"Così la Palestina è diventata un laboratorio": parla Loewenstein

L’utilizzo della Palestina come laboratorio per metodi di controllo e segregazione delle popolazioni è il tema su cui si basa Laboratorio Palestina. Come Israele esporta la tecnologia dell’occupazione in tutto il mondo, pluripremiato saggio – edito in Italia da Fazi Editore – di Antony Loewenstein, giornalista investigativo australiano, autore di bestseller, regista e cofondatore di Declassified Australia. Nipote di profughi ebrei che lasciarono la Germania per sfuggire alle persecuzioni naziste, Loewenstein ha vissuto a Gerusalemme Est dal 2016 al 2020 e ha scritto per varie testate internazionali, tra le quali il New York Times, il Guardian e il Washington Post. Noam Chomsky l’ha definito un “tragico e inquietante resoconto di come Israele sia diventato un fornitore di strumenti di violenza e repressione brutale, dal Guatemala al Myanmar e ovunque se ne sia presentata l’occasione” mentre Gideon Levy, della testata israeliana Haaretz, lo definisce un “ammirevole, documentato e basato su prove, sul lato meno conosciuto dell’occupazione”, definendo Israele come uno “dei dieci maggiori esportatori di armi al mondo, che commercia in morte e sofferenza e le vende a chiunque voglia comprarle”. Lo abbiamo raggiunto per porgli qualche domanda sul suo ultimo saggio.

Loewenstein, innanzitutto quando ha iniziato a interessarsi di ciò che accade a Gaza e in Israele?

Ho iniziato a interessarmi quando stavo crescendo come giovane ebreo, anche se non sapevo molto della situazione in Medio Oriente. Era abbastanza comune, nella mia famiglia e in quelle di altri, pensare che sostenere Israele fosse la cosa giusta da fare. Sto parlando degli anni Settanta e Ottanta. Con il passare del tempo, mi sono sentito molto a disagio per il profondo razzismo che spesso sentivo, in parte, dalla comunità ebraica nei confronti dei palestinesi. Nei primi anni 2000 ho iniziato a fare il giornalista e ho visitato la Palestina per la prima volta, nel 2005. Scrivo di questo tema da oltre 20 anni. Ho scritto diversi libri sull’argomento, tra cui ovviamente Laboratorio Palestina, e ritengo che sia molto importante, anche se non riguarda principalmente me. Penso che sia importante articolare un tipo di ebraismo più umano che includa i palestinesi e non li esclusa.

Come scrive nel suo ultimo saggio, l’occupazione permanente ha permesso a Israele di “perfezionare l’architettura del controllo” attraverso armi, sorveglianza e altri mezzi. Può spiegare in che modo i territori occupati sono diventati un vero e proprio laboratorio?

Subito dopo la nascita di Israele, più o meno dagli anni ’50, Israele vendeva già armi a molti Paesi del mondo, tra cui la Germania. Nel 1967, durante Guerra dei Sei Giorni, Israele si è impadronita di una serie di territori palestinesi. Da quel momento è stata in grado di monetizzare e vendere i modi in cui controllava quella che Israele considerava una popolazione nemica, i palestinesi. Come mostro nel libro, ci sono moltissimi Paesi in Africa, Sud America, Asia e in Occidente, che hanno ricevuto addestramento e armi da Israele, compresi alcuni dei regimi più brutali dell’ultimo mezzo secolo, come la dittatura di Myanmar, il regime dell’Arabia Saudita, e altri regimi brutali dell’America Latina durante le cosiddette guerre sporche, tra cui Guatemala e Honduras. I territori palestinesi occupati sono diventati un terreno di addestramento. Lo abbiamo visto anche negli ultimi sei mesi, sin dal 7 ottobre: Israele sta usando Gaza come terreno di prova per nuove armi, droni e tecnologie di sorveglianza, che sta già cercando di vendere in varie fiere di armi in tutto il mondo.

Sta dicendo che Israele sta diventando un modello per altri Stati autoritari?

Sì. Israele è uno dei principali Stati cosiddetti “etno-nazionalisti” del mondo, una nazione che privilegia un popolo rispetto a un altro. Israele, ovviamente, lo fa per gli ebrei, ma un’altra nazione che lo fa è il più popoloso Paese del pianeta: l’India. Paese che sotto il Primo Ministro Modi, sta diventando uno Stato fondamentalista indù. Ora, l’India sta facendo quello che sta facendo per le sue ragioni. Non lo fa a causa di Israele. Ma sia Israele che l’India si ispirano a vicenda. L’India acquista da Israele ingenti quantità di attrezzature per la Difesa. Inoltre, i due stati si sostengono ideologicamente e questo è preoccupante, dato che la democrazia è in declino in varie nazioni del pianeta e gli Stati autoritari etno-nazionalisti sono in aumento e Israele è uno dei modelli chiave in tal senso.

La guerra in corso a Gaza sta permettendo a Israele di sperimentare altre tecnologie?

Sì. Come ho detto, dal 7 ottobre Israele sta utilizzando una serie di nuovi strumenti e tecnologie per portare avanti la sua guerra genocida. Come i quadcopter, che essenzialmente sono droni killer, oltre a vari strumenti di sorveglianza, sia di aziende israeliane che americane. Negli ultimi sei mesi si sono tenute due grandi fiere di armi, a Parigi e a Singapore. E in entrambe le fiere, le aziende israeliane hanno venduto alcuni degli strumenti e delle armi che hanno utilizzato a Gaza, dicendo letteralmente: questo è stato testato nella Striscia. Molti Paesi si sono dimostrati interessati a questo. Quindi il pericolo è, come dico nel libro, che ciò che accade in Palestina non rimane lì. Viene esportato a livello globale.

Quanto è potente il complesso militare-industriale di Israele e quanto influisce sulla politica israeliana?

Penso che che il suo peso sia enorme. E probabilmente aumenterà ancora di più dopo gli ultimi sei mesi, sebbene Israele riceva ancora un enorme sostegno internazionale, dagli Stati Uniti e da gran parte dell’Unione Europea, anche dal punto di vista economico, perché è un Paese in guerra e la sua industria militare è, in particolare, quella della difesa e dell’alta tecnologia. Penso che questo peso dovrà aumentare ancora di più per generare un maggiore interesse globale. Vedo sempre più americani, e molte aziende della Silicon Valley, che investono in Israele. E noto che c’è una crescente fusione tra Israele e il complesso militare industriale americano e la Silicon Valley.

Ultima domanda: cosa ne pensa di ciò che sta accadendo nei campus americani e nelle università di tutto il mondo? 

Sono favorevole all’idea che gli studenti americani parlino e mettano in evidenza i legami molto stretti tra le università americane e i produttori di armi. Penso che molte persone non sappiano che molte università in Australia, e immagino anche in Italia, abbiano legami molto stretti e ricevano molti soldi dalle aziende produttrici di armi, come Lockheed Martin, Raytheon e altre. E credo che sottolineare questo aspetto sia importante perché la verità è che Israele ha perso il sostegno di molti giovani negli ultimi sei mesi. Molti di loro non erano grandi sostenitori di Israele prima del 7 ottobre. Ma l’assalto di Israele a Gaza è stato così travolgente e oltraggioso che molti di loro hanno perso la fiducia in Israele. Molti, moltissimi giovani, secondo i sondaggi, sono contrari alla politica del governo. 

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