FAIDA CONTRO I BARDELLINIANI - L’appello ‘rivaluta’ la posizione dei pentiti: Sandokan condannato all’ergastolo, era stato assolto in primo grado LE ALTRE PENE

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14:13:04 SAN CIPRIANO D’AVERSA. Pentiti inattendibili e pentiti attendibili e pure sono gli stessi collaboratori di giustizia e la differenza consiste in un confine molto labile, che solo attraversarlo porta dall'assoluzione all' ergastolo.

I giudici della quarta sezione della Corte di assise di appello hanno di recente depositato le motivazioni della sentenza per il duplice omicidio di Nicola Martino e di Raffaele Diana e del tentato omicidio di Nicola Montefusco, nel corso di un agguato avvenuto a San Cipriano di Aversa la notte del 10 luglio del 1988, frutto di un disegno concertato in numerose riunioni tra capoclan in cui fu deciso di eliminare sistematicamente tutti gli uomini di Antonio Bardellino sul territorio,

Allo steso modo erano stati già uccisi Paride Salzillo, Pasquale Santagata, Pasquale Piccolo e successivamente Michele Pardea nella nota strage di Casapesenna.

Questo è il contesto in cui i giudici di secondo grado hanno riformato e ribaltato la sentenza di assoluzione emessa ben dieci anni prima dalla Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere che aveva assolto tutti gli imputati. Il dispositivo è stato emesso circa due anni fa, ma la sentenza è stata depositata di recente e la Corte di assise d’appello, presieduta da Roberto Vescia, consigliere estensore Vincenzo Alabiso, ha spiegato perché ha condannato all' ergastolo Francesco Schiavone Sandokan, da qualche mese pentito, Francesco Schiavone Cicciariello, ormai dissociato, Francesco Bidognetti, Vincenzo Zagaria e a 15 anni i pentiti Giuseppe Quadrano, Dario De Simone e Luigi Diana. In questi giorni scadono i termini per il ricorso in Cassazione in cui Francesco Schiavone nato nel 1954 avrà lo status di collaboratore di giustizia e non incarnerá il ruolo di capo storico dei Casalesi, ora anche lui potrà beneficiare come Quadrano, De Simone e Luigi Diana di un sostanziale sconto di pena previsto dalla legge.

Dopo aver revocato il suo difensore, l’avvocato Mauro Valentino, ha nominato un difensore ad hoc e ha reso dichiarazioni sul duplice omicidio ancora secretate. Davanti ai giudici della suprema corte non si può rendere testimonianza, perché si valuta solo la legittimità degli atti processuali, ma va da sé che nel ricorso verrà fatto presente lo status di pentito. Tra i mandanti ci fu anche Mario Iovine che aveva individuato in Martino uno dei killer del fratello Domenico, mentre Vincenzo De Falco prese parte al commando entrato in azione tra via Bellini e via Tonachelle, non appena fu individuata la Fiat Panda con a bordo le vittime: Martino fu ucciso con due colpi alla testa, Diana, solo omonimo di ‘Rafilotto’, fu freddato con cinque colpi mentre cercava di scappare in via Adige, entrambi uccisi con un fucile calibro 12 in uso a Bidognetti, mentre Montefusco riuscì a infilarsi nel portone di casa e a salvarsi.

MOTIVAZIONI del processo di primo grado 

La Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere aveva assolto tutti gli imputati, riconoscendo “l'attendibilitá soggettiva ed intrinseca dei collaboratori di giustizia, ma non sufficiente a provare l’assunto accusatorio”, i giudici avevano parlato di “insufficienza e contraddittorietà del quadro probatorio”. Definiscono “superficiale” Carmine Schiavone nell' indicare gli esecutori e nel dire di aver partecipato ad una riunione successiva al duplice omicidio, quando invece risultava ristretto ad Otranto all' obbligo di soggiorno.

Anche le dichiarazioni di Quadrano sono state definite dai giudici "generiche, superficiali e contraddittorie quelle rese in dibattimento rispetto alle precedenti”, inoltre aveva detto che Bidognetti aveva una pistola 9,x21, dato non riscontrato in quanto Cicciotto ‘e Mezzanotte aveva un fucile calibro 12. De Simone, invece, non citava Quadrano nelle riunioni preparatorie, aveva sostenuto che Vincenzo Zagaria era rimasto ferito, ma è certo che le vittime non ebbero il tempo di sparare come risulta delle perizie balistiche, inoltre nel periodo dell'agguato era  ai domiciliari, anche se l’ex boss trentolese ha chiarito più volte di avere conoscenze nelle forze dell'ordine che gli consentivano di violare impunemente la misura cautelare.

Ma il punctum dolens dell' assunto dell' accusa sarebbe Luigi Diana che pur essendosi trovato sul luogo dell' agguato, nelle vesti di specchiettista, non ricordava che la Panda era semi ribaltata e che Diana e Montefusco erano scappati dal lunotto sfondato e non dallo sportello, diceva che Raffaele Diana era stato ucciso mentre cercava di scavalcare un muro. dato non riscontrato. Lo stesso ha sbagliato gli orari e non ha fatto riiferimento alle ronde che cercavano per tutta San Cipriano Martino e i suoi guardaspalle. Le dichiarazioni di Alfonso Diana sarebbero infine in contraddizione con quelle dei fratello Luigi. Alfonso Diana avrebbe avuto il compito di dare fuoco alla Lancia Thema in uso ai killer insieme al fratello e a Pasquale Apicella.

MOTiVAZIONI del processo di secondo grado

I giudici hanno accolto la richiesta di rinnovare gli atti e di sentire nuovamente Quadrano, De Simone, Alfonso Diana e Luigi Diana che “hanno consentito di dirimere i dubbi e le perplessità dei giudici di prime cure” e di sentire Antonio Iovine, Cipriano D’Alessandro, Pasquale Vargas e Salvatore Venosa, questi ultimi quattro tutti testi de relato. La mancata partecipazione di Quadrano (era in Francia per incontrare Mario Iovine) e De Simone (era ai domiciliari) alla fase esecutiva per i giudici non inficia la validità delle loro deposizioni “una narrazione precisa e puntuale” e soprattutto la Corte “non condivide le perplessità dei giudici di prime cure in merito al ferimento di Vincenzo Zagaria, tutti i pentiti lo confermano e le vittime erano armate”, La corte sottolinea anche il ruolo dei pentiti de relato “il ruolo di mandanti di Quadrano, De Simone, Schiavone del ‘54, Schiavone del ‘53, Bidognetti, De Falco, risulta confermato dalle dichiarazioni di Antonio Iovine” che fornisce “un resoconto particolarmente credibile” perché ha riferito “particolari non di dominio pubblico”.

La Corte poi rivaluta il contributo di Luigi Diana “il suo apporto probatorio è stato ingiustamente svilito dai giudici di prime cure”, infatti a differenza di quanto sancito dai giudici samaritani, per i giudici dell' appello Luigi Diana ha reso “dichiarazioni che si connotano di precisione, fermezza e logicità”, in quanto ha “chiarito i profili di criticità evidenziati dai giudici di prime cure”, e risolvono i dubbi emersi in dibattimento così “le lacune sono giustificate dal lungo lasso di tempo trascorso tra i fatti e la collaborazione” anche perché quelle lacune “non intaccano il nucleo essenziale”. In sintesi la quarta sezione della Corte di assise di ritiene che “l'appello del pm va integralmente accolto, perché il quadro probatorio ha dimostrato che Francesco Schiavone del ‘54, Francesco Schiavone del ‘53, Francesco Bidognetti e Vincenzo De Falco sono concorrenti morali, in quanto hanno avuto il ruolo di mandanti ed esecutori.

De Simone e Quadrano sono concorrenti morali perché hanno preso parte alla fase preparatoria, organizzando le squadre che dovevano localizzare la vittima. Così come è dimostrato il ruolo di concorrenti materiali di Francesco Bidognetti, Vincenzo Zagaria e Vincenzo De Falco che presero parte alla squadra che stanò Martino e il suo guardaspalle Raffaele Diana. L' istruttoria ha dimostrato che la decisione fu oggetto di discussioni in più riunioni dei capi che predisposero un’accurata organizzazione di uomini e mezzi per stanare Martino”.

Giovanni Maria Mascia


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