Carl Bildt su Trump "è un rischio e a Putin non basterà il Donbass" - La Stampa

STOCCOLMA. Carl Bildt si concede poche pause e moltissimi viaggi. Diplomatico, negoziatore, ex premier e ministro degli Esteri svedese, copresidente dell’European Council on Foreign Relations, inviato Ue nell’Ex Jugoslavia, inviato speciale delle Nazioni Unite nei Balcani e copresidente della Conferenza di pace di Dayton, arriva nella sua Stoccolma da Helsinki, dove ha seguito le elezioni presidenziali.

Sotto la sua guida, il governo svedese ha negoziato l’adesione all’Ue. Oggi la Svezia (con la Finlandia) ha abbandonato in tutta fretta la sua tradizionale dottrina del non allineamento militare per entrare nella Nato. È a causa dell’invasione russa dell’Ucraina?
«La Svezia ha abbandonato la sua neutralità quando è entrata a far parte dell’Ue, nel 1995, anche se finora non era allineata militarmente. E sì, il motivo per cui ha deciso di entrare a far parte dell’Alleanza è stata l’invasione russa dell’Ucraina, anche se il percorso di avvicinamento alla Nato è iniziato da almeno 10-15 anni, quando – in particolare dal 2008 – abbiamo visto un graduale deterioramento della situazione della sicurezza in Europa. L’invasione russa è stato il punto di non ritorno che ha causato l’accelerazione, prima in Finlandia poi in Svezia e con un incredibile sostegno da parte dell’opinione pubblica».

Avete capito perché Orban non ratifica?
«Temo dovremmo chiederlo al Vaticano, o a qualcuno ancora più su per capire cosa ha intenzione di fare. Aveva detto che non sarebbe rimasto l’ultimo a dare il via libera a Stoccolma, ma invece lo è. Non riusciamo a trovare alcuna spiegazione razionale a questo comportamento. La Turchia, per esempio, ha ritardato, ma c’erano dei motivi, delle richieste esplicite. Alla fine con negoziati lunghi e intensi siamo arrivati a una comprensione reciproca. Gli ungheresi, invece, non hanno fatto nessuna richiesta o appunto, certo se si eccettua una lamentela su un programma televisivo svedese – considerato anti-ungherese – di un paio di anni fa… Ma sono congetture. Solo Orban capisce Orban e il suo “no” è una delle sue misteriose manovre».

E Trump invece? È preoccupato per l’esito delle elezioni Usa?
«Sono preoccupato, sono molto preoccupato. Durante il suo primo mandato avrebbe voluto addirittura uscire dalla Nato, ma i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale l’avrebbero evitato. Non sappiamo quello che farà se sarà eletto, ma sappiamo che la credibilità della Nato si basa sulla credibilità dell’uomo che siede nell’Ufficio ovale. Alla fine, è quello che fa l’America a essere decisivo per l’effetto deterrenza dell’intera Alleanza. Quindi sì, la situazione è preoccupante».

Da quando si è iniziato a parlare della Finlandia e della Svezia nella Nato Mosca ha reagito con minacce più o meno velate di una qualche “reazione”. Baltici e Germania avvertono di una possibile concretizzazione di queste minacce, la Svezia teme reazioni?
«In questo momento non sarei preoccupato per la Svezia e la Finlandia, Putin è completamente impantanato nella sua guerra contro l’Ucraina, e questo ha portato a un sostanziale indebolimento della Russia sotto ogni singolo aspetto. Ma mi pare che una lezione dovremmo averla imparata: bisogna ascoltare quello che dice. Questo è stato uno degli errori commessi da molti prima dell’invasione: non hanno ascoltato cosa stava dicendo Putin».

Lei è uno dei pochi che settimane prima della guerra aveva detto che un’invasione su larga scala non era esclusa…
«Perché ho ascoltato cosa diceva due anni fa».

E ora cosa dice?
«L’altro giorno ha dato questa lunga intervista a Tucker Carlson che è stata eloquente, rivelatrice, perché non ha detto le solite cose, l’allargamento della Nato… la liberazione del Donbass… Ma ha ripetuto migliaia di volte che la Belarus e l’Ucraina non hanno nessun diritto di esistere, che non sono mai esistite e che quindi non esisteranno più. Non è una novità che Putin sia spinto da questa convinzione, ma la questione è capire fino a dove arriva il suo desiderio di ristabilire l’impero russo. Quindi bisogna chiedersi: questo impero finisce con l’Ucraina, o include anche la Moldavia? La Belarus è certamente inclusa, ma include anche i Baltici? E una parte della Polonia? Queste sono le questioni cruciali sullo sfondo di quello che dice Putin».

C’è chi auspicherebbe una sorta di compromesso che congelasse il conflitto e riconoscesse i territori occupati a Putin. Crede sia una strada percorribile?
«Non è quello che vuole Putin però: ha speso più di mezz’ora per spiegare che l’Ucraina non è mai esistita e mai esisterà nel futuro. E non parlava di Donbass, o di questa o quella regione, ma di tutta l’Ucraina. Lui è stato molto esplicito, non serve tirare a indovinare, basta ascoltare».

Quindi lo scenario è peggiore di un’eventuale congelamento del conflitto?
«Eh, sì. La Russia continuerà la sua guerra contro l’Ucraina il più a lungo possibile».

Quale sarà la sfida dell’Alleanza nei prossimi anni?
«Tutto ruoterà attorno all’Ucraina. L’esito della guerra deciderà il futuro della sicurezza dell’Europa: se l’Ucraina riuscirà a difendersi e a combattere fino a raggiungere uno stallo accettabile sarà una protezione per tutta l’Europa; se fallirà vedremo l’esercito russo avanzare verso l’Europa».

Lei come crede andrà a finire?
«Se guardiamo con una prospettiva più lunga è evidente che la Russia non potrà mai vincere, perché non sarà in grado di conquistare e controllare l’Ucraina. Se ci proveranno i russi avranno problemi infiniti, ci sarà una resistenza che non si placherà mai. Quindi semplicemente non vinceranno mai. L’Ucraina può vincere? Dipende. Credo però che l’ipotesi che Kyiv si possa riprendere tutti i territori non sia inconcepibile. Magari non succederà in una volta sola, ma potrebbe succedere. Credo sia importante che l’Europa mantenga il sostegno finanziario. Quello che serve è circa lo 0,3% del Pil, sono tanti soldi certo, ma è una cifra sostenibile».

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