Dai ritratti dei musici di corte alle arti applicate che hanno decorato strumenti e libretti, dalle intemperanze sonore dadaiste ai versi futuristi, la relazione tra le arti visive e la musica ha attraversato i secoli, spingendo le sette note oltre lo spartito e rifuggendo le categorizzazioni. Quel che però, fino ad ora, non avevamo ancora visto è l’utilizzo della musica come soggetto in un padiglione della Biennale Arte. E non stiamo parlando di un padiglione qualsiasi, ma di quello italiano, quest’anno rappresentato dall’artista Massimo Bartolini con la curatela di Luca Cerizza.

Intitolato Due Qui/To Hear, gioco di parole che già annuncia una posizione d’ascolto e d’incontro, il Padiglione Italia - promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura - è apparso da subito votato alla massima astrazione nell’unione tra materia e suono, per quella che sarà un’esperienza avvolgente a 360 gradi, ma ben diversa dalla prospettiva frontale del linguaggio visivo: un progetto inedito che, spiega Massimo Bartolini, «era latente e qui si è manifestato, assorbendo in sé le circostanze dello spazio, la sua dimensione, le sue narrazioni, la sua capacità produttiva, le collaborazioni».

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Dagli anni 90 Bartolini lavora indagando le relazioni tra umano e architettura, natura e spazio, creando ambienti che non sono mai luoghi statici o facili, ma aree di confronto dove immettere inneschi percettivi, intrecciando sensazioni. «Mi affascina la pura immanenza rispetto alla differita, quello che sta dentro all’arte e non fuori», spiega l’artista approcciando la sua proposta biennalesca, chiarendone anche l’origine. «Ho sempre ascoltato musica, sono interessato alla peculiarità principale di questo tipo di arte, perché si sviluppa alla presenza del pubblico: il corpo del lavoro è, dunque, presente al corpo del pubblico nello stesso posto. La musica ha questa caratteristica di esistere solo quando è performata, è sempre pura attualità. Per questo mi è sembrato quasi normale mettere insieme corpo presente e musica, fin dagli inizi».

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, però, Due Qui/To Hear non lascerà spoglio lo spazio delle Tese delle Vergini, o almeno non completamente: «Ci saranno opere da vedere, da sentire, da percorrere», dice l’artista. Luca Cerizza assicura invece sul fatto che avere come protagonista il suono non significhi non essere in presenza di un corpo: «Forse ci siamo abituati troppo a pensare la musica come una serie di dati comprimibili in riproduttori sempre più piccoli, ma la musica e il suono hanno da sempre una componente ritualistica dove l’elemento visivo e scultoreo sono fondamentali». Per questo servizio, Bartolini e Cerizza sono stati fotografati presso la sede della piattaforma culturale Cosmo, presso l'incubatore di impresa Fabbrica H3 del Comune di Venezia.

Leggi il reportage da Padiglione Italia sul numero di Esquire Italia di aprile, in edicola dal 16 aprile.