La Seconda Guerra Mondiale finì davvero l’8 maggio? Gli spari non cessarono - La Stampa

L’8 maggio di 79 anni fa ebbe fine, in Europa, il conflitto più sanguinoso che la storia abbia mai conosciuto. Nella tarda notte dell’8 maggio 1945 il generale tedesco Alfred Jodl firmò a Berlino l’atto di resa in presenza dei rappresentanti alleati e sovietici. Sulla carta, terminava la Seconda guerra mondiale in Europa. Ma l’8 maggio cessarono veramente gli spari? La risposta è no. Alcune unità tedesche continuarono a combattere fino a metà maggio. Vediamo il perché.
La Germania nazista, dall’estate del 1941, aveva intrapreso una guerra totale, ideologica e razziale contro l’Unione sovietica. Interi villaggi furono bruciati, milioni di persone sterminate nelle esecuzioni di massa e nei campi della morte. Nella guerra contro il nazismo, l’Urss perse 25 milioni di persone: 14 milioni erano civili. Era quindi chiaro ai tedeschi il destino che i russi avrebbero riservato loro in caso di resa. In particolare, i militari delle Waffen-SS — unità d’élite naziste, fanatiche e addestrate a combattere fino alla morte — venivano spesso giustiziati sul posto dai sovietici.
I nazisti fecero quindi di tutto per scampare alla cattura dalla parte dell’Armata rossa, cercando piuttosto di arrendersi agli alleati. Si fecero quindi strada verso ovest a tutti i costi, combattendo disperatamente per non finire nei gulag in Siberia.

Il martirio di Praga
Nonostante la resa, ciò che restava del governo tedesco, presieduto ora dall’ammiraglio Karl Dönitz, ordinò di resistere all’avanzata sovietica. I tedeschi erano infatti ancora padroni della Boemia e della Moravia, sotto il controllo nazista già dal marzo 1939. La fine della guerra in Europa si lega quindi indissolubilmente alla complessa situazione a Praga e in tutta la Cechia.
Praga fu la prima capitale europea a sperimentare l’occupazione nazista e il terrore imposto dalle SS. Il 15 maggio 1939 Hitler occupò la città e nominò e istituì il Protettorato di Boemia e Moravia. In Slovacchia invece fu favorito il governo fantoccio del monsignor Jozef Tiso. I nazisti misero in atto a Praga misure di germanizzazione, politiche di ghettizzazione e, infine, di sterminio degli ebrei, e di repressione del dissenso. Il governo cecoslovacco in esilio a Londra iniziò la lotta clandestina contro gli occupanti, che culminò con l’assassinio del famigerato generale delle SS e viceprotettore della Boemia e Moravia Reinhard Heydrich, il 4 giugno 1942. La risposta dei nazisti alle azioni di resistenza dei cechi fu di inaudita violenza. Come rappresaglia per l’uccisione di Heydrich, il 10 giugno del 1942 i nazisti rastrellarono e distrussero l'intero villaggio di Lidice: uccisero tutti i 173 uomini adulti presenti e portarono via donne e bambini.
Mentre quasi ovunque in Europa la guerra era finita, il 1 maggio 1945 Praga era ancora sotto il rigido controllo tedesco. Si concentravano in zona non solo forti unità delle SS e della polizia, ma l’intero Heeresgruppe Mitte, il gruppo d’armate centro, comandato dal feldmaresciallo Ferdinand Schörner, insisteva sul territorio cecoslovacco. Fiutando la possibile sollevazione della città, con l’avvicinarsi delle truppe sovietiche, Karl Hermann Frank, comandante delle SS e della polizia, minacciò di annegare qualsiasi ribellione in “un mare di sangue”. Il 5 maggio la rivolta divampò per la città. I cechi costruirono barricate per le strade, per cercare di fermare le armate tedesche, che ripiegavano verso ovest per arrendersi agli Alleati. Fu una carneficina. I nazisti massacrarono chiunque trovassero sulla loro strada: l'artiglieria e quello che rimaneva dell’aviazione tedesca bombardavano indiscriminatamente la città. Il comandante delle Waffen-SS in loco, Carl Friedrich von Pückler-Burghauss ordinò ai suoi soldati di trasformare Praga in un cumulo di macerie, come già era accaduto a Varsavia. L’8 maggio, mentre in Europa si festeggiava la fine della guerra, a Praga proseguivano le torture naziste. Quel giorno tuttavia si raggiunse un accordo di cessate il fuoco tra le parti: le SS però continuavano a sparare.
Il 9 maggio l’Armata rossa entrò a Praga. A ovest della città si continuava ancora a combattere: nuclei di nazisti fanatici tentavano ancora di spianarsi la strada, contrastati da partigiani cechi. Tra l’11 e il 12 maggio 1945 l’ultima battaglia a Slivice: i nazisti furono sconfitti definitivamente e il generale von Pückler-Burghauss si suicidò.
A questo punto la vendetta dei cechi fu implacabile. Migliaia di civili di origine tedesca furono uccisi. Nel luglio del 1945, a Usti nad Labem, nella Boemia settentrionale, i nazionalisti cechi compirono un massacro sulla popolazione tedesca locale gettandola nell’Elba da un ponte situato al centro della città. Chi voleva salvarsi raggiungendo a nuoto la riva veniva ucciso a colpi di mitragliatrice.

Gli ultimi irriducibili
Come accadde per alcuni contingenti giapponesi, anche alcuni tedeschi rifiutarono la resa a oltranza. Il personale della stazione meteorologica Haudegen, posta nelle norvegesi isole Svalbard, sino ad allora impegnato nella guerra meteorologica, si arrese solo il 9 settembre 1945. Senza contare gli scontri che continuarono nei Balcani tra le unità collaborazioniste croate da una parte e i partigiani di Tito dall’altra.

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