Il tunnel della Manica, trent'anni dopo
L'anniversario

Il tunnel della Manica, trent'anni dopo

Il 6 maggio del 1994, alla presenza di Elisabetta II e del presidente francese François Mitterrand, venne inaugurato il collegamento sottomarino fra la Francia e il Regno Unito
©YOAN VALAT
Red. Online
06.05.2024 16:45

Certo, il servizio passeggeri sarebbe cominciato (solo) a novembre. Il 14, per la precisione. Ma l'inaugurazione vera e propria, alla presenza del presidente francese François Mitterrand e di Elisabetta II, avvenne esattamente trent'anni fa. Il 6 maggio del 1994, sì. Parliamo, lo avrete intuito forse, del tunnel della Manica. All'improvviso, il Regno Unito non era più un'isola. O, se preferite, non soltanto un'isola. Poteva vantare un collegamento, via treno, con il resto dell'Europa. In tre decenni, quasi mezzo miliardo di persone ha utilizzato il servizio, come sottolinea il Telegraph. Avvicinando, e non poco, Londra a Parigi ma anche ad altre città del continente. Come Amsterdam. Perché, però, oggi i treni che circolano sotto il mare sembrano faticare a farsi apprezzare dai viaggiatori o, meglio, rischiano di subire pesantemente la nuova realtà europea, con il Regno Unito uscito definitivamente dall'Unione? Bella domanda.

Da Napoleone a Churchill

L'idea di un tunnel sotto la Manica venne a un ingegnere francese, Albert Mathieu-Favier. Nel 1802, presentò alcuni progetti a Napoleone Bonaparte. Il tunnel, scrive sempre il Telegraph, sarebbe stato illuminato da lampade a olio. Con carrozze trainate da cavalli che avrebbero trasportato i passeggeri tra i due Paesi. L'idea suscitò reazioni contrastanti, soprattutto nel Regno Unito. Un generale dell'esercito britannico, ad esempio, disse che un tunnel del genere avrebbe «aperto una strada all'invasore verso l'Inghilterra». Per contro, alla regina Vittoria – complice il mal di mare di cui, pare, soffriva – non disdegnava affatto una via sotto la Manica. 

Tant'è che i britannici, nel corso del XIX secolo, sondarono la fattibilità di un'opera di questo tipo. Nel 1875, ancora, un atto parlamentare autorizzò la Channel Tunnel Company a effettuare alcuni test. Gli ingegneri riuscirono a scavare dei buchi a Folkestone, senza tuttavia riuscire a raggiungere la costa di Calais. La tecnologia dell'epoca, d'altro canto, rappresentava un ostacolo di non poco conto, nonostante a metà Ottocento venne inaugurato un tunnel sotto al Tamigi. 

Il secolo successivo, scese in campo nientepopodimeno che Winston Churchill. Il quale, nel 1936, scrisse un saggio per il Daily Mail al grido «perché non un tunnel sotto la Manica?». La minaccia della Germania nazista e lo spettro della guerra, tuttavia, impedirono qualsiasi tipo di progresso. 

I lavori e l'apertura

L'idea di collegare l'Inghilterra alla Francia tramite tunnel riemerse, è proprio il caso di dirlo, nel 1979. Grazie al governo conservatore di Margaret Thatcher. Certo, la stessa Thatcher sognava di attraversare la Manica in automobile. O attraverso un tunnel o sopra un ponte. Ipotesi, queste, in seguito scartate a favore di un collegamento ferroviario. Fedele alla sua politica, la Iron Lady spinse affinché il governo non finanziasse il progetto. Elaborando, di riflesso, un piano con gli omologhi francesi per un tunnel finanziato privatamente. Un tunnel a tre, diciamo, con una canna destinata al trasporto di merci e veicoli su rotaia, un'altra riservata ai treni passeggeri e, infine, un tunnel di servizio. 

I lavori cominciarono nel 1987, mentre nel dicembre del 1990 gli operai e gli ingegneri dei due Paesi si strinsero la mano nelle profondità del fondale marino, dopo aver scavato gli ultimi metri e aver abbattuto l'ultimo diaframma. Un momento storico, e iconico, ripreso dalle televisioni. Nel 1994, dopo aver speso 4,65 miliardi di sterline, il tunnel fu aperto. 

Covid e Brexit, la tempesta perfetta

Alla fine degli anni Ottanta, quando le agenzie di viaggio iniziavano a pensare a come sarebbe stato il servizio passeggeri all'interno del tunnel, esperti e analisti concordavano nell'affermare che il treno avrebbe permesso ai britannici di raggiungere più o meno ogni capitale europea in tempi brevi. E viceversa. Alcuni di questi collegamenti, in effetti, si sono concretizzati. Molti altri, invece, no. Da Londra, per dire, oggi è possibile viaggiare direttamente a Parigi, Lilla, Bruxelles, Rotterdam e Amsterdam. Un'offerta ridotta, e non di poco, considerando che fino a poco tempo fa i viaggiatori potevano raggiungere anche Lione, Avignone, Marsiglia e perfino alcune località sciistiche francesi. Il motivo di questi tagli? Secondo il Telegraph il COVID c'entra soltanto in parte. Il grosso, semmai, è legato all'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea e alla reintroduzione dei controlli alla frontiera. 

La stazione londinese di St. Pancras, come ha spiegato il blogger Mark Smith, interrogato dal quotidiano britannico, non è stata progettata per i controlli dei passaporti. «La situazione attuale si ripercuote anche sulla quantità di posti venduti da Eurostar» ha aggiunto Smith, riferendosi alla società che effettua il servizio passeggeri sulla tratta. «Stanno limitando le partenze e addirittura non vendono alcuni posti su alcuni treni perché non hanno la capacità di gestire tutti i passeggeri. Questo significa treni sempre esauriti e tariffe più alte».

Il futuro e la concorrenza

E il futuro, come sarà? Sia Eurostar sia LeShuttle, il servizio che permette di caricare la propria auto sul treno, dovranno appunto affrontare nell'immediato importanti, se non importantissimi aggiornamenti su frontiere e sicurezza. Secondo le autorità, il tempo medio di "trattamento" di un'auto che dal Regno Unito intende andare in Francia passerà da meno di un minuto a sette. Eurostar e LeShuttle non a caso stanno ridisegnando i loro terminal per prepararsi alle novità. 

Ma il grande, grosso punto di domanda è rappresentato dalla concorrenza, pronta a rivaleggiare con gli attuali operatori. La start-up spagnola Evolyn confida di poter iniziare a offrire collegamenti dal Regno Unito entro la fine del decennio, mentre l'olandese Heuro e Richard Branson – quello di Virgin, per intenderci – da tempo hanno messo gli occhi sulla linea. Nick Trend, giornalista del Telegraph, ritiene che l'ingresso di nuovi attori potrebbe ridare slancio al tunnel: «Trent'anni sono davvero un periodo troppo lungo per operare senza concorrenza».

Nonostante le sfide e le difficoltà, il tunnel sotto la Manica rimane un'impresa ingegneristica (quasi) senza precedenti. È, a oggi, il tunnel ferroviario sottomarino più lungo del mondo. Di più, ha trasformato il modo in cui pensiamo ai viaggi in Europa. Nessuno batte ciglio nel vedere Parigi o Bruxelles sul tabellone delle partenze di St Pancras International, o nel guidare la propria auto per un weekend nel nord della Francia. E viceversa, come detto. Altri hanno tratto ispirazione dall'esperienza franco-britannica: proprio questa settimana, infatti, sono emersi nuovi progetti per un tunnel tra Spagna e Marocco, le isole Fær Øer hanno costruito un tunnel tra le loro isole e persino alcune isole scozzesi stanno valutando l'idea di collegamenti sottomarini.

Non finisce qui: gli esperti confidano che l'avanzare delle tecnologie e l'adattamento delle stazioni, St. Pancras compresa, nonostante tutto, riusciranno ad attutire il peso della reintroduzione dei controlli alle frontiere. E poi, beh, il tunnel della Manica rimarrà vitale per tutta quella fascia di popolazione – sempre più ampia – desiderosa di abbandonare l'aereo per limitare le emissioni di CO2 e lottare contro il cambiamento climatico. Per dirla con il Telegraph, c'è ancora luce alla fine del tunnel. 

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