbolo FdI La premier Giorgia Meloni torna sul simbolo di Fratelli d’Italia: “È su sfondo blu che in Europa è il colore che normalmente identifica i partiti di destra e centrodestra, FdI è il nome che scegliemmo quando fondammo il partito che richiama il nostro inno nazionale: era un messaggio di appartenenza forte alla comunità nazionale. Normalmente a destra si preferisce definirli movimenti e non partiti, a differenza della sinistra. La differenza di fondo è che il movimento” significa “‘cerco di mettere insieme’”, dice intervistata da Skuola.net in vista delle elezioni europee. Poi c’è il nome Giorgia Meloni e la fiamma tricolore che “è lo storico simbolo che accompagna la storia della destra repubblicana, prima Msi poi An e siccome andiamo in continuità con quella storia l’abbiamo stilizzata e ripresa e poi c’è una banda tricolore che richiama il Tricolore”, conclude la presidente del Consiglio. La precisazione dello staff di Vannacci. Lo staff di Vannacci precisa ancora che, per quanto riguarda il contenuto, “la Decima Mas, come riportato da Treccani, è ‘il reparto dei mezzi d’assalto della Marina italiana che nel marzo del 1941 assunse la denominazione di Xflottiglia Mas”. Nel libro ‘Il coraggio vince’ il generale Vannacci ricorda come da ragazzo fu ispirato ad entrare nei corpi speciali dalle imprese compiute dalla X flottiglia Mas prima dell’armistizio – si sottolinea quindi – Il riferimento, come già scritto nel libro, è alle imprese di Malta e ad Alessandria In Egitto, prima dell’8 settembre”. Anche lo stesso Vannacci, mentre monta la polemica: “”Nello spot si fa riferimento a Decima Xglorioso reparto della regia Marina che ha operato fino al 1943 e del quale tra gli altri faceva parte anche Teseo Tesei. Nulla a che vedere dunque con l’interpretazione che ne stanno dando altri”, dichiara a ‘Notizie.com’. Le reazioni a Vannacci Il nuovo video ha scatenato polemiche. Per Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi Sinistra, “l’appello al voto del candidato della Lega Vannacci è un atto assurdo e inaccettabile che offende profondamente la memoria storica e il rispetto per le vittime del nazifascismo”. Sui social il segretario di +Europa Riccardo Magi commenta: “Un militare, un politico, un candidato alle elezioni dovrebbe conosce la legge italiana che vieta l’apologia del fascismo”.

Meloni senza freni attacca pm e Vaticano.

La ducetta. Attendiamo discorso dal balcone di piazza Venezia. E il « popolo «  gridava sotto il balcone di piazza Venezia: Ducetta! Ducetta!Ducetta!

La premier stronca le critiche di Zuppi al premierato: “Oltretevere non c’è una repubblica parlamentare”. Difende la separazione delle carriere e addita i magistrati: “L’arresto di Toti sotto elezioni”. Lite in maggioranza sulla riforma.

Giorgia Meloni mette alla sbarra i magistrati. Per dare forza alla riforma della giustizia, e difenderla dalle critiche dell’Anm, contesta alcune decisioni di giudici e pm, ne sollecita altre. La premier utilizza la ribalta offerta da Dritto e rovescio, su Rete 4, per giocare in contropiede.

Mio nipote mi ha raccontato una favola. ” C’era una volta un Bel Paese, governato da una delle destre che vagano per il mondo. Di solito le destre vengono accreditate di mantenere l’ordine. Invece questa destra ha capito che è più conveniente favorire il disordine. E allora inizia ha fare leggi che mettono in difficoltà i Magistrati durante le indagini, limitando drasticamente lo strumento delle intercettazioni, favorendo i criminali. Scopre che i malfattori votano , allora si alleano alle elezioni con pregiudicati per mafia che hanno fondato partiti . Addirittura uno di questi ex mafiosi si vanta di poter disporre di non meno di duecentomila voti, di anime morte. Il Bel Paese , da su a nord è in mano alla criminalità organizzata, allora ti organizzano una bella legge per mettere sotto tutela la Magistratura con l’ intento di ridimensionare il potere. I malfattori possono continuare indisturbati. C’era uno strumento che aiutava a scovare gli evasori, allora togliamolo. E vissero felici e contenti.”

Come si permette il Vaticano a criticare il premierato di Meloni Georgio, quello di Dio, Patria e famiglia. Non c’ è più religione. La cameriera attacca Zuppi dicendo che il Vaticano non e’ una repubblica. Peccato che Zuppi sia italiano. E dopo aver letto un documento scritto da altri sul caso Matteotti, in cui valuta il diritto di esprimersi in liberta’ questo diritto lo nega ad una persona di grande livello culturale e di intelligenza. La nota eleganza che tutti le riconoscono. L’astro’ nascente della politica mondiale. Zuppi umiltà e cuore e intelligenza al Servizio degli altri: è una vita che studia partendo dalle periferie romane per approdare alle bolognesi. Perché da Sacerdote libero cittadino italiano quale è parla sempre col cuore sgombro e nello sguardo leggere uno stile di pace e stima nei confronti del prossimo. Ma soprattutto destronzi : questi si riempiono la bocca della parola “Dio” ogni santo giorno, perché vogliono “difendere l’identità cristiana dell’Italia”; si fanno fotografare con i preti amici in ogni occasione possibile; coinvolgono il Papa per farlo parlare agli Stati Generali della Natalità. Poi, improvvisamente, non gli sta bene che uno come Zuppi esprima la sua opinione (da cittadino italiano) sulle riforme costituzionali? Praticamente vogliono che i rappresentati della Chiesa parlino solo quando e come fa comodo a loro. Fascisti erano e fascisti sono rimasti. Ho la sensazione che ci siano sempre più persone che si sentono prese in giro con la continua elencazione (senza contraddittorio) dei grandi successi (economia, occupazione, stipendi,…), di questo governo. E non ho ancora incontrato una sola persona che giudichi favorevolmente le riforme su premierato, autonomia differenziata e giustizia. Ottimo segnale. Sta perdendo la testa. L’arroganza e la violenza verbale non esprimono mai la forza delle idee ma debolezza che deriva dal desiderio di compensazione per l’attenzione e il riconoscimento che non si sono avuti. Il potere, dopo essere stati all’asciutto per tanto tempo, può ubriacare e l’infantile bisogno di restituire offese o avanzare minacce anche personali non si addicono davvero alla carica che ricopre. Ma al suo elettorato, alle sue curve, piace così. Normalmente il continuo attacco a qualcuno, rivela debolezza. Il non confronto continuo e la promulgazione presso i media amici delle SUE verità le serve per far credere agli altri ciò a cui neanche lei crede. Ma il popolo a cui lei si aggrappa in maniera spasmodica le serve ancora un po’ . A disegno ultimato il popolo o gli italiani saranno semplicemente un ‘appendice. La stessa appendice che le è servita per vincere le elezioni. Ricordate quante promesse? Siamo allo stesso punto. La ducetta. Attendiamo discorso dal balcone di piazza Venezia. E il « popolo «  gridava sotto il balcone di piazza Venezia: Ducetta! Ducetta!Ducetta! Quanta distanza dei palazzi dal mondo reale. Di chi con la giustizia no ha mai avuto a che fare. Che si alza la mattina per condurre una vita vuota. Una continua campagna elettorale come se fosse ancora all’ opposizione. Naturalmente, assieme alla bestia leghista, il tutto basato su mistificazioni. A partire dalle loro origini ed eventuali evoluzioni fiuggiane. Quotidianamente ci viene proposto un nemico, o capro espiatorio, per distogliere l’ attenzione pubblica dai reali drammi quotidiani. Una politica basata sull’ odio per il diverso e l’ amichettismo più sfrenato ai parenti ed eventuali. Il solito modus operandis populista, dove il politico fa l’ influencer ed incita il tifo da stadio. Il tutto in salsa minculpop.

Serve ringraziare RENZI! L’ABBIAMO SCAMPATA BELLA

Se penso cosa abbiamo rischiato, non una volta ringrazio Renzi ma cento mila volte. Grazieeee Matteo Renzi per lo scampato pericolo

Da seconda carica dello stato nella precedente legislatura a ministra per le riforme nell’attuale governo. Cosa connota Maria Alberti Casellati? Il suo no senso istituzionale. Il centrodestra ha provato ad utilizzarla nella corsa verso il Colle. Salvini le promise, dall’alto del consenso che aveva, che l’avrebbe fatta Presidente della Repubblica. La misura sarebbe stata davvero colma! L’avvocata Casellati, quella che più si distinte per la difesa di ogni cosa fatta da Berlusconi, sarebbe stato il coronamento di quel disegno che da vent’anni vuole un profilo conservatore al Quirinale. Per fortuna non andò così! E il merito ancora una volta è stato di Matteo Renzi che con capacità e strategia ha saputo riconfermare Mattarella, nonostante l’accordo poi siglato tra Letta, Salvini e Di Maio sulla Belloni. Ieri la Casellati si è distinta anche per certo stile “vattelappesca”. Due volte, nel giro di pochi minuti ha mandato col il gesto a quel paese il senatore Enrico Borghi, solo perché aveva difeso i senatori a vita. Direi che anche dietro questo episodio, l’abbiamo scampata! Non sempre dire donna significa esprimere il meglio. In questo caso donna significava danno!

Renzi: «Meno tasse in busta paga, un aiuto ai giovani del Sud»

Intervista a Matteo Renzi per «Il Mattino» del 31-05-2024 Il leader di Iv: «Così incentiviamo le nuove generazioni a non emigrare. Basta burocrati in Ue, Stati Uniti d’Europa vuole difendere le imprese, sì a Draghi».

Senatore Matteo Renzi, lei ha proposto un salario d’ingresso più che uno minimo come il Pd: di cosa si tratta? «Un giovane laureato che entra nel mondo del lavoro, dopo anni di sacrifici e spese si ritrova con un salario d’ingresso nel mondo del lavoro, il primo stipendio, che è spesso sproporzionato rispetto al costo della vita. Questo non gli consente di essere indipendente, di acquistare una casa, di mettere in cantiere, se vuole, un figlio, di progettare il suo futuro. Magari sceglie di spostarsi e andare all’estero. Il dramma vero di questo Paese – e la vera ferita per il Mezzogiorno- non è l’immigrazione ma l’emigrazione. Per questo la prima preoccupazione che il governo dovrebbe avere è detassare il lavoro. Io feci gli 80 euro: oggi dico che ne servirebbero molti di più. Quanto al salario minimo, non sono contrario: semplicemente se farlo significa finanziarlo con le tasse dei contribuenti, magari con una patrimoniale, dico no». “Ue o si cambia o si muore”, dice lei: come? «Il mondo va a fuoco. Guerre, dal medio oriente all’Ucraina, crisi, inflazione. E l’Europa è ininfluente. Servono gli Stati Uniti d’Europa: che vuol dire elezione diretta del presidente della Commissione e quindi più democrazia, abolizione del potere di veto che blocca qualunque passo in avanti verso politiche comuni coraggiose, liste transnazionali, esercito e diplomazia comuni. Meno Europa, come vorrebbe Salvini, non significa più Italia. Significa più Cina e più Russia». È sempre dell’idea che le riforme sul premierato e sull’autonomia di questo governo non passeranno? «Io sono favorevole all’elezione diretta del premier come a quella del presidente della Commissione europea. Il problema è che la riforma Casellati non si regge in piedi: è un testo senza equilibrio e senza coraggio. In Senato l’altro ieri ho lanciato una provocazione: proponete il semipresidenzialismo alla francese. Ma la verità è che mancano di prospettiva e cultura riformista. Quanto all’Autonomia, è una bandierina lo ribadisco. Non si farà, non riescono ad andare oltre gli annunci. Direi per fortuna, da un lato. Dall’altro è incredibile come in oltre un anno e mezzo di governo siano riusciti a produrre solo misure spot, dal decreto Rave al decreto Ferragni» Su quali riforme darebbe una mano al governo? La giustizia? «Noi degli Stati Uniti d’Europa abbiamo il garantismo nel dna. Fra i nostri capilista ci sono figure come Gian Domenico Caiazza, che fu avvocato di Enzo Tortora e Rita Bernardini, una vita spesa nella difesa dei diritti dei reclusi. Sulla riforma della giustizia è ovvio che ci saremmo e siamo d’accordo con il via libera alla separazione delle carriere. Il punto è: si farà? Perché finora abbiamo sentito solo annunci. E se permette, iniziamo a dubitare che si concretizzino». Per le Europee sta polarizzando lo scontro contro Fi: perché? Per un eventuale bis alla von Der Leyen sponsorizzato dal Ppe? «Ursula von der Leyen ha fallito su tutti i fronti. Dalla politica estera, dove ha reso l’Europa ininfluente, al green deal. Un vero e proprio disastro che non produce risultati in termini di lotta al cambiamento climatico ma che ha penalizzato le nostre imprese e i nostri posti di lavoro, facendo un regalo ai Paesi come India e Cina. Forza Italia un tempo era dalla parte delle imprese ora sta dalla parte di von der Leyen che ha voluto il green deal. Noi, al contrario, faremo di tutto per provare a portare alla guida della Commissione Mario Draghi. Chi vota Forza Italia vota Ursula von der Leyen, chi vota Stati Uniti d’Europa vota Draghi». II problema del voto di giugno sarà anche l’astensionismo, specie al Sud: come si combatte? «L’astensionismo è la malattia delle democrazie contemporanee. Le ragioni sono molte: certo, la disillusione. I populismi che hanno fomentato l’antipolitica, senza dare risposte. Credo però che al di là della retorica ci siano fattori ineludibili: da un lato il crollo delle ideologie. E poi, il grande tema della spesa pubblica: la coperta è corta, le risposte più complesse da dare. Eppure continuo a pensare che si possa ancora far innamorare le persone della politica. Il mio appello a chi pensa di non andare a votare non è tanto quello di scrivere il nome Renzi sulla scheda. Chi vorrà farlo, lo farà. È quello di scegliere un simbolo che dà una prospettiva di futuro ai nostri figli. E avere la garanzia che, a differenza di Tajani, Meloni, Schlein, i candidati della lista Stati Uniti d’Europa se eletti andranno a Strasburgo». Le armi a Kiev dovrebbero essere usate anche contro la Russia? «L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata un atto criminale. Per questo fin da subito abbiamo detto sì alle armi a Kiev, sì alle sanzioni a Mosca. Parallelamente, abbiamo chiesto per primi che fosse nominato un inviato speciale per la diplomazia. Un leader come Tony Blair o Angela Merkel. Accanto alle armi, serve la politica. Non servono escalation ma ritengo che sia anche sbagliato usare la pace come una bandierina, un hashtag elettorale come fa Giuseppe Conte. La pace deve essere una pace giusta. Non può tradursi nella resa dell’Ucraina». Intanto la politica dibatte sullo scontro Meloni-De Luca. «Giorgia Meloni ha dimostrato di essere ancora una volta una perfetta influencer. Lo scontro era chiaramente preparato, a portata di telecamera dello staff della premier. A Giorgia Meloni dico: esca dalla campagna elettorale costante, dallo scontro istituzionale e pensi lavorare per il Mezzogiorno».

Renzi: «Mondo produttivo, cultura, Mes e sociale le mie priorità europee»

Intervista a Matteo Renzi «Il Giornale di Brescia» del 31-05-2024. L’ex premier parla della sua candidatura europea: «Von der Leyen bocciata la soluzione è Draghi». Matteo Renzi arriva a Brescia ad una settimana dalle elezioni europee. Le prime in cui è candidato nella lista di Stati Uniti d’Europa, nato dall’accordo tra varie forze politiche, le cui principali sono Italia Viva e +Europa. La scommessa dell’ex premier è quella di andare al Parlamento europeo e come prima sfida si pone quella di portare Draghi alla guida della Commissione europea. Sono ormai passati dieci anni dalle Europee in cui il Pd guidato da Renzi ottenne il 40%, le prospettive sono differenti ma il politico fiorentino mostra grande verve durante l’intervista in redazione al Giornale di Brescia. Come va la campagna elettorale di Stati Uniti d’Europa? «Bene e la cosa che mi convince e penso possa convincere gli elettori è che noi nel nome proponiamo già il nostro progetto politico: “Gli Stati Uniti d’Europa”. Non il nome di Tajani, di Calenda o di Meloni. C’è poi un secondo punto che secondo me è davvero importante: siamo gli unici i cui leader, se eletti, vanno a Bruxelles. Non siamo abituati a chiedere il voto per non andare in Europa. Tutti si candidano, ma non ci vanno. Su 27 paesi membri, in 26 chi si candida va, in uno chi si candida non va, ovvero l’Italia».   Lei ha già dichiarato più volte che Ursula von der Leyen non doveva ricandidarsi alla presidenza della Commissione Ue. Cosa può dirci? «Dopo un mandato di cinque anni è giusto giudicare come è andata. Ursula è stata molto timida sullo stato di diritto con Viktor Orbán e dintorni. È stata debole sulle riforme istituzionali. Ed è stata un disastro sull’ambiente. Cioè l’ideologizzazione dell’ambiente è esattamente il contrario di quello che serve. A noi serve la sostenibilità, ma fatta in modo pragmatico, perché se la fai in modo ideologico alla fine cedi quote di mercato in Italia, Francia e Germania che vengono trasferite in Cina e in India. La Cina e l’India hanno degli standard di emissioni meno impegnativi. Quelle aziende che si trasferiscono dalla Germania all’India inquinano di più e in Europa resta il disagio sociale, con un pianeta che non è meno inquinato. Allora questo è il giudizio negativo che io do di Ursula. E lo dico perché voglio rappresentare le aziende e il ceto medio produttivo di Brescia in Europa».   Ha già indicato Mario Draghi come suo candidato per la presidenza della Commissione europea. Non le sembra azzardato? «Draghi è una partita difficilissima, però me lo dicevate tutti anche quando a fine 2020 quella partita sembrava impossibile. Aver mandato a casa Conte e aver portato a Palazzo Chigi Draghi costituisce una grande soddisfazione politica e credo un atto a beneficio degli italiani». È una sua vittoria personale su Conte? «Io ci ho perso un ministro». Tornando a Draghi non rischia di bruciarlo come per la Presidenza della Repubblica? «Guardi se dopo le elezioni la candidatura di von der Leyen sarà ancora salda allora avrà la strada spianata. Ma se la sua corsa viene fermata, in quella situazione di impasse Draghi sarebbe una soluzione». Lei di cosa vuole occuparsi se sarà eletto al Parlamento europeo? «Mi voglio concentrare su cinque punti. Innanzitutto voglio rappresentare il mondo produttivo, che è il mondo delle imprese, che non è rappresentato da nessuno. Nel mondo delle imprese includo anche il mondo agricolo, che è molto importante. Su questo aggiungo che dovremmo portare l’Ucraina dentro l’Unione perché è politicamente giusto, nobile ed etico. Però, se l’Ucraina entra nell’Unione Europea senza cambiare le linee guida della politica agricola comune, le aziende agricole di Brescia, Cremona, Mantova e Bergamo ne risentirebbero negativamente. Poi voglio parlare a quei 60.000 medici e infermieri italiani che durante la pandemia si sono sentiti dire che erano degli eroi e che dopo la pandemia sono stati abbandonati. Per questo la prima cosa da fare è prendere i soldi del Mes, 37 miliardi di euro, riaprendo la linea di credito con l’Europa». Le altre due? Un punto a cui tengo moltissimo sono la cultura e le radici cristiane. Brescia con Bergamo ha vissuto l’esperienza della Capitale italiana della Cultura. L’investimento culturale ha portato grandi benefici. Io penso che l’Europa non sia soltanto un ammasso di norme burocratiche e finanziarie. Infine credo che serva un’Europa sociale, da premier ho firmato il dopo di noi, la legge sul Terzo Settore, sul disturbo autistico, sullo spreco alimentare e sulla cooperazione internazionale. Sono norme che andrebbero portate in Europa».

I miei articoli DEL 31/5/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

https://bezzifer.altervista.org

Enews 970 DI MATTEO RENZI.

Buongiorno a tutti! Ultimi giorni di campagna elettorale.

Ieri sono stato in TV da Formigli contro il leghista Borghi: loro sono quelli di Meno Europa, noi quelli di Stati Uniti d’Europa. Qui il video completo del confronto-scontro comprensivo del passaggio sullo scandalo albanese: 800 milioni di euro buttati via perché Meloni potesse presentare qualche risultato sui migranti. Ma la verità è che l’accordo con l’Albania non serve a nulla e sprecare risorse così è letteralmente allucinante. Per chi crede che il tempo sia davvero galantuomo, segnalo l’ultima parte con le riflessioni di Federico Rampini sull’Arabia Saudita. Per anni mi hanno massacrato mediaticamente perché dicevo che quel Paese era decisivo e che quel Paese vive un nuovo Rinascimento, ora si capisce che non avevo torto. Basta avere pazienza e prima o dopo il tempo si incarica di mettere a posto le cose: è accaduto sul Papeete, è accaduto sullo scambio Conte-Draghi, adesso sulla vicenda araba. Basta avere un buon carattere e saper aspettare.

Per il mondo della scuola e in generale per i più giovani: qui il mio video a Skuola.net. Fatemi sapere che cosa ne pensate. E se vi va, fatelo girare agli studenti.

Ieri bellissima giornata nel mondo produttivo brianzolo bergamasco e bresciano. Non è facile per me arrivare a Bergamo il giorno dopo la sconfitta della Fiorentina in Conference League ma noi tifosi Viola sappiamo che soffrire è il nostro destino. Nelle città lombarde registro una grande apertura al nostro messaggio. Voglio andare in Europa (e vi chiedo di scrivere Renzi sulla scheda) per dare voce al mondo del Jobs Act, di Industria 4.0, degli 80€, di chi vuole un fisco più leggero e più semplice. E nelle città in cui è forte l’impresa questo messaggio passa che è una meraviglia.

Chi vuole ci dia una mano nelle ultime giornate frenetiche.
– Oggi Napoli;
– Domani Genova;
– Tra domenica e lunedì faremo un giro d’Italia cominciando a Cagliari e poi Bari. Quindi Vicenza, Bologna, Cosenza.
Sono contento di vederci, di abbracciarvi, di chiedervi una mano per questo sforzo finale.
Noi siamo gli Stati Uniti d’Europa, la proposta più bella ed emozionante che in questa campagna elettorale si potesse fare.
Due richieste:
1. Avete tempo per fare i rappresentanti di lista?
2. Mandateci un sms al Text Renzi (3347335300) per dirci come va la campagna elettorale.
E chi può se vuole ci dia un aiuto anche con un piccolo sostegno economico.

Un sorriso,
Matteo

Matteo bravissimo ho seguito il tuo intervento.

Ottimo la tua posizione in merito alla condanna di Donald Trump così da tenere una linea al disopra delle parti per il futuro. Bravissimo Matteo complimenti. SONO CERTO CHE SE LA GENTE SI E’ SVEGLIATA! DUN OTTIMO RISULTATO ALLE EUROPEE.SIA PER TE E SOPRATUTTO PER L’ITALIA E L’EUROPA.

Buongiorno a tutti. Meno dieci giorni alle elezioni. Abbiamo bisogno di voi per far passare il messaggio che si vota per contare in Europa, non per contarsi in Italia. In questo clima di caos internazionale Giorgia Meloni fa le scenette da influencer contro Enzo De Luca mentre il Partito Democratico completa il proprio processo di trasformazione in centro sociale: sciogliere la Nato come propone il candidato Tarquinio, firmare il referendum contro il Jobs Act, aumentare le tasse a cominciare da una bella patrimoniale.

Bellissima giornata lombarda. A Monza, Bergamo, Brescia ho incontrato centinaia di persone entusiaste, pronte a fare la propria parte: gli Stati Uniti d’Europa sono un sogno straordinario e lavorare per realizzarli rende ragione di ogni sforzo e fatica. *Tra poco mi collego con LA7 per Piazza Pulita* e poi qualche ora di riposo e via verso Napoli e la Campania. Gli altri si candidano per finta, noi ci candidiamo davvero. Gli altri vogliono contarsi in Italia, noi vogliamo contare in Europa. Sono molto ottimista sul risultato della lista ma prima ancora del risultato mi piace sottolineare il valore della sfida culturale che stiamo lanciando. Viva l’Italia, viva gli Stati Uniti d’Europa.

Carriere separate, blitz del governo. Meloni

Tajani dice che portare Draghi alla guida dell’UE è complicato. Forza Italia preferisce la leadership debole di Von der Leyen. Noi siamo specialisti in miracoli: abbiamo portato Draghi a Chigi da soli contro tutti. Ora vogliamo ripeterlo a Bruxelles. Chi vota Tajani sceglie Von der Leyen. Chi vota per noi sceglie la speranza di Draghi. Accettate la sfida?

Il Consiglio dei ministri vara il provvedimento in venti minuti. Salvini: “Era una promessa”. Pd: “Duro colpo all’autonomia dei giudici” La riforma «epocale», per usare il termine di Giorgia Meloni, vede la luce in soli venti minuti, al termine di un parto in realtà molto travagliato, con il Quirinale che sullo sfondo rimane perplesso.

«La riforma non è punitiva». Disse Meloni. «Il vino è buono». Disse l’oste. Certo che la faccia tosta non manca a questa primo ministro. Mi ricorda il marito/ moglie che, scoperti a letto con l’amante, ” no, guarda che non è come pensi !” Ha ragione la PDC quando dice che le cose che non vanno si debbano cambiare. A quando, allora, la lotta contro l’evasione fiscale, che i lavoratori dipendenti e i pensionati chiedono da decenni, perché su di loro, si, vengono applicate le leggi finanziarie nazionali, regionali e comunali. Con buona pace di chi evade le tasse.

Berlusconi e Gelli, risorgono appositamente per ringraziare. E già che ci…saranno…faranno anche una breve ed applauditissima visita in parlamento.. Separazione delle carriere, premierato e autonomia regionale, voluti dalla destra di Berlusconi, Georgia e Capitan Papeete trasformeranno l’Italia in stile Orban, o, se preferite, Erdogan, Putin e Xi Ping! Sono una grave minaccia per il nostro Paese. Pensiamoci bene!

MELONI E LA “PROVA DEL BUDINO” Con questo decreto legge è conclusa la “messa a terra” dei decreti/stendardo di ogni partito della maggioranza in vista delle prossime elezioni europee. Così volenti o non volenti il prossimo voto degli “italiani” sarà la conferma o le dimissioni del Governo Meloni. Se l’attuale maggioranza parlamentare diverrà minoranza nella “nazione” allora Meloni, i suoi ministri e sottosegretari, più la miriade di consiglieri a pagamento, preparino i loro scatoloni…VOTANDO STATI UNITI D’EUROPA LI NASTRO ADESIVO PER TENELI BEN CHIUSI LO METTIAMO NOI DI ITALA VIVA. VOTA STATI UNITI D’EUOPA SE VUOI MANDARLI A CASA.

Matteotti, il centenario alla Camera, Meloni: “Uomo libero e coraggioso, ucciso da squadristi fascisti”

Esattamente 100 anni fa Giacomo Matteotti denunciava le violenze del fascismo. Il suo ultimo discorso fu un di atto di coraggio senza pari. Ancora oggi continua ad ispirare e ad essere esempio per chi crede nella libertà e nella democrazia.

La cerimonia in Aula con Mattarella, diversi ministri ed ex premier. Standing ovation per l’attore Preziosi che ha letto un estratto dell’ultimo discorso del deputato socialista pronunciato il 30 maggio 1924
L’ha detto. Giacomo Matteotti “uomo libero e coraggioso”, venne ucciso “da squadristi fascisti”. Giorgia Meloni nomina le cose col loro nome, a Montecitorio, nel giorno del centesimo anniversario dell’ultimo discorso in Parlamento del deputato antifascista ucciso dalle squadracce di Mussolini.

Dopo avere ascoltato il discorso dello storico Gentile alla camera, Meloni deve finalmente avere imparato qualcosa sul fascismo e ha ammesso che Matteotti fu assassinato da squadre fasciste. Detto questo, oggi non si parla d’altro che di quelle sue quattro parole, Matteotti è in se condissimo piano. Dichiarazioni apparentemente coraggiose quelle di Giorgia Meloni…Cosa non si fa in campagna elettorale !! Mi vien da pensare al famoso ” Parigi val bene una Messa ” di Enrico di Borbone , futuro Enrico IV di Francia. La frase …”ucciso da una squadraccia fascista..” non è finita.. Gioggia non si sogna neppure lontanamente di aggiungere la verità storica del fatto che fu Mussolini in persona ad ordinare l’assassinio di Matteotti, assassinio da lui stesso rivendicato. Nessuna svolta di Gioggia, solo un opportunismo elettorale. Faccia di bronzo. Un piccolo passo avanti, certo. Per quel che riguarda la storia. Detto questo, per quel che riguarda il presente, a chi pensa “il signor” PdC quando dichiara: “… ricordarci ogni giorno il valore della libertà di parola e di pensiero contro chi vorrebbe arrogarsi il diritto di stabilire cosa è consentito dire e pensare e cosa no”? Animata dal suo inesorabile risentimento, non mi stupirebbe se pensasse al “fascismo” dei radical chic, come si dice . Però la storia dovrebbe GRIDARE che il Mandante fu uno e uno solo! Mussolini! Perché spersonalizzare, quasi smaterializzare la sua identità con le varie allocuzioni del tipo “squadracce” o più genericamente ” il Fascismo”, manco fosse un protervo assassino di professione con tanto di sembianze e carta d’identità, non è giusto. Fu Mussolini a firmare la condanna a morte di Giacomo Matteotti, a impartire l’ordine. La Meloni e La Russa farebbero bene ad ammettere la realtà storica. A liberarsi dei busti commemorativi, dei rigurgiti totalitari. La manfrina della dichiarazione puzza lontano un miglio di “sondaggio” pre elettorale.

Quale legittimità può avere certa classe politica i cui massimi esponenti vanno a Caivano anziché a Brescia per ricordare la strage fascista di piazza della loggia. Quale legittimità può avere certa classe politica che ancora oggi si rifiuta di ammettere che certe stragi furono opera di fascisti il cui unico scopo era il ritorno del fascismo? È questione etica e morale, quindi. È questione di decenza.

Credo che quelli che si riconoscono nella democrazia cioè in quella parte di società che vuole ampliare i diritti e non restringerli, devono farsi carico di pensare anche per quelli che non ne hanno voglia o il tempo o la capacità. Alcuni italiani perdono il pelo ma non il vizio e non imparano nulla dalla storia. Questi hanno solo voglia di “uomo forte”. È possibile che nell’ infanzia abbiano sofferto l’ assenza di una figura paterna significativa? Vabbè chissà. Oppure hanno voglia di un “premier forte…molto forte”, come ripeteva quel grande testimonial giuridico di “pupo” che con tutta evidenza sembrava ubriaco mentre si riempiva la bocca col premier forte molto forte. Queste riforme proposte dal attuale sgoverno non deve passare. Sono troppe le implicazioni simboliche, giuridiche, sociali che una riforma di questa portata comporta. E non possono di certo essere gli orgogliosi discendenti del movimento sociale a promuoverla. Questi non ne hanno la legittimità etica e morale. Sarebbe davvero scandaloso oltre che surreale se fossero gli epigoni di mussolini a sotterrare la Costituzione italiana nata proprio dalla sconfitta dei fascionazisti. Fatene, se volete, una questione anche solo estetica. Ma come sappiamo le questioni estetiche sono questione etiche. Quindi, non si scappa. E L 8 E IL 9 GIUGNO ABBIAMO L’OCCASIONE DI FARGLIELO CAPIRE E MANDARLO A CASA.

Dio e gli abiti indossati dall’orrore. Tajani e i condannatori di Gramsci.

Il fascismo, il nazismo, lo stalinismo (il Male) non si presentano sempre con lo stesso vestito. Che abito indosserà l’orrore a venire? Che sembianze avrà? Sarà un’Idra multicefala… un miscuglio di fanatismi religiosi, di stupidità nefasta ed esiziale, di ideologie e nazionalismi folli… Forze immani si abbatteranno contro un mondo ormai smidollato. Quella del ministro Tajani è solo la protervia di chi parla senza conoscere: dobbiamo a Palmiro Togliatti se l’opera principe di Antonio Gramsci, i Quaderni del carcere, sono arrivati fino a noi facendo del grande sardo l’intellettuale italiano più studiato nel mondo anglosassone.

Certo, nessun Dio ferma il male, nessun Dio lo vuole. Ma sono i Sacerdoti, suoi rappresentanti, a gestire il potere che gli ha dato Dio (ma quando mai!) per fare del male in modo da curare i propri interessi e gestire il potere in proprio. Certamente non fu Dio a far arrabbiare Caino per i suoi avari sacrifici fatti di semi e di frutti raggrinziti mentre Abele portava agnelli e maiali grassi e buoni da mangiare. I sacerdoti Egizi, colti e astuti, inventarono la rinascita del Faraone per poterlo uccidere in tempo di crisi e metterne prontamente un altro più favorevole al proprio potere. Ci fu un faraone monoteista che venne ucciso appena i sacerdoti si videro messi in secondo piano. Talete odiava i sacerdoti perché sapevano tutto e, alla maniera di Pitagora, non dicevano nulla a nessuno. No, non è mai venuto alcun bene da chi parla in nome di Dio e ti firma cambiali che verranno pagate nell’aldilà. Comodo, troppo comodo, così.

Accordo Macron-Scholz: “L’Ucraina deve poter attaccare le basi in Russia”

Alla conferenza stampa congiunta dopo la riunione interministeriale franco-tedesca, i due Paesi hanno preso posizione sul dibattito che tiene banco da giorni.

Per illustrare la svolta, Emmanuel Macron si era preparato anche una cartina del confine tra Ucraina e Russia. Alla conferenza stampa congiunta con Olaf Scholz dopo la riunione interministeriale franco-tedesca, il capo dell’Eliseo l’ha tenuta ieri in alto, mostrando ai cronisti le basi da cui partono gli attacchi contro l’Ucraina.

Si dice che è il denaro che fa la guerra. Tutto vero, solo avvolte anche grandi uomini partecipano. Durante la crisi di Cuba, la determinazione di Kennedy portata fino alle estreme conseguenze, convinse i russi a miti consigli. Cosa insegna questo evento? Già dalle prime mosse di Putin, l’occidente avrebbe dovuto mostrare determinazione e risolutezza, capacità di portate fino alle estreme conseguenze, la difesa dell’Ucraina. Solo così Putin, come allora Krusciov, avrebbe chiaramente capito quali conseguenze si prospettavano per il futuro. Non so se adesso è già tardi ma per me fa bene Macron.

MA NON VI SEMBRA Curioso: Che da una base russa partono attacchi contro l’Ucraina e questa non può colpirla per difendersi! La Russia ha INVASO l’Ucraina e ci minaccia da anni con l’atomica, l’Ucraina non ha invaso e non minaccia nessuno, si sta solo difendendo. Comprendete la differenza? Se il vostro idolo lo Zar torna a casa sua, tutto questo finisce. Lo capite? Per fare la PACE occorre essere in due. Al momento l’unica pace voluta da Putin è quella alle SUE condizioni. Per fargli cambiare idea occorre dimostrargli che la realtà NON coincide con quello che lui vuole. Anche con decisioni ” forti” come quelle di Macron e Scholz. Certo servirebbe: Sicuramente amplificare i contatti diplomatici, ma sono necessarie figure politiche di alto livello per fare ciò. Il nostro panorama politico è desolante, da basso impero. Il pericolo di un regime non mi sembra che venga dall’esterno, ma dall’interno della nostra povera e disgraziata Europa.

Mi sembra di rileggere nei libri di storia :La storia dei briganti che erano rifugiati nel Lazio: colpivano i territori e gli abitanti dello Stato italiano e poi si rifugiavano nel Lazio protetti dalla Francia… Faccio presente per chi fosse all’oscuro ,che la Cina ,la Corea , e Iraq danno le armi alla Russia, e non dicono di usarle sul suolo russo, quindi uno deve solo subire? e ora che il popolo russo sappia cosa sta succedendo in Ucraina, Lo sterminio del popolo Ucraino,e non sparano sulle basi ma sulle case

Giusta decisione di Macron e Scholz. Le armi vanno usate dove serve usarle. Se anche gli USA faranno dichiarazioni analoghe ( come pare siano intenzionati a fare), Mosca dovrà misurare le sue esternazioni che sono sempre più minacciose che non i fatti concreti sul campo. E dovrà quindi rivedere i suoi “piani”. Era ora. Costringere i più deboli e aggrediti a difendersi con le mani legate è assurdo.

La guerra innescata dal nazionalismo zarista anticomunista di El’cin-Putin è stata amplificata dai vecchi sostenitori di Putin. L’Unione Sovietica è stata distrutta dai vari zar anticomunisti corrotti Elc’in-Putin, che hanno spogliato il popolo sovietico di tutte le sue ricchezze e diritti. Tra il 1991 e il 2001 sono morti per mancanza di cibo, di protezione sanitaria, di violenza, di fame milioni di cittadini sovietici. Nell’ottobre 1993 El’cin ha ucciso più di mille cittadini russi, per lo più comunisti, che difendevano il Parlamento Russo regolarmente eletto. Bombardamento il Parlamento Russo e la uccisione di più di mille persone. Come se non bastasse le Ambasciate dei Paesi europei hanno aiutato El’cin a falsificare le elezioni del giugno 1996 in cui aveva vinto il candidato comunista Gennadyj Zjuganov, come ammettono seri analisti e storici statunitensi. COME SI PUO CAPIRE TUTTO E PARTITO DAL EL’CIN-PUTIN.

La Russia di EL’CIN-PUTIN cerca di ritornare a galla come “grande potenza”. Ma non lo è mai stata, se non nel periodo dell’URSS e della guerra fredda. Per questo Putin si è indaffarato in una grande attività militare su tutti e quattro punti cardinali. Attacca in Europa, ma attacca anche in Africa, così come aveva attaccato in Siria. Cioè, voglio dire, la questione Ucraina deve essere inquadrata in un progetto espansivo che si sta sviluppando a 360 gradi. Perché poi c’è anche la questione artica su cui la Russia preme. Lo scioglimento progressivo dei ghiacci sta modificando la geografia dell’artico e si aprono nuove vie navigabili che incominciano ad essere contese. Insomma, con gli occhi puntati solo sull’Ucraina, si capisce ben poco del processo vero e globale in atto.

Separazione delle carriere e premierato., dal Quirinale nessun via libera preventivo.

Retroscena. Nel colloquio con Nordio e Mantovano, Mattarella non ha dato alcun avallo al testo

Intanto, nessuno ha detto che il PDR “fa le leggi” come qualche ciarlatano dice.. Poi il PDR è partecipe del procedimento di formazione delle leggi e, senza di lui, le leggi non si fanno, perchè, per l’entrata in vigore delle leggi approvate dal Parlamento, occorre la promulgazione del PDR, senza la quale la legge resta pappa fritta.

Chi conosce il diritto costituzionale (e Mattarella ne è un esperto) comprende le finalità, di pura propaganda, del testo partorito dal CdM, destinato quasi certamente a finire su un binario morto. Ma attenzione alle indicazioni indirette del Colle per il d.d.l. sul premierato che sta più a cuore a Meloni: nessuno ne fa cenno, ma – anche dall’esame della genesi dell’art. 138 Cost. e dalla prevalente opinione degli studiosi della materia – resta affidato sempre al Presidente della Repubblica il potere di NON promulgare la legge costituzionale anche quando abbia superato il vaglio referendario e/o di sollevare conflitto dinanzi alla Corte costituzionale. Un pasticcio come quello in corso di approvazione dinanzi al Parlamento, perché del tutto scoordinato dalle restanti disposizioni della Carta, gliene darebbe ampiamente il diritto.

PS: SERVE RICORDARVI CHE LA SEPARAZIONE DELLE CARIERE: In tutte le altre democrazie occidentali le carriere di magistrati e giudici sono separate. In Italia sono unite grazie al codice Rocco di matrice fascista. Secondo Falcone la separazione delle carriere avrebbe aumentato l’efficacia della magistratura e diminuito le male influenze. Ma che ne capiva Falcone? Nordio si dimostra sempre lucido e presente. Il ministro della giustizia, è tutto concentrato sull’1% dei problemi o presunti tali del suo dicastero, evidentemente ignora il restante 99% dei dossier che dovrebbe contribuire a risolvere, come ad esempio quisquilie come i processi infiniti, la mannaia della prescrizione, i costi enormi che il cittadino paga per difendersi nelle aule e per sostenere un sistema talmente inceppato da far scappare gli investitori. E la controriforma non è terminata: aboliranno l’obbligo dell’azione penale e in tal modo trasformeranno la magistratura in sistema oppressivo classista: i ladri di polli verranno strenuamente perseguiti mentre colletti bianchi e grande criminalità saranno preservati da qualsiasi “disturbo”. Licio Gelli e Silvio Berlusconi, laggiù, brindano soddisfatti: l’Italia va irresistibilmente trasformandosi in uno Stato-Canaglia.

Il via libera preventivo é una sciocchezza. Se la legge verrá votata e il PDR non é d’accordo, potrá rinviarla alle camere una volta, e dovrà promulgarla se approvata nuovamente. Poi se c’é una forte contrarietà popolare, si proponga un referendum abrogativo. Punto. Mattarella è un gentiluomo, profondamente permeato di senso dello stato. Certo che sarebbe fantastico se un giorno facesse un discorso a “reti unificate” per denunciare la deriva neofascista che sta distruggendo l’Italia. Non solo è un gentiluomo ha anche una smisurata dignità e penso non scenderà mai al livello delle ” mezzecalzette ” in circolazione

QUESTE RIFORE SERVONO AL ORINE DEL GIORNO PER: Distoglie l’attenzione dai problemi finanziari….. è una strategia, parlare d’altro perché la gente non si preoccupi che la sanità pubblica è un disastro e i poveri non possono curarsi perché non possono pagare. Le scuole cadono a pezzi e la finanziaria sarà terribile….. toglierà finanziamenti e contributi per tutto C’è poi una domanda fondamentale dove li prendono i soldi per il ponte sullo stretto? per il felpa è indispensabile per non sparire. La risposta la do io: I soldi li prenderanno dalla Sanità, dalla Scuola, dalle tasche dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, non dalla flat-tax 15% degli autonomi, dagli amati balneari, tassisti, ambulanti, banche, che si tengono gli extraprofitti, non dagli evasori e dai politici corrotti, che non sono pochi!

NEL FRATTEMPO: Ci avviciniamo al Regime benitiano. Ancora un paio di passi e tombola” E quand’è che ci ribelliamo? SERVE FEA CAPIRE A Questi che per il momento non sono ancora padroni del Italia. Quando ci sarà il referendum facciamo in modo che non lo diventino mai. La faccia del Presidente Mattarella è il vero sentimento ed il clima che si vive in questo momento in Italia… tristezza e delusione totale. ANTIFASCISTI E ANTI QUESTO GOVERNO ANDIAMO TUTTI A VOTARE TUTTI L’ 8 e il 9 giugno abbiamo l’occasione di fermare queste mezze calzette fascistelle VOTANDO STATI UNITI D’EUROPA! DIMOSTRANDOLE HE NON SONO PADRONI NE DEL ITALI E NE DEL EUROPA. E. Si è completata la “messa a terra” delle leggi/stendardo delle singole componenti della maggioranza governativa. Il voto del 8 e 9 Giugno diventa la “PROVA DEL BUDINO”. Se l’attuale maggioranza di estrema destra diventa minoranza allora il voto del “popolo della nazione” Italia avrà decretato le dimissioni del governo Meloni. Meloni, i ministri, i sottosegretari e la miriade di consiglieri preparino gli scatoloni…

Trump colpevole, perché il verdetto al processo di New York è una doppia sconfitta per il candidato Donald.

Colpevole, di tutti e 34 i capi d’imputazione. Con uno storico verdetto una giuria di Manhattan, al termine di due giorni di camera di consiglio, ha condannato Donald Trump nello scandalo Stormy Daniels e diventa così il primo ex presidente americano condannato in un processo penale e anche il primo candidato presidenziale a correre adesso per la Casa Bianca nei panni di pregiudicato.

Dopo la condanna nel processo sui pagamenti a Stormy Daniels, alle elezioni l’ex presidente rischia di perdere voti tra moderati e indipendenti. E non può più gridare alla caccia alle streghe. Non andrà in galera, Donald Trump, e comunque la legge non gli vieta di continuare a correre per la Casa Bianca, anche con la palla piede della condanna penale nel processo per i soldi alla pornostar Stormy Daniels.

Dopo essersi comperato tanto tempo per posporre tanti processi a suo carico , finalmente uno è andato in porto e ha rivelato che il re è nudo . Gli altri sono ben più gravi , assalto al Parlamento con conseguente uccisione di alcuni poliziotti che lo difendevano dal vandalismo e la sottrazione di documenti governativi top secret finiti nei bagni e nella ballroom di Mar O Lago .

A guardar bene ce lo siamo sempre detti che nella vita c’è un momento nel quale i nodi arrivano al pettine. E perché non così pure per Lui ?!? Ha sempre agito sopra le righe con disprezzo per la Legge, le Istituzioni e per tutti quelli che non erano con Lui allineati. La parabola sale.. sale.. sale.. poi inevitabilmente precipita di botto e lo fa anche velocemente. In quanto ai processi siamo al primo e con altri a seguire e ne vedremo di più tosti. Da ora in poi purtroppo non dovremo aver paura tanto di Lui ma quanto di quella masnada di “supporters” che abbiamo conosciuto a Capitol Hill, capaci di reazioni da terrorismo mediorientale contro le Istituzioni stesse in un Paese che ha la fortuna, o forse la sfortuna, di vivere una Democrazia compiuta obbligata a reagire secondo Legge e Diritto.

Trump è stato giudicato colpevole da TUTTI i 12 membri di una giuria popolare che sono stati accettati anche dagli avvocati di Trump e tra questi membri ci saranno stati anche elettori repubblicani. Questi elettori l’hanno condannato perché i verdetti sono emessi all’unanimità e su tutti i capi d’accusa. Evidentemente le prove erano così evidenti che anche i repubblicani hanno dovuto condannarlo. Ma. Il Morale della favola, è che negli Usa anche un poco di buono( eufemismo) può correre per la Casa Bianca.

Va detto che noi italiani li battiamo tutti sul tempo!! Abbiamo avuto un pregiudicato come Presidente del Consiglio un bel po’ di decenni fa. Adesso Trump potrebbe diventare Presidente USA pur essendo un pregiudicato. Su certe cose nessuno ci batte in nefandezze..

Le domande che noi POPOLO dovremmo porci, sono: Perché tanta gente vota a destra? Perché tanti anni di governo di sinistra hanno creato un simile malcontento? Perché abbiamo permesso alla gente di essere così facilmente (dal nostro punto di vista) manipolabile, attraverso una progressiva distruzione della scuola, senza fare nulla per cambiare le cose? Perché abbiamo accettato che violenza, soldi, sesso, ignoranza ecc. prendessero il sopravvento sui nostri ideali di cultura e condivisione? Dopo aver risposto, capiremo che il problema non sono loro ma, mi duole ammetterlo, noi, che non offriamo alcuna alternativa credibile.

Donald Trump condannato nel processo Stormy Daniels.

Donald Trump è stato giudicato colpevole nel processo per i pagamenti alla pornostar Stormy Daniels. La giuria di New York ha condannato l’ex presidente degli Stati Uniti per tutti i 34 capi di imputazione. “È stato un processo farsa, una vergona. Sono un uomo innocente”, ha commentato a caldo Trump. E poi, riferendosi alle prossime elezioni: “Il vero verdetto si avrà il 5 novembre. Continueremo a combattere fino alla fine”. Previsto per le 17 italiane un discorso del tycoon alla Trump Tower.

Un ottimo giorno per la democrazia americana. Quello che stona è che la decisione di semplici cittadini sia più rapida che quella dei giudici federali… Che stanno mettendo la testa sottoterra.Ed è solo.il primo di tanti altri processi. Se De Niro ( che vive in USA e non i nostri Dx che non sanno neppure cosa significa l’acronimo USA ) ) lo ha infamato non credo che sia la sua personale opinione soprattutto nel suo mondo.

La prima di una lunga serie di condanne che smaschereranno una volta per tutte questo personaggio ridicolmente inquietante. Trump che ha incitato alla rivolta, dopo aver perso le elezioni? Che non ha riconosciuto il nuovo presidente? Che ha oggettivamente tentato di falsificare le elezioni facendo pressione sul segretario di stato dell’Arizona e Georgia? Il male e il bene! Grandi parole, poco realistiche e difficili da separare, ed evitiamo di confondere Trump col bene per favore! Evitiamo questa ignominia. L’unico scandalo è che Trump non sia già a guardare il cielo a scacchi, basterebbero i fatti di Capitol Hill. Eppure questo potrà lo stesso vincere le elezioni presidenziali… l’America terra delle opportunità… e questo non gli impedisce di concorrere alle elezioni senza problemi e magari di vincerle pure …non credo che siano molti i paesi dove sarebbe possibile ( aldilà di quelli che posso preferire io)… Persino in Italia sarebbe impossibile. Le leggi Usa non hanno previsto un’evenienza simile, il che è molto grave, considerando anche che se non sei nato negli Usa non puoi correre per le presidenziali, se sei nato in Usa e sei in galera si.

Comunque una cosa è certa: in qualsiasi paese, ogni volta che vengono condannati per aver commesso qualche crimine (anche orrendo), i politici di destra si scagliano contro la sinistra con l’accusa di aver strumentalizzato la giustizia e influenzato i giudici. È una costante, proprio non ce la fanno a prendersi le proprie responsabilità.

Questo personaggio ridicolmente inquietante, subito il condannato accusa e una cospirazione ” condannato all’unanimità su tutti e 34 i capi d’accusa. Come si fa a parlare di cospirazione” ? Questo viene condannato su 34 capi di imputazione, con verdetto unanime, ed immediatamente apre una pagina di raccolta fondi che va in tilt per l’enorme affluenza… ma è un mondo che va al contrario questo…! Più ne fai e più susciti simpatia… Aiuto, ma che ha nella testa la gente? al mondo vige la legge del popolo bue. Mi sembra incredibile che gli USA siano caduti così in basso in politica, sembra di essere in Italia.

I miei articoli DEL 30/5/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

IL BULLISMO DELLA PREMIER : “sono quella str… della meloni” – Blog di bezzifer

Le fanfaronate di Tarquinio e Zingaretti trasformano il Pd in un centro sociale – Blog di bezzifer

L’ambiguità di Meloni in Europa e il vicolo cieco della sua campagna elettorale – Blog di bezzifer

Il programma di Stati Uniti d’Europa alle elezioni europee 2024: le proposte di Renzi e Bonino – Blog di bezzifer

Questi sono proprio fuori di testa. – Blog di bezzifer

Diceva un vecchio slogan : sapremo difendere il 25 aprile – Blog di bezzifer

Senatori a vita addio, c’è il primo sì: premierato al via con un colpo al Colle. – Blog di bezzifer

https://bezzifer.altervista.org

Senatori a vita addio, c’è il primo sì: premierato al via con un colpo al Colle.

Bagarre in aula: l’articolo 1 passa per alzata di mano

TUTTO Ciò è causato o si tratta di raccogliere i risultati dei (minimo) trent’anni di generale rincitrullimento a suon di televisioni berlusconiane, demoralizzazione della scuola, mortificazione generalizzata del sapere e della cultura. Il trionfo della demagogia e dell’ignoranza hanno origini lontane. (Vent’anni di berlusconismo non passano invano). Da questo punto di vista i senatori a vita (nominati per «altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario») sono una realtà al tempo stesso pericolosa ed anacronistica, dunque da sradicare una volta per tutte. Nell’attuale costituzione i senatori a vita di nomina presidenziale sono scelti – nel numero massimo di cinque – dal Capo dello Stato, il quale li sceglie tra i cittadini italiani che abbiano «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». E’ chiarissimo perché a destra non li vogliono: dalla loro parte non se ne trova nessuno.

Non mi stupisce che la destra abbia approvato l’abolizione dei senatori a vita nel quadro della riforma del premierato che costituzionalizza la dittatura. ESSI HANNO SEMPRE AVUTO IN SPREGIO LA CULTURA e cercano di avere consenso con vuoti e populusti slogan. E’ perfettamente coerente che volendo ridurre il popolo all’ignoranza, vedano come il fumo negli occhi le persone che danno lustro alla Patria con i loro studi e la loro attività perche’ potrebbero evitare il rimpicciolimento dei cervelli. Come chiedere ad un ragazzo medio di 13-14 anni se preferisce andare a scuola o giocare col cellulare

LO CREDO BENE CHE I NOSTRI NERI PER CASO PREFERITI non vogliano i Senatori a Vita, che sono sempre grandi INTELLETTUALI e quindi AL 99% (novantanove%) sempre Democratici e avanzata colta moderna progressista. Sono quindi sempre al Senato 4-5 Senatori (e 4-5 VOTI) di certo intimamente divertiti e infastiditi dai nostri Destromani preferiti i quali sono a disagio dover star loro vicino giornate intere. Per loro non sembra positivo che persone che si sono distinte nelle loro professioni in Italia e spesso nel mondo siedano in Senato insieme a politici che non di rado hanno fatto solo quello nella vita. La loro presenza arricchisce tale Assemblea quindi auspico che possano continuare a farne parte.

E SIAMO ARRIVATI A RENDERE L’ITALIA UN paese insignificante, guidato da una Ducetta. I senatori a vita sono delle eccellenze tra i cittadini. Mi pare ovvio che, pur essendo pochissimi, alzano troppo il livello… Chi cerca di mantenerlo basso, al proprio, non li vuole. Visto il livello della classe poitica attunalmente al goverb, il numero dei senatori a vita andava raddoppiato, non abolito.MA: Tanto il caterpillar si fermerà con il referendum, e con esso la gioggia e si suoi comprimari.

LE CINQUE FASI DEI REGIMI Fase 1: il Capitale crea enormi sperequazioni tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Fase 2: lo scontento generalizzato spinge le masse a tributare il proprio consenso a “salvatori della patria” violenti e demagogici. Fase 3: i “salvatori della patria” conducono i rispettivi paesi a catastrofi economiche, belliche, sociali. Fase 4: in via del tutto temporanea le minoranze ragionevoli prendono il controllo degli stati. Fase 5: riassestato il riassestabile, il ciclo si ripete.Tutto già visto nel periodo che va dalla “Belle epoque” a circa il 1970. Oggi siamo a cavallo tra le fasi 2 e 3. Probabilmente l’Italia, negli ultimi lustri, non riesce a la fase 5, nel senso che il riassesto è molto deficitario. Causa menefreghismo piu ignoranza e o interessi personali e furbizie del popolo che non va a votare (il primo) o vota per interessi personali chi gli promette la luna (il secondo),ma tutti e due i sogetti popolari lo prendono in culo, e non fa gli interessi democratici del ITALIA E DEL POPOLO ITALIANO E ORA PURE EUROPEO. Ne vedremo delle belle. La rozzezza sta consolidando il potere. Ci vuole uno scatto di orgoglio democratico. Andiamo a votare mandiamoli a casa. E VOTA STATI UNITI D’EUROPA.

Diceva un vecchio slogan : sapremo difendere il 25 aprile

Un giorno dice “o la va o la spacca”, il giorno dopo “chi se ne frega”. Bisogna che Giorgia si metta d’accordo con Meloni. La verità è che se lei fa il referendum lo perde. E se lo perde, il giorno dopo va a casa».

Premierato, insulti e poi rissa sfiorata tra i senatori FdI e M5S: La Russa sospende i lavori. E tra le opposizioni scatta la ‘protesta della giacca’ “Voi siete Giorgia”: e scoppia la lite tra il meloniano Menia e il contiano Croatti. Passa la norma che smantella il semestre bianco.

Oddio come siamo scesi in basso…. comportamenti non adeguati in parlamento ci sono stati anche in un nobile passato. Ma il linguaggio da strada era stato risparmiato.

Non è uno spettacolo “ai limiti della decenza” è uno scenario impietoso della violenza che si annida nel nostro parlamento; l’assurdo che sono proprio i rappresentanti della maggioranza governativa che danno sfogo ai medesimi istinti di quei giovanissimi che loro stessi denunciano quando organizzano le risse nelle strade delle città. Qui siamo di fronte ad un disgustoso comportamento violento con l’aggravante del soggetto che si rende autore dell’aggressione , del luogo dove si è consumato l’atto, i beni offesi ed i valori democratici e costituzionali calpestati. L’indecenza di questo episodio dovrà contare sulla valutazione che i cittadini dovranno esprimere nelle urne. Questa destra al governo ha iniziato ad accelerare lo smantellamento della Costituzione con i soli metodi che conosce, evitando il confronto del dibattito democratico in aula. Per il premierato e per la riforma della giustizia è stata osservata una tempistica strategica elettorale a 10 giorni prima delle elezioni europee e amministrative in vari comuni d’Italia. E’ l’inizio di una vergognosa pagina della politica italiana: solo quel 30% di cittadini che negli ultimi anni hanno rinunciato a votare potrebbero impedire il crollo di un sistema democratico sorto per volontà degli italiani che hanno condannato e ripudiato il fascismo. I partiti all’opposizione devono riconoscersi in un programma comune da condividere senza pregiudiziali, altrimenti, aumentando l’astensionismo nelle prossime elezioni, si ritroveranno senza consensi e l’Italia sarà governata da chi rappresenterà meno di un terzo degli italiani

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è orgogliosa della sua storia del Movimento Sociale Italiano. Poiché i giornalisti e i partiti anticomunisti compreso il PD non lo fanno, ricordiamo noi solo due atti delle migliaia della storia del MSI-AN-FDI: Nel 1976 il deputato missino Sandro Saccucci uccise il giovane comunista Luigi Di Rosa e ne ferì gravemente un altro a Sezze in provincia di Latina. Saccucci, che militava nello stesso partito di Meloni si rifugiò nella Spagna franchista dove venne accolto a braccia aperte dall’ Internazionale Nera legata a Gladio e alla Nato che aveva la sede centrale a Madrid. Il deputato Sandro Saccucci non è l’ unico deputato e membro del MSI ad essere autore di uccisioni e violenze. Migliaia di atti squadristici tra il 1948 e il 1991 sono stati organizzati da membri del Movimento Sociale Italiano contro giovani comunisti tra cui spicca l’uccisione del giovane Walter Rossi di Lotta Continua, ucciso da colpi di arma da fuoco partiti dalla sezione del MSI di Monte Mario a Roma.

Questa è la storia che Meloni rivendica persino nel suo simbolo. Una storia di violenze coperte da Gladio, dalla Nato, dai servizi segreti inglesi, americani e italiani.

Cosa c’entra modificare la costituzione senza un accordo con opposizioni! Mai si è modificata la costituzione in maniera così radicale senza venire ad un accordo con le opposizioni delegittimando il ruolo del Capo dello Stato e modificando gli equilibri istituzionali, ci si è impossessati dell’informazione in maniera radicale 6 televisioni pur di tappare la bocca al dissenso. Solo i reazionari repubblichini fanno in questa maniera. Gli equilibri costituzionali a questi livelli non si modificano se non dopo un accordo con opposizioni ,lo stesso Pera costituzionalista di centro destra ha criticato questa legge e non saranno degli squadristi in parlamento che intimidiscono i senatori dell’opposizione a far passare una legge del genere.Che dovrà passare pure per referendum popolare! 

Questi sono proprio fuori di testa.

Bisogna affermare che questo PD , i 5S e gran parte del cdx sono per l’Italia il pericolo più serio per l’evoluzione dell UE in STATI UNITI D’EUROPA. Ormai il pd è il PARTITO di pulcinella , una segretaria eletta non del pd e votata dai grillini non iscritti , un candidato che risponde solo al suo credo religioso ed è contro l’aborto paragonandolo ad una condanna a morte ed è contro la nato e contro l’invio delle armi per far difendere un paese invaso . credo che è una torre di babele .

Questi sono proprio fuori di testa.

Diranno che sono un partito plurale, si, nel senso che lì dentro c’è tutto e il suo contrario. Manca la sintesi politica e una linea chiara. In queste elezioni europee vogliono apparire ecumenici, inclusivi. Ma la realtà dei fatti dimostra da un lato la confusione di linea politica e dall’altro la sempre maggiore radicalizzazione di questo pd verso i pentastellati e la Sinistra radicale e ideologica.

Il buon Tarquinio (candidato alle europee col Pd) che ha pubblicizzato la proposta di abolire la NATO dice di essere cattolico. Sicuramente. Ma il fatto di esserlo non lo sottrae di per sé alla stupidità storica. E poi si vede che il buon Tarquinio non conosce la storia di cinquant’anni di cattolicesimo democratico impegnato in politica. I cattolici democratici con De Gasperi, Moro, Fanfani, De Mita, Forlani, Zaccagnini, Martinazzoli e tantissimi altri hanno scelto l’atlantismo, di stare cioè nel patto atlantico e nella NATO e con ciò hanno garantito agli italiani cinquant’anni e più di libertà, sicurezza e benessere e dunque la pace. Sono stati dalla parte giusta della storia. E che era ed è la scelta storicamente giusta e necessaria lo dimostro’ lo stesso Berlinguer quando con coraggio e onestà disse pubblicamente che tra il patto di Varsavia, l’insieme dei paesi sotto l’egida dei sovietici, e il patto atlantico lui si sentiva senza dubbio più sicuro nel patto atlantico. Questo per chi ha corta memoria. Ecco perché chi come me vota la lista Stati Uniti d’Europa vota una linea di coerenza democratica e di sicurezza della nostra politica estera.

Il programma di Stati Uniti d’Europa alle elezioni europee 2024: le proposte di Renzi e Bonino

La lista STATI UNITI D’EUROPA guidata da Emma Bonino e Matteo Renzi ha presentato il suo programma in vista delle elezioni dell’8 e 9 giugno. Tra le idee di riforma più importanti spicca la proposta di creare un esercito europeo. C’è poi la volontà di superare il principio dell’unanimità che guida le votazioni del Consiglio Ue: “Il diritto di veto va abolito perché impedisce di garantire concretamente il rispetto dello Stato di Diritto”, si legge nel programma.

Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno rappresenteranno l’esordio assoluto di Stati Uniti d’Europa, la lista di scopo fondata da Emma Bonino e Matteo Renzi. Oltre a Più Europa e Italia Viva, ne fanno parte altri quattro tra partiti e movimenti politici: il Partito Socialista Italiano, i Radicali Italiani, i Libdem Europei e L’Italia c’è. Il nuovo partito ha presentato un programma suddiviso in 12 brevi capitoli. “Oggi l’Europa è a un bivio – si legge nella premessa introduttiva – o assume un ruolo centrale nel mondo o è destinata a rimanere marginale. È ora di mettere mano ai Trattati istitutivi e fare passi avanti verso gli Stati Uniti d’Europa, con un governo che risponda al Parlamento europeo, una politica estera, di difesa, fiscale e migratoria comune e l’eliminazione del voto all’unanimità. Un vero e proprio Stato Europeo”. La lista Stati Uniti d’Europa è stata presentata lo scorso aprile. Nasce con gli obiettivi di “superare la logica delle piccole patrie”, di contrastare la destra sovranista e di creare una Difesa e quindi anche un esercito comune per tutta l’Europa. Emma Bonino è la capolista nella circoscrizione Nord-Ovest ed è candidata anche al Centro. Matteo Renzi è in lista in quattro circoscrizioni su cinque e ha dichiarato che, se venisse eletto, lascerà il suo posto al Senato per andare a Strasburgo. Ci sono volti noti anche tra gli altri candidati di Stati Uniti d’Europa. Il capolista al Centro è l’avvocato Gian Domenico Caiazza, ex presidente dei penalisti italiani e famoso per il suo impegno contro il giustizialismo. Nel nord-ovest ci sono la coordinatrice di Italia Viva Raffaella Paita e il giornalista Marco Taradash. Il capolista a nord-est è invece Graham Robert Watson, scozzese, già eurodeputato per un decennio nelle file dei Lib-Dem britannici. Al Sud c’è l’ex ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, che a Fanpage ha ribadito come tra gli obiettivi del partito ci sia quello di portare Mario Draghi al vertice della Commissione europea. Le proposte sulla politica estera europea
In tema di politica estera dell’Unione Europea, la lista Stati Uniti d’Europa compie una chiara scelta di campo, esplicitata anche nel programma. “Per tradizione, cultura, storia” – si legge – l’Ue “non può che situarsi convintamente nel cuore della collocazione atlantica. La cooperazione strategica con gli USA, al fine di difendere e valorizzare il patrimonio comune delle liberal-democrazie, rappresenta un necessario presidio”. Renzi e Bonino fanno però notare come la pace “non vada solo evocata, ma anche attivamente difesa dalle minacce esterne”. È questo, si legge, ciò che ha insegnato l’aggressione russa all’Ucraina. A tale scopo Stati Uniti d’Europa non solo ribadisce l’impegno nel sostenere Kiev con “nuove forniture militari”, ma spinge anche per la creazione di un vero e proprio esercito europeo. Oltre alla “necessaria costruzione di una difesa comune europea”, Stati Uniti d’Europa propone “con pari forza” di costruire un’efficace e strutturata azione politica e diplomatica dell’Unione per realizzare “una effettiva politica estera comune”.
Abolizione del diritto di veto
L’introduzione di un esercito europeo e tutte le altre riforme proposte nel programma sono però precedute da un’importante modifica che renderebbe possibile (nei piani di Stati Uniti d’Europa) tutte le altre: il superamento del vincolo dell’unanimità. Nel programma si legge che “sarebbe naturalmente preferibile che l’Europa proceda (sic) unita e coesa”, ma allo stesso tempo “l’assenza di coesione non può essere un freno”. Non solo: dal momento che Stati Uniti d’Europa guarda con favore all’allargamento dell’Ue (a cominciare dall’ingresso dell’Ucraina), la lista di Renzi e Bonino ritiene ancora più urgente “coniugare il processo di integrazione con la riforma dei trattati”. Si legge ancora: “Se già oggi è difficilissimo prendere decisioni all’unanimità in 27, ancora di più lo sarà in un’Unione più ampia, a 35 membri. Oggi la responsabilità di porre le basi per gli Stati Uniti d’Europa potrebbe ricadere su alcuni disposti a procedere più speditamente, aperti naturalmente ad essere raggiunti dagli altri con tempi diversi”. L’Europa della cultura
Nel programma di Stati Uniti d’Europa ampio spazio è dedicato alla cultura. Viene proposta l’introduzione di una cittadinanza europea, ma “non cittadinanza in senso giuridico, ad oggi già esistente, ma declinata in chiave culturale”. Renzi e Bonino si dicono convinti che la cultura europea, fatta di “bellezza, arte, musica, letteratura, grandiosità architettonica”, costituisca l’alternativa “al nichilismo senza speranza alcuna di redenzione del terrorismo”. Spunta quindi la richiesta di inserire una #18app Europea, che ricalca l’analogo bonus promosso da Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio, “per permettere ai neo 18enni di investire in cultura, libri, musei, teatri e musica in tutta Europa, quali autentici cittadini europei”. A quest’idea si unisce quella di creare un Fondo unico europeo per la mobilità universitaria, che permetta ai giovani di iscriversi a qualsiasi università del territorio Ue. L’Europa della solidarietà e della responsabilità Sul tema dell’immigrazione, Stati Uniti d’Europa dichiara che “la solidarietà deve essere il fondamento della politica europea, con meccanismi che assicurino un trattamento umano e dignitoso dei migranti, contrastando il modello di business cinico e disumano dei trafficanti”. L’impegno è quello di migliorare gli standard di accoglienza e le procedure di asilo, condividendo le responsabilità in maniera equa tra tutti gli Stati membri. Stati Uniti d’Europa chiede un nuovo piano d’azione europeo per le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, che dia priorità alla sicurezza e alla dignità delle persone in pericolo. “Proponiamo quindi – si legge nel programma – di riformare Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, per un controllo efficace delle frontiere esterne dell’UE nel rispetto dei diritti umani, affinché sia sempre garantito il pieno rispetto delle Convenzioni Internazionali e della Carta dei Diritti Fondamentali”.

L’ambiguità di Meloni in Europa e il vicolo cieco della sua campagna elettorale

La presidente del Consiglio promette di destabilizzare l’attuale maggioranza europea composta da socialisti, liberali e popolari, ma il 10 giugno dovrà fare i conti con la realtà. E fare di tutto pur di non isolare l’Italia nei tavoli che contano a Bruxelles.

Non c’è bisogno di essere patrioti per capire che ci sono interessi nazionali da difendere che vanno oltre lo schieramento politico cui si appartiene. Giorgia Meloni vuole mettersi a capo dello schieramento di destra per destabilizzare il vecchio asse che finora ha guidato l’Europa, socialisti, liberali e popolari cioè la cosiddetta maggioranza Ursula. Significherebbe isolare Emmanuel Macron, Olaf Scholz e buona parte del Partito popolare europeo, compreso il premier polacco Donald Tusk, ma anche tutti quei Paesi baltici e orientali confinanti con la Russia che hanno una posizione frontale contro il Cremlino. Dare le carte a Bruxelles e a Strasburgo, a braccetto di Marine Le Pen e Matteo Salvini, è ovviamente pura velleità. Peggio, è non considerare gli effetti del vicolo cieco in cui il governo di Roma si andrebbe a cacciare. 

Siamo in campagna elettorale e si spera che l’operazione centrodestra al vertice europeo sia soltanto un escamotage per tenere unita la colazione in Italia e prendere molti voti. Quando sarà chiaro quali saranno i rapporti di forza e che spezzare le reni agli avversari non sarà possibile, politicamente e numericamente, la presidente del Consiglio italiana dovrà abbassare l’asticella delle pretese. E cambiare strada. Dovrà decidere se far parte da sola al gruppo di testa oppure rimanerne ai margini. Oggi può permettersi di giocare, di dire cose fuori dal mondo della realtà, ma dopo le chiacchiere saranno veramente a zero perché ci sono, appunto, gli interessi dell’Italia in ballo. 

Non si potrà continuare a dire che non possono essere neutralizzate le postazioni militari russe che, dal proprio territorio, continuano a martellare le città ucraine per avanzare verso Kharkiv. Non potrà fare finta di non sapere che mettersi di traverso, insieme alla compagnia della destra estrema europea, significherebbe essere nudi di fronte alle regole del nuovo Patto di stabilità. Non sarebbe possibile scrivere la legge di bilancio per il 2025 con le poche risorse che abbiamo e riconfermare le misure economiche che valgono solo per il 2024 senza entrare in sintonia con chi determinerà la formazione della Commissione europea. Meloni pensa di avere un commissario europeo con un portafoglio pesante se entrerà in rotta di collisione con Parigi, Berlino, Madrid e Varsavia? Crede veramente di trascinare il Ppe in una deriva di destra in compagnia di Rassemblement national

Avere cacciato dal gruppo di Identità e Democrazia i neonazisti di Alternative für Deutschland non basterà a Le Pen e Salvini per essere considerati potenziali alleati. Non basterà nemmeno arruolare Viktor Orbán che pone veti vitali per un’Europa nel tornante più cruciale della sua storia. Non sarà sufficiente dire che siamo dalla parte dell’Ucraina, tenendo Zelensky con le mani legate dietro la schiena mentre a pochi chilometri del confine russo partono i missili che si abbattono sulle case e sulle strutture civili.

L’ambiguità elettorale durerà fino alla sera del 9 giugno. Poi Meloni dovrà essere lineare, costruttiva, dialogante con gli interlocutori che, suo malgrado, si troverà di fronte al Consiglio europeo. Macron e Scholz sono stati chiari nell’incontro di ieri. Altrettanto chiaro è stato il premier spagnolo Sánchez sulle alleanze. Chiarezza sul fatto che le armi non sono né offensive né difensive per cui il limite di non utilizzarle per chi ti attacca è un concetto che con Vladimir Putin è acqua fresca. Altrettanta chiarezza è necessaria quando dovremo fare i conti con le compatibilità economiche del nostro bilancio rispetto al nuovo Patto di stabilità. Lo stesso sostegno al Piano Mattei per fermare l’immigrazione passa per i buoni rapporti con gli interlocutori che contano nelle Cancellerie europee. 

Ecco, se von der Leyen non ci sarà più alla presidenza della Commissione Ue, perché gli incastri politici e di potere saranno altri, Meloni dovrà comunque farsene una ragione. E soprattutto dovrà interloquire con chi ne prenderà il posto. I Popolari, che di potere se ne intendono, saranno disposti a sacrificare Ursula (come fecero la scorsa volta con Manfred Weber) per firmare un nuovo patto europeo. Sempre con i socialisti e i liberali.

Non si può scherzare con il fuoco. Meloni è bene che cominci a pensare a come uscire dal cul de sac in cui si è cacciata in questa campagna elettorale e a come far inghiottire il rospo a Salvini. Chieda consiglio ad Antonio Tajani, che è informato di cosa gira nella testa dei suoi amici Popolari. Oppure si prepari a uno splendido isolamento. Il piccolo problema è che in questo caso a essere isolata sarà l’Italia e gli italiani, a proposito di patriottismo e difesa degli interessi nazionali.

Condividi:

Le fanfaronate di Tarquinio e Zingaretti trasformano il Pd in un centro sociale

Il nuovo Pd candida chi vuole uscire dalla Nato, firma il referendum contro il JobsAct, vuole alzare le tasse a cominciare dalla patrimoniale. È chiaro adesso perché noi siamo un’altra cosa? Stati Uniti d’Europa è un progetto politico per il futuro, non un centro sociale con idee del secolo scorso.

Gli elettori riformisti del Partito democratico sono sempre più a disagio con le roboanti dichiarazioni massimaliste dei candidati di Schlein alle elezioni europee.

Il Partito, cioè la macchina elettorale del Partito democratico, non sta supportando e forse nemmeno sopportando le continue uscite di Marco Tarquinio, nella testa di lista, al numero quattro, della circoscrizione Centro. Per questo l’ex direttore di Avvenire è costretto a spararla sempre più grossa, fino all’auspicio dello scioglimento della Nato, una questione, come ricorda Peppe Provenzano, «risolta da Enrico Berlinguer nel 1976» con la famosa intervista a Giampaolo Pansa. Dopodiché si capisce sempre meno perché nelle liste del Pd ci sia uno più arretrato del Berlinguer di quarantotto anni fa. 

Ieri Elly Schlein ha messo un punto, «non è la nostra linea», ma intanto Tarquinio ha fatto almeno un adepto, e di un certo peso. È Nicola Zingaretti, numero due nella stessa circoscrizione Centro, che ieri ha elogiato le tesi tarquiniste: «Giusta la richiesta di Tarquinio per un maggior protagonismo per la pace, è una denuncia forte di fronte al senso di impotenza che c’è». È evidente che Zingaretti non vuole lasciare a Tarquinio i voti pacifisti. E inoltre con questa posizione va a sposare i ragionamenti di quel Goffredo Bettini di cui è stato per anni il delfino ma dal quale da tempo è stato mollato, tanto che “Goffredone” fa campagna per Matteo Ricci, uno che sembra a rischio bocciatura. 

In una competizione dove non si butta via niente i voti del residuo partito bettiniano non sono da buttare via e Zingaretti ha pensato bene di mostrarsi in sintonia con l’ex direttore di Avvenire, l’uomo che Bettini ha definito «un fiore all’occhiello». Tutto questo contribuisce alla centrosocializzazione del Pd (non si dimentichi la proposta di Cecilia Strada sulla patrimoniale) abbastanza evidente nella lista del Centro superaffollata da esponenti della sinistra e pacifisti vari e avara di riformisti (praticamente solo l’ex deputata Alessia Morani e il toscano Antonio Mazzeo). 

È stato Matteo Renzi a fiutare una incipiente trasformazione del Pd «in un centro sociale», una formula polemica che parla a quegli elettori riformisti a disagio con le ultime posizioni dei candidati di Schlein cui non bastano le critiche di Giorgio Gori, Alessandro Alfieri e, ieri, di Pina Picierno per la quale quella di Tarquinio «non è la posizione del Pd, non è la posizione di Socialisti e democratici, non è nemmeno la mia. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha detto in maniera molto più autorevole in varie occasioni: l’alleanza atlantica è stata garanzia di pace in questi anni e nello specifico penso che l’alleanza atlantica vada rafforzata e non indebolita».

Dunque il caso Tarquinio ormai è squadernato sicché il trucchetto trasformista tanto voluto da Schlein, cioè lo specchietto tarquinista per le allodole pacifiste, potrebbe rivelarsi un boomerang. Specie se l’ex direttore di Avvenire alla fine non dovesse raccogliere quella massa di preferenze che il Nazareno si attende da lui.

E poi anche il silenzio del gruppo dirigente sugli ultimi sviluppi del dibattito europeo sull’Ucraina è significativo. Mentre Matteo Salvini insulta quotidianamente Jens Stoltenberg e Josep Borrell che hanno responsabilmente posto la questione della possibilità di una contro difesa ucraina che tocchi il suolo russo, il Pd non ha detto una parola. Forse aspetta che Tarquinio, o Zingaretti, diano la linea.

IL BULLISMO DELLA PREMIER : “sono quella str… della meloni”

Meloni, trappola a De Luca: dalla posizione dello staff al blitz social di Atreju, un piano studiato a tavolino.La ripicca di Caivano col saluto con la frase sulla “stronza” era programmata: la galassia attorno alla premier si è mossa seguendo una strategia dettagliata.

Un piano studiato male. Si è fatta un autogol. Mal consigliata. È stata lei a fare una magra figura e non De Luca. La signorilità non è il suo forte. Una cosa proprio triste, il Presidente del Consiglio che si comporta come una borgatara che litiga in piazza. Niente a che dire sul modo in cui litigano le borgatare (abitanti delle periferie), ma qui il contesto è un po’ diverso. E’ inadatta a fare il premier.E NOI POPOLO: Non ci meritiamo, di essere rappresentati da chi manifesta tanta incommentabile miseria intellettuale, spesso purtroppo trasversale. E neppure ci meritiamo i sempre più manifesti livelli di incompetenza, da chi ricopre ruoli istituzionali apicali. Tutti noi elettori, di qualsiasi partito, abbiamo il diritto e il dovere di pretendere molto ma molto di meglio. Non ci arrabbiamo mai abbastanza nei confronti di una classe politica assolutamente inadeguata.

La bulla de borgata GIORGIA: “sono quella str… della meloni”. Be cara bulla MELONERA! finalmente qualcuno che ti dice le cose come sei e come stanno . Stavolta De Luca, in fondo, è stato cortese. Altro che trappola della Garbatellara: avrebbe potuto risponderle: ” Be’, signor presidente, se! se lo dice da sola come è non possiamo non essere d’accordo”. Cosa che il giorno dopo De Luca ha puntualmente detto, con la nota ironia. BEH! Se se lo dice da sola e addirittura usa quell’epiteto per presentarsi siamo forse di fronte ,finalmente ,a una bella presa di consapevolezza di sé !!

Comunque da parte della premier: Bell’esempio per i giovani di Caivano! Ma sì, chi se ne importa, l’unica frase sincera uscita da quella bocca: chi se ne importa di Caivano, chi se ne importa del premierato (o la va o la spacca), conta solo il potere per la rivincita degli underdog, basta prendere voti in ogni modo. Dimenticavo: chi se ne importa pure della strage di piazza della Loggia: neanche una parola nel cinquantenario.. Altro che ideali.

Peccato che non è semplicemente una donna, ma il/la Presidente del Consiglio, in un’occasione istituzionale (cui pare tenesse molto), di fronte a figure istituzionali e a una comunità cui si vorrebbe restituire dignità. Ma niente: a lei interessa solo lei stessa con la sua bella capacità di mostrare i muscoli, come da tradizione della sua parte politica. Un presidente del consiglio dovrebbe tenere un contegno migliore. Non è al bar con gli amici. Ma questo evidentemente piace ai suoi elettori.

Se voi siete soddisfatti di avere un presidente del consiglio che evita i giornalisti, finge di fare conferenze stampa, asseconda i pestaggi dei ragazzi, si esprime come una lavandaia di borgata, sta con Vox, Le Pen e gli altri estremisti con cui vuole cambiare l’Europa, affossa la sanità pubblica, blocca i finanziamenti per il Sud, racconta balle sul benessere italiano, non si assume alcuna responsabilità dando le colpe tutte al passato, vuol dire che siete cechi e sordi e gente senza matera grigia .

Certo, dopo la trovata del “chiamatemi Giorgia” a stretto giro autodefinirsi come ha fatto, ha messo in ombra Giorgia e messo sotto i riflettori l’altro epiteto. Oramai tutti la chiameranno cosi’, simpaticamente da parte dei suoi fan: ricorda un film di Verdone: “a stro’, che ffate, ‘ndo state, ndo annate? .” e dei nemici politici (solo “a stro’”). All’Estero, nei Palazzi del potere, sono gia’ alle prese con il traduttore automatico in tutte le lingue per i prossimi incontri.

Enews 969 DI MATTEO RENZI.

Buongiorno a tutti. Meno dieci giorni alle elezioni.
 
Abbiamo bisogno di voi per far passare il messaggio che si vota per contare in Europa, non per contarsi in Italia.
In questo clima di caos internazionale Giorgia Meloni fa le scenette da influencer contro Enzo De Luca mentre il Partito Democratico completa il proprio processo di trasformazione in centro sociale: sciogliere la Nato come propone il candidato Tarquinio, firmare il referendum contro il Jobs Act, aumentare le tasse a cominciare da una bella patrimoniale.
 Io sto correndo da una parte all’altra dell’Italia per condividere le nostre idee.
· Lunedì a Firenze è stato bellissimo vedere la Sala Rossa colma di gente;
· Ieri ho dialogato con Bruno Vespa in “Cinque Minuti” su Rai 1, ecco il link;
· A Torino abbiamo rilanciato dal Cottolengo l’idea di Europa sociale parlando di cura degli ultimi e di servizio civile;
· A La Stampa ho partecipato al forum che trovate su YouTube e sull’edizione cartacea di oggi.
· Domani sarò a MonzaBergamoBrescia: vogliamo portare in Europa la voce dell’Italia che produce.
· Venerdì ancora Campania tra Sarno, Somma Vesuviana e Napoli.
· Sabato sarò in Liguria tra Genova e Rapallo. E poi al Quirinale per la Festa della Repubblica.
 
Perché dico che abbiamo bisogno di voi?
Perché nonostante l’impegno di tutti i candidati, e anche il mio personale, è difficile far passare il significato profondo della sfida che stiamo lanciando.
È in ballo il futuro e l’espressione STATI UNITI D’EUROPA non è solo il simbolo della lista.
Eppure la metà degli italiani non andrà a votare e molti non scorgono sostanziali differenze tra gli schieramenti in campo.
Qualcuno dice che siamo tutti uguali, che nessuno va davvero in Europa e questo cinismo rassegnato fa il gioco dei politici influencer e condanna chi invece ha una visione e un sogno.
 
Serve allora un messaggio casa per casa, porta a porta, uno a uno da parte di chi di noi ci crede.

Qui trovate i fac-simile per le quattro circoscrizioni in cui mi sono candidato. Se vi va giratelo agli amici che possono essere interessati.

L’email per fare i volontari in campagna elettorale è sempre la stessa: volontari@matteorenzi.it
Il link per dare un contributo economico è qui. Grazie a chi ha la possibilità di donare e aiutarci.
 
Vi confesso una cosa, cari amici: mai come stavolta vivo la campagna elettorale con la convinzione di chi sta facendo una battaglia non per sé ma per i propri figli. Gli Stati Uniti d’Europa sono una necessità per le nuove generazioni, altrimenti l’Italia non conterà più nulla nel mondo. E io mi sto buttando anima e corpo in questo progetto perché in una politica sempre più cinica riscopro la gioia e l’entusiasmo degli ideali e dei valori. Grazie a chi sta camminando con noi: la strada non è semplice, ma camminare insieme a voi trasforma la fatica in speranza. Voi che dite? Come sta andando? Avete convinto qualche amico indeciso? matteo@matteorenzi.it
 
Un sorriso,
Matteo

I miei articoli DEL 29/5/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

Oltre le parole, il Papa discrimina i seminaristi gay: bloccare l’8×1000 alla chiesa cattolica. – Blog di bezzifer

RENZI: “Sono più esuberante di Emma ma abbiamo gli stessi obiettivi” – Blog di bezzifer

Premierato, ora Meloni prepara la via di fuga – Blog di bezzifer

“Moralisti e lecchini. Liberali alle vongole che prendono la linea da Travaglio”: l’attacco di Renzi agli “ex amici” dentro il Pd – Blog di bezzifer

Ora Renzi non ignora più Calenda, l’attacco a testa bassa. – Blog di bezzifer

Il ‘cul de sac’ di Meloni. – Blog di bezzifer

Il gesto dell’ombrello alla Nato. La disfatta morale del Partito democratico di Elly Schlein. – Blog di bezzifer

Coattissima me. Meloni fa la faccia cattiva per nascondere i suoi problemi politici – Blog di bezzifer

Non c’è due senza tre. Dopo il mercato comune e l’euro, è ora che si arrivi all’unità politica dell’Ue. – Blog di bezzifer

Il Conte Calimero. “In Europa in un gruppo progressista”. Ma non lo vuole nessuno. – Blog di bezzifer

Il Conte Calimero. “In Europa in un gruppo progressista”. Ma non lo vuole nessuno. – Blog di bezzifer

Enews 969 DI MATTEO RENZI. – Blog di bezzifer

https://bezzifer.altervista.org

Emma Bonino: “Chi vuole lo scontro fra me e Renzi resterà deluso, Calenda spreca migliaia di voti europeisti”

Intervista alla storica leader radicale, candidata alle Europee con la lista Stati Uniti d’Europa: “L’Ue ostaggio degli Orbán di turno diventa ininfluente. Se la Russia bombarda Kharkiv, bisogna consentire agli ucraini di allontanare gli aerei. Su Gaza Netanyahu segua Biden, lo dico da amica di Israele” Emma Bonino, storica leader radicale, è candidata nella circoscrizione nord-ovest per la lista Stati Uniti d’Europa alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. L’hanno intervistata per parlare di guerre e di Europa, di nuovi e vecchi alleati politici, di diritti e di aborto.  Emma Bonino, dall’Ucraina a Gaza, l’Europa assiste a due conflitti alle sue porte, ma non riesce a farsi sentire, né a parlare con una voce sola. Se messi di fronte al dilemma se scegliere tra il disonore e la guerra, molti Paesi europei sceglieranno il disonore … ma avranno la guerra. Come aveva detto Winston Churchill.d. Putin bombarda quotidianamente in modo massiccio territorio e infrastrutture ucraine, lanciando bombe dallo spazio aereo russo: non è una scelta facile consentire alla contraerea ucraina di colpire quegli aerei con le nostre armi, ma nemmeno possiamo aspettare che i russi facciano terra bruciata a Kharkiv. I negoziati saranno credibili solo quando Putin capirà che con la forza non potrà andare oltre. Conte e Salvini dovrebbero prima implorare Putin di smetterla. Ma l’Ue non deve lasciare un vuoto politico, in termini di strategia e decisioni, altrimenti è fisiologico che venga riempito dalla NATO o dagli USA. L’UE dovrebbe parlare con una sola voce diplomatica e militare, per essere rilevante. L’Europa di oggi non basta: va federata, e subito. Su tre obiettivi: finanze, difesa, sicurezza. Questa legislatura è l’ultima possibile per poter fare qualcosa. Per creare finalmente gli Stati Uniti d’Europa, ma occorre superare il diritto di veto.

Il Conte Calimero. “In Europa in un gruppo progressista”. Ma non lo vuole nessuno.

Continua la maledizione dei Cinque stelle, impossibile accasarsi nell’Europarlamento. L’ex premier annuncia una sorpresa, e alla fine sarà che il gruppo se lo fa coi sovranisti di sinistra. Se ci riesce. Ci sarà una “sorpresa”, dice Giuseppe Conte in tv a Nicola Porro, con una certa abilità scenica. Ma, forse perché ancora non è confezionata, forse per alimentare l’effetto suspense, si limita solo a un accenno: “In Europa saremo in un gruppo dell’area progressista”.I Cinque stelle e le famiglie politiche europee: storia lunga e mai risolta, che sembra una perversione da addetti ai lavori, in verità è la sostanza dell’equivoco, perché siccome nel mondo, e dunque in Europa, esistono la destra (nelle sue varie declinazioni) e la sinistra (nelle sue varie declinazioni), chi ha la pretesa di andare “oltre destra e sinistra”, alla fine resta apolide. PERCIO CARO CALIMERO CONTE DIMMI DOVE VORESTI ANDARE E TI DIRANNO CHI SEI! MA IL TUO PROBLEMA E CHE NON TI VUOLE NESSUNO! E ALLORA PRIMA DI DIRE “In Europa in un gruppo progressista” CERCA DI SAPERE CHI TI VUOLE! E AL MOMENTO SAPPI CHE NON TI VUOLE NESSUNO! E IO A QUESTO PUNTO MI FAREI UN BEL ESAME DI COSCIEMZA.

In Europa, ci sono diversi partiti e coalizioni che si identificano come progressisti. Alcuni di questi includono:

  1. Partito del Socialismo Europeo (PSE): Il PSE è una coalizione di partiti di sinistra e socialdemocratici in Europa. Include partiti come il Partito Democratico (PD) in Italia, il Partito Laburista nel Regno Unito e il Partito Socialista Francese in Francia.
  2. Verdi Europei: I Verdi sono un gruppo politico che si concentra sulla sostenibilità ambientale, i diritti umani e la giustizia sociale. Sono spesso considerati progressisti e hanno rappresentanti in vari paesi europei.
  3. Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL): Questo gruppo parlamentare europeo comprende partiti di sinistra, socialisti e comunisti. Sebbene non siano sempre al potere, hanno una voce critica nei confronti delle politiche neoliberiste e conservatrici.
  4. Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D): Questo gruppo politico è composto principalmente da partiti di sinistra e socialdemocratici. Lavorano per promuovere l’uguaglianza, i diritti dei lavoratori e la giustizia sociale.

Detto ciò, è importante notare che la politica è complessa e soggetta a cambiamenti. Le opinioni sulle diverse figure politiche possono variare notevolmente. Se vuoi ulteriori dettagli o domande specifiche caro “ Conte Calimero”, ti consiglio di cercare un altro lavoro dove servono specifiche di paraculaggine e volta gabana e di non fornire ulteriori dettagli, perche per sapere chi non serve una ricerca più accurata. Ma cerca non nella politica EUROPEISTICA. Agli ITALIANI sei riuscito a infilarglielo in EUROPA non ce la fai! no sono boccaloni e ti hanno sbattuto la porta in faccia. Questa è la realta! in Europa ci potrai arrivare! ma farai solamente il portaborse. Ti conoscono e il tanfo da carogna si sentee e si tengono a distanza . Non lo sopportano e non riescono a farci l’abitudine! solo il PD sopporta il tuo tanfo! ma cè anche il motivo! sono delle carogne pure loro.

Non c’è due senza tre. Dopo il mercato comune e l’euro, è ora che si arrivi all’unità politica dell’Ue.

I ventisette Stati membri stanno andando in ordine sparso sull’invio di armi all’Ucraina. Bruxelles non può più contare totalmente sull’appoggio americano per la difesa e serve un ragionamento di più ampio respiro. Quando non c’è un disegno comune, di valore strategico, un occhio tutto proteso nel futuro prossimo venturo, prima o poi le cose si rompono. Vladimir Putin confida proprio su questo e infatti, sulle armi da puntare contro la Russia, i Paesi della Nato si muovono in ordine sparso: Polonia, Paesi baltici, Inghilterra a favore; Paesi mediterranei e Germania contrari. Dibattito serrato anche nell’amministrazione americana. Ma c’è dell’altro: Polonia e paesi baltici, una rosa di Stati a corona della Russia e dell’Ucraina, non si dicono contrari nemmeno all’invio di truppe, mentre la Francia si dice pronta a inviare istruttori a Kiev. In ordine sparso, appunto, proprio quando sta prendendo avvio la fase più delicata sul fronte di guerra e si avvicinano le elezioni negli Stati Uniti. Che l’Europa non possa più contare esclusivamente sugli Usa per la propria difesa è un fatto, vinca chi vinca nelle presidenziali. Un motivo in più per ragionare di una strategia di ampio respiro che porti a uno stadio superiore i rapporti tra i Paesi europei, tanto più oggi con un paio di conflitti ai confini. Proteggere l’Ucraina, evitarne le mutilazioni, questa sì che è ragion di Stato. Ma manca uno Stato, un attore protagonista nello scenario geopolitico mondiale. E questo è il problema. Se cade l’Ucraina, viene inesorabilmente ferito lo spirito che è a fondamento dell’Europa, dell’Unione europea. Questo è un tempo dove chiudersi nelle proprie frontiere non è segno di vitalità, ma segno di debolezza. Dopo il mercato comune, dopo l’euro, dovrebbe sorgere la stagione dell’unità politica del continente. Tertium non datur. Salvo affidare al caso e all’approssimazione lo scettro. Ma questo sarebbe il modo peggiore per sconfiggere le tante fonti di instabilità che insanguinano il Mediterraneo e la frontiera orientale. Lo dico in conclusione: pacifisti a senso unico e nazionalisti non hanno soluzioni al problema, sono essi stessi parte del problema che dovremmo risolvere. La Storia non è maestra di vita, spesso si ripete con strumenti più sofisticati che ti confondono le idee, ma il movente proprio non cambia. Il movente sono gli interessi, le passioni, il potere, quei sentimenti di cui già parlava Tucidide nella “Guerra del Peloponneso”.

Condividi:

Coattissima me. Meloni fa la faccia cattiva per nascondere i suoi problemi politici

Continua, stavolta faccia a faccia, la querelle tra la premier Giorgia Meloni e il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca: il siparietto in cui lei lo saluta con “Sono la stronza della Meloni, come sta?“, immortatalato da un video, è avvenuto in occasione dell’incontro tra i due avvenuto a Caivano.Non è mai scoccato l’amore tra i due, questo è ben risaputo e ben documentato. Oggi abbiamo avuto l’ennesimo atto di questo battibecco perpetuo tra la nostra presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente campano.

La premier si offende facilmente e perde lo standing istituzionale, mostrando il nervosismo e la stanchezza di una leader inquieta. Sui social ci si divide tra chi attacca Giorgia Meloni e chi la difende a proposito della sua incredibile uscita di ieri davanti al presidente della Campania Vincenzo De Luca: «Presidente, sono quella stronza della Meloni». Gli ha reso la pariglia, secondo i sostenitori, dunque ha fatto bene. Il Governatore se n’era uscito mesi fa con un «quella stronza» rubato in Parlamento dai cronisti. Lei è per temperamento una rancorosa. Se la lega al dito. Ma la veste istituzionale dov’è finita, lamentano i critici. Inutile fare i moralisti. Come sempre, la questione è politica. E allora bisogna sapere che Fratelli d’Italia da tempo “punta” la Campania. Dove non tocca palla da anni ma che ormai è una Regione contendibilissima, soprattutto se De Luca – che piaccia o no, è fortissimo – si togliesse di mezzo. C’è tutta una nuova generazione di Fratelli meloniani che in quella regione scalpita e Gennaro Sangiuliano è il suo profeta. Poi ci si è messo l’insulto del Governatore finito sui social: «Stronza». Le è rimasto in testa per tutti questi mesi. Alla prima occasione la premier lo ha rovesciato su di lui: eccomi qua, sono la stronza. L’episodio, in sé grottesco, politicamente segnala la perdita – non dovuta all’istinto ma a una scelta precisa – dello standing istituzionale proprio di un presidente del Consiglio. Questa è una considerazione oggettiva. Se avesse scelto di fare la stessa cosa Silvio Berlusconi, il meno istituzionale nella galleria dei premier, lo avrebbe fatto alla sua maniera, ridendo. Meloni l’ha fatto per demolire l’avversario politico, digrignando i denti. E abbassandosi al livello dell’altro. Ora, mettiamo insieme le due cose, Fratelli d’Italia vuole cacciare De Luca e lei perde l’autorevolezza del suo ruolo: il risultato è che Meloni è tornata la segretaria di partito che era prima delle elezioni del settembre 2022. Una segretaria che sa benissimo che il suo partito non funziona e che la squadra di governo è un disastro. «Deve fare tutte le parti in commedia», ha scritto il direttore del Riformista Claudio Velardi all’indomani del famoso «chi se ne importa se perdo il referendum».Velardi era con Massimo D’Alema quando questi era presidente del Consiglio: una cosa così non la fece mai, eppure era un tipetto mica da ridere pure lui. No, è semmai la disillusione per non riuscire a cogliere risultati concreti che alimenta il nervosismo e la stanchezza della premier unita a un super-ego che sente frustrato. Di qui il vittimismo e l’ansia di mettersi l’elmetto.È sempre colpa di qualcun altro: il Partito democratico, il sottosegretario, il ministro, La7, Emmanuel Macron e via dicendo. Non è una questione di “coattaggine”, e finiamola con questa storia che poi finisce per essere un alibi. Questo ha tutta l’aria di essere un problema politico. Ed è legittimo chiedersi quanto, in assenza di novità che all’orizzonte al momento non si vedono, questa sua situazione personale possa continuare a invelenire il dibattito pubblico.

Condividi:

Il gesto dell’ombrello alla Nato. La disfatta morale del Partito democratico di Elly Schlein.

Marco Tarquinio, il candidato del PD alle prossime Europee, dopo aver proposto di disarmare l’Ucraina adesso propone di disarmare l’intero Occidente sciogliendo la NATO. E’ evidente che questi finti pacifisti lavorano per rafforzare l’egemonia militare della Russia e della Cina. Cioè come si diceva un tempo lavorano per il re di Prussia. Speravo de morì prima di vedere il PD che ho tanto amato cadere nelle mani di quelle posizione gruppettare che nella mia gioventù militando nel PCI ho sempre combattuto a viso aperto e che il PCI marginalizzava e teneva lontani (richiamando gli slogan sfottenti nei cortei dove ragazzi senza cervello urlavano “il PCI non è qui lecca il culo alla DC”)

Il capolista Tarquinio propone lo scioglimento dell’Alleanza atlantica, come Trump, i rossobruni e i grillini. Il problema, però, non è lui: è chi guida il partito, e chi non fa niente per fermare la sua rotta immorale. Negli anni Settanta, timidamente, il Partito comunista italiano cominciò a capire che la Nato non era affatto peggio del Patto di Varsavia, nemmeno dal punto di vista dei comunisti italiani, in particolare quando gli avvinazzati compagni russi provarono, come loro uso e costume, a uccidere il segretario Enrico Berlinguer in Bulgaria. Alla vigilia delle elezioni del 1976, Berlinguer confessò a Giampaolo Pansa del Corriere della Sera che si sentiva più al sicuro sotto l’ombrello della Nato, e da lì è cominciato un percorso non velocissimo, e spesso pieno di ambiguità oscene, compresa la barzelletta dell’eurocomunismo che giustamente Claudio Martelli definiva «neurocomunismo», verso la trasformazione di un partito eteroguidato da Mosca, anti europeo e anticapitalista, nel partito più europeo, atlantico e neoliberale (per usare una definizione insensata, ma cara ai nostalgici dei soviet) della Repubblica italiana. Quarantotto anni dopo, il capolista alle Europee del partito erede del Pci che si sentiva più protetto dall’ombrello della Nato, il giornalista Marco Tarquinio già direttore dell’Avvenire, inteso come quotidiano non come Sol, ha fatto il gesto dell’ombrello a Berlinguer e a mezzo secolo di storia della sinistra italiana, e ha proposto di sciogliere la Nato, come un grillino, un Trump o un rossobruno qualsiasi. In mancanza di un Patto di Varsavia vigente, visto che tutti i paesi che erano costretti a farne parte sanno perfettamente che cosa significa vivere sotto il giogo imperialista di Mosca, e quindi sono entrati o aspirano a entrare nella Nato, il superbo Tarquinio che il Pd ha scelto per guidare le liste europee al Centro Italia evidentemente trova riparo sotto l’ombrello di Bianca Berlinguer e della masnada di retequattristi che la circondano, non con Berlinguer senior né con l’Occidente che ha garantito, protetto e ampliato la pace nel nostro continente da quasi ottant’anni. Una pace vera, peraltro, non la Russkiy mir dei gulag, delle fosse comuni, degli omicidi politici, della carestia pianificata, delle città rase al suolo, della cancellazione culturale, linguistica e identitaria, degli stupri collettivi, delle finte repubbliche ribelli, delle “leggi russe” per azzerare il dissenso e arrestare gli oppositori.Per Tarquinio è la Nato a minacciare la guerra, la manovratrice occulta dell’Ucraina, un paese fatto di pedine anonime e non di uomini e donne vere e reali. E mai una volta che lui o altri cattolici, compreso il Papa, o altri rossobruni che popolano i talk show, o altri impostori della geopolitica, che individuino le responsabilità della guerra in colui che l’ha scatenata, che continua a farla, che minaccia di estenderla ad altri paesi, anche con armi nucleari, e che apre ulteriori tensioni con i paesi baltici, con la Moldavia, e con la Georgia, dopo aver già sedato nel sangue l’opposizione belarusiana e anche quella interna russa, parlandone da viva, con i gulag in Siberia o con il novichok all’estero.Tarquinio e la sua enabler Elly Schlein, che con le sue ultime scelte avrà fatto rivoltare nella tomba il nonno antifascista e radicale Agostino Viviani e anche qualche antenato ucraino da parte di padre, non sono pacifisti come dicono di essere, altrimenti sarebbero a Kharkiv dove i russi uccidono i civili che vanno a comprare i sanitari per il bagno, o a Kyjiv a inaugurare il Salone del libro che si apre senza gli autori uccisi dal Cremlino e senza i libri bruciati dai missili russi, o a Tbilisi dove gli ukase di Putin impongono l’incubo russo e la fine del sogno europeo dei georgiani. Come diceva Christopher Hitchens, uno che avrebbe potuto insegnare a Schlein che essere di sinistra significa essere prima di ogni cosa antitotalitari, quelli come il gruppo dirigente di Schlein e i capilista Pd non vogliono la pace, vogliono la guerra, solo che tifano per gli avversari. L’imbarazzo delle persone serie del Pd, che nonostante la disfatta morale causata da Schlein, resta il partito che conta il numero più alto adulti, è comprensibile, ma a questo punto non è più giustificabile. Non basta prendere le distanze dalle corbellerie di Tarquinio con un tweet. Il punto non è Tarquinio né Cecilia Strada né gli altri sedicenti pacifisti che più o meno a loro insaputa si impegnano come Trump, come i populisti e come i nazi-stalinisti, per realizzare gli obiettivi strategici dell’imperialismo russo, a cominciare dalla caduta dell’Ucraina nelle mani dei torturatori di Bucha fino all’indebolimento dei processi democratici occidentali e delle società europee che fin qui sono riuscite a tenerlo a bada. Il punto è Elly Schlein con la sua classe dirigente di studenti fuori corso, inadeguati e irresponsabili, che si agitano se qualcuno sbaglia un pronome e abbracciano strategicamente chiunque suggerisca di abbandonare gli ucraini ai russi e ignori la guerra dichiarata da Putin alla democrazia liberale. Gli adulti del Pd che stanno a guardare, che provano disgusto sottobanco per le scelte della segretaria, ma che tengono al proprio seggio più che alla libertà dei popoli, arrivati al punto in cui il capolista alle Europee, nel periodo più delicato della storia recente del continente, chiede lo scioglimento della Nato, non sono più esenti da colpe: sono volenterosi complici di Schlein e altrettanto responsabili del prossimo cedimento strutturale della democrazia europea.

Condividi:

Il ‘cul de sac’ di Meloni.

Il ‘cul de sac’ di Meloni, la leader solitaria senza squadra che deve fare tutte le parti in commedia. Ne ho visti in passato (anche da vicino…) Presidenti del Consiglio affrontare campagne elettorali dicendo in premessa – con sussiego e un pizzico di alterigia – “io me ne terrò fuori”, per poi farsi trascinare nel gorgo inesorabile dello strapaese, con annessi tour promozionali in cui i ruoli si confondono, le prefetture sono mobilitate e i clientes si presentano in processione a chiedere benedizioni, bonus e provvidenze. Nel caso di Giorgia Meloni, va detto che lei si è candidata (anche se solo in funzione di specchietto acchiappavoti), e quindi nessuno può negarle qualche comizio. Ma altro è perdersi in video sciattamente goliardici e scivolare in polemiche di bottega con testate giornalistiche. Questi sono segnali di nervosismo, figli dell’errore – politico, non comunicativo – commesso qualche giorno fa a proposito del premierato, quando ha detto “sulle riforme o la va o la spacca”, ribadendo successivamente che un eventuale voto negativo al referendum confermativo non porterebbe a sue dimissioni. Ma perché una politica esperta come lei si è infilata improvvisamente in questo tunnel senza uscite? La risposta è semplice. Giorgia Meloni vive una condizione di profonda solitudine. Come ogni leader, intendiamoci.Come la stessa Elly Schlein – attesa, da qui a 15 giorni, al varco delle eterne forche caudine del Pd – che però nella solitudine si sta esaltando, mostrando doti di combattente che era difficile riconoscerle, e non ha l’esigenza di dover indossare il vestito buono della donna di governo. Mentre lei, l’underdog che ha scalato lo Stato, deve cambiarsi d’abito in continuazione: un giorno in giro per l’Europa a tessere la complessa rete della famiglia politica di cui è a capo, un altro a Caivano a mostrare il volto del governo del fare. Trovando il tempo per partecipare a convegni esternando in libertà, registrare video per sbeffeggiare presunti nemici, tenere a bada ministri e sottosegretari incontinenti, per non parlare dei membri regolari del suo esercito, che come aprono bocca combinano qualche guaio. Deve fare tutte le parti in commedia, la premier, perché nella sua squadra nessun altro è in grado di stare sul palcoscenico (salvo Guido Crosetto, cofondatore del suo partito, ma con una cultura politica di ben altro spessore), neppure per fare il gioco sporco, quello – indispensabile in una campagna elettorale – di andare fuori dal seminato, di spararle grosse per farsi sentire. E consentire a lei di dare qualche bacchettata all’intemperante di turno, mostrando il volto autorevole e sereno di chi guida una nazione, non più – o non solo – un manipolo di confusi legionari. Detta in altre parole, se Giorgia Meloni non creerà una classe dirigente credibile, solida e soprattutto non dipendente da lei, la sua leadership solitaria non farà mai il salto di qualità necessario per reggere nel tempo.

Ora Renzi non ignora più Calenda, l’attacco a testa bassa.

Ora Renzi non ignora più Calenda, l’attacco a testa bassa: “Ha rotto il Terzo Polo, è la brutta copia di Schlein, Tajani e Meloni”

La linea di Matteo Renzi da mesi era stata quella di ignorare Carlo Calenda, dopo i dissidi tra i due a causa della rottura del Terzo Polo e ancor di più dopo la divisione alle elezioni europee. Certo, in questi mesi ha mandato avanti altri illustri esponenti di Italia Viva per attaccare frontalmente il leader di Azione in diversi modi. Ma lui aveva cercato sempre di dimostrarsi più distaccato, non sempre riuscendoci. Ora le cose sembrano cambiare. Con il voto dell’8-9 giugno alle porte, anche Renzi – tra i candidati principali della lista Stati Uniti d’Europa – ha cominciato ad attaccare Calenda. Renzi contro Calenda: è la brutta copia di Schlein e Meloni .In visita al Cottolengo di Torino, Renzi ha parlato della fine dell’esperienza politica comune con il suo ex ministro: “Sul Terzo Polo la rottura è stata causata da una scelta secondo me inspiegabile di Carlo Calenda, due milioni di italiani hanno votato terzo polo e un romano, Calenda, ha deciso basta”. “Tuttavia questo è il passato, anche perché Calenda ha deciso di candidarsi per finta alle elezioni mentre noi ci siamo candidati sul serio” ha aggiunto il leader di Italia Viva. Poi l’affondo: “Calenda è la brutta copia di Schlein, Tajani e Meloni che si candidano e se eletti non vanno in Europa: è segno di mancanza di serietà”. “Qui dobbiamo dire grazie a Bonino che ha lanciato appello a riformisti dicendo Stati Uniti d’Europa, un messaggio bello, alto, nobile. Gli altri mettono il cognome sulla scheda, noi abbiamo messo un progetto Stati Uniti d’Europa. Se siete riformisti e credete nel futuro per i vostri figli l’unica opzione è Stati Uniti d’Europa non un cognome a caso” ha concluso Renzi, che in realtà solo ieri è stato criticato da Emma Bonino in merito alle sue posizioni su Ursula von der Leyen.Calenda contro la lista Stati Uniti d’Europa. Da parte sua, Calenda non le ha mai mandate a dire nei confronti della lista Stati Uniti d’Europa creata da Italia Viva e +Europa, insieme ad altri sigle minori. “Non è una lista, ma un’accozzaglia di posizioni differenti, fatta per dire ‘mettiamoci al riparo dalla soglia’, ma questo non è il modo in cui si fa politica seriamente” ha detto il leader di Azione, parlando a margine di una iniziativa elettorale a Firenze. Stati Uniti d’Europa “è una lista dove dentro ci sono persone che andranno con i socialisti, alcuni con i liberali e altri con i popolari”, ha sottolineato Calenda, e quindi “perché dovrei votare una cosa che va da Mastella a Cecchi Paone senza avere nessuna prospettiva politica, in cui il giorno dopo va ognuno per conto suo e, aggiungo, con delle incoerenze allucinanti? In quella lista, al numero 2 nella circoscrizione Nord Ovest c’è uno che diceva ‘Putin ha ragione, diamogli il pezzo dell’Ucraina che chiede e chiudiamola qua’, ha votato contro l’invio delle armi, e dice che in Arabia Saudita le donne sono libere e non hanno il velo”, ha detto l’ex ministro riferendosi a Gianfranco Librandi.

“Moralisti e lecchini. Liberali alle vongole che prendono la linea da Travaglio”: l’attacco di Renzi agli “ex amici” dentro il Pd

Renzi mi è sempre piaciuto perché non la fa passare liscia a chi gli si mette contro e spero torni a fare politica. è da quando l’ha lasciata, dopo il referendum, fedele a quanto promesso prima di quel voto, che mi guardo in giro e non vedo nessuno di cui possa fidarmi. torna Matteo, torna: la politica ha bisogno di te. L’ITALIA E L’EUROPA HA BISOGNO DI LUI. LO HANNO CAPITO ANCHE GLI ELETTORI CHE VOTERANNO E VOTERANNO STATI UNITO D’EUROPA IN MASSA! PER TANTI SARA UNA SORPRESA NEGATIVA !MA PER IL POPOLO RIFORMISTA E DEMOCRATICO ITALIANO E EUROPEO SARA UN SOSPIRO DI SOLIEVO PER UN FUTURO ROSEO E SERENO. ATTUANDO IL PRGRAMMA POLITICO PRESENTATO DA STATI UNITO D’EUROPA. L’ALBA DI UNA NUOVA EUROPA STA NASCENDO.

Un Matteo Renzi scatenato quello che è salito sul palco di Firenze per un appuntamento elettorale in vista delle prossime Europee. Il leader di Italia Viva ha difeso strenuamente il jobs act.

Dopo aver evidenziato che la riforma “ha garantito lavoro a tempo indeterminato” e aver criticato l’opposizione di Landini, Renzi ha parlato del Pd e di mancanza di coerenza all’interno del partito. “Mentre Elly Schlein è coerente, sono i riformisti del Pd che hanno votato quel jobs act in parlamento” che non lo sono. “Oggi vengono messi in fila davanti a un banchino a firmare il referendum – prosegue Renzi dal palco – quella non è la firma sul referendum ma la firma che costituisce, in un certo linguaggio, l’abiura che viene richiesta contro quelli che l’avevano sostenuta”.

L’ex presidente del Consiglio, quindi, ha attaccato gli “ex amici“: “Quelli che ci fanno la morale a noi adesso sulle questioni etiche, come se fossero in grado per la loro storia personale su cui noi tacciamo, quelli che hanno condiviso con noi gli incarichi, che sono stati eletti parlamentari o proposti come ministro, che hanno avuto grandi opportunità, quelli che non avevano le firme per candidarsi in Parlamento e che grazie a noi sono stati portati in Parlamento, costoro che hanno passato la vita a darci ragione quando eravamo potenti e a farci le pulci quando abbiamo smesso di esserlo, sappiano che noi a Firenze sappiamo riconoscere i maramaldo e le persone che non hanno spina dorsale”. “Non accettiamo lezioni di etica da hi ha fatto pratica di lecchinaggio ai tempi d’oro. Non accetto lezioni di etica da chi oggi ci fa la morale e per anni ha accettato quello che facevamo”, ha proseguito ancora Renzi, sottolineando che, in merito alle sue conferenze all’estero, “è legittimo dire io non sono d’accordo con te perché non le farebbe” ma che “non è legittimo mettere la matita rossa e blu e fare il maestrino”. “Io continuo a volare alto e a parlare di Europa, ma le elezioni dai doppi ai finti moralisti non le prendo. Sciacquatevi i pensieri prima di parlare di noi”. Quindi Renzi ha concluso: “Noi abbiamo sempre rispettato le regole, le rispettiamo e le rispetteremo. E siccome ci hanno aggredito con fare giustizialista, io voglio dire che i liberali alle vongole che prendono la linea da Marco Travaglio in questi ultimi 10 giorni troveranno pane per i loro denti e querele nei luoghi necessari”.

Premierato, ora Meloni prepara la via di fuga

«La va o la spacca» o «chi se ne importa, se perdo non mi dimetto» ? Sta tutto in questa tensione – tra l’istinto a sfidare i rivali a costo di “lasciarci le penne” e la ragione che suggerisce di non personalizzare la battaglia sul premierato l’atteggiamento politicamente bipolare della presidente del Consiglio. Al centro dei pensieri di Giorgia Meloni: il futuro referendum costituzionale per portare a compimento «la madre di tutte le riforme» E RITORNARE A VENTENIO

Dice Matteo Renzi, che di queste cose se ne intende: «Se Giorgia Meloni perderà il referendum sulla sua riforma del premierato, dovrà dimettersi, che lo voglia oppure no».

Sa benissimo RENZI, l’ex segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio, che proprio lui, col suo precedente, sta in questi giorni tormentando la premier. Ricorderete che al referendum sulla riforma costituzionale elaborata dal centrosinistra, Renzi commise il terribile errore di dire: «Se perdo me ne vado». Lui era sicuro di vincere e voleva far capire a tutti che il dividendo politico sarebbe stato suo e solo suo; ottenne invece di coalizzare i suoi (numerosi) nemici contro di lui. Era l’occasione buona di sbarazzarsene: fargli perdere il referendum. E così accadde e Renzi fu messo alla porta di Palazzo Chigi.

Per un istante anche Giorgia ha commesso lo stesso errore. È stato qualche sera fa, al Festival dell’Economia di Trento, un’arena che la leader di Fratelli d’Italia sa essere assai poco amica della destra. E probabilmente per un’insopprimibile voglia di sfidare gli avversari, l’ha buttata la: «Sul referendum, o la va o la spacca», aggiungendo il fatale: «Non starò certo lì a scaldare la sedia». È stato un attimo, però. Devono essere corsi in parecchi, quella sera, ad avvertirla dell’errore commesso, scongiurandola di correggerlo alla velocità della luce, anche a costo di apparire un po’ troppo ballerina. Meloni che fa tutto di testa sua ma capisce perfettamente quando mette il piede su una buccia di banana, ha sterzato bruscamente, quasi un testa coda, al limite dell’irriverenza verso il popolo sovrano. Domenica è corsa in tv a dire: «Se va male? E chi se ne importa, io non mi dimetto di sicuro, anzi duro cinque anni». E poi: «Vorrà dire che agli italiani la riforma non è piaciuta, pazienza», quasi a sminuirne il significato che la destra ha sempre dato, identificandocisi, al rafforzamento del potere centrale, personalizzato nel presidente del Consiglio (vero premier, a quel punto) o nel presidente della Repubblica. Quest’ultima idea piaceva alla destra d’una volta, ai missini che erano fissati con la «Repubblica presidenziale»; il premierato piace alla destra di oggi che deve combinarlo con l’autonomia delle regioni secondo Salvini, e non è detto che la combinazione funzioni davvero.

Insomma, la schivata c’è stata. Ora Elly Schlein non la manda giù: «Lei scambia la riforma costituzionale con il suo destino personale». Renzi invece non gliela fa passare: «Si dovrebbe comunque dimettere», come lui. Già, perché il premierato è una specie di marchio di fabbrica del meloniano Fratelli d’Italia, lo chiedono da quando sono nati dalle ceneri di Alleanza Nazionale, e adesso che hanno i numeri (quasi) giusti, devono provarci per forza a conquistare la vetta: ma se non ci riescono, come non trarne le conclusioni? Sarà un bel problema. A meno che, come dicono le gole profonde del Palazzo, Meloni non abbia deciso di mettere insieme le politiche del 2027 con il referendum e trascinare le une con l’altro: se anche andasse male il test sulla riforma, un mare di voti personali salverebbe comunque Meloni dall’imbarazzante quesito.

È un’ipotesi, ma dicono che a Palazzo Chigi la stiano studiando attentamente, calendario alla mano, per calibrare i tempi giusti. Certo bisognerà anche sentire cosa ne pensa il Quirinale, fin dall’inizio sospettoso verso una riforma che a Mattarella piace assai poco e che vorrebbe poter riscrivere quasi daccapo se fosse ancora ai tempi in cui coi professori Leopoldo Elia e Roberto Ruffilli scriveva le riforme costituzionali targate DC. Quelle che non si videro mai la luce, né nella prima né nella seconda Repubblica. Con una sola eccezione: il pastrocchio del nuovo Titolo Quinto della Costituzione che ci affligge dai tempi del governo Amato.

RENZI: “Sono più esuberante di Emma ma abbiamo gli stessi obiettivi”

CARA BONINO: Certo che la frase “vediamo prima come vanno le elezioni e poi ne parliamo “…sa tanto di opportunismo puro. Insomma, se la Von der…ha lavorato male ha lavorato male e basta, mica diventa più capace se vince alle elezioni!

Trovo le esternazioni della Bonino fuori luogo e una stupidata. Perché a 10 gg dal voto, e pure non essendo sicuri di superare lo sbarramento, non occorre per forza distinguersi (per frivolezze) dal suo alleato. Invece di sottolineare i punti in comune, che sono tanti. Che la sua sia una alleanza di scopo non ci piove. Ma che Renzi non volesse la Von der Leyen si sa da due mesi. E non e’ il caso, in questo momento, di portare acqua al lavandaio Calenda, che ora è un suo avversario e coglie ogni occasione per accendere fuochi. E’ percio’ lei che deve restare calma, non Renzi che invece sta attento ad non urtarla e la riempie di complimenti.

RENZI: “Sono più esuberante di Emma ma abbiamo gli stessi obiettivi”

Bonino a Renzi: “Dice no al bis di von der Leyen in Ue? Stia più calmo”. Lui smorza: “Sono più esuberante di Emma ma abbiamo gli stessi obiettivi” Il no di Matteo Renzi a un bis dell’attuale presidente della commissione europea? “Con o senza Ursula von der Leyen…io direi al mio alleato Renzi di stare più calmo e aspettare gli esiti delle elezioni”, risponde secca Emma Bonino aprendo ad una possibile ricucitura con Carlo Calenda a Strasburgo: “Non è che il Parlamento europeo sia un terreno più fertile, dobbiamo farlo noi e sbrigarci pure”.

Prime schermaglie interne nella lista Stati Uniti d’Europa, guidata dai due leader. Bonino, icona radicale e promotrice della lista in corsa per le europee non ci sta a parlare di nomi e alleanze prima delle urne, “non fosse altro che per rispetto dei cittadini”. Von der Leyen “andava forte fino a qualche tempo fa, ora pare sia in disgrazia, auspicherei che tutti stessero più calmi. Non è indifferente ciò che i cittadini voteranno, lasciamo stare i pronostici, occupiamoci di Stati uniti di Europa – aggiunge Bonino al forum dell’Ansa per le elezioni europee – Stiamo tutti più calmi non fosse altro che per rispetto per i cittadini”.

Insomma la pace, volendo, si fa “anche al bar sotto casa, ma – poi precisa ancora Bonino – se Calenda – che mi è venuto a trovare – continua a dire che non ci sta perché c’è Renzi non è un grande progetto….Non è che il Parlamento europeo sia un terreno più fertile. Dobbiamo farlo noi e sbrigarci pure”. A tal proposito, Bonino non sposa nemmeno la definizione che il capo di Iv ha fatto degli altri leader di partito candidati: “Non userei la parola traditore” per “chi si è candidato e poi non andrà” in Europa, “non è c’è niente di illegale, ma c’è qualcosa che stona perché è come se si prendessero in giro i cittadini”. La fondatrice di Più Europa non si sbilancia nemmeno sul futuro della lista Stati Uniti d’Europa (+E, Iv, partito socialista e altri): se prelude ad un’alleanza più ampia anche per i prossimi appuntamenti elettorali in Italia? “Non corriamo – frena -, io penso che il voto di giugno sarà determinante per il futuro. Non so se avrà implicazioni dopo”. Da Azione prendono la palla al balzo: “Ha detto che Renzi deve darsi una calmata” e “non sono neanche sicuri di fare un’alleanza dopo le europee”, ecco perché “non ha alcun senso votare una finta coalizione”, commentano Calenda e Elena Bonetti.

All’invito alla calma di Emma Bonino replica Renzi: “È segno di una squadra che funziona. Io sono molto grato a Emma Bonino. Io e lei siamo molto diversi. È vero, io sono una persona non molto calma, sono un tipo esuberante. Emma invece ha un profilo molto più diplomatico, ma entrambi siamo d’accordo su diverse cose come per esempio il superamento del diritto di veto – dice ospite del web talk del gruppo Gedi –Secondo me Ursula von der Leyen ha fallito. Emma Bonino dice ‘Vediamo come vanno le elezioni e poi ne parliamo’. Secondo me non sono due interventi tra loro contrapposti. Faccio notare che io e Emma Bonino in queste Europee siamo gli unici a parlare di Europa”, aggiunge.

Tra i temi considerati vi sono le possibili alleanze in Europa e il futuro presidente della Commissione Europea. “Io non so cosa farà Meloni. Le avevo consigliato di spostare il suo partito al centro, glielo avevo consigliato un anno fa e non mi ha ascoltato. Non so che cosa farà. Meloni potrebbe sostenere Draghi? Io se fossi lei, abbraccerei Draghi tutta la vita”, conclude Renzi.

Oltre le parole, il Papa discrimina i seminaristi gay: bloccare l’8×1000 alla chiesa cattolica.

Da non dimenticare che i seminari e il clero sono finanziati anche con i soldi dei contribuenti italiani 

“C’è già troppa ‘frociaggine’”. Questa volgare e inqualificabile esternazione è stata fatta in questi giorni non da un bullo di quartiere o da un odiatore tra i tanti che popolano la variegata rete dell’internet. No, essa proviene direttamente dalla bocca di Bergoglio, che l’ha partorita, per così dire, in un incontro a porte chiuse. Con questa oscena dichiarazione il teologo del nulla – martellatore del Cristianesimo – ha esortato i vescovi italiani a non ammettere seminaristi omosessuali. Come andiamo ripetendo da anni, il “problema Bergoglio” risulta duplice: per un verso, egli non è il Papa, dacché la sua elezione nel 2013 risulta invalida. Infatti, come ho provato a sottolineare nel mio studio “La fine del cristianesimo”, Ratzinger rinunciò al ministerium ma mai al munus e, dunque, rimase papa in sede impedita fino alla sua dipartita. Non per caso, sempre continuò a vestirsi da papa e a firmarsi Benedetto XVI. Per un altro verso, Bergoglio, oltre a non essere il Papa, sostiene posizioni platealmente incompatibili con la dottrina cristiana e, non di rado, prossime all’eresia. Quest’ultima dichiarazione sulla “frociaggine” (sic!) si inscrive perfettamente in questo secondo punto del problema. Vi esorto a domandarvi seriamente quanto segue: un papa potrebbe mai rivolgersi in tal maniera ai vescovi? Sono mai queste parole degne di un pontefice? Ve lo immaginate Ratzinger che parla in questo modo volgare e inqualificabile? Come non ci stanchiamo di ripetere, e come quest’ultima vicenda lascia affiorare in maniera adamantina, quella di Bergoglio risulta una religione del nulla, integralmente chiusa la trascendenza e completamente votata alla vacuità e, non di rado, alla volgarità: come quando ad esempio disse che “Gesù fa un po’ lo scemo” o, ancora, che “Gesù non era uno pulito”. E moltissimi altri esempi dello stesso tenore si potrebbero portare a suffragio della nostra tesi. Tra l’altro, nel caso che stiamo discutendo, appare evidente l’orrore (ancor più dell’errore) teologico della posizione di Bergoglio: dal punto di vista cristiano, infatti, offendere e ingiuriare gli esseri umani, anche se considerati peccatori, è pura aberrazione. Figuriamoci se a farlo, poi, è un “papa”! Ma, come ripetiamo sempre, Bergoglio non è il papa e, oltre a ciò, larga parte delle sue posizioni nemmeno sono cristiane.

ANDADO AL FATTO IN DISCUSIONE! Sino a oggi il Pontefice aveva dichiarato, o almeno fatto intendere, che se un prete rispettava il voto di castità il suo orientamento sessuale non era un problema. Invece, oggi oltre a usare la parola “frociaggine“, come riportato dai media, sembra che abbia anche indicato di vietare l’ingresso ai nuovi seminaristi gay. Da non dimenticare che i seminari sono finanziati anche con i soldi dei contribuenti italiani e anche il clero è pagato con l’ 8X1000, pertanto se tale dichiarazione discriminatoria verrà confermata dalla Chiesa, sarebbe opportuno che il governo blocchi i fondi dell’8×1000 alla chiesa cattolica.  Inoltre, va capito come verranno identificati i seminaristi gay, faranno perquisizioni? Utilizzeranno la santa inquisizione? O sottoporranno i preti alle hits di canzoni di cantanti LGBT+ per vedere le loro reazioni? Tutto questo oltre che discriminatorio è anche ridicolo. Purtroppo l’Italia tutta sta andando indietro, anche questo governo arretra sui diritti, con la proposta di legge della Lega che vuole bloccare i corsi contro le discriminazioni verso LGBT+ nelle scuole, il governo che non firma la mozione Ue contro l’omobitransfobia. Per questo, il Partito Gay LGBT+ continua a resistere e lavorare per il referendum sul Matrimonio LGBT+, partendo dal sostegno della Regione Sardegna, grazie all’impegno della presidente Todde, che con altre 4 regioni consentirà un Referendum Nazionale, per mostrare che come dice anche il Censis, che oltre il 65% degli italiani è favorevole a estendere diritti alle persone LGBT+ e non vuole indietreggiare.

Peccato. Sembrava che nel 2024 il Papa avesse una visione più ampia del mondo, e non parlo della Chiesa, ed invece siamo sempre lì attorno al 1924. Oltre a usare la parola “frociaggine”, come riportato dai media, sembra che abbia anche indicato di vietare l’ingresso ai nuovi seminaristi gay. Da non dimenticare che i seminari sono finanziati anche con i soldi dei contribuenti italiani e anche il clero è pagato con l’ 8X1000, pertanto se tale dichiarazione discriminatoria verrà confermata dalla Chiesa, sarebbe opportuno che il governo blocchi i fondi dell’8×1000 alla chiesa cattolica. La Chiesa cattolica è il principale motore di regresso del mondo di oggi e la sua influenza culturale tocca anche chi si ritiene al di fuori della mentalità cattolica. La sfiducia verso se stessi e verso la vita, il considerare gli animali solo come macchine, il vedere le donne come esseri inferiori all’uomo e i gay come degenerati sono tutte cose che hanno la loro base anche nella dottrina cattolica. Che tristezza e indignazione sentire ancora oggi discorsi pieni di omofobia e discriminazione! Gesù, la Madonna e i Santi Martiri ci insegnano ad amare e accogliere tutti, senza distinzione. Vergognoso sentire certi commenti, specialmente contro i seminaristi gay, che sono anch’essi figli amati di Dio. Chi discrimina ha seri problemi e non segue i veri insegnamenti di Cristo. Gesù non vorrebbe mai questo odio tra di noi!

I miei articoli DEL 28/5/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE. https://bezzifer.altervista.org

Renzi: “Leader evocano guerra mondiale, Meloni e Schlein litigano su Telemeloni e Teletubbies” – Blog di bezzifer

IL SISTEMA POLITICO GOVERNATINO DELLA MELONI: O la va o la spacca – Blog di bezzifer

Meloni e il redditometro: cronaca completa di una figura di merda. – Blog di bezzifer

L’accordo sui migranti tra Italia e Albania è pieno di costi “nascosti” – Blog di bezzifer

La profezia di Renzi: “Con i referendum su premierato e Jobs Act addio al governo e al Pd” – Blog di bezzifer

Tagli ai Comuni, a due settimane dal voto. Un decreto Giorgetti-Piantedosi spacca il governo – Blog di bezzifer

Renzi: «Con Bonino storie diverse Ma con la nostra lista gli europeisti conteranno molto di più» – Blog di bezzifer

RIPORTATE A CASA I BAMBINI ITALIANI BLOCCATI AD HAITI. – Blog di bezzifer

Contrattacco alleato. Gli europei che autorizzano l’Ucraina a colpire obiettivi militari in Russia – Blog di bezzifer

Referendum personale: Sulla scheda gli italiani scriveranno «Ciao Giorgia» – Blog di bezzifer

Oltre le parole, il Papa discrimina i seminaristi gay: bloccare l’8×1000 alla chiesa cattolica. – Blog di bezzifer

https://bezzifer.altervista.org

Referendum personale: Sulla scheda gli italiani scriveranno «Ciao Giorgia»

ED ECCO LA REAZIONE DEL PRIMO MINISTRO ITALIANO! PORELLA È VUOTA DENTRO…ALTRO CHE NOVITÀ, AVETE VOTATO, IL VUOTO,,,UN CERVELLO VUOTO, ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO, BRAVI

La più arrogante di tutti, persino del berlusca, lui l’ aveva capito benissimo, anzi l’ ha pure scritto nei suoi appunti seduto sullo scranno del parlamento. La poltrona,è troppo comoda per una che non ha mai lavorato in vita sua,però gli altri li hai obbligati ad andare a lavorare con la forza, e per paghe da fame,senza il salario minimo garantito per legge,basta che vi intascate il vitalizio con interessi ed arretrati,chi se ne frega del popolino che non arriva alla fine del mese,e con le spese triplicate?basta che mangiamo noi ,chi se ne frega del popolino? Vuole lo spremierato per spremere ancora di più le tasche degli italiani e i cervelli di chi l’ha votata.

Gli elettori tollerano poco e niente l’arroganza mista a debolezza, quella che mostrato Meloni in queste ultime settimane.

Dopo avere inseguito per mesi l’illusione di fare cappotto, alzando continuamente la posta, per concentrare su di sé tutte le attenzioni e tutti i poteri in un gigantesco lascia o raddoppia politico-costituzionale («o la va o la spacca», come si è lasciata sfuggire venerdì), Giorgia Meloni si è resa conto di avere pronunciato qualche parola di troppo e ha pensato di potersele semplicemente rimangiare (a distanza di quarantotto ore, peraltro). Dando così la prima volta un segnale di arroganza, il secondo di debolezza.

Ora, si può discutere se gli italiani siano più inclini a perdonare la prima o la seconda, ma è storicamente dimostrato che tollerano pochissimo le due cose insieme. Una volta spremuto il tubetto, sarebbe stato più saggio rassegnarsi a buttare il dentifricio, o al limite lasciarlo lì. Dopo aver dichiarato con tono stentoreo, fiero e romanamente inflessibile che il premierato «è una riforma necessaria in Italia, o la va o la spacca: ma nessuno mi chieda di scaldare la sedia o di stare qui a sopravvivere, non sarei la persona giusta per ricoprire questo incarico», andare in tv a dire che no, ma che avete capito, «se poi la riforma non passa, ma chissene importa», fa un po’ sorridere.

Come sarebbe a dire «ma chissene importa»? Non era la madre di tutte le riforme, la sua missione, l’unico motivo per cui faceva questa vitaccia, sottraendo tempo prezioso ai suoi affetti? E adesso ci dice che non gliene importa niente? Non suona benissimo, obiettivamente. E non cancella affatto – anzi, rafforza – l’idea che il voto sul premierato sia un referendum su di lei.

Del resto, Meloni ha tentato di trasformare in un referendum su di sé persino le elezioni europee, che si svolgono con il proporzionale e non riguardano né il governo né il parlamento italiano. Si è candidata in tutte le circoscrizioni, pur non avendo la minima intenzione di lasciare Palazzo Chigi per il Parlamento europeo, com’è ovvio, e ha detto pure all’elettore: «Sulla scheda, scrivi Giorgia».

Un presidente del Consiglio dovrebbe mostrare maggiore senso delle istituzioni, ma soprattutto maggiore senso del ridicolo. Il tentativo di ritrovare i consensi che sente sfuggire non già attraverso i risultati di governo, ma rispolverando toni e contenuti delle campagne populiste condotte dall’opposizione, a cominciare dalle sempre più frequenti strizzatine d’occhio ai no vax, alla lunga, è destinato a irritare i sostenitori delusi e a compattare gli avversari. Vedremo come andranno le europee, ma di questo passo sulla scheda del referendum, ammesso che ci si arrivi, gli italiani scriveranno: «Ciao Giorgia».

Contrattacco alleato. Gli europei che autorizzano l’Ucraina a colpire obiettivi militari in Russia

#Putin violenta indisturbato l’#Ucraina da due anni e lo fa davanti ai nostri occhi. Il bombardamento del megastore che vendeva articoli per la casa a #Kharkiv è l’ultimo atto terroristico di un dittatore sanguinario che conosce solo la legge della violenza. 11 morti, 40 feriti e molti dispersi fra i civili che stavano facendo la spesa. Quanto possiamo tollerare ancora tutto questo? Cos’altro ci vuole prima di passare al contrattacco autorizzando l’Ucraina a reagire con le nostre armi? Quanto può durare ancora la nostra ipocrisia? Quanto possiamo meschinamente continuare a farci scudo dei civili ucraini?

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto che Kyjiv non dovrebbe avere restrizioni nell’uso degli armamenti occidentali. Ma solo alcuni Paesi hanno già dato il via libera per attacchi alle basi in territorio nemico.

«L’Ucraina ha le mani legate a causa delle restrizioni all’uso delle armi, una decisione che però spetta agli Alleati». Durante la sessione di primavera dell’Assemblea parlamentare della Nato a Sofia, in Bulgaria, il segretario generale Jens Stoltenberg rilancia la proposta annunciata la scorsa settimana in un’intervista all’Economist. L’idea del leader dell’Alleanza è che Kyjiv non dovrebbe avere limitazioni nell’uso di armi occidentali, ad esempio se intende usarle per colpire obiettivi sul territorio russo.

Poi ha aggiunto qualche anticipazione su un progetto che dovrebbe essere annunciato in occasione del vertice di Washington che si terrà dal 9 all’11 luglio: «La Nato sta lavorando alla creazione di una struttura permanente in grado di organizzare in modo più efficiente la fornitura di armi all’Ucraina e il loro finanziamento». Ma il tema degli attacchi ucraini alle basi militari in Russia è centrale nel dibattito politico internazionale in questo momento.

Nella sua osservazione, Stoltenberg lasciava intendere che i raid ucraini contro obiettivi russi potrebbero essere visti come autodifesa. Almeno se contestualizzata nel quadro di una nuova offensiva russa nella regione di Kharkiv: impegnare l’esercito di Mosca a spendere parte del suo arsenale e delle sue energie in operazioni difensive equivale a eliminare un attacco sul suolo ucraino. Ma non tutti hanno capito, come dimostrano le polemiche sterili sollevate da alcuni politici occidentali – l’Italia, come spesso capita in questi casi, non fa eccezione.

E mentre Giorgia Meloni, Matteo Salvini e altri esponenti del governo dimostrano di non aver inteso a pieno il senso delle parole di Stoltenberg, in quella parte d’Europa che ha davvero a cuore il destino dell’Ucraina – e percepisce realmente la minaccia russa per quel che è – l’atteggiamento sembra molto diverso.

«L’Ucraina ha il diritto di difendersi attraverso azioni militari mirate al territorio nemico purché le azioni militari rispettino le leggi di guerra», ha detto il ministro della Difesa svedese Pål Jonson rispondendo alla domanda dell’Hallandsposten sul possibile uso di armi svedesi in territorio russo. Jonson ha aggiunto che la Svezia sostiene il diritto internazionale e il diritto dell’Ucraina a difendersi.

A Stoccolma non hanno esitazioni nel fornire all’Ucraina tutto ciò di cui ha bisogno – per ciò che rientra nelle facoltà del Paese scandinavo – per difendersi dall’aggressione russa. Compresa la libertà di scelta degli obiettivi.

La Svezia è solo l’ultimo Paese – anche se non sono molti – ad aver suggerito che l’Ucraina dovrebbe fare ciò che vuole con quelle armi, a patto che rispetti tutte le leggi in materia bellica (e quindi non colpisca obiettivi civili).

Già lo scorso febbraio il ministro della Difesa finlandese Antti Häkkänen aveva detto che Kyjiv avrebbe potuto «colpire obiettivi strategici sul territorio russo» con le armi inviate da Helsinki. Aggiungendo poi che il Paese non aveva posto alcuna restrizione in merito, anche perché in base al tipo di aiuti militari forniti – prevalentemente equipaggiamenti, fucili d’assalto, missili anti-tank, razioni di cibo, giubotti antiproiettile – non avrebbe avuto senso. Anche Jukka Kopra, a capo del comitato della Difesa nel Parlamento finlandese aveva detto: «Se necessario, l’Ucraina dovrebbe colpire il territorio russo. Sarebbe una strategia difensiva legittima da parte sua».

All’inizio di maggio anche il Regno Unito ha revocato tutte le restrizioni a Kyjiv, per permettere soprattutto l’uso del suo sistema d’arma missilistico cruise Storm Shadow in territorio russo. Un cambio di strategia che, secondo la Bbc, potrebbe incidere anche sul futuro addestramento dei soldati ucraini.

Parlando alla vigilia del Consiglio Esteri a Bruxelles di ieri, il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, aveva sostenuto la stessa tesi, dimostrando che anche la Lituania – forse il Paese che più di tutti si è speso diplomaticamente in favore dell’Ucraina – è allineata alla posizione di Stolentenberg. «Il problema più grande è la nostra paura della reazione russa», ha detto, criticando la debolezza della risposta occidentale, che incoraggerebbe l’aggressività di Mosca.

Landsbergis si è dimostrato uno dei politici europei più lucidi sull’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin. Uno di quelli che ha capito fin dall’inizio che questa guerra non è solo una faccenda tra due vicini litigiosi, ma una minaccia per l’intera Europa e il mondo liberal democratico. «Gli ucraini – ha aggiunto il ministro lituano – dovrebbero essere in grado di colpire il territorio russo, le linee di rifornimento e le truppe che si preparano ad attaccare l’Ucraina. Perché in questa guerra solo una parte rispetta le regole. Dobbiamo abbandonare queste regole che noi stessi abbiamo creato».

Landsbergis ritiene che gli alleati dell’Ucraina abbiano commesso un errore nel frenare gli ucraini fin dall’inizio perché temevano che si verificasse un’escalation. Ha anche affermato che gli istruttori militari occidentali che erano in Ucraina prima dell’invasione su vasta scala della Russia nel 2022 dovrebbero tornare per accelerare l’addestramento delle giovani truppe ucraine. «La Lituania è pronta ad unirsi alla coalizione guidata dalla Francia per addestrare le truppe ucraine in Ucraina», ha detto.

Anche il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski ha appoggiato la proposta di consentire all’Ucraina di colpire con armi occidentali il territorio russo. Intervistato dal Guardian, alla domanda se sia accettabile che l’Ucraina attacchi obiettivi militari al di là del confine, Sikorski ha detto: «I russi stanno colpendo la rete elettrica ucraina, le riserve di grano, gli impianti di stoccaggio del gas e le infrastrutture civili. L’operazione russa viene condotta dal quartier generale di Rostov sul Don. A parte il fatto che la Russia non usa armi nucleari, non si limita a nulla». E per questo, ha aggiunto, dichiarare sempre quale sia la linea rossa dell’Occidente «invita solo Mosca ad adattare le sue azioni ostili ai nostri limiti autoimposti».

A questa lunga lista di Paesi elencati finora mancano i tre con il peso specifico maggiore. Stati Uniti, Francia e Germania. Dai loro aiuti e dall’uso delle loro armi dipende il destino dell’Ucraina e dell’Europa.

Alla Casa Bianca in queste settimane c’è un «vigoroso dibattito», così l’ha definito il New York Times, avviato dal Dipartimento di Stato. Nella discussione, è del Segretario di Stato Antony Blinken la voce più forte in favore della rimozione delle restrizioni all’Ucraina. Blinken è appena stato in viaggio a Kyjiv – dove ha incontrato Volodymyr Zelensky – e sta facendo di tutto per convincere Joe Biden a dare il via libera agli ucraini per colpire basi militari russe. Dal lungo articolo pubblicato da David E. Sanger sul quotidiano newyorkese però emerge che il dibattito non è ancora vicino alla conclusione: non è chiaro quanti nella cerchia ristretta di Biden condividano l’idea del Segretario di Stato.

Blinken tra l’altro sarebbe ancor più convinto della sua posizione dopo gli ultimi attacchi russi. Perché le truppe del Cremlino hanno schierato armi appena oltre il confine nord-orientale dell’Ucraina e le hanno puntate su Kharkiv, sapendo che gli ucraini avrebbero potuto usare solo droni e altre armi non statunitensi per reagire.

In Francia invece chi sostiene la “linea Stoltenberg” è soprattutto Jean-Louis Bourlanges, presidente della commissione per gli Affari Esteri dell’Assemblea nazionale francese. Come riporta Le Figaro, ha chiesto alle autorità francesi di consentire all’Ucraina di lanciare attacchi con armi fornite dalla Francia sul territorio russo: «Sembra che sia giunto il momento», c’è scritto in una lettera inviata all’Eliseo in cui spiega che il diritto all’autodifesa non prevede la tutela del territorio dell’aggressore.

Bourlanges ha chiesto a Parigi di «sciogliere le sue riserve e prendere una decisione» seguendo l’esempio del Regno Unito. Se non altro per porre fine all’asimmetria tra aggressore e vittima: «Non si tratta di un coinvolgimento diretto in un teatro di guerra, ma solo la rimozione di un tabù ingiustificato».

Manca solo la Germania. O meglio, in realtà il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è già espresso contro l’uso delle armi fornite dagli alleati per colpire la Russia. Lo ha fatto aggrappandosi agli accordi stabiliti un po’ di tempo fa tra i due Paesi: «Ci sono regole chiare, accordate con l’Ucraina, per il rifornimento di armi da parte della Germania», ha detto nel corso della visita di Stato in Germania del presidente francese Emmanuel Macron.

Le argomentazioni sono le solite sull’intenzione di evitare l’escalation in un conflitto più grande. Che però non sembrano reggere più, non dopo oltre ottocento giorni di guerra. La Russia ha già dimostrato al mondo intero che non ha intenzione di fermarsi fin quando non avrà preso l’Ucraina. E l’unica pausa che può accettare è quella che usa per riarmarsi e attaccare con ancora più forza.

Condividi:

RIPORTATE A CASA I BAMBINI ITALIANI BLOCCATI AD HAITI.

La Meloni preferisce accogliere Forti, un assassino…. Non ha tempo per i bambini! Per la Meloni è più importante riportare ergastolani. I politici che sono attenti in generale al mondo dell’adozione che è un mondo di sofferenza per tutti, sono rari. Non guardo il colore quando succede e adesso un grande grazie va a Maria Elena. Grandissima e bravissima M.E.B oltre che bellissima, ti auguro di tutto   veramente di diventare mamma te lo meriti sei di una dolcezza e sensibilità che non ha eguali tantissimi auguri di tutto e per tutto. 

Cinque bambini italiani sono bloccati ad Haiti e non possono raggiungere le loro famiglie adottive in Italia.
Il Paese si trova in una situazione drammatica e molto pericolosa anche per i bambini.
Solo qualche giorno fa, tre missionari sono stati uccisi in un orfanotrofio.
Nel 2014, con il governo Renzi, ci trovammo in una situazione simile con dei bambini adottati da famiglie italiane bloccati in Congo.
Allora Matteo Renzi riuscì a sbloccare personalmente la situazione ed io andai a prendere quei bambini in Congo con un aereo dell’aeronautica militare.
Non so come descrivere uno dei momenti piu’ belli ed emozionanti della mia esperienza politica.
Assistere alla gioia di quei bambini e dei loro genitori che finalmente potevano abbracciarsi e iniziare la loro vita insieme è stata una di quelle occasioni che danno il senso all’impegno in politica.
Perché il Governo Meloni non fa lo stesso oggi per quei piccolini ad Haiti?
Qualcuno al Governo si sta occupando di quelle piccole vite?
Vogliamo vedere al più presto quei bambini al sicuro con le loro famiglie, in Italia.

Renzi: «Con Bonino storie diverse Ma con la nostra lista gli europeisti conteranno molto di più»

Matteo Renzi, qual è il senso di questo accordo che ha siglato con Emma Bonino?

«Il mondo cade a pezzi, i conflitti esplodono, la politica sembra la brutta addormentata nel bosco. L’Europa deve svegliarsi. Ecco perché la lista per gli “Stati Uniti d’Europa”: un’idea ambiziosa e allo stesso tempo semplice. Se il mondo cade a pezzi, serve l’Europa per aggiustare le cose. L’Europa della politica, non della burocrazia. Con Emma Bonino condividiamo il superamento del diritto di veto, la riforma istituzionale dell’Unione, una più incisiva strategia diplomatica e militare. E ci mettiamo insieme per eleggere sei/sette parlamentari europeisti togliendo il posto a sovranisti e populisti: il progetto degli Stati Uniti d’Europa toglie come minimo due parlamentari a Fratelli d’Italia, uno alla Lega, ai grillini e al Pd. II senso di questo accordo è totalmente politico. Con questa lista gli europeisti conteranno di più, Salvini, Meloni e Conte di meno. Per me basta e avanza».

II vostro, a detta della stessa Bonino, è un accordo elettorale, cioè finite le elezioni andrete ognuno per conto proprio anche in Europa?

«In Europa lotteremo insieme per fare la nostra battaglia sulle riforme istituzionali, per il garantismo a livello comunitario, per cambiare passo dopo l’esperienza di Ursula von der Leyen. Trattandosi di lista di scopo per le Europee ciascuno rimarrà con la propria autonomia in Italia».

Ha dunque fatto pace con Bonino?

«Abbiamo storie personali diverse, abbiamo idee differenti su alcuni dossier di politica internazionale, non siamo persone che stanno a cena la sera insieme come vecchi amici. Ma entrambi facciamo politica. E per noi la parola politica ha una sua dignità. Non ho fatto la pace perché non ho mai fatto la guerra con lei. Purtroppo viviamo una stagione in cui anche il confronto e lo scontro di opinioni diventa un fatto personale. Ci sono dei presunti leader che vivono di invidie e rancori: non hanno idee ma solo antipatie, come diceva Longanesi. La politica è un’altra cosa e non è per tutti. Emma Bonino invece sa che cosa è la politica, è da anni protagonista della vita istituzionale e può dare ancora molto all’Europa: la sua insistenza sulla necessità della riforma istituzionale dell’Unione è anche la mia. Facciamo questo tratto di strada insieme perché condividiamo la meta. Non siamo promessi sposi: siamo due politici che credono nel sogno degli Stati Uniti d’Europa».

La lista dovrà però passare al vaglio degli organismi dirigenti di +Europa e Pizzarotti ha espresso la sua contrarietà: potrebbe saltare ancora tutto?

«L’idea che un progetto chiamato Stati Uniti d’Europa possa saltare per il veto di tal Pizzarotti da Parma mi sembra lunare. Facciamo questa scelta per togliere il diritto di veto a Orbán, non per darlo a un ex grillino iscritto al Movimento Cinque Stelle quando Beppe Grillo chiedeva di uscire dall’euro».

Nella lista non ci saranno i Dc con cui lei stava parlando quali Clemente Mastella o Totò Cuffaro: l’hanno presa bene?

«È una questione che non esiste. Cuffaro non ha mai chiesto di essere candidato e non sarà candidato. Ma sono partite le fake news e le aggressioni: perché non potendo confrontarsi sulle idee i populisti attaccano sulle persone. Quanto a Mastella, la sua storia è diversa. Ho proposto a sua moglie Sandra che si candidasse perché, essendo stato suo collega in Senato, ne apprezzo lo stile e ricordo come sia stata vittima di una vergognosa pagina di malagiustizia. Per quello che mi è successo in questi anni mi piace l’idea di candidare persone che abbiano subito aggressioni giudiziarie e ne siano uscite a testa alta: Sandra è tra questi. Ma mi lasci dire che questa polemica contro i democristiani è assurda. Io non ho fatto in tempo a votare la Dc ma quando c’era la Democrazia cristiana almeno c’era la politica. E l’idea degli Stati Uniti d’Europa richiama non solo la cultura di Spinelli e Ventotene, ma anche la grande tradizione popolare e cattolica democratica».

Lei ritiene che Carlo Calenda dovrebbe cambiare idea e allearsi con voi?

«Non mi occupo di Calenda da un anno. Da quando cioè con una mossa da kamikaze ha distrutto il Terzo polo con un lancio di agenzia. Leggo che lui ha detto: con Renzi ho già dato. A me sembra che lui abbia già avuto, più che dato. Ha avuto un incarico da viceministro, da ministro, da ambasciatore. Ha avuto il sostegno per le elezioni europee del 2019 e per le elezioni comunali di Roma 2021, ha avuto il sostegno finanziario nel 2022, e le firme per candidarsi senza le quali Azione non sarebbe in Parlamento. Non so se ha già dato, certo ha già avuto. La lista Stati Uniti d’Europa nasce per dare una casa ai riformisti a Strasburgo e per dare un ruolo all’Europa in un mondo in crisi: se Azione vuole starci, porte aperte senza veti. Se non vuole, auguri. Mi occupo di politica, non di rancori personali, io».

È vero che potrebbe fare un passo di lato e non candidarsi?

«La mia candidatura è l’ultimo dei pensieri in questo momento. Fossimo andati da soli avrei fatto il capolista ovunque. Adesso decideremo tutti insieme cosa serve di più alla lista. I politici di oggi fanno le scelte per soddisfare il proprio ego. Io appartengo a un’altra storia. Per me prima si decide cosa serve alla comunità, poi — solo dopo — contano le ambizioni personali».

Tagli ai Comuni, a due settimane dal voto. Un decreto Giorgetti-Piantedosi spacca il governo

Gli enti locali protestano contro l’avvio della spending review che richiede più sacrifici a chi ha ricevuto più fondi Pnrr. Fitto contro il ministro dell’Economia.

Tagli ai Comuni, a due settimane dal voto. Un decreto Giorgetti-Piantedosi spacca il governo//Fuori dal linguaggio delle norme: i Comuni che hanno ricevuto più fondi Pnrr dovranno contribuire di più alla spending review. Il governo con una mano dà e con l’altra toglie.== Governo di incapaci! Tolgono i soldi ai Comuni,per cui meno servizi per i cittadini,ma trovano miliardi per il Ponte sullo Stretto e per rimetter i vitalizi! Forza ,”Intelligenti” Italiani ,da brave pecore,continuate a votare per i tre partiti di Governo,ma ,poi non lamentatevi!

Come al solito ,tolgono ai poveri per dare ai ricchi. Robin Hood al contrario,già prima eravamo messi male ,ora dalla padella alla brace ,milioni di € buttati con contentini a destra e manca ,invece di sedersi una volta e per tutte ,tutti insieme di qualsiasi ideologia o colore politico e decidere per il bene del paese . A guardare l’Italia dei giorni nostri le parole di ” Dante Alighieri “,una nave senza nocchiero ,sembrano essere scritte ieri l’ altro, e più di 700 anni storia ,non sono serviti a nulla.

Se si tagliano risorse ai Comuni vorrà’ dire che non si riuscirà a garantire servizi ai Cittadini. Ed allora spieghiamo un poco di cose: Tutti i servizi demografici ai Cittadini, anagrafe, stato civile, elettorale vengono erogati dai Comuni per conto dello Stato. Tutti i servizi manutentivi, pubblica illuminazione, strade,marciapiedi vengono finanziati con le entrate del bilancio comunale. Le tasse che un Comune fa pagare ai Cittadini tipo la Tari, sono direttamente riferibili all’erogazione di un servizio. La tassa di possesso per un’auto o moto è pagata alle Regioni. L’Irpef o l’IRAP vengono incassate dallo Stato tranne che per una addizionale solo su Irpef, molto esigua, che viene incassata dai Comuni. L’IMU, ex ICI, non esiste da svariati anni sulla prima casa, abitazione principale, sono tassate solo le seconde case, ecco perché’ tantissimi nuclei familiari hanno residenze fittizie, cioe’ fingono di risiedere dove hanno la casa in vacanza, creando un danno fiscale sia al Comune dove effettivamente risiedono e vivono e sia a quello dove hanno la seconda casa. Tagliare i fondi per le spese correnti a quei Comuni che sono stati bravi ad intercettare e programmare fondi PNRR è una scelta illogica, sbagliata e che va contro i Cittadini.

PER QUESTO .Bisogna, come sempre, guardare e analizzare i fatti. Non le parole. E nei fatti questo Governo sta, come la destra ha sempre fatto, salvaguardando solo una piccola fetta di popolazione di cui fanno parte imprenditori e persone appartenenti al ceto medio-alto, dimenticando totalmente intere comunità da cui trarre solo pesanti tasse che poi non vengono tramutate in servizi o opportunità di sviluppo. I Comuni stanno vivendo un impoverimento storico per colpa di tagli continui da parte dello Stato e tutto questo ovviamente grava sui cittadini che, incoscientemente, protestano con le Amministrazioni Locali invece di farsi valere alle urne contro chi spacca il Paese sotto tutti i punti di vista.

Da un Governo di destra c’era da aspettarselo possiamo partire dai tagli ai comuni per arrivare all’autonomia differenziata ma qualcuno, senza avere argomenti a supporto nega tutto . Il modo per dimostrare il nostro dissenso lo abbiamo, quando votiamo, a mio parere si devono leggere i programmi degli schieramenti e fare una scelta ponderata.

Se non entra nella testa del cittadino che il Voto deve diventare un appuntamento obbligatorio e la scelta per chi votare deve essere fatta con la consapevolezza che chi si sceglie sarà, se eletto, la persona DELEGATA a decidere per tutti (Democrazia) e nel riferirmi al post. questo è l’esempio di cosa sono capaci di fare e l’impatto che avrà un tale Decreto sui Comuni, Portici è uno di quelli di cui si parla nel Decreto, e impatto che avrà sulle famiglie residenti in quei Comuni. Ovviamente sarà scelta condivisa di ogni Amministrazione Comunale dove e come reperire risorse economiche per far fronte a tale ammanco. La scelta è, o tagliare i servizi che offre il Comune oppure aumentare qualche tassa o il costo del servizio stesso. Ricordo che quest’anno il Governo ha dato anche via libera ai Comuni di aumentare le aliquote per il calcolo del IMU. Tutte operazioni che hanno una logica e un motivo, gli aumenti ci stanno tutti, ma l’assurdo è che gli STIPENDI sono rimasti inchiodati al palo e non ci si riesce a far quadrare più i conti, problema molto serio che andrebbe affrontato da una Politica Seria, quindi in conclusione ANDATE A VOTARE e fate la scelta Giusta!

La profezia di Renzi: “Con i referendum su premierato e Jobs Act addio al governo e al Pd”

Due profezie alla Matteo Renzi, mentre corre su e giù perla Sicilia, fra Agrigento e Catania, stringe mani, allarga sorrisi, per far quello che ancora gli piace di più: la campagna elettorale. Due profezie su una parola – referendum – che il leader di Italia Viva candidato come capolista a rovescio (ha scelto l’ultimo posto in lista perché a lui le cose a metà disturbano) con stati Uniti d’Europa, spalla a spalla con Emma Bonino, conosce molto bene. Perché ci ha quasi lasciato le penne nel 2016, vedendo crollare il suo governo. La prima riguarda il futuro di Giorgia Meloni: il referendum in questione è quello sul premierato, che per Renzi finirà per far cadere il governo, ma – aggiunge se cambiano i testi della proposta «si può discutere». E la seconda è sul futuro di Elly Schlein, che assieme al Pd, sta raccogliendo le firme per cancellare uno dei must dell’era renziana: il Jobs Act. «Con quel referendum non finirà il Jobs Act – dice l’ex segretario Dem – ma finirà il Pd». Lei si candida e vuole restare in Europa se eletto. Giura? «Certo. E credo che dovrebbero farlo tutti quelli che si candidano. Se ti candidi e poi non ci vai stai prendendo in giro la gente. Meloni, Schlein, Tajani e Calenda stanno prendendo in giro gli italiani». Perché lo fa? «Perché le europee servono per contare in Europa non per contarsi in Italia. Qui c’è gente che evoca la terza guerra mondiale: serve recuperare una difesa comune, un esercito comune, una diplomazia comune. Servono gli Stati Uniti d’Europa». Lei si è detto preoccupato della terza guerra mondiale. Non è eccessivo? «Purtroppo no. Serve la politica, servono gli Stati Uniti d’Europa. Mi spiace solo per il livello del dibattito. Da noi abbiamo Conte che scrive la parola pace sul simbolo e strumentalizza questa parola con pensierini degni della finale di Miss Italia: voglio la pace nel mondo. Anch’io, ma come? Dall’altro abbiamo Lollobrigida che dice che per fare la pace servirebbero cene organizzate bene. Io propongo l’esercito europeo, lui un catering laziale. Capisce che il problema è serio, la qualità delle risposte dei leader italiani fa rider. Macron e Renew annunciano la candidatura di Draghi alla commissione. È un progetto realizzabile o elettorale? «Dipende dal risultato. Certo: chi vota Forza Italia sceglie Ursula von der Leyen e la sua visione ideologica, chi sceglie Stati Uniti d’Europa sogna Mario Draghi». Meloni scommette su una Europa di centrodestra come l’attuale governo italiano. Per quanto riguarda le alleanze continentali, è possibile un’intesa con i conservatori? Oppure voi guardate ai socialisti?
«Secondo me nessuno avrà i numeri per governare da solo. E questo renderà più urgente la necessità dell’elezione diretta del presidente della commissione che è un altro pilastro della strategia di Stati Uniti d’Europa». Secondo lei il confronto Meloni-Schlein andava fatto? «Lo fanno tutti i giorni. Sui media, sui social: si cercano, si scontrano, si intendono. Sabato mentre Stoltenberg parlava della Nato e delle armi Giorgia e Elly litigavano su Telemeloni. Suggerisco alla Premier di pensare al Paese, non alla Schlein. E alla Schlein dico: attacca il Governo sugli stipendi e sulla sanità, non sul fascismo» Il Terzo polo è finito. Lei è Calenda siete molto distanti. Che cosa è successo davvero e perché un moderato dovrebbe votare lei e non lui? «Calenda si candida con una lista chiamata Calenda. Noi ci candidiamo con una lista chiamata Stati Uniti d’Europa. Calenda si candida per finta: se eletto non ci va. Noi ci candidiamo: se eletti andiamo a Bruxelles. Ciascuno scelga, la differenza è chiara».
Il progetto degli Stati Uniti d’Europa, dopo la competizione dell’8 e 9 giugno, invece, è destinato a diventare un partito o è una federazione? «Questo progetto andrà avanti a lungo anche perché in Europa occorreranno anni per raggiungere il risultato. Le forme politiche le decideremo ma intanto l’obiettivo è eleggere parlamenti europei che facciano la differenza a Bruxelles». Nel Pd si vocifera di un ritorno di Gentiloni. Qualora dovesse rientrare al Nazareno, è ancora possibile un dialogo con i dem? «Gentiloni non fa battaglie: aspetta che le facciano altri per lui. Non ha dimestichezza con primarie, elezioni, confronti duri. Andrà al Nazareno solo in caso di crisi di Schlein. Ma il Pd farà un buon risultato: le liste sono forti, vedrete. Andranno meglio dei grillini. Il problema al Nazareno arriverà quando dovranno misurarsi sul referendum sul JobsAct: li si vedrà se i riformisti hanno coraggio o no». La guerra in Ucraina non sembra finire. Lei è favorevole alle armi Nato contro la Russia? «Il segretario della Nato fa dichiarazioni che vanno bene per i ragazzini su Twitter, non per gli statisti. Le armi servono e io ho votato a favore. Ma serve anche la diplomazia come dico dal febbraio 2022. Servono personaggi come Blair e Merkel, non leader che non si rendono conto della portata delle loro dichiarazioni». Il suo ex partito vuole cancellare la sua riforma Jobs Act. Cosa dice a Schlein? «Il referendum non farà il quorum e dunque non cancellerà il JobsAct ma cancellerà i riformisti dal Pd. Potrebbe essere una mossa molto interessante. Alla fine mi toccherà ringraziare la Cgil per l’assistenza. Il mondo produttivo sa che sono l’unico ad aver difeso chi crea lavoro». A proposito di temi, sfida per il governo sono certamente le riforme. A Meloni consiglia un referendum, come quello che ha sancito la fine del governo Renzi? «No. Ed è inutile che dica che tanto non si dimette. Se perde andrà a casa come è successo a Cameron che aveva spergiurato fino alla sera prima che non si sarebbe mai dimesso. Giorgia pensaci: questa riforma e una schifezza». Su premierato e autonomia, è possibile un’intesa che va oltre i tradizionali steccati partitici?
«Speriamo. Ma devono cambiare i testi. L’elezione diretta del premier non sta in piedi, l’autonomia pure. Cambino i testi e siamo pronti a parlarne». Altro argomento cardine quello della giustizia a orologeria, che idea si è fatto sul caso Toti? Rivede lo zampino di quei magistrati che l’hanno perseguitata? «No, i miei hanno fatto peggio. Ma continuo a non capire quale sia il principio costituzionale per cui si possa tenere un governatore privato della libertà. Che bisogno c’era di arrestarlo, per di più a venti giorni dalle elezioni? Se le carte sono solo queste proprio non capisco. E lo dico nonostante che Toti è Cofferati insieme non siano stati garantisti con la nostra Lella Paita dieci anni fa. Ma noi siamo così; il garantismo si applica agli avversari, troppo facile solo con gli amici». Perché Nordio, a suo parere, sta avendo così tanta difficoltà a realizzare la tanto auspicata riforma della giustizia? «Perché ha sacrificato le sue idee per restare in una maggioranza giustizialista. Fratelli d’Italia non è un partito liberale. Cosa c’entra Delmastro con Einaudi? Qualora dovesse essere eletto europarlamentare, quali saranno le priorità targate Renzi? «Le riforme istituzionali. Se non togli il diritto di veto non vai da nessuna parte. Ma anche difendere il ceto medio dalla follia ideologica dei tecnocrati di Bruxelles. La cultura a cominciare dalla 18 app europea. La salute riaprendo la linea di credito del Mes per dare 37 miliardi alle nostre strutture sanitarie. E l’agricoltura: bisogna difendere chi la fa sul serio da chi usa i fondi europei per vivere di rendita. C’è molto da fare». In caso di ballottaggio nella sua Firenze, sosterrà il centrodestra o i vecchi amici del Pd?
«Sosterrò Firenze. E per questo spero che vinca Stefania Saccardi».

L’accordo sui migranti tra Italia e Albania è pieno di costi “nascosti”

In breve, stiamo pianificando di deportare delle persone, e stiamo pianificando di spendere un sacco di soldi per farlo, senza avere nessuna prospettiva di ritorno economico da questa operazione – insomma, ci perdiamo soltanto. Soldi che ci tornerebbero indietro se invece li spendessimo per provare a integrare queste persone nel nostro tessuto sociale ed economico, perché, banalmente, pagherebbero le tasse, come tutti. Tutto questo senza considerare l’aspetto umano e umanitario della questione. E. Non parlerei neanche di costi nascosti, normalmente con questa espressione si intendono costi non intuitivi o non preventivabili, questi invece sono costi normalissimi che chiunque sarebbe stato in grado di immaginarsi. “Il costo complessivo dell’accordo non si sa, dato che il governo finora non ha fornito con chiarezza un dato totale”
E questo è molto grave: quando si prevede una nuova misura, qualunque essa sia, si fornisce sempre una stima il più possibile accurata dei suoi costi, non stiamo giocando coi soldi del Monopoli. In generale questo mi sembra il grande paradosso delle destre xenofobe: lamentarsi dei soldi che lo Stato impiega per accogliere richiedenti asilo e migranti (senza tra l’altro mai guardare gli effetti positivi del loro arrivo), per poi spendere molti più soldi per allontanarli o trattarli in modo inumano. Non c’è niente di economicamente (ancor prima che umanamente) ragionevole nelle loro proposte, il movente è sempre la xenofobia e poco importa del costo (enorme, se consideriamo il quadro della crisi demografica) da pagare per non avere “diversi” nel proprio Paese

L’accordo sui migranti tra Italia e Albania è pieno di costi “nascosti”

Oltre a costruire le tre strutture previste bisogna anche pagare il personale italiano, le attrezzature, le stanze per le udienze telematiche e il noleggio delle navi.

Lo scorso 7 novembre la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, e il suo omologo albanese, Edi Rama, firmarono un protocollo d’intesa per il “rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”. Prevede che l’Italia costruisca e gestisca tre centri per l’accoglienza dei migranti in Albania, a proprie spese e sotto la propria giurisdizione. Il protocollo dura cinque anni, ed è rinnovabile tacitamente, quindi senza bisogno di alcuna comunicazione formale. L’accordo è stato molto criticato dagli attivisti che si occupano dei diritti delle persone migranti, e giudicato di difficile applicazione dagli esperti di diritto internazionale, ma un altro elemento molto discusso sono stati i costi che l’Italia dovrà sostenere per avviare e poi gestire l’intero progetto, stimabili nell’ordine delle centinaia di milioni di euro per i prossimi cinque anni.

Oltre alle spese per la vera e propria costruzione dei centri, già piuttosto ingenti, bisogna considerare una serie di costi che potrebbero essere evitati o perlomeno ridotti se le procedure di accoglienza fossero svolte in Italia: tra questi ci sono quelli per il noleggio delle navi che faranno la spola tra le acque internazionali, dove avverranno i soccorsi, l’Italia e l’Albania; le diarie e le assicurazioni sanitarie del personale italiano che lavorerà nei centri; l’attivazione dei collegamenti internet in Albania e la predisposizione di stanze per le udienze, che si terranno principalmente da remoto.

Il costo complessivo dell’accordo non si sa, dato che il governo finora non ha fornito con chiarezza un dato totale. Sommando tutte le voci di spesa previste dalla relazione tecnica curata dalla Camera dei deputati e dal Servizio bilancio dello Stato si arriva a circa 610 milioni di euro tra il 2024 e il 2028, mentre un’indagine di Dataroom, del Corriere della Seraha calcolato costi complessivi per 653 milioni di euro nello stesso arco di tempo.

L’accordo prevede la costruzione di tre strutture. La prima è un hotspot, ossia un centro per lo sbarco e l’identificazione dei migranti, a Shengjin (nota in italiano come San Giovanni Medua), una città di mare a nord della capitale Tirana. A Gjader, nell’entroterra, dovrebbero essere costruiti un centro di prima accoglienza per i migranti che chiederanno asilo, da 880 posti, e un Centro di permanenza e rimpatrio (CPR) da 144 posti. A febbraio, con la legge di ratifica del protocollo, il governo aveva stanziato 31,2 milioni di euro per la realizzazione delle tre strutture. Ad aprile però la cifra fu aumentata a 65 milioni di euro, con un articolo inserito in modo un po’ anomalo nella conversione del decreto-legge sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Secondo la relazione tecnica, la costruzione dei centri di Shengjin e Gjader dovrebbe costare poco meno di 50 milioni di euro, di cui 20 milioni per i due CPR e 3 milioni per l’hotspot. A questi vanno aggiunti più di 8 milioni di euro per allacciare le strutture alle reti idriche, elettriche e fognarie, e oltre un milione di euro per realizzare 22 aule per le udienze in via telematica.

Il processo di valutazione delle domande di asilo dei migranti trattenuti in Albania sarà piuttosto complicato, soprattutto dal punto di vista tecnico e logistico. Potranno essere portati nel paese solo i migranti maschi, maggiorenni, in buona salute e provenienti da paesi “sicuri”, ossia dove il governo italiano ritiene che siano rispettati i diritti fondamentali e l’ordinamento democratico (in realtà, la definizione viene spesso attribuita in modo arbitrario anche a paesi dove le violazioni di questi diritti sono sistematiche). Secondo il decreto “Cutro”, approvato dal governo Meloni lo scorso maggio, le domande di asilo presentate dai cittadini di paesi “sicuri” devono seguire una procedura accelerata che deve concludersi al massimo in 28 giorni.

In Italia le domande di asilo sono esaminate dalle cosiddette Commissioni territoriali. Dovrebbero essere valutate caso per caso, tenendo in considerazione la situazione specifica di ogni migrante e i rischi a cui potrebbe essere esposto in caso di diniego. È un lavoro complesso, per il quale spesso mancano le risorse e le figure professionali, come interpreti o mediatori culturali. Le procedure accelerate complicano ulteriormente il lavoro delle Commissioni: i funzionari devono organizzare un’udienza entro sette giorni dalla ricezione di una nuova domanda d’asilo, e prendere una decisione entro i due giorni successivi. In caso di esito negativo, il migrante ha due settimane di tempo per presentare un ricorso.

Nel caso dei centri in Albania, tutto verrà svolto da remoto: i migranti rimarranno nei centri di Gjader, mentre avvocati, interpreti, commissari territoriali e giudici saranno in Italia. Per questo è necessario allestire delle stanze nei CPR per permettere lo svolgimento delle udienze, attrezzate con computer, webcam, microfoni e connessione internet. È una soluzione molto criticata dagli attivisti e dagli esperti di diritto internazionale, perché di fatto rende estremamente difficile per un migrante riuscire a spiegare la propria situazione e confrontarsi in modo efficace con un avvocato o con altre organizzazioni che potrebbero aiutarlo.

Nel caso in cui non sia possibile organizzare le udienze o gli incontri da remoto, gli avvocati e gli interpreti potranno andare in Albania «a spese dello Stato», usufruendo di un rimborso spese di massimo 500 euro. La relazione tecnica prevede che queste trasferte costeranno 3,2 milioni di euro nel 2024 e 6,5 milioni di euro per ogni anno dal 2025 al 2028. Inoltre, per agevolare l’esame delle domande di asilo presentate dall’Albania verrà ampliato l’organico della Commissione territoriale di Roma, con l’istituzione di un massimo di cinque nuove sezioni. Questo costerà 2,6 milioni di euro nel 2024, e quasi 4 milioni per ognuno dei quattro anni successivi.

L’accordo prevede inoltre che all’interno dei centri lavorino solo persone assunte in Italia, trasferite temporaneamente in Albania: oltre allo stipendio riceveranno anche una diaria, come previsto in caso di partecipazione a missioni internazionali, e verranno coperti tutti i costi di viaggio, vitto e alloggio, per un investimento complessivo da più di 250 milioni di euro in cinque anni. Si aggiungono poi i costi delle assicurazioni sanitarie per i dipendenti che lavorano in Albania, che costeranno 900mila euro nel 2024 e poi 1,7 milioni di euro all’anno.

All’interno dei CPR di Gjader sarà anche costruito un vero e proprio carcere, con una capienza massima di 20 detenuti, nel caso in cui alcuni migranti trattenuti nei centri dovessero essere messi in custodia cautelare. La realizzazione della struttura costerà 8 milioni, ma uno dei punti più discussi riguarda l’invio in Albania di 46 agenti di polizia penitenziaria: più di due per detenuto, quattro volte la media italiana, che è di un agente ogni 1,96 detenuti.

Gennarino De Fazio, segretario generale dell’associazione sindacale UIL per la polizia penitenziaria, dice c’è una «sproporzione enorme» tra il numero di agenti che saranno inviati in Albania e quelli normalmente in servizio nelle carceri italiane. Come gli altri dipendenti dei centri, gli agenti non verranno formalmente trasferiti in Albania, ma «inviati in servizio di missione, con un’indennità abbastanza importante, vitto e alloggi pagati e viaggi a carico dell’amministrazione». La loro sede ufficiale però rimarrà in Italia, ed è prevista una rotazione del personale ogni sei mesi.

Formalmente gli agenti che verranno inviati in Albania non sono ancora stati nominati, ma secondo De Fazio è già pronto un elenco di persone: «È stato fatto un bando a cui hanno aderito più di mille agenti, proprio perché le condizioni di lavoro in Italia sono assolutamente sfavorevoli» rispetto a quelle offerte dall’accordo tra Italia e Albania, dice. Un altro costo legato alla delocalizzazione dell’accoglienza è quello del noleggio di navi aggiuntive che facciano la spola tra le acque internazionali, dove dovrebbero avvenire i soccorsi, l’Italia e l’Albania. La relazione tecnica prevede spese per 15 milioni di euro nel 2024 e altri 80 milioni fino al 2028.

Secondo quanto prevede l’accordo, i migranti devono rimanere in Albania solo per il periodo strettamente necessario a esaminare le domande di asilo, e quindi per un massimo di 28 giorni. Lo scorso 15 gennaio, durante una seduta alla Camera, il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli (Fratelli d’Italia) ha confermato che i migranti le cui domande di asilo non saranno valutate entro 28 giorni dovranno essere portati in Italia.

Altri viaggi via mare tra i due paesi dipenderanno dalle modalità con cui saranno selezionati i migranti che hanno i requisiti per andare in Albania, e quelli che invece dovranno essere portati in Italia e sottoposti alle normali procedure di accoglienza. Cirielli ha detto che è possibile che la divisione avvenga direttamente a bordo della nave che effettua il soccorso: dopo un primo screening, i migranti più vulnerabili rimarranno a bordo della nave, che andrà in Italia, mentre gli altri saranno trasferiti su un’altra nave, diretta in Albania. Sarebbe un meccanismo laborioso, che pone alcuni problemi giuridici e rischia di non garantire un trattamento equo a tutte le persone soccorse.

«Non è possibile fare una selezione sulle navi, dato che le operazioni di soccorso devono essere svolte in modo non discriminatorio e concludersi nel minor tempo possibile», dice Gianfranco Schiavone, esperto di diritto dell’immigrazione e membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI). Oltre alla selezione, secondo Schiavone non sarebbe possibile nemmeno far presentare le domande di asilo sulla nave: questa procedura può avvenire esclusivamente «sul territorio di uno Stato o alla frontiera», ma non in mare aperto, dove invece è possibile solo «concludere le operazioni di soccorso». 

Inoltre secondo il Consiglio italiano rifugiati (CIR), che si occupa di tutela dei diritti dei richiedenti asilo, un’eventuale selezione tra i migranti fatta a bordo della nave subito dopo un soccorso sarebbe necessariamente superficiale, e rischierebbe quindi di non individuare correttamente le persone vulnerabili. «Il rischio più che concreto è che queste persone verrebbero portate in Albania, con la possibilità di tornare in Italia solo una volta dimostrato il proprio status di “vulnerabile”, sempre che nei centri di detenzione amministrativa in Albania ci siano le professionalità adeguate per condurre una tale valutazione», ha scritto il CIR in un articolo di fine gennaio.

Meloni e il redditometro: cronaca completa di una figura di merda.

OLTRE LE BALLE CHE RACCONTA LA Meloni SUL! redditometro: cronaca completa di una figura di merda.

Nell’ultima settimana gli appassionati di cinepanettoni hanno potuto riassaporare i fasti di “Vacanze di Natale” e “Natale sul Nilo” grazie alla vicenda del redditometro, che per i suoi risvolti farseschi e per la vis comica dei protagonisti sarà ricordata come uno degli omaggi più riusciti al talento drammaturgico di Neri Parenti e dei fratelli Vanzina. Anche ai frequentatori dei social più disattenti non sarà sfuggita la grande querelle di questi giorni, tutta incentrata sul ritorno – poi stoppato – del famigerato strumento che consente all’Agenzia delle Entrate di determinare il reddito complessivo del contribuente passando al setaccio le spese sostenute da quest’ultimo in un determinato periodo d’imposta: in questo modo il fisco può confrontare il reddito dichiarato dal cittadino con il suo stile di vita e stabilire, quindi, quali sono le tasse giuste da pagare.

Ora, c’è chi considera il redditometro un’arma utile per stanare l’esercito di furbetti che negli ultimi dieci anni ha rubato suppergiù mille miliardi dalle tasche di tutti noi (fonte Sole 24 Ore) e chi invece lo giudica un sistema invasivo da Stato di polizia, plaudendo a mani scorticate alla sua soppressione. Ma più che alimentare il dibattito sull’utilità o la dannosità del redditometro, mi preme analizzare l’oscena gestione di questa vicenda da parte del governo Meloni e passare in rassegna, con una dettagliata cronistoria, tutte le fasi che hanno scandito quello che nasce come un clamoroso pasticcio comunicativo a poche settimane dalle europee per poi tramutarsi in un’operazione di propaganda talmente cinica e spudorata da rasentare la circonvenzione di incapace.

21 maggio

Alle 10.37 di una calda giornata primaverile le agenzie di stampa informano che è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto firmato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo – esponente di Fratelli d’Italia e fedelissimo della premier Giorgia Meloni – che riattiva il redditometro a partire dai redditi del 2016. Resuscitando lo strumento sospeso nel 2018 dall’allora governo Lega-5 Stelle, il provvedimento di Leo si pone l’obiettivo di determinare sinteticamente il reddito complessivo delle persone fisiche indicando le informazioni, presenti negli archivi dell’amministrazione finanziaria, che lo Stato può utilizzare per stabilire la “capacità contributiva” dei cittadini.

Nella maggioranza scatta il panico e quelli del centrodestra iniziano ad agitarsi come capitoni sul banco del pesce di Torre Annunziata alla vigilia di Capodanno. La prima a manifestare perplessità se non addirittura “imbarazzo” per il provvedimento voluto da Leo è Forza Italia: fonti azzurre rimarcano la loro storica contrarietà al redditometro e promettono di fare luce sulla questione. Pure la Lega s’incazza, per bocca del capogruppo al Senato Massimiliano Romeo (“proposta strana, chiedete a Fdi”) e del presidente della Commissione attività produttive della Camera Alberto Gusmeroli (“non crediamo a strumenti induttivi di accertamento come il redditometro”). La prima, timida voce a levarsi dalle file dei meloniani è quella di Marco Osnato, numero uno della Commissione finanze di Montecitorio, il quale derubrica i malumori di Forza Italia e Lega a “fibrillazioni da campagna elettorale” e difende la norma di Leo: “E’ un aggiornamento di alcuni parametri” che “peraltro può aiutare la lotta all’evasione”. Intanto le opposizioni partono all’attacco, prima con Alleanza Verdi Sinistra e poi con Matteo Renzi che twitta: “Giorgia Meloni è la premier delle tasse… con lei torna il vecchio redditometro che noi avevamo cancellato”.

Sono le 16.18 quando il viceministro Leo dirama una nota per provare ad arginare lo tsunami che inevitabilmente si abbatterà sul governo Meloni: “Nessun ritorno al vecchio redditometro” ma “più tutele per i contribuenti” con il nuovo decreto, assicura Leo. “Il centrodestra è sempre stato contrario al meccanismo del ‘redditometro’ introdotto nel 2015 dal governo Renzi”, sottolinea il plenipotenziario di Fdi sui temi fiscali, precisando come il suo decreto ponga “finalmente dei limiti” al potere discrezionale del fisco “di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato”, un potere “previsto dall’ordinamento tributario fin dal 1973”. Segue una spiegazione molto tecnica dove il viceministro del Mef, in buona sostanza, spiega di aver colmato un “vuoto” normativo creatosi quando il primo governo Conte nel 2018 abolì il redditometro, stabilendo “che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente”: “Purtroppo – osserva Leo – quel decreto non è mai stato emanato”.

Passano pochi minuti e alle 16.35 interviene direttamente la Presidenza del Consiglio nel disperato tentativo di stoppare un cortocircuito che rischia di offrire agli avversari di Meloni un assist micidiale in piena campagna elettorale europea. Fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che il viceministro Leo relazionerà al prossimo Cdm, quello del 24 maggio, sul “superamento del cosiddetto ‘redditometro’ introdotto dal governo Renzi nel 2015”. I buoi però sono già scappati dalla stalla e ora scorrazzano liberi sul verde campo di battaglia della politica. Nelle ore successive si catena una zuffa: Pd, M5S e Italia Viva saltano alla giugulare del governo ma i colpi più dolorosi per Meloni sono quelli che arrivano dagli alleati di Lega (“l’inquisizione è passata da un pezzo”) e Forza Italia. Nel marasma di dichiarazioni annaspano i meloniani, che si avventurano in una spericolata difesa d’ufficio del decreto Leo (“darà più garanzie ai contribuenti”).

22 maggio

Il redditometro è ancora vivo e lotta insieme a noi, ma non si sente molto bene. Maurizio Leo rilascia un’intervista al Corriere della Sera e dice che il ritorno al redditometro “era un atto dovuto”, ma il suo decreto lo rende uno strumento “diverso” che viene incontro “ai contribuenti onesti”. Le rassicurazioni del viceministro non bastano a placare gli animi: i social sono in tumulto e le associazioni di categoria – commercialisti in primis – sul piede di guerra. E così alle 10.14, per la prima volta da quando è scoppiato il caso, Meloni decide di intervenire personalmente con un post su Facebook per assicurare che “mai nessun grande fratello fiscale sarà introdotto da questo governo” e che lei è sempre stata contraria “a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune”. Il cattivone Leo viene convocato alla lavagna: “Mi confronterò personalmente con il viceministro” e “se saranno necessari cambiamenti sarò io la prima a chiederli”. Dunque, Giorgia si offre come soluzione a un problema creato dal suo stesso governo. E nei commenti al post sono in molti a chiedersi: possibile che non sapessi nulla del decreto voluto dal tuo viceministro e compagno di partito?

Intanto continuano a piovere missili dalla maggioranza: per Matteo Salvini il redditometro è “un orrore”, Antonio Tajani dice che ne chiederà l’abolizione al prossimo Cdm. Persino Giuseppe Conte – uno che quando era al governo avrebbe mandato la Finanza coi cani lupo a controllare le aste del fantacalcio – può ergersi a paladino contro lo “Stato di polizia”. Sono ore di tormento. Meloni vede Leo a Palazzo Chigi e a sera – sono le 19.15 – pubblica un video su Instagram per annunciare con tono solenne la grande retromarcia: il decreto “che era stato predisposto dagli uffici del Ministero dell’Economia e delle finanze” (ecco servito lo scaricabarile sul Mef) è sospeso in attesa di ulteriori approfondimenti. Forza Italia e Lega cantano vittoria, ma al Carroccio non basta la sospensione: il partito di Salvini fa approvare alla Camera un ordine del giorno dove si chiede il superamento del redditometro. Fonti di governo confermano che ci sarà un nuovo provvedimento dove è prevista una “modifica radicale” del decreto Leo.

23 maggio

Polemica archiviata? Neanche per sogno. Il redditometro continua a occupare il dibattito politico con un rimpallo di accuse tra Fratelli d’Italia e il resto del mondo. Alle 20.18 Leo finalmente firma l’atto di indirizzo con cui viene bloccata l’entrata in vigore del nuovo redditometro.

24 maggio

In Consiglio dei ministri si svolge la tanto attesa relazione sul redditometro del viceministro Leo, il quale conferma la “non applicazione” del suo decreto. Nel pomeriggio la premier Meloni vola a Trento per partecipare al Festival dell’Economia dove viene intervistata – si fa per dire – da Maria Latella. Ineludibile il tema redditometro, una misura “sulla quale – ribadisce Meloni – siamo stati contrari e siamo contrari”. La norma è stata sospesa “perché la voglio vedere meglio”, prosegue la leader di FDI che non nasconde le sue perplessità sull’opportunità di eliminare tout court l’accertamento sintetico. L’accomodante reggi-microfono avrebbe potuto sottoporre alla presidente del Consiglio qualche quesito, del tipo: cara Meloni, eri al corrente o no del decreto Leo? Com’è possibile che un premier non abbia il controllo sulle norme partorite dai suoi ministri? E ancora: se è vero, come hai detto, che il decreto Leo non ripristinava il redditometro ma anzi offriva “più garanzie” ai contribuenti, perché hai deciso di cassarlo? C’entrano forse le europee e gli ultimi sondaggi non proprio rosei? Ma a una leader sempre più allergica ai giornalisti e alle conferenze stampa – l’ultima risale a gennaio – non si possono più rivolgere domande vere.

25 maggio

L’ultimo capitolo di questo imbarazzante teatrino è il video-monologo di venti minuti che Meloni pubblica sui social alle 12.08 di sabato nell’ambito della sua rubrica social “Gli appunti di Giorgia”, ribattezzata per l’occasione Tele-Meloni a mo’ di sfottò verso il PD. Il format è praticamente identico a quello dell’intervista con la Latella: non ci sono domande. Dal bunker di Palazzo Chigi Giorgia può quindi rilanciare senza contraddittorio la sua propaganda suggerendo due possibili strade per archiviare il redditometro, strumento malefico da distruggere come l’Anello di Sauron, gettato nel fuoco del Monte Fato: “O superare in toto l’accertamento sintetico” (ipotesi già bocciata il giorno prima) oppure “lavorare a una norma che circoscriva questo tipo di strumento ai fenomeni oggettivamente inaccettabili” come i grandi evasori o i finti nullatenenti che girano col suv. Nel frattempo Forza Italia presenta un emendamento al decreto Coesione, in conversione al Senato, per abrogare definitivamente il redditometro. Non è dato ancora sapere se questo meccanismo sarà modificato, annacquato o cancellato una volta per tutte. Quel che è certo, è che la figura di palta resta indelebile.

IL SISTEMA POLITICO GOVERNATINO DELLA MELONI: O la va o la spacca

O la va o la spacca. LO FA PER IL SUO EGO DEL ITALIA E DEL SUO POPOLO ALLA SOLA MELONI NON LE NE INPORTA UN C…O. Se dici che la riforma del premierato è la madre di tutte le riforme e poi perdi il referendum( se riesci a farla), non puoi dire che poi non ti dimetti.
Se dici “o la va o la spacca” e poi, spacca, allora spacca, mia cara…
Non solo perché hai perso la madre di tutte le tue riforme, non solo, ma perché ti sei messa nelle condizioni di chiedere un plebiscito su di te e lo hai perso. Se lo perdi. E lo perderai! Perché se sei tu contro tutti, tutti sono più di te. E’ un errore madornale.
Giorgia Meloni è persona intelligente, con struttura e spessore politico.
Ce ne sono pochi. Perché spreca se stessa?
Perché?
E’ veramente un danno.
Perché su questioni oggi cruciali, di politica estera, su Occidente e Ucraina soprattutto, e’ figura indispensabile, visto il livello della concorrenza. Perché allora?
Per una ragione, che è psicologica e politica. Spiego.
Io ho seguito con molto interesse la storia di Renzi. Da subito. Ci ho visto la possibilità di una svolta riformista nella sinistra. Nel centro sinistra. E’ partito, all’inizio con una certa confusione fra Berlinguer e Craxi. Poi ha capito.
E’ stato coraggioso con la “ditta”, lì ha messi in soffitta come fece Craxi con Marx. Ha fatto il Job Act e industria 4.0. Non il reddito di cittadinanza. Lavoro e industria non assistenza senza futuro.
Poi Renzi ha sprecato se stesso. Rimane una grande risorsa in campo, ma adesso gioca a calcetto non a calcio. E’ un peccato.
Però, siccome gioco a calcetto( molto meno bene di lui)  anche io, beh, ci vediamo su quei campi Renzi sbaglio’ perché l’io contro tutti e’ uno sbaglio.
Perché fece quell’errore? Per vanità. No. Un po’ anche, ma non solo. Perché sei il Presidente del Consiglio e ti rendi conto che non sei in grado di fare il Presidente del Consiglio.
Perché, come diceva Nenni, sei entrato nella stanza dei bottoni e non trovi i bottoni.
Perché ti rendi conto che sei ormai un potere debole.
Perché bastano uno o due o tre casi Toti per ribaltare ogni risultato democraticamente ottenuto.
Perché basta il contrasto di un partito minore per crearti minori capacità di governo.
Perché( nel caso di Renzi soprattutto) le correnti interne ti lavorano contro.
Perché, nel caso di Meloni, i cattivi umori del passato coprono troppo spesso le istanze del futuro.
Perché la stampa e  la magistratura, sono poteri forti. Troppo forti da affrontare con le attuali forze. E allora vuoi la forza del “popolo” su di te.
Il punto è questo.
Lo capisco.
Non è una cattiva intenzione.
E’ una intenzione sbagliata. Perché è una dichiarazione di guerra al mondo, che è più grande di te. Perché i bottoni Nenni non li trovava, perché non glieli facevano trovare, ma c’erano, i bottoni erano la politica, i partiti, la democrazia nei partiti, i poteri in equilibrio. Tutto era ampolloso, macchinoso, ridondante spesso, ma le istituzioni democraticamente elette contavano. Contavano. E’ necessario rendere  tutto  più snello e veloce di allora.
Ma è necessario anche, drammaticamente necessario, rendere tutto più articolato e complesso l’oggi.
Ridare forza alla politica, ai partiti, al Parlamento, alle amministrazioni locali.
Più equilibrio dei poteri. Il richiamo al popolo su di se e’ una scorciatoia senza sbocco.
È pericolosa.
Perché il “popolo” di oggi può andare su Meloni ma anche su Conte o Schlein o Vannacci.
Ma il popolo ritornerà su Renzi perché è passato e ha superato tale lezione e ora il popolo le sta ridando la fiducia che merita, riscontrata nella competenza e onesta, riconosciuta anche da tutti i leader mondiali. Per questo il popolo Italiano lo sta ripagano ,ridandole fiducia al errore fatto in gioventù politica. Perciò cara Meloni mettiti a accuccia per dieci anni studia per avere competenza che non hai, modera la tua arroganza guadagna un pò di onestà intellettuale e democratica e poi se dimostrerai che sei maturata ne riparliamo.

Renzi: “Leader evocano guerra mondiale, Meloni e Schlein litigano su Telemeloni e Teletubbies”

Renzi: “Leader evocano guerra mondiale, Meloni e Schlein litigano su Telemeloni e Teletubbies”

“Mentre leader internazionali evocano la terza guerra mondiale, Meloni e Schlein litigano su Telemeloni e Teletubbies. Abbiamo un quadro di politica estera difficilissimo e per questo servono gli ‘Stati Uniti d’Europa’. Basterebbe il caos internazionale per far capire quanto è urgente inviare a Bruxelles degli statisti”. Lo scrive Matteo Renzi sulla sua E-news. “Meloni e Schlein (e Tajani/Calenda) invece si candidano ma poi se eletti non ci vanno e mandano le controfigure -ricorda-. Fatemi capire: se chi si candida e viene eletto poi non va in Europa, con che faccia si chiede ai cittadini di andare a votare? Questo è un punto decisivo della nostra campagna elettorale”.  “In un momento di crisi internazionali noi proponiamo gli Stati Uniti d’Europa e se vinciamo, andiamo davvero in Europa. Loro parlano di questioni interne e si candidano per finta. Continuo a pensare che sia uno scandalo”, conclude Renzi.

Voi che dite? State segnalando questa assurdità ai vostri amici, agli incerti, agli indecisi?

Ha mille ragioni Matteo a ribadire che Meloni, Schlein, Tajani e Calenda stanno truffando voti agli elettori. Fondano il consenso su propaganda spicciola e inconcludente, pero’ assolutamente fruttuosa per mantenerlo. Nessuna volonta’ di confronto e discussione della mole di problemi che Europa e Italia hanno e -che volenti o nolenti- presto o tardi verranno al pettine. Li vediamo impegnati a chiedere voti per NON andare in Parlamento Europeo. Vi rendete conto dell’assurdita’? Ma il popolo bue ancora una volta li votera’. Cosa siamo diventati? Dove stiamo andando? Che Italia e’ la nostra con stampa e TV inattendibili e assolutamente fuorvianti? Qualcuno e’ in grado di spiegarlo? Saremo in pochi o tanti, questo lo vedremo. Ma una cosa e’ certa, gli Stati Uniti d’Europa servono come il pane.

I miei articoli DEL 2/5/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE

Caso Giannini, le scuse di Piantedosi per la notifica all’alba – Blog di bezzifer

1 Un consiglio alla Meloni sul referendum da un esperto della materia. – Blog di bezzifer

2 Un consiglio alla Meloni sul referendum da un esperto della materia. – Blog di bezzifer

Premierato, Renzi sfida Meloni sul referendum: «Se si farà e lo perde, dovrà dimettersi» – Blog di bezzifer

MATTEO RENZI: Per la pace serve la politica. Per la pace serve l’Europa. – Blog di bezzifer

“O la va o la spacca” – Blog di bezzifer

La premier lancia ‘Telemeloni’ e attacca: “Libertà limitata dalle opposizioni ”. La replica: “Non si è liberi con salari da fame e malasanità” – Blog di bezzifer

Questi della lega mi fanno morire dal ridere…diciamo in generale quelli del governo…anche se li cogli con le mani nel sacco non si dimettono mai..poi chiedono le dimissioni degli altri…ma va va – Blog di bezzifer

Enews 968 DI MATTEO RENZI. – Blog di bezzifer

https://bezzifer.altervista.org

Enews 968 DI MATTEO RENZI.

Buongiorno e buona settimana.
Mancano dieci giorni alla fine di questa campagna elettorale in cui ci si candida per le Europee ma tutti parlano d’altro.
Per chi vuole stasera siamo alla SALA ROSSA del Palazzo dei Congressi di Firenze, in un luogo per me evocativo, per raccontare perché stiamo mettendo tutti noi stessi in questa sfida. Mi piace l’idea di tornare nel luogo dal quale ho cominciato e raccontare perché oggi è arrivato il momento di una sfida nuova. Di una nuova partenza. Grazie a chi deciderà di essere con noi stasera. Ci tengo molto!  In sintesi: 1. Mentre leader internazionali evocano la terza guerra mondiale, Meloni e Schlein litigano su Telemeloni e Teletubbies. Abbiamo un quadro di politica estera difficilissimo e per questo servono gli STATI UNITI D’EUROPA. Basterebbe il caos internazionale per far capire quanto è urgente inviare a Bruxelles degli statisti. Meloni e Schlein (e Tajani/Calenda) invece si candidano ma poi se eletti NON CI VANNO e mandano le controfigure. Fatemi capire: se chi si candida e viene eletto poi non va in Europa, con che faccia si chiede ai cittadini di andare a votare? Questo è un punto decisivo della nostra campagna elettorale. In un momento di crisi internazionali noi proponiamo gli STATI UNITI D’EUROPA e se vinciamo, andiamo davvero in Europa. Loro parlano di questioni interne e si candidano per finta. Continuo a pensare che sia uno scandalo. Un vero e proprio scandalo. Voi che dite? State segnalando questa assurdità ai vostri amici, agli incerti, agli indecisi? Vi leggo: matteo@matteorenzi.it.  2. La campagna prosegue. Sono stato solo negli ultimi giorni a Pompei (dove ho raccontato perché la rinascita di Pompei frutto dei fondi europei e dell’azione del nostro Governo è il vero programma elettorale che io posso offrire al Mezzogiorno), Benevento, Roma, Palermo, Agrigento, Messina, Taormina, Catania. Trovate tracce delle tante iniziative sui social. Scusate se non riuscirò a essere ovunque. Purtroppo siamo partiti tardi con la campagna. Tornerò a girare ovunque anche dopo le elezioni. Intanto grazie a chi fa i gazebo. E per chi vuole il materiale elettorale con il mio nome l’invito è mandare un sms al Text Renzi 3347335300, cui potete anche rivolgervi per domande, idee, spunti. Domani sera faremo un’altra diretta per rispondere alle vostre domande. 3.  Link ad alcune uscite degli ultimi giorni: a.   Sul referendum costituzionale ho dato dei consigli a Giorgia Meloni. Del resto credo di essere un esperto della materia. La Meloni se perde dovrà dimettersi, che voglia o non voglia. Qui spiego perché. b.  Sul redditometro il Governo mente sapendo di mentire. Non solo hanno pestato una buccia di banana, ma poi danno pure la colpa agli altri. c.  Sul sociale: sono stato al Don Orione di Ercolano. Gli Stati Uniti d’Europa o saranno solidali o non saranno. E il sociale allora deve essere una priorità. Su questo forse devo battere di più anche alla luce delle tante leggi che abbiamo fatto, come il Dopo di noi, il Terzo settore, la legge sull’autismo. d.  Interviste degli ultimi giorni. Ho fatto alcuni interventi ed interviste a LiberoLa Nazione FirenzeAvvenireCorriere della SeraIl Dubbio e Il Tempo.Le trovate tutte sul mio canale whatsapp al quale invito ad iscrivervi – se volete – per rimanere aggiornati su tutto in queste ultime giornate di corsa. Un sorriso, Matteo. PS. Più incontro persone, più capisco come in queste elezioni la nostra proposta sia totalmente diversa dagli altri. Loro pensano ai loro partiti, noi pensiamo ai nostri figli: mettono il loro cognome nel simbolo per contarsi, noi mettiamo gli Stati Uniti d’Europa per sognare. È una differenza enorme. Nei momenti di stanchezza, ricordatevelo: mai come stavolta, noi siamo dalla parte dell’ideale contro il cinismo, dalla parte della politica contro il populismo. Non so se questo porterà voti. Ma avere consapevolezza di questa differenza aiuta ad andare avanti con entusiasmo ed orgoglio.

Questi della lega mi fanno morire dal ridere…diciamo in generale quelli del governo…anche se li cogli con le mani nel sacco non si dimettono mai..poi chiedono le dimissioni degli altri…ma va va

Salvini sulla proposta Stoltenberg: “Si dimetta, mai attacchi contro Mosca”. Ma sulle armi a Kiev il governo è diviso. Il capo della Lega blocca il segretario della Nato ma Fdi e Forza Italia restano cauti: “Decisione deve essere collegiale”. Silenzio della leader Pd Schlein.

L’apertura del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ad attacchi dell’Ucraina in Russia con armi occidentali divide il governo italiano. Silenzio dalla premier Giorgia Meloni, mentre il ministro della Difesa Guido Crosetto insieme al ministro degli Esteri Antonio Tajani criticano il metodo utilizzato dal segretario Nato nell’annunciare decisioni ancora non prese a livello collegiale dagli stati membri. Una questione non di merito, insomma. Il leader della Lega Matteo Salvini invece, a differenza degli alleati di governo, alza il tiro e arriva a chiedere le dimissioni di Stoltenberg.

SALVINI:Un vecchio leghista all’opera da 30 anni quando straparlava a Milano di posti in tram riservati agli italiani separati da quelli per extracomunitari e “terroni”. Ora straparla di argomenti troppo complessi per lui (strategie belliche, tecniche di costruzione di un ponte, ecc). Una vita di parole dannose. Salvini che chiede le dimissioni di Stoltenberg è il colmo. Se ne andasse lui finalmente! Salvini ti volevo solo sottolineare il fatto che si parla di guerrafondai bisogna citare Putin per primo. Ricordo che è stato lui ad attaccare Ucraina. E non dirmi che è colpa della nato, perché è una cazzata anche se è solo una mezza verità. Saresti da applaudire se avesti avuto la stessa baldanza nel condannare l’invasione in ucraina. Semplicemente non sei più credibile, tutto qui.

Questi della lega mi fanno morire dal ridere…diciamo in generale quelli del governo…anche se li cogli con le mani nel sacco non si dimettono mai..poi chiedono le dimissioni degli altri…ma va va a……. Tutto ciò che fa e dice il leader leghista lo fa in ottica Putin. Comincio a pensare che al METROPOL gli accordi di collaborazione fossero molto mirati. Se il Felpa avesse avuto la stessa baldanza nel condannare l’invasione russa in ucraina sarebbe stato credibile. Ma da uno che vuole mezzo Putin in cambio di due Mattarella e che si pulisce il lato B col tricolore anche no, grazie, ma Salvini è un ministro Italiano o russo ? Chiedo per un amico. Ma il suo ruolo è compatibile con la costituzione Italiana. I Servizi Segreti cosa ne dicono ? Copasir ecc. Date un’ occhiata a Salvini. Una occhiata molto ravvicinata

Ma da certi commenti di alcuni non lasciano dubbi. E’ difficile capire, però, come un mostro di umanità di un mondo che non ha niente in comune con il nostro abbia fatto tanti proseliti e sia riuscito a stregare e comprare tante mezze calzette. Non è strano, però, che ci sia riuscito così facilmente in Italia, terra di arroganti furbi e ignoranti. Ma è vergognosa la sfacciataggine di alcuni politici Italici (es:Salvini) che fanno certe affermazioni e che ci sia qualcuno che li ascolti e ci creda. Di sicuro verrà un giorno, non si sa quando, in cui molti che oggi non capiscono o non vogliono capire o non gli conviene capire, forse capiranno e si vergogneranno di loro stessi.

Salvini e salviniani non li sopporto, ma in questo caso è un politico italiano che interviene nel campo della politica internazionale. Una cosa assolutamente normale, anzi sarebbe dovuta essendo in ballo la terza guerra mondiale. In Italia, dopo tangentopoli, le campagne elettorali non si occupano più di politica internazionale e in generale i nostri politici non ne capiscono niente e “si accodano”. Una situazione pietosa alla quale pare ci siamo assuefatti tutti, tanto da invocare l’intervento dei servizi in un caso del genere. GENTE! Serve capire che: La terza guerra mondiale arriverà se non fermiamo Puttin in tempo. Basta vedere perché c’è stata la seconda guerra mondiale. Le analogie sono molte. SALVINI sostiene d’essere! Un vero democratico….. finche’ non mi toccano …. Non sono interessato…. Congratulazioni barabba. Questo dimostra solo una cosa, l’Italia e il suo governo non contano un cazzo a livello internazionale e probabilmente la vicinanza della lega alla Russia non è sfuggita agli altri componenti nato che a questo punto reputano irrilevante l’opinione del nostro governo. Se ha le palle che Salvini chieda l’uscita dalla nato dell’Italia, altrimenti è solo propaganda pre elettorale.

Continuo a stupirmi per la considerazione che viene data a questo politico (SALVINI). Capisco intervistarlo sulla lega padana, ma andare a chiedere ad una persona senza un titolo di studio, che non ha mai lavorato ,questioni complesse quali il ponte di Messina, le armi agli ucraini, l’autonomia etc. é incomprensibile. Che volete che ne sappia?

La premier lancia ‘Telemeloni’ e attacca: “Libertà limitata dalle opposizioni ”. La replica: “Non si è liberi con salari da fame e malasanità”

La leader FdI ribattezza gli “appunti di Giorgia”: “Accusa singolare per chi ha votato i provvedimenti per chiudere la gente in casa nella pandemia”. L’ opposizione ribatte sull’autonomia. Replica frontalmente alle critiche delle opposizioni, attacca l’Unione europea per le richieste “folli” sull’assegno unico, torna sul redditometro difendendo le politiche fiscali dal Governo, rivendica l’accordo sugli immigrati con l’Albania e respinge le accuse di abusi edilizi relativi al decreto salva-casa.

Sempre più preoccupante. “E per dimostrarvi che non sono autoritaria, ecco a voi un monologo in cui non rispondo neanche a domande finte e attacco chiunque non la pensa come me, condito da sarcasmo. Perche` io so’ Fiergiorgia, e voi me dovete da ascolta’”

Il monologo senza contraddittorio ,di Meloni Georgia è sintomo di allergia verso la Democrazia .Solo nelle dittature non si accettano contraddittori!!!! e qui è tutto chiaro!!!! Ma poi pensavo che telemeloni fosse costituita dai canali rai, adesso che fa entra in concorrenza????

COMUNQUE: Secondo me questo TeleMeloni è segno di difficoltà. Un premier non ha bisogno di fare propaganda (anche un po’ spicciola) per convincere gli elettori, e attaccare chi la critica, dovrebbero bastare i suoi provvedimenti. Oppure magari dovrebbe rispondere a delle domande vere oppure fare confronti veri, come accade nei paesi occidentali. Comunque poi se c’è una parte che in Italia non deve parlare di libertà è proprio quella della Meloni, che in questo campo è sempre stata dalla parte sbagliata della storia.

Con tutto quello che succede nel mondo il tg1 ha appena aperto su giorgia. Ancora c’è qualcuno che dice che non siamo alla dittatura dell’informazione? Altro che tele meloni.

E. Dopo l’occhiolino fatto agli evasori, ai balneari, ai tassisti, ai razzisti, ai nostalgici del ventennio mancava solo quello ai no vax. Ecco, ora non più. Che vergogna fare il ritornello della chiusura per Covid..Una persona che senza pudore osa dire “..per chi ha votato i provvedimenti per chiudere la gente in casa nella pandemia” non è una statista e insulta in un sol colpo, scienziati, medici, i morti con i loro familiari, i politici che erano in trincea giorno e notte. Solo una poveretta può proferire simili assurdità e cattiverie, confondere le idee e fare richiami della foresta al mercato del pesce… ecco la tattica del Presidente in capo di tale strategia. Sicuramente per tanti ignoranti sarà miele per le orecchie e ne scorrerà tanta. Che pacchia poter parlare… parlare… parlare…senza che nessuno possa fare una domanda (non quelle di Vespa), rivolgere una critica, far notare le bugie dette, contestare neppure mezza parola. E non dimentichiamo le incredibili sviolinate dei TG. Le piace vincere facile…

Provi a ricordarsi il quasi default del 2011 e poi parli. Beh, al termine del suo mandato fallimentare come P.d.C.M. non sarà necessario che ritorni al banco dell’ortofrutta, è già pronta per lei una scrittura a Zelig assieme al Giambruno: si esibiranno nel duo “Gian e Pinotta”. Li almeno questa (involontaria) verve comica non farà piangere gli italiani! Basta con questa finta underdog. Sta in parlamento da 18 anni ed è piena di affari, tra lei, la sorella, la mamma. La smetta di fare l’ultima e cominci a rispondere di quello che fa e non fa senza attaccare sempre il nemico alle porte.

PS: MA Cè da tenere in considerazione ! che. C’è qualcosa di buffo e di caricaturale nella figura della Meloni – anche fare la fascista con 80 anni di ritardo ha qualcosa di caricaturale – che comunque attira una strana simpatia. Poi, essendo una donna, gli italiani non la ritengono così “pericolosa” e perciò non ritengono nemmeno opportuno organizzare una più robusta opposizione. In fondo non la prendono sul serio e quindi sorvolano anche su una serie di esternazione sopra le righe, oppure quando dice bianco ciò che fino a ieri considerava nero agitandosi come una furia. Però l’errore che il popolo sta facendo è proprio questo: quello di sottovalutarla!

“O la va o la spacca”

L’incubo del 26%, Meloni evoca la ritirata se sfuma il premierato: “O la va o la spacca” Botta e risposta a distanza tra l leader politci presenti a Trento per il Festival dell’Economia. La voglia di fuga della premier, dalla stampa, fagli eventi pubblici e dalla campagna elettorale.
A volte, un indizio apre un precipizio. «Il premierato è una riforma necessaria in Italia. O la va, o la spacca: ma nessuno mi chieda di scaldare la sedia o stare qui a sopravvivere». È al Festival dell’economia di Trento.

Fugga pure tranquilla, se il suo ego complessato glielo permetterà: sarebbe un sollievo per tutti (a parte forse per i suoi fratellini, cognatini e via parentando) ma se arrivasse al 25,5 % va a casa oppure, tramite il suo capo La Russa, dirà che vuole il riconteggio a causa di brogli da parte dei comunisti dei giudici oppure della stampa.

Mi riferivo alla stessa modalità di comportamento dei politici che, per un loro sogno, Berlusconi, Renzi e “o la va o la spacca”… erano queste le priorità del Paese? NO per BERLUSCONI! Si per RENZI! E gli italiani risposero per Berlusconi a dovere ,per RENZI sotto spinta mediatica e politica risposero male perché serviva per il bene del ITALIA,PERCHE ERA UNA RIFORMA MOLTO VALIDA E DEMOCRATICA CHE SERVIVA E SERVIREBBE PER IL POPOLO ITALIANO! NON COME QUELLA PROPOSTA DALLA SORA MELONI… e spero ora risponderanno adeguatamente perché il popolo (almeno me lo auguro) è maturato . Mi ricordo come fosse adesso, a “8 e mezzo” verso giugno 2016, la Gruber che chiedeva a Cazzullo: “secondo te, chi vince?” E lui, con un ghigno di soddisfazione, rispose “vince il Sì”. All’epoca i sondaggi davano il Sì oltre il 60% e il No a meno del 40%. Finì esattamente col risultato capovolto. Rimasi allibito vedere tanta gente al seggio quella sera (non mi era mai capitato), quindi pensai che i sondaggi sarebbero stati confermati. Finì come Finì, perché il Popolo magari non capisce subito, ma ora capisce e intuisce molto bene.

La SORA dice “nessuno mi chieda di scaldare la sedia o stare qui a sopravvivere”. No no tranquilla nessuno te lo chiederà. O meglio nessuno che sia sano di mente e di corpo. Ma basta davvero con questa macchietta. Suvvia comprendo le tifoserie e la loro molto equilibrata visione del mondo ma a tutto c’è un limite. Daje…che è la volta buona che se ritira finalmente .Ma niente è perduto. Potrebbe fare il consulente politico di vox tanto lo spagnolo lo parla già. Oppure ritirarsi in Ungheria che saprà ricompensarla degnamente per gli ottimi servigi procurati fino ad oggi. Dovunque, basta che vada a predicare fuori dall’ Italia sovrana.

A me basta che questa orrida proposta di riforma costituzionale venga gettata alle ortiche dagli italiani, lo spero tanto, dopodiché lei può anche ritirarsi e rilassarsi gestendo un chiosco di limonate su una spiaggia a Copacabana. Buon per lei.

No future for Georgia. Per governare, ci vogliono comprovate competenze e una squadra di tecnici trentenni plurilaureati (quelli fuggiti all’estero) senza sante truffatrici, critici d’arte maneggioni o ergastolani di ritorno. “O la va o la spacca” ? Ma che razza di modo di ragionare è questo egregia Meloni ?! Qui ciò che si rischia di “spaccare” è l’Italia ! Il nostro Paese! E con le sorti dell’Italia Lei ci gioca? Le riforme costituzionali si fanno ascoltando anche le opposizioni, non con colpi di mano unilaterali. “O la va o la spacca” la usi all’osteria quando gioca a BRISCOLA !

Proviamo ad immaginare la Meloni di oggi eletta dal “popolo” (magari col 25% dei votanti) e il suo governo di incapaci in mala fede. Con un Presidente della Repubblica ridotto a “bandierina” e tutti i Media anestetizzati (magari più di adesso). Credo un incubo senza precedenti ma senza il salvifico risveglio.

PURTROPPO CI SONO SEMPRE DEI BACATI MENTALE CHE SPRONANO LA MELONERA DICENDOLI! Grande Giorgia il 26% non la spaventa perché sa che arriverà al 30%.Sempre avanti con la fiamma tricolore che illumina il cammino.

CARI SIGNORI BACATI! DOVRESTE O: Dovrebbe piuttosto esserci una lucetta di buonsenso ed umanità ad illuminare le vostre anime ed i vostri cervelli. Ed in quel caso la vs “fiamma” si spegnerebbe come un cerino sommerso da una secchiata d’acqua. Perché la vostra “fiamma” non illumina un bel niente, ma si limita a bruciare diritti, giustizia, LIBERTÀ (quella vera! Non quella che vi fa esultare per i condoni e per la cancellazione del redditometro); la vostra fiamma non ha mai acceso nessuna speranza, ha solo bruciato, nel vero senso della parola, vite, esseri umani, pace. Ha solo gettato l’Umanità nel baratro più oscuro del più grande male che sia mai stato perpetrato verso noi stessi.

MATTEO RENZI: Per la pace serve la politica. Per la pace serve l’Europa.

Il mondo è in crisi e noi abbiamo due candidate alle Europee che anziché provare a cambiare le cose bisticciano su Telemeloni e Teletubbies?
E il Ministro degli Esteri Tajani che fa? Prende una iniziativa diplomatica? Macché. Si candida anche lui alle Europee. E anche lui come Meloni e Schlein dice che pure se eletto non andrà in Europa. Ma ci rendiamo conto?
Serve lavorare per la difesa comune, l’esercito europeo e allo stesso tempo una grande iniziativa diplomatica europea per costruire la pace. Non per strumentalizzarla come fanno i pacifinti a cinque stelle. Per la pace serve la politica. Per la pace serve l’Europa.

Confesso: sono molto preoccupato. Come padre prima ancora che come senatore o come candidato. Il mondo sembra impazzito. Fioccano dichiarazioni roboanti sempre più dure, la diplomazia sembra essere diventata una parolaccia, la politica non conta nulla o quasi.
E in questo caos l’Europa sembra paralizzata, muta, irrilevante.
Ecco perché chiediamo con forza gli Stati Uniti d’Europa come unico orizzonte di chi vuole l’esercito europeo, la difesa comune ma anche una politica estera e diplomatica degna di questo nome. Il mondo rischia di precipitare e mentre noi proponiamo l’idea degli Stati Uniti d’Europa il livello del dibattito delle altre forze politiche è imbarazzante.
Ieri la Presidente Meloni non ha parlato di Nato, di Stati Uniti d’Europa ma ha creato il canale Telemeloni per polemizzare con Elly Schlein su piccole beghe locali.
Ma come è possibile, mi domando?
Il mondo è in crisi e noi abbiamo due candidate alle Europee che anziché provare a cambiare le cose bisticciano su Telemeloni e Teletubbies?
E il Ministro degli Esteri Tajani che fa? Prende una iniziativa diplomatica? Macché. Si candida anche lui alle Europee. E anche lui come Meloni e Schlein dice che pure se eletto non andrà in Europa. Ma ci rendiamo conto?
Serve lavorare per la difesa comune, l’esercito europeo e allo stesso tempo una grande iniziativa diplomatica europea per costruire la pace. Non per strumentalizzarla come fanno i pacifinti a cinque stelle. Per la pace serve la politica. Per la pace serve l’Europa.
Ecco perché noi lanciamo gli Stati Uniti d’Europa, un progetto di grande respiro, un sogno, una sfida. Gli altri si accapigliano litigando come bambini bizzosi. Noi proviamo a offrire una proposta politica. E questa è la ragione per la quale mi candido, per la quale vi chiedo di scrivere Renzi sulla scheda, per la quale sono disposto a lasciare Roma per andare a Bruxelles: iniziare a costruire gli Stati Uniti d’Europa. La pace si costruisce così, non con gli slogan. E l’escalation si evita con la diplomazia, non con i toni muscolari. Chi vota per gli Stati Uniti d’Europa non vota per me: vota per sè. Anzi: per i suoi figli.

Ecco perché noi lanciamo gli Stati Uniti d’Europa, un progetto di grande respiro, un sogno, una sfida. Gli altri si accapigliano litigando come bambini bizzosi. Noi proviamo a offrire una proposta politica. E questa è la ragione per la quale mi candido, per la quale vi chiedo di scrivere Renzi sulla scheda, per la quale sono disposto a lasciare Roma per andare a Bruxelles: iniziare a costruire gli Stati Uniti d’Europa. La pace si costruisce così, non con gli slogan. E l’escalation si evita con la diplomazia, non con i toni muscolari. Chi vota per gli Stati Uniti d’Europa non vota per me: vota per sè. Anzi: per i suoi figli.

Fatemi sapere la vostra opinione.


Premierato, Renzi sfida Meloni sul referendum: «Se si farà e lo perde, dovrà dimettersi»

Il senatore MATTEO RENZI lasciò la carica di premier proprio dopo la sconfitta sulla sua proposta di riforma costituzionale del 2016.

Il premierato non è ancora legge e già diventa la leva con cui una parte delle opposizioni spera di disarcionare dal governo Giorgia Meloni. La proposta dell’esecutivo punta a modificare 7 articoli della Costituzione per introdurre, tra le altre cose, l’elezione diretta del premier. Andando a toccare la Carta fondamentale, il testo dovrà essere approvato da entrambe le camere con due successive deliberazioni. Se nella seconda votazione, sia Camera che Senato, la legge ottenesse la maggioranza assoluta dei voti ma inferiore a quella di due terzi, un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali potrebbero chiamare i cittadini a esprimersi con un referendum. Succede che dal Festival dell’Economia di Trento, parlando della riforma, la presidente del Consiglio si lasci scappare un «ne vale la pena» di fare il premierato, «è una riforma necessaria in Italia, o la va o la spacca». Abbastanza perché Monica Maggioni le chieda a In Mezz’Ora se in caso di voto referendario negativo intende dimettersi. «No», risponde Meloni, «non mi fa paura l’idea del referendum e non lo considererò mai un referendum su di me ma sul futuro del Paese. Se non passa chissene importa». Una risposta che non è passata inosservata a Matteo Renzi, che proprio sulla bocciatura della sua legge di revisione costituzionale nel 2016 perse la poltrona di presidente del Consiglio. «Un consiglio a Meloni sul referendum da un esperto della materia: se perderà il referendum costituzionale dovrà andare a casa. Comunque», scrive sui social.

I precedenti di Cameron e Renzi

«Lei sembra confusa. Ieri dice: o la va o la spacca Oggi dice: se perdo non mi dimetto, chissenefrega Non è così, cara Presidente», prosegue il senatore toscano, che otto anni fa decise di giocarsi il suo posto a Palazzo Chigi proprio sul passaggio della sua proposta di riforma. «I referendum su progetti proposti dal Governo portano comunque alle dimissioni del primo ministro, in tutto il mondo. Che il premier voglia o no», è la posizione di Renzi, «anche David Cameron nel 2016 disse che non si sarebbe dimesso in caso di sconfitta ma fu costretto a lasciare Downing Street appena furono ufficiali i dati della Brexit». Poi suggerisce: «Il mio consiglio Meloni è semplice. Anziché preoccuparsi per la sconfitta, preoccupati di cambiare la riforma Casellati. Così non funziona. Non va. Se insiste su questa riforma che non sta in piedi e va al referendum, lo perde. E se lo perde va a casa». L’ex premier e sindaco di Firenze conclude: «Potrà andare a casa come ha fatto Renzi o potrà andare a casa come ha fatto Cameron. Ma comunque andrà a casa. Perché quando un Governo perde un referendum, diventa una sfiducia politica del Paese al Governo. E politicamente parlando non basta avere la fiducia del Parlamento. O la va o la spacca? La spacca, Giorgia, la spacca». Dello stesso avviso anche il Pd per bocca di Alfredo D’Attorre, responsabile Università della segreteria nazionale, secondo il quale la premier in 48 ore ha cambiato velocemente idea sulla madre di tutte le riforme: «L’aspetto più preoccupante è la conferma di un atteggiamento strumentale e di sostanziale estraneità rispetto all’impianto di fondo della Costituzione repubblicana, considerato come qualcosa di meno rilevante della durata del suo governo». Stesso pensiero del segretario di Più Europa, Riccardo Magi: «Per noi non ci sono dubbi: se questa forma di premierato arriverà a referendum e sarà bocciato dai cittadini, Giorgia Meloni non avrà alternativa alle dimissioni. Altro che “me ne frego“».

Un consiglio alla Meloni sul referendum da un esperto della materia.

Un consiglio alla Meloni sul referendum da un esperto della materia. Se Giorgia Meloni perderà il referendum costituzionale dovrà andare a casa. Comunque.
Lei sembra confusa.
Ieri dice: o la va o la spacca
Oggi dice: se perdo non mi dimetto, chissenefrega
Non è così, cara Presidente
.

I Referendum su progetti proposti dal Governo portano comunque alle dimissioni del primo ministro, in tutto il mondo. Che il premier voglia o no.
Anche David Cameron nel 2016 disse che non si sarebbe dimesso in caso di sconfitta ma fu costretto a lasciare Downing Street appena furono ufficiali i dati della Brexit.
Il mio consiglio alla Meloni è semplice: anziché preoccuparsi per la sconfitta, preoccupati di cambiare la riforma Casellati.
Così non funziona. Non va.
Se insiste su questa riforma che non sta in piedi e va al referendum, lo perde. E se lo perde va a casa.
Potrà andare a casa come ha fatto Renzi o potrà andare a casa come ha fatto Cameron. Ma comunque andrà a casa. Perché quando un Governo perde un referendum, diventa una sfiducia politica del Paese al Governo. E politicamente parlando non basta avere la fiducia del Parlamento.
O la va o la spacca? La spacca, Giorgia, la spacca.

Lei non immaginava cosa comporta dover fare il Presidente del consiglio . LEI! Gli obiettivi che si era prefissi li aveva già raggiunti tutti cioè vivere bene per il resto della sua vita. Quindi ritornare a fare la semplice parlamentare non sarà un problema. Questo per lei significa:” o la va o la spacca”.

Un consiglio alla Meloni sul referendum da un esperto della materia.

Un consiglio alla Meloni sul referendum da un esperto della materia. Se Giorgia Meloni perderà il referendum costituzionale dovrà andare a casa. Comunque.
Lei sembra confusa.
Ieri dice: o la va o la spacca
Oggi dice: se perdo non mi dimetto, chissenefrega
Non è così, cara Presidente
I Referendum su progetti proposti dal Governo portano comunque alle dimissioni del primo ministro, in tutto il mondo. Che il premier voglia o no.
Anche David Cameron nel 2016 disse che non si sarebbe dimesso in caso di sconfitta ma fu costretto a lasciare Downing Street appena furono ufficiali i dati della Brexit.
Il mio consiglio alla Meloni è semplice: anziché preoccuparsi per la sconfitta, preoccupati di cambiare la riforma Casellati.
Così non funziona. Non va.
Se insiste su questa riforma che non sta in piedi e va al referendum, lo perde. E se lo perde va a casa.
Potrà andare a casa come ha fatto Renzi o potrà andare a casa come ha fatto Cameron. Ma comunque andrà a casa. Perché quando un Governo perde un referendum, diventa una sfiducia politica del Paese al Governo. E politicamente parlando non basta avere la fiducia del Parlamento.
O la va o la spacca? La spacca, Giorgia, la spacca.

Caso Giannini, le scuse di Piantedosi per la notifica all’alba

Caso Giannini, le scuse di Piantedosi per la notifica all’alba. Interrogazione di Azione per il governo. “Un’intimidazione in spregio alla presunzione di innocenza”, per Costa, responsabile Giustizia del partito di Calenda, che ricorda che per gli “atti a sorpresa” come le perquisizioni vige la regola di eseguirli tra le 7 e le 20. “Sorprendente“ la visita dei poliziotti in hotel alle 4 di notte.

Alle quattro di notte, in un albergo di Milano, i poliziotti bussano alla porta di Massimo Giannini, editorialista di Repubblica. Per notificargli una querela. Non era mai accaduto. Giannini lo racconta a Otto e mezzo, ospite di Lilli Gruber.

Da quello che leggo il questurino Piantedosi si è scusato con Massimo Giannini. Sono curioso di sapere se il questurino si è scusato con tutti quei cittadini che spesso, troppo spesso, sono purtroppo oggetto di veri SOPRUSI da parte dei poliziotti. Credere che quanto occorso a Giannini sia un caso isolato significa essere fuori dal mondo e credere alle favole. Giannini ha avuto la possibilità di denunciare in TV quanto accaduto , tutti gli altri che non hanno questa possibilità sono costretti a subire i soprusi e tacere. Oggi è toccato a lui. Vediamo chi sarà il prossimo che critica il governo ad essere intimidito. Ma chi è il carrierista nelle forze dell’ordine che si mette al gioco con tanta efficienza a consegne così schifose emanate sicuramente dall’alto sempre nell’italico stile dell’ossequio al potente di turno, soprattutto se di destra decisionista della “o la va o la spacca”? Il questurino ammesso che sia un vero ministro provveda a mettere un freno e punire con provvedimenti adeguati i responsabili?   A questo governo critiche e dissenso danno fastidio (nel mio piccolo ne so qualcosa con il mio BLOG bloccato nel web un giorno si e pure l’altro). Evidentemente la corsa ad occupare tutte le poltrone in tutti i ruoli apicali dello stato (senza che a tale bramosia corrispondano capacità) non gli è sufficiente. Interessante poi l’immagine esibita dal nostro attuale primo ministro: sempre arrabbiata con qualcuno con gli occhi fuori dalle orbite, sempre in preda alla sindrome del complotto contro di lei e del suo operato. Non se ne può letteralmente più di questo clima e di simile genia alla ribalta. E: Questo episodio è di una gravità incredibile. Per i comuni mortali la polizia si scomoda solo dopo che ci scappa il morto, qui parliamo di un’imboscata alle 4 di notte. Qualcuno li ha mandati dandogli precise istruzioni.…questi sono veri e propri atti intimidatori …della serie colpisci uno per educarne cento …che vergogna …La mia impressione è che ogni volta si veda dove si può arrivare nel restringere i diritti e la libertà dei cittadini. Poi quando scattano le critiche con richiesta di spiegazioni, il Ministro dell’interno minimizza e si scusa. Restiamo vigili. Solidarietà a Giannini pur non piacendomi come giornalista (TROPPO DI PARTE). MA TENIAMO GLI OCCHI APERTI. E cerchiamo di trasformare l’incresciosa vicenda in un “attentato” alla democrazia e alla dignità personale di un giornalista. Perché non vorrei che, a forza di gridare “al lupo, al lupo”, non trovassimo parole il giorno che il lupo veramente dovesse arrivare. Giannini assaggia un po’ di quello che succede ai comuni mortali. Sono 75 anni, da quanto c’è la Repubblica, che il cittadino italiano subisce abusi di ogni tipo. Gli apparati dello Stato, la burocrazia, la magistratura lo vessano, lo sottopongono a errori, a inutili controlli e indagini che durano decine di anni, lo mettono in galera in attesa di giudizio, lo rovinano economicamente e moralmente. E i giornalisti pubblicano sadicamente le intercettazioni, si inventano storie e lo sbattono in prima pagina togliendogli onore e dignità. NON PARLO A CASO ! DUE ESEMPI CHE CONOSCONO TUTTI ! IL CASO TORTORA E QUELLO DI RENZI. E nessuno paga. Meloni e Piantedosi risponderanno con impudenti scalate di specchi, ma il fatto rimane. Ci sono tentativi crescenti d’intimidazione che nel caso Giannini hanno risonanza e suscitano sdegno, ma quanti non hanno il suo potere mediatico?

I POST DI bezzifer.altervista.org DEL 26/5/2024.DI TUTTO DI PIU SENZA PELI SULLA LINGUA E SENZA FAKE

https://bezzifer.altervista.org

Renzi: «redditometro misura illiberale»

Matteo Renzi, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha espresso la sua opinione sulla questione del redditometro, definendo l’approccio del governo Meloni come un errore di un governo mediocreNel 2010, quando la premier era ministra del governo Berlusconi, fu introdotta nel redditometro la spesa media IstatRenzi ha criticato il redditometro come una misura illiberale e statalista che vessa inutilmente i contribuentiTuttavia, è importante notare che il redditometro è uno strumento controverso, utilizzato per presumere il reddito reale di un contribuente a partire da alcuni indicatori, ma che si scontra con evidenti limiti imposti dalle norme sulla privacy. La discussione su questo strumento fiscale continua a essere oggetto di dibattito politico.

Il governo Renzi non ha introdotto il redditometro e il fatto che Meloni menta in un comunicato ufficiale è di rara gravità. Nel 2010, quando la premier era ministra del governo Berlusconi, fu introdotta nel redditometro la spesa media Istat. Una misura illiberale, basata su semplici presunzioni di spesa, che costringeva il cittadino all’onore della prova. Misura inefficace nel recupero del gettito fiscale e inutilmente vessatoria. Per questo il mio governo cancellò le medie Istat nel 2015, medie che il governo Meloni voleva reintrodurre. Si dipingono come conservatori e liberali ma sono i peggiori statalisti.

 Il redditometro è l’ennesimo errore di un governo mediocre. Lo afferma il leader di Italia viva Matteo Renzi in una intervista a “Il Corriere della Sera”. “C’è un problema di metodo e merito: nel metodo nessuno a Chigi e al Mef si è accorto del pasticcio del decreto e questo la dice lunga sul funzionamento della macchina di Giorgia Meloni, a cominciare dal ruolo del sottosegretario Mantovano”, aggiunge Renzi, secondo cui nel merito, con una sola mossa Meloni ha sconfessato decenni di battaglia per un fisco amico e, come se non bastasse, ha pure mentito dicendo che era colpa del governo Renzi. “Pensavo fosse Giorgia e invece era Pinocchio. Con il nostro governo noi eliminammo dal redditometro la media spese Istat, il meccanismo diabolico che il governo Meloni voleva reintrodurre. Una misura illiberale e statalista che vessa inutilmente i contribuenti. Il governo, in confusione, dovrebbe abbassare le tasse e invece aumenta la burocrazia”, dichiara Renzi. COME NON DARTI RAGIONE RENZI .

Il video che lo mostra è stato ripreso anche da molti giornali come se fosse di pochi giorni fa, senza nessuna verifica.

Il pestaggio a Brescia su cui fa polemica Salvini è di due anni fa

Matteo Salvini. «Vigliacchi senza vergogna», ha commentato. «Vigliacchi senza vergogna» Più o meno quello che si potrebbe dire dei comunicatori social della Lega. Ma da questo sciacallo? Vi aspettate che dica “ops, scusate”? Poi, qualcuno gli spieghi che la Pubblica Sicurezza (tramite l’amabile ministro Piantedosi) è roba sua. Da un bel po’. Aggiungo, post usato contro la sindaca di Brescia, eletta al primo turno l’anno scorso. Si vede che i bresciani l’emergenza baby gang non la vedono proprio. Un sulla faccenda mi fa sapere! Certo che vivete veramente in un paese di dinosauri la cui testa serve solo a separare le orecchie.
Per fortuna la mia mamma scappò dall’Italia fascista e venne a vivere in Svizzera; non la ringrazierò mai abbastanza (RIP). Pure qui abbiamo qualche “salviniano o salvinista?” purtroppo. Ma col nostro sistema elettorale e di governo uno cosi lo avrebbero già cacciato a calci. Che aspettate a prendere i forconi o qualsiasi oggetto contundente e entrare di forza nel palazzo che non so come si chiama? COME NON DARLE RAGIONE.

Il pestaggio a Brescia su cui fa polemica Salvini è di due anni fa. Il video che lo mostra è stato ripreso anche da molti giornali come se fosse di pochi giorni fa, senza nessuna verifica.

Negli ultimi giorni a Brescia si è discusso molto di un video che mostra alcuni ragazzi prendere a calci e pugni un rider in piazza Vittoria, nel centro della città. Il video è stato pubblicato mercoledì nel gruppo Telegram di Welcome to Favelas, una pagina Instagram che riceve e rilancia segnalazioni di furti, rapine, piccoli incidenti o degrado urbano, ma la polemica è stata alimentata soprattutto da un post di Fabio Rolfi, esponente della Lega candidato a sindaco dalla destra alle elezioni vinte lo scorso anno da Laura Castelletti, del centrosinistra.

Mercoledì Rolfi ha diffuso il video per criticare l’amministrazione comunale sul tema della sicurezza in città. «Ieri sera in piazza Vittoria ennesima accesa discussione in merito a chi avrà l’onore di pagarci le pensioni», ha scritto ironicamente Rolfi. Il video è stato poi rilanciato dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini. «Vigliacchi senza vergogna», ha commentato. «Qui, oltre alle pene più dure per le baby gang, come previsto dalla legge voluta dalla Lega, servirebbe una bella lezione da parte di mamme e papà. Ma dove sono i genitori di questi teppisti?»

Sia il video che i post degli esponenti della Lega sono stati pubblicati da molti giornali locali e nazionali, evidentemente senza verificare l’accaduto con le forze dell’ordine. Il video, infatti, mostra un episodio avvenuto quasi due anni fa, nel luglio del 2022. Questo particolare non trascurabile è emerso durante una riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, una riunione a cui partecipano rappresentanti della questura, della prefettura e del comune. Durante la riunione è stato chiesto alle forze dell’ordine di capire se nell’ultima settimana fossero state fatte denunce, esposti o semplici chiamate di emergenza.

In seguito a una verifica nell’archivio della polizia, i cui risultati sono stati poi comunicati durante la riunione, per il pestaggio mostrato nel video furono fermati due ragazzi minorenni e uno maggiorenne, che al momento si trova in carcere. I tre responsabili dell’aggressione furono individuati nel 2022 grazie alle immagini registrate dalle telecamere installate in centro. Il video diffuso negli ultimi giorni, tuttavia, non era mai stato pubblicato e non è chiaro chi lo abbia inviato alla pagina Welcome to Favelas. Venerdì Fabio Rolfi ha modificato il suo post togliendo il riferimento temporale a “ieri sera”, senza però cancellarlo.

Negli ultimi anni sia in piazza Vittoria che in altre strade del centro di Brescia ci sono stati diversi episodi di violenza e risse che hanno coinvolto ragazzi minorenni, molti dei quali di origine straniera. È un fenomeno che non riguarda solo Brescia, ma molte altre città italiane. Negli ultimi mesi l’amministrazione comunale ha promosso un progetto di coordinamento tra gli assessorati alle Politiche giovanili, allo Sviluppo economico, alla Sicurezza e allo Sport per cercare di coinvolgere i giovani che frequentano piazza Vittoria in attività che li tengano lontani dalla piccola criminalità, come la musica, lo sport, il teatro.

Decreto salva-casa. “E’ un condono mascherato”

Cosa si potrà sanare e quanto costerà: le tempistiche e il silenzio assenso. Verande, tende soppalchi, gradini, grondaie, finestre, pareti e porte interne: via libera al decreto sulla semplificazione edilizia e urbanistica voluto da Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il Consiglio dei ministri del Governo Meloni ha approvato nella mattinata di venerdì 24 maggio il decreto legge salva-casa che ha fatto tanto discutere nei giorni scorsi con il leader della Lega, chiamato all’ordine dall’Esecutivo, che offre le dovute precisazioni. Quello approvato oggi non è un “condono” ha precisato Salvini, ma “ci sono interventi su piccole irregolarità che riguardano la vita di tutti giorni”. “Non è un condono perché se uno si è fatto 3 piani in più o una villa con piscina in riva al mare la risposta è l’abbattimento, ma se uno sta impazzendo per 30 centimetri di difformità in un appartamento di 100 metri quadri approvato il decreto liberiamo le case di milioni di italiani”, ha spiegato Salvini. Il decreto è stato approvato per “fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, supportando, al contempo, gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo” si legge nella nota del Consiglio dei ministri. Quali opere si potranno sanare: Edilizia libera – Sono da ora considerate in edilizia libera le vetrate panoramiche amovibili (le cosiddette Vepa), anche per i porticati rientranti all’interno dell’edificio. Le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, anche a pergola, addossate o annesse agli immobili, purché non determino spazi stabilmente chiusi. Tolleranze costruttive – Sono considerate tolleranze costruttive gli interventi, realizzati entro il 24 maggio 2024. Restano del 2% per una superficie superiore a 500 metri quadri, passano al 3% per una superficie tra i 300 e 500 metri quadri, al 4% per una superficie tra i 100 e 300 metri quadri e al 5% sotto i 100 metri quadri. Tolleranze esecutive – Per tolleranza esecutiva si intendono le irregolarità geometriche, le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, la diversa collocazione di impianti e opere interne. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 sono incluse, ad esempio, tra le tolleranze esecutive: il minor dimensionamento dell’edificio; la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali; le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni; la difforme ubicazione delle aperture interne, la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria. Accertamento di conformità – Finora l’accertamento di conformità poteva essere chiesto solo quando veniva dimostrata la “doppia conformità”. Ossia, l’opera doveva essere conforme alla normativa edilizia e urbanistica vigente sia al momento della realizzazione, sia al momento della presentazione dell’istanza. Il decreto salva-casa semplifica la normativa, richiedendo la doppia conformità solo nei casi più gravi. Le tempistiche e il silenzio assenso: I tempi – Si supera il ‘silenzio rigetto’ e si introduce il ‘silenzio assenso’. Significa che se l’amministrazione non risponde, entro i seguenti termini, l’istanza si considera accettata. In particolare: se il permesso è in sanatoria devono rispondere in 45 giorni; per la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), invece, devono rispondere entro 30 giorni. A queste tempistiche, per immobili soggetti a vincolo paesaggistico, si aggiungono fino a 180 giorni. “Per la pubblica amministrazione passiamo dal silenzio-rigetto al silenzio-assenso”, spiega Salvini. “Si liberano i comuni da valanghe di pratiche, sono stimate in 4 milioni, il comune incassa, il cittadino paga e rientra in possesso del suo bene. Può vendere”, aggiunge il ministro, ribadendo che “non è un condono sull’esterno” ma una “grande opera di semplificazione e sburocratizzazione”. Stato legittimo dell’immobile – Il salva-casa riduce gli oneri amministrativi per i cittadini: per dimostrare lo stato legittimo sarà sufficiente presentare il titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio, anche in sanatoria. Ne deriva quindi che le parziali difformità che saranno sanate contribuiranno a dimostrare lo stato legittimo di un immobile. Mutamento destinazione d’uso – Col salva-casa viene semplificato il cambio di destinazione d’uso di singole unità immobiliari. All’interno della stessa categoria funzionale, il mutamento della destinazione d’uso sarà sempre ammesso. Tra diverse categorie funzionali, il mutamento della destinazione d’uso sarà ammesso limitatamente alle categorie residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale, in ogni caso, all’interno delle zone: centro storico, residenziali consolidate, residenziali in espansione. Sono escluse dalle semplificazioni le unità immobiliari al primo piano fuori terra. Le richieste allo sportello unico edilizia. Se non è possibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento il testo prevede che il professionista possa attestarlo, assumendosene la responsabilità. Se l’intervento ricade in zone a vincolo paesaggistico, sarà necessario un parere vincolante dell’autorità competente, che deve pronunciarsi entro 180 giorni, previo parere della Sovrintendenza entro 90 giorni. Se i pareri non arrivano entro il termine «il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente». I costi per sanare i mini-abusi Quanto ai costi per sanare i mini-abusi, nella relazione illustrativa al decreto si legge che “il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività, in sanatoria sono subordinati al pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, e comunque in misura compresa tra 1.032 euro e 30.987 euro”. In questo range rientrano gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività che risultino conformi alla disciplina edilizia e urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda». Salva-casa, le polemiche di opposizione e Legambiente. In quest’ottica arrivano polemiche da parte dell’opposizione. “Siamo di fronte a un provvedimento molto ambiguo che può portare a veri e propri abusi. Un decreto apparentemente piccolo piccolo che tuttavia può essere un veicolo per operazioni di condono molto dannose”, commenta Pierfrancesco Majorino, responsabile Diritto alla casa nella segreteria Pd. Per Angelo Bonelli (Alleanza Verdi-Sinistra) “il piano salva casa di Salvini consentirà la desertificazione abitativa dei centri storici grazie alla norma che prevede la modifica della destinazione d’uso degli immobili nelle zone territoriali omogenee di tipo A, B e C”. Per Legambiente, il salva-casa “è un provvedimento sbagliato, che richiede modifiche profonde, perché rischia di essere un condono mascherato. Viene cancellata la clausola della doppia conformità, con nuove possibilità di sanatoria, è un colpo di spugna sulle sanzioni per le violazioni superiori al 2%, vengono ricalcolate al ribasso le sanzioni pecuniarie”, denuncia Legambiente. Rispetto al “silenzio assenso”, per Legambiente  “nessun comune sarà mai in grado di esaminare una pratica di sanatoria entro i 45 giorni stabiliti”.

MA E’ CONDONO O NO?

CARO UMBERTO. Trascurando i vaneggiamenti di gente che passa la vita a scassare i cabasisi, sono molto d’accordo sul tuo post. Ogni tanto anche gli attuali governanti propongono qualcosa di giusto e dobbiamo riconoscerlo anche se loro non ci piacciono ,come pure dobbiamo sottolineare l’insistenza della Elly e di conte nel dire no a prescindere. Tu sei eccezionale nel sottolineare cosa è bene e possiamo farlo e cosa è solo stupida e inutile propaganda. GRAZIE di esserci e di sottolineare sempre ciò che è bene per gli Italiani e ciò che è solo sterile polemica elettorale.

MA E’ CONDONO O NO?
La credibilità politica non si guadagna criticando solo gli avversari, ma anche riconoscendo una cosa fatta bene da qualcuno di loro.
Si fa un gran parlare del, così detto, “piano casa” approvato con decreto dal governo. Schlein, Conte e gli ambientalisti per caso dicono che si tratta di un ennesimo condono edilizio. E dietro di loro la processione dei fieri oppositori a chiacchiere.
In realtà non si tratta di alcun condono edilizio ma della possibilità di sanare una miriade di piccole e piccolissime difformità, molte vecchie di decenni. Alcune perfino sconosciute ai proprietari perché il costruttore, magari cinquanta anni fa, aprì una porta, divise in due un salone, realizzò un soppalco e vendette l’appartamento trascurando di avvertire di questo il compratore. Difformità che non alterano comunque le superfici e i volumi dei fabbricati, quindi senza alcun rilievo negativo rispetto al “peso” urbanistico esistente.
In Italia ci sono centinaia di migliaia di pratiche di questo genere che intasano gli uffici comunali perché, nonostante la lieve entità della difformità, queste pratiche seguono la stessa procedura prevista dal condono per un palazzo di dieci piani, per dire.
Solo a Roma si tratta di decine e decine di migliaia di fascicoli, con spreco di tempo, di risorse umane, di mancati introiti per il Comune a causa dei ritardi da intasamento degli uffici. E nelle pieghe dei ritardi burocratici spesso si annida il morbo.
Succede che se oggi vuoi vendere un appartamento non solo devi dimostrare che è in regola con le norme urbanistiche attuali, cosa giusta, ma devi dimostrare la sua, così detta, “doppia conformità”, cioè anche quella alle norme di quando l’appartamento fu realizzato, magari decenni fa. Una follia burocratica che è giusto eliminare, perché danneggia i cittadini senza dare alcun tornaconto al territorio e ai Comuni.
In Italia le abitazioni private sono oltre 14 milioni e più o meno ci abitano oltre 35 milioni di persone. Questo da il senso della follia del bonus 110% che ci ha caricato sulle spalle 200 miliardi di debito pubblico per occuparsi solo del 4% di quegli alloggi. Praticamente azzerato il vantaggio delle risorse del PNRR. Ma quanto è bravo Conte però.
Spero che Salvini e la Lega perdano seccamente le elezioni europee, ma che dire della pessima eredità di Conte che, con Schlein, si straccia le vesti gridando al condono?
Salvini e Conte sono credibili come Dracula alla presidenza dell’Avis. Ma anche Schlein si faccia spiegare da qualcuno che le vuol bene che gridare continuamente al lupo al lupo, anche quando non è il caso, non fa che amplificare la sua mancanza di credibilità.
Capisco che in campagna elettorale non è bene elogiare gli avversari, ma allora taci su questo e parla d’altro. Per esempio dei problemi europei.
Già, i problemi europei e cosa andare a fare a Bruxelles. Fateci caso, non ne parla nessuno ad eccezione di Renzi, Bonino e dei candidati della lista Stati Uniti d’Europa. E poi Sclein, Conte, come Meloni e Calenda, se eletti, mica ci vanno a Bruxelles e a Strasburgo. 

COMBATTENTI CON LA VITA DEGLI ALTRI.

Queste parole evocano un senso di lotta e impegno nei confronti degli altri, come se ci fosse una battaglia costante per proteggere o migliorare la vita delle persone intorno a noi. Potrebbe essere interpretato in vari modi, ma sembra riflettere un forte senso di responsabilità e compassione.

COMBATTENTI CON LA VITA DEGLI ALTRI. I giovani occidentali che inneggiano ad Hamas, se rivendicassero a Gaza, o a Teheran, la libertà e i diritti civili dei quali godono qui, sarebbero impiccati sulla pubblica piazza tra gli applausi dei loro concittadini resi schiavi. Qui possono opporsi senza morire, perché sono protetti dalla democrazia che disprezzano.

SONO! Sono strumento inconsapevole della propaganda terroristica finanziata dal fondamentalismo islamico e dall’autocrazia russa. Ma sono ormai troppo cresciuti per essere giustificati per la loro mancanza di consapevolezza.

Ripetete con me, Meloni è bugiarda, Meloni è bugiarda, Meloni è bugiarda… facciamolo diventare virale.

Le accise fenomena….le accise…stiamo aspettando…anche il clic per i 1000 euro ai pensionati …su il tempo scorre , non puoi dare sempre la colpa agli altri, ormai ti manca da responsabilizzare babbo Natale e mago Zurlino per il fatto che non riesci a risolvere nulla. MA NON SODISFATTA DELLA PRESA PER IL CULO AL POPOLO ITALIANO LA Meloni lancia la sfida sul premierato: “O la va, o la spacca”. Schlein: “Il capo dello Stato non si tocca. E su Toti è il silenzio degli indecenti” PER FORTUNA IL POPOLO TRENTINO NON ABOCCA E VIENE CONTESTATA COME MERITA.PURTROPPO IL POPOLO TRNTINO NON E BOCCALONE: TANTI ALTRI ITALIANI LO SONO.

Botta e risposta al Festival dell’Economia a Trento. La premier incazzata nera per le contestazini si mette a sbraitare con la solita cattiveria indiavolata: “Ho sospeso il redditometro per vedere meglio la norma”. I CONTESTATOTI BASTA BALLE NON SEI IN GRADO DI GOVERNARE “Governo bugiardo e confuso”. E sull’inchiesta in Liguria: “Non dice una parola” ok:La PdC come al solito non degna i giornalisti di uno sguardo mentre viene sommersa dalla contestazione popolare. Il populismo non può essere alla base dell’azione di governo la verità prima o pi viene fuori. Ma, gli italiani si rendono conto che se continuano così, questi ci trascinano verso l’abisso più profondo, da cui non potremo più uscire? Ormai con gli ultimi casi di intimidazione (vedasi caso Giannini), isterina non ha più il controllo, o finge di non averlo, con una irresponsabilità degna del peggior politico di destra – destra. L’ultima intimidazione sul ponte di Salvini è seriamente preoccupante. E quello che mi preocupa di più! è che siamo completamente snobbati dal europa che conta,e portati in palmo di mano dalla feccia europea! e per sapere cosa ne persamo i media della sittuazione ITALIANA.Stavo cercando sulla stampa europea ( quella di rilievo ) notizie rilevanti circa la sittuazione Italia . Nulla. Mah!!! SOBBATI TOTALMENTE ! CAUSA LA MANCANZA DI FIDUCIA VERSO IL GOVERNO ITALIANO: ASPETTANDO LE ELEZIONI EUROPEE. GIORGIA NON SI GOVERNA CON: O LA VA….O LA SPACCA…..!!! Frase detta Giorgia grande bugiarda….!!! Nessuno statista capo di stato presidente dittatore nessuno ha mai avuto il coraggio di affrontare il problema in maniera così autorevole! Mi ricordo “guai ai vinti” di Brenno, ” il dado è tratto” di Cesare, “lacrime e sangue” di Churchill, ma nessuno ha mai sbarellato fino a dire “O la va o la spacca”! Praticamente governa come fa uno quando apre un attivita..o la va o la spacca..peccato che qui gli averi sono di tutti e non i suoi. Ci mancava solo; o la va o la spacca, per vedere la versione perfetta ed impeccabile di Cetto Laqualunque al genere femminile.Potrebbe tirare la monetina testa o croce . Come siamo messi poveri noi cari ITALIANI siamo governati da scrivi giorgia , o la va o la spacca , daremo la caccia agli scafisti sull’intero globo terracqueo ecc.Cosa farete tutti voi sostenitori della GIORGIA dopo la disfatta delle europee? Oltre che a consolarvi tra di voi? Mal comune, mezzo gaudio. Questo è vero. Meloni, ritengo che il Premierato (dopo probabile Referendum) possa essere il tracollo politico personale e della destra, causa la modifica della seconda parte della Costituzione. Se il “cavallo di battaglia” come lo chiama, dovesse inciampare e cadere, dovrebbe trarne le conseguenze e lasciare la carica di Premier, perchè quando si punta tutto su un cavallo dato per vincente, ma poi per un qualsiasi motivo questo cavallo non dovesse risultare tale, l’unica conseguenza da trarre è quella di lasciare la cattedra. E VOI Cialtroni MELONIANI siete al punto di dovervi rallegrare che tra il vostro capo del governo e Marine Le Pen ci siano punti in comune… Avevate punti in comune anche con i neonazisti tedeschi o quelli dell’Illinois, il KuKluxKlan, i lupi grigi, i bambini di satana..SIETE DEI PORELLI E HO DETTO TUTTO. VIVA STATI UNITI D’EUROPA CON ALLA GUIDA MARIO DRAGHI QUESTO E CIO CHE MI AUGURO PER AVERE UN FUTURO SERENO ! E LO AUGURO PURE A VOI TESTE BACATE E AHI VOSTRI FIGLI, IL POPLO ITALIANO NON MERITA LA RIEDIZIONE DEL VENTENIO MOSSULINIANO.

Bellanova“Vogliamo Draghi a capo della Commissione. Agricoltori? Le proteste sono giuste”

In vista delle elezioni europee, l’ex ministra Teresa Bellanova – candidata con la lista Stati Uniti d’Europa, parla del progetto di integrazione europea, dell’obiettivo di portare Mario Draghi alla Commissione Ue e delle proteste degli agricoltori.

Stati Uniti d’Europa non è solo il nome di una lista elettorale, né tantomeno di un sogno irraggiungibile: è un obiettivo concreto, da costruire. Lo dice in un’intervista con Fanpage.it Teresa Bellanova, esponente di Italia Viva e candidata alle prossime elezioni europee nella lista di Matteo Renzi ed Emma Bonino. L’ex ministra critica il disegno sovranista di una Europa delle Nazioni, affermando che porterebbe a un continente più diviso, frantumato negli interessi di parte e meno rilevante nel contesto globale. Non solo, chiarisce anche la sua posizione sulle proteste degli agricoltori e sul futuro che auspica per la transizione verde. È candidata con la lista Stati Uniti d’Europa: si tratta di un sogno, un’ambizione, o di un progetto concreto da costruire nei prossimi cinque anni? Siamo gli unici che nel simbolo non hanno un cognome, ma un sogno e una sfida culturale. Ma gli Stati Uniti d’Europa sono anche un progetto concreto, senza il quale condanniamo il nostro continente all’irrilevanza politica. A partire dalla politica estera, nella quale l’Europa non conta nulla, è del tutto assente. Non è una sfida facile. Non è un progetto che puoi costruire in pochi giorni. Ma un fatto è certo: o l’Europa cambia o è destinata all’irrilevanza. Sono elezioni fondamentali per il futuro dell’Europa, ma in Italia ce ne siamo accorti solo noi. Gli altri partiti vedono le elezioni europee come un sondaggio su stessi, tanto è vero che nessuno dei leader che si candidano, Meloni, Schlein, Tajani, Calenda, andrà a Strasburgo. Matteo Renzi lo farà e così tutti noi candidati nella lista Stati Uniti d’Europa se eletti. L’idea degli Stati Uniti d’Europa è quanto più distante ci possa essere da quella di Europa della Nazioni, sostenuta dalle forze politiche sovraniste, date in vantaggio nei sondaggi: quali sarebbero le conseguenze concrete di prendere quest’ultima strada? Avremmo una Europa ancora più divisa, ancora più legata agli interessi particolari e quindi ancora meno rilevante a livello internazionale. Matteo Salvini dice meno Europa: ma meno Europa vuol dire più Cina, più Europa vuol dire più Italia. La scelta di Giorgia Meloni di allearsi con Vox e con Orban e, in prospettiva, inseguire Marine Le Pen e la destra estrema europea fa un enorme danno al nostro Paese. L’Italia, per affrontare le sue sfide, avrebbe bisogno di fare sponda con gli altri Paesi fondatori. Per questo è importante che la nostra lista faccia un buon risultato: saremo determinanti nell’impedire che l’Europa cada in mano ai sovranisti. Lei è stata ministra dell’Agricoltura: qual è il suo punto di vista sulle proteste degli agricoltori? Hanno ragione? Il governo ha fatto scelte dissennate sul settore. Mentre gli agricoltori italiani affrontavano negli ultimi mesi: l’aumento delle materie prime, i gravi eventi metereologici che hanno interessato il Nord e il Sud del nostro Paese, l’ingresso del grano, del mais e dei semi di girasole provenienti dall’ Ucraina sui nostri mercati. E invece di gestire queste difficoltà e di sostenere il settore il governo sceglie di tagliare l’esonero Irpef voluto dal governo Renzi, che per il settore vale 248 milioni di euro, elimina la decontribuzione per i produttori under 40. Insomma hanno aumentato le tasse ai piccoli agricoltori, ai giovani che rappresentano il cambio generazionale nel settore. Certo, in parte sono tornati indietro, senza avere il coraggio di dire però che avevano sbagliato. Quanto alle proteste degli agricoltori europei, credo che abbiano avuto delle ragioni nel protestare contro il Green Deal agricolo, che va assolutamente rivisto. Fa però sorridere che i sovranisti sposino quella protesta: il commissario alla agricoltura è un conservatore, milita nello stesso gruppo europeo di Giorgia Meloni. La partita sull’ambiente è centrale in questa campagna elettorale: pensa che il progetto di transizione ecologica sia a rischio, se nella prossima legislatura europea si dovesse affermare una nuova maggioranza? E cosa comporterebbe questo? La maggioranza Giorgia non si farà e faremo di tutto per impedire che sia riconfermata Ursula Von der Leyen, la candidata di Forza Italia, noi vogliamo contribuire a portare Mario Draghi a capo della Commissione. Per quanto riguarda l’ambiente, noi pensiamo che si debba andare verso una transizione sostenibile non solo per l’ambiente ma anche per i posti di lavoro. Fra chi nega il cambiamento climatico e chi sposa l’ambientalismo ideologico, noi assumiamo una posizione ragionevole. Il Green Deal ha fallito: rischia d