Casa in comproprietà: spetta il diritto di abitazione al coniuge superstite?
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Casa in comproprietà: spetta il diritto di abitazione al coniuge superstite?

13 Maggio 2024 | Autore:
Casa in comproprietà: spetta il diritto di abitazione al coniuge superstite?

Come funziona il diritto di abitazione e come mandare via di casa il coniuge superstite.

In caso di decesso del proprietario di un’abitazione, il coniuge ha il diritto di continuare a vivere in tale immobile a patto che questo fosse, all’epoca, adibito a dimora di entrambi (la cosiddetta “casa coniugale”). Tale diritto – noto come diritto di abitazione – non spetta sugli immobili che, al momento della morte del proprietario, erano utilizzati per altri scopi (ad esempio uso investimento, uffici, casa vacanza, ecc.). Sorge a questo punto un dubbio: se la casa era in comproprietà, spetta il diritto di abitazione al coniuge superstite?

Per rispondere a tale quesito dobbiamo distinguere due diverse ipotesi:

  • il comproprietario era il coniuge superstite (si pensi a marito e moglie in comunione dei beni o, comunque, acquirenti per quote distinte dello stesso bene);
  • il comproprietario era un terzo soggetto (ad esempio il fratello o la sorella del coniuge deceduto).

Prima però di affrontare questo discorso è necessario fare alcuni importanti chiarimenti sul diritto di abitazione.

A chi spetta il diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione, previsto all’articolo 540 cod. civ., spetta solo al coniuge superstite. Non è concesso ai figli del defunto, né al coniuge separato ma non ancora divorziato.

Esso compete anche in caso di rinuncia all’eredità da parte del coniuge superstite. Difatti si tratta di un diritto personale, che prescinde dalla qualità di erede. Gli eredi subentrati nella proprietà dell’immobile dovranno, quindi, tollerare la presenza del soggetto in questione all’interno dell’abitazione.

Tale diritto spetta anche al convivente per un periodo pari alla durata della convivenza e, comunque, non inferiore a due anni e non superiore a tre anni. Ad esempio, se la convivenza è durata tre anni, il diritto di abitazione sarà di pari durata. Se la convivenza è cessata dopo solo un anno, esso sarà pari a due anni. Nel caso in cui la convivenza si sia prolungata per dieci anni o più, il diritto spetterà solo per cinque anni.

Per quanto tempo dura il diritto di abitazione

Il diritto di abitazione dura vita natural durante, ossia finché il beneficiario non muore. Né, per tale uso, quest’ultimo è tenuto a corrispondere alcun canone o indennità agli eventuali eredi succeduti nella proprietà del bene.

L’eventuale vendita della casa su cui viene esercitato il diritto di abitazione non pregiudica il diritto stesso. Pertanto, chi acquista dovrà tollerare la presenza del coniuge superstite.

Il diritto di abitazione cessa se il coniuge superstite decide di andare a vivere stabilmente altrove.

Anche un eventuale pignoramento e aggiudicazione all’asta non potrà risolversi in un pregiudizio per il coniuge superstite, che potrà continuare a esercitare il proprio diritto fino alla morte.

Che succede all’arredo della casa?

Il diritto di abitazione non si estende solo alle “mura” della casa familiare ma a tutto il suo arredo presente al momento del decesso, con esclusione solo dei beni di valore non essenziali all’abitazione (ad esempio quadri pregiati, che potranno essere divisi tra gli eredi).

Come togliere il diritto di abitazione?

Come anticipato, l’unico modo per togliere il diritto di abitazione al coniuge superstite è sperare che questi vada a vivere altrove. Oppure trovare un accordo con un apposito contratto.

Gli eredi non possono surrogare il diritto di abitazione con altri elementi patrimoniali lasciati dal defunto senza la volontà del superstite.

Infine, come detto in apertura, il diritto di abitazione spetta solo sulla casa familiare, quella cioè ove – prima della morte – si svolgeva prevalentemente la vita del defunto e del proprio coniuge. Non è quindi possibile rivendicare tale diritto su un altro immobile, salvo diverso patto con i coeredi.

Che succede se la casa era in comproprietà col coniuge superstite?

Se la casa familiare era in comunione o in comproprietà col coniuge superstite, il diritto di abitazione è fatto ovviamente salvo. Con l’unica differenza che cadrà in successione solo il 50% della proprietà dell’immobile, mentre l’altra metà resta di proprietà esclusiva del coniuge ancora in vita.

Che succede se la casa era in comproprietà con terzi

A norma dell’articolo 540 del Codice civile, il diritto di abitazione del coniuge superstite sussiste esclusivamente se la casa adibita a residenza familiare risultava essere di proprietà del solo defunto o in comproprietà con il coniuge. Nel caso di comproprietà tra defunto e soggetti terzi, invece, il coniuge superstite non potrà beneficiarne. Pertanto, questa è l’unica ipotesi in cui è possibile negare il diritto di abitazione e mandare via dall’ex casa coniugale il coniuge superstite.

Tale orientamento trova avallo nella giurisprudenza. È stata innanzitutto la Cassazione a fornire tale chiarimento (sent. n. 6691/2000): «Il diritto di abitazione del coniuge superstite sorge esclusivamente in riferimento alla casa che, al momento della morte del coniuge, era in proprietà del de cuius comunque in comproprietà fra questi ed il coniuge superstite».

Altro chiarimento è stato fornito dal Tribunale di Palermo (sent. n. 3580/2022) secondo cui «Il diritto di abitazione sulla casa già adibita a residenza familiare sorge a favore del coniuge superstite solo se ed in quanto, al momento dell’apertura della successione, l’immobile si trovava già in proprietà esclusiva del de cuius, ovvero, in comproprietà tra quest’ultimo e il coniuge superstite».

Infine il Tribunale di Vicenda, con sent. n. 769/2020, più esplicitamente ha affermato che il diritto di abitazione e di uso non può essere fatto valere dal coniuge sui beni che il defunto aveva in comproprietà con terzi.

Giurisprudenza

La sentenza della Cassazione numero 6691 del 2000 rappresenta un punto di riferimento importante per la questione trattata. Secondo questo precedente, in base l’articolo 540 del Codice civile italiano, affinché il coniuge superstite possa beneficiare del diritto di abitazione della casa adibita a residenza della famiglia e del diritto di uso dei mobili che la arredano, è essenziale che tali beni (la casa e i mobili) fossero di proprietà del coniuge deceduto (il “de cuius“) o posseduti in comunione con il coniuge superstite.

Tale diritto non può essere preteso invece nel caso in cui la proprietà dell’abitazione familiare fosse divisa tra il coniuge defunto e un terzo, come ad esempio un fratello o una sorella del defunto. In tale scenario, il coniuge superstite non ha il diritto di abitazione né quello di uso dei mobili, dato che la proprietà non era esclusivamente o congiuntamente in mano ai coniugi, ma condivisa con un’altra persona.

In sostanza, la Corte ha ribadito che per l’applicabilità di questi diritti specifici, la proprietà totale o parziale diretta dei beni in questione da parte del coniuge superstite è una condizione necessaria.

Secondo un’impostazione, si ritiene applicabile il principio di convertibilità del diritto di abitazione della casa familiare nell’equivalente monetario, a fronte della indivisibilità dell’immobile che sia tale da non consentire il materiale, esclusivo, godimento del bene da parte del coniuge superstite.

Sulla base di ciò, la Cassazione civile con sentenza n. 14594/2005 ha stabilito che: «Il principio della conversione del diritto di abitazione spettante al coniuge superstite nel suo equivalente monetario nell’ipotesi in cui la residenza familiare del de cuius sia ubicata in un immobile in comproprietà, – e, per l’indivisibilità dell’immobile, non possa attuarsi il materiale distacco della porzione spettante al coniuge qualora l’immobile stesso venga assegnato per intero ad altro condividente – è applicabile anche all’ipotesi (quale quella di specie) in cui, a seguito della vendita all’asta dell’immobile ritenuto indivisibile, si verrebbe inevitabilmente a creare la convergenza sullo stesso bene del diritto di proprietà acquisito dal terzo aggiudicatario e del diritto di abitazione spettante al coniuge superstite (risultando concretamente impossibile la separazione della porzione dell’immobile spettante a quest’ultimo)».

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