14 FEBBRAIO 2023

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NOTIZIA DI CRONACA

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14 FEBBRAIO 2023 - 11:49


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ROMAGNA: Marco Pantani, a 19 anni dalla morte proseguono le indagini | VIDEO

Ricorre oggi l’anniversario della morte di Marco Pantani, deceduto il 14 febbraio del 2004 a Rimini. Dopo 19 anni ci sono ancora tanti dubbi sulle cause e sulle responsabilità della tragedia.

19 anni, tre inchieste giudiziarie, un involucro di cocaina che compare e scompare all’improvviso, una camera a soqquadro di un albergo che verrà raso al suolo poco dopo e l’ombra delle minacce della criminalità organizzata. Sono ancora tantissimi i punti oscuri che si porta dietro il caso della morte di Marco Pantani, scomparso il 14 febbraio del 2004. Il suo corpo fu trovato nella stanza D5 del residence “Le Rose” a Rimini. La notizia quando non esistevano i social fu data per prima da una agenzia Ansa. Poche righe accolte inizialmente con incredulità che fecero rapidamente il giro d’Italia e poi del mondo. Si sapeva che Pantani stava attraversando un periodo difficile, iniziato dopo l’espulsione dal Giro d’Italia del 99 ma nessuno, tra i tanti appassionati che aveva continuato a seguire le sue gesta, immaginava un epilogo simile. Alla prima inchiesta sulla morte nel 2004 ne è seguita un’altra 10 anni dopo. Entrambe hanno stabilito che Marco Pantani sarebbe morte per una overdose accidentale. Nel 2019 però la procura di Rimini ha aperto un’altra indagine sulla base anche del lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia che ha indagato sui presunti contatti tra la vicenda di Pantani e la criminalità organizzata. Nelle ultime settimane sono stati effettuati nuovi interrogatori e, ha spiegato il Procuratore Capo Elisabetta Melotti, a breve si arriverà alla conclusione. In attesa di una verità, resta il lutto dei familiari e dei tanti, appassionati di ciclismo e non, che hanno voluto bene al Pirata di Cesenatico. Alle 20 di martedì sera si terrà una messa in suo onore presso la chiesa di San Giacomo, sul porto canale.




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BOLOGNA: Omicidio di Sofia Stefani, l'ex comandante resta in carcere

Giampiero Gualandi rimane in carcere. Nell'udienza di convalida il 62enne ex comandante della polizia locale di Anzola ha continuato a sostenere che è stato un tragico incidente, che non voleva sparare a Sofia Stefani, la ex collega di 30 anni più giovane di lui con cui aveva avuto una relazione. Ma il Gip Domenico Truppa ha rilevato gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti, evidentemente non ritenendo, almeno per il momento, credibile la sua versione dei fatti e propendendo per un omicidio volontario.  "È contestato nel capo di imputazione che la povera Sofia, a cui dobbiamo tutti portare rispetto, non accettava la fine della relazione ed era molto arrabbiata rispetto a questa cosa. Ha mandato messaggi reiterati", ha detto ai giornalisti in tribunale l'avvocato Claudio Benenati, difensore dell'indagato. Il legale ha spiegato che giovedì pomeriggio la giovane donna sarebbe piombata all'improvviso al comando di Anzola, dove Gualandi lavora. "Lui non sapeva che lei stesse arrivando".  A quel punto, "tutto è durato tre minuti", da quando la 33enne è entrata in ufficio alla chiamata ai soccorsi. La ricostruzione difensiva è che tra i due ci sarebbe stata una piccola colluttazione e che dalla pistola di ordinanza di Gualandi, arma che lui aveva in ufficio per pulirla, così da poter fare le esercitazioni al poligono come da programma, è partito uno sparo per sbaglio. E perché la pistola era carica se doveva pulirla? "E' uno dei problemi di questa vicenda", ha ammesso l'avvocato. La responsabilità colposa dell'assistito, ha aggiunto, non è in discussione. Quello che è in discussione è l'intenzionalità. "Facciamo tutti gli accertamenti tecnici, la perizia balistica, ma non diamo per assodato e per certo che qui siamo di fronte ad un omicidio volontario", ha ripetuto. E quando ha ricevuto la notifica della custodia in carcere per Gualandi, ha annunciato ricorso al tribunale della Libertà. "Siamo di fronte - dice invece l'avvocato Andrea Speranzoni, per conto dei genitori della vittima - a un grave caso di omicidio che ha portato via ai suoi cari e a tutta la comunità una giovane vita che guardava al mondo con fiducia e speranza e che ha trovato la morte in un luogo che per sua natura dovrebbe essere sicuro. Ora i familiari sono distrutti ma anche consapevoli della necessità di andare fino in fondo nel raggiungimento di verità e giustizia". Appreso l'esito dell'udienza di convalida, "esprimo piena fiducia nel lavoro degli inquirenti e ritengo che l'odierno accoglimento della domanda cautelare confermi e rafforzi l'ipotesi accusatoria di omicidio volontario aggravato formulata dalla Procura della Repubblica di Bologna". Le indagini preliminari ora continueranno "e i genitori della vittima desiderano far sapere mio tramite che perseguiranno con determinazione il percorso di giustizia che Sofia merita", chiude il legale.