Manuela Mandracchia e 'Gli amanti di Verona': "Con gli Agricantus raccontiamo Shakespeare in una jam session" - la Repubblica

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Manuela Mandracchia e 'Gli amanti di Verona': "Con gli Agricantus raccontiamo Shakespeare in una jam session"

L'attrice e il gruppo di Mario Rivera portano in scena uno spettacolo che mischia linguaggi e narrazioni
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Una jam session recitata, suonata e cantata per Shakespeare. Romeo e Giulietta da Verona si trasferiscono a Napoli, sulle note etniche di un gruppo musicale siciliano, con le parole del piemontese Matteo Bandello autore della novella del 1554 ispiratrice del celeberrimo testo del Bardo. Sarà un racconto-concerto, e s'intitolerà Gli amanti di Verona, lo spettacolo di Manuela Mandracchia e Fabio Cocifoglia assieme agli Agricantus, coi fondatori Mario Rivera e Mario Crispi affiancati da Federica Zammarchi, in scena da giovedì 9 a domenica 12 alla Sala Assoli di Napoli, dopo un'anteprima a Salerno, una produzione di Casa del Contemporaneo. L'idea è quella di prendere una storia, più o meno nota o stranota, in questo caso Romeo e Giulietta, e fare un accoppiamento ardito con un repertorio musicale preesistente.

Manuela Mandracchia, cosa ha condotto voi tutti a un progetto tra parole e canzoni?

"Prendendo spunto da quello che fanno i jazzisti, abbiamo avuto la voglia di raccontare una vicenda, una trama, facendo un investimento sulla memoria d'un repertorio scenico-culturale e sulla memoria percettiva del pubblico attraverso una fruizione musicale. Il testo è illuminato dalla musica, e la musica ingloba nuove narrazioni. Un meccanismo di rimandi che può applicarsi a più opere. Nel caso del format attuale, vogliamo lavorare ancora insieme agli Agricantus, avendo in previsione un cantiere futuro su I giganti della montagna di Pirandello". 

Quali esplorazioni, fasi, tempi e ruoli ci sono alla base del vostro incontro?

"Noi avevamo la storia, che abbiamo già realizzato con diversi accostamenti di sonorità: musiche rinascimentali, popolare-napoletano, disco music anni 70 rielaborata in chiave world music. È stimolante e importante che un soggetto si sviluppi a stretto contatto con più generi, più ritmi, più partiture. E oltre a Romeo e Giulietta io e Fabio Cocifoglia abbiamo fatto Otello, L'asino d'oro di Apuleio, due favole di Sepulveda, pagine di Calvino. Chiediamo al pubblico di intervenire emotivamente con più saperi, più conoscenze specifiche, trovando nuove sinergie e affinità".

E com'è accaduto che qui prendete spunto da una novella del Bandello?

"Cercavamo incontri fortuiti con culture che avessero influenzato Shakespeare, come i materiali di Giambattista Giraldi Cinzio rielaborati nell'Otello, racconti di forza strepitosa, con nulla da invidiare ai testi teatrali. Ne Gli amanti di Verona Bandello fa una delicatissima scelta sul finale della storia, con una Giulietta molto più struggente di quella in cui poi ci imbatteremo in palcoscenico: i due giovani si reincontrano e si parlano, si dicono quello che è successo, si rivelano, e mentre in Shakespeare finisce con il veleno e col pugnale, qui lei si concentra e si lascia morire, senza liquidi mortali e coltelli. Ed è molto potente, questa volontà di morire. Nel nostro format facciamo vedere e sentire tutto senza che ci sia null'altro se non il parlato, il suono, e il canto".

Cosa avranno davanti, visivamente, gli spettatori?

"L'impianto è quello di un concerto: tre musicisti e due attori al leggio. Ma dopo un po' succede qualcos'altro. Si cominciano a vedere scenografie, il passaggio del tempo, le scene d'amore, il dolore, i duelli, i conflitti, la morte. E accade tutto come il teatro deve poter fare. Sui racconti  interviene la musica, e la narrazione può fermarsi, poi torna e porta avanti la storia, come succede  nella lirica o in un certo tipo di musical, facendo leva su arie emotive che le canzoni fanno esplodere".

Che colori, che suoni prevarranno?

"Per le note di colore, per l'effetto visivo ogni famiglia (i Montecchi e i Cappelletti, come il Bandello chiama i Capuleti) ha i suoi suoni, i suoi paesaggi armonici, e i colori nero e bianco dei costumi distingueranno i due casati".

Fate più conto su pubblici teatrali o musicali?

"Nelle anteprime estive si contano forse spettatori un po' più musicali, attratti in quanto fans degli Agricantus, e a teatro potrebbe leggermente invertirsi il fenomeno".

Come procederete per "I giganti della montagna"?

"Per la precisione, e per predisporre ai linguaggi chiamati in causa, si intitolerà Il canto dei giganti. Gli Agricantus creeranno musiche nuove. Noi approfondiremo le radici, da La favola del figlio cambiato a L'angelo 101. Sarà un concerto disgregato, una riflessione sulla crisi della poesia, e del teatro, e di una compagnia girovaga".

Mario Rivera degli Agricantus aggiunge: "È un'impresa, la nostra, nata durante il lungo periodo di stop forzato dovuto al Covid. Abbiamo cercato di ripartire mettendo insieme arti diverse. Conoscevo Fabio Cocifoglia e Manuela Mandracchia già da tempo, e sapevo che erano aperti a queste esperienze. Abbiamo recuperato i brani del nostro ultimo album Akoustikòs per raccontare in musica questa storia, ci siamo inseriti in un canovaccio che esisteva già. La musica viene utilizzata a commento, di sottofondo, e poi ci sono canzoni che sembrano essere state scritte proprio per Romeo e Giulietta. La nostra collaborazione non si fermerà qui. Stiamo preparando il Pirandello de I giganti della montagna, con materiale originale. Che sarà anche la nostra prossima uscita discografica".