In a Land That No Longer Exists, la recensione del film di Aelrun Goette

#RomaFF17: In a Land That No Longer Exists, la recensione del film di Aelrun Goette

In a Land That No Longer Exists

Presentato in concorso nella sezione Progressive Cinema della 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, In a Land That No Longer Exists (trailer) di Aelrun Goette vorrebbe raccontare il desiderio di librarsi dall’oppressione ai tempi della Repubblica Democratica Tedesca. Suzie (Marlene Burow) è costretta a lavorare in fabbrica dalla Stasi, ma una nota agenzia di moda tedesca la invita a posare come modella; comincia così l’apparente percorso di rivalsa di una donna che si scontrerà inevitabilmente con un sistema di potere (anche paterno) sull’orlo del crollo imminente. Aelrun Goette prende ispirazione dalla sua vera esperienza di modella negli anni ottanta e novanta per scrivere un film drammatico in cui, amaramente, si avverte poco il pericolo di quella sottomissione che s’intende rappresentare. In a Land That No Longer Exists apre inoltre potenziali sottotrame di solidarietà femminile-familiare-comunitaria, ma queste purtroppo sono minimizzate in favore del focus su una protagonista fastidiosamente statica.

Il risultato è una storia dal sapore caramellato in cui se qualcosa accade andrà per il verso giusto. Le occasioni per Suzie cadono dal cielo ed è la prescelta fin dal primo momento. Lei è la ragazza bella e diversa che merita di andare alla sfilata di Lipsia, procurandosi giustamente anche le gelosie di una collega in particolare (Jördis Triebel). In a Land That No Longer Exists sembra mostrare, da un lato, la strada-simbolo del popolo tedesco dell’Est e cadere, dall’altro, nell’inefficace e nel superfluo. L’ottima trovata del film – una donna che fa leva sulla sua situazione di oppressione per urlare alla libertà della Berlino Est – si trasforma dunque in una qualunque storia del 1989 che sarà speciale soltanto per quella regista a cui il film s’ispira. In a Land That No Longer Exists manca di una sceneggiatura che renda palpabili i tremori del popolo di fronte al socialismo della Germania Est.

Quel popolo, prigioniero sia dal punto di vista fisico che ideologico, è paradossalmente assente. Vediamo sì alcuni giovani occidentalizzati, ma mai la ribellione ad un potere oppressorio che il film presenta con l’evento scatenante – Suzie è arrestata dalla Stasi per dissidenza, a causa della lettura di1984 di George Orwell – e che vorrebbe sviluppare anche con i tradizionalismi del padre Klaus (Peter Schneider) – Klaus è questa presenza importante all’inizio ma che poi non si vede mai. Se Goodbye, Lenin! (2003) di Wolfgang Becker trasformava in favola il trauma del cambiamento dopo la Caduta del Muro, In a Land That No Longer Exists trasforma in fiaba la fortuna di una modella-regista. Il vero oppresso è l’amico omosessuale (Sabin Tambrea), che tra l’altro è l’unico personaggio ad essere picchiato a sangue dalla polizia. E allora la domanda sorge spontanea: perché abbiamo bisogno di un film come In a Land That No Longer Exists?

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