BEERY, Wallace in "Enciclopedia del Cinema" - Treccani - Treccani

BEERY, Wallace

Enciclopedia del Cinema (2003)

Beery, Wallace

Riccardo Martelli

Attore cinematografico statunitense, nato a Kansas City il 1° aprile 1885 e morto a Beverly Hills (Los Angeles) il 15 aprile 1949. Dotato di una grande carica di simpatia, seppe costruire una delle più tipiche maschere del cinema americano degli anni Venti e Trenta, interpretando più di 250 film. Dopo parti comiche in abiti femminili nei primi anni del muto, passò a ruoli più consoni alla sua corporatura massiccia e ai suoi lineamenti fortemente marcati: divenne così uno dei più famosi 'duri dal cuore d'oro' degli anni Trenta, impersonando un tipo d'uomo rude e grossolano, a volte violento, ma sostanzialmente buono. Di rado protagonista, fu in genere la spalla di primi attori affascinanti e d'aspetto signorile (tra cui Douglas Fairbanks, Rodolfo Valentino, John Barrymore, Clark Gable), ottenendo nondimeno una popolarità duratura e abbastanza insolita per un caratterista. Le sue notevoli capacità espressive e comunicative gli fruttarono anche un Oscar nel 1932 come miglior attore protagonista per The champ (1931; Il campione) di King Vidor.

A sedici anni aveva lasciato gli studi per entrare in un circo. Tre anni dopo passò al teatro, dove si esibì come cantante e attore, facendo la parodia di vecchie signore irascibili. Il successo di questi travestimenti gli aprì le porte del cinema: venne così scritturato dalle due principali case produttrici di film comici, la Essanay (1913-1915) e la Keystone (1915-16), per le quali interpretò diverse serie di cortometraggi; il maggior successo lo ottenne ancora una volta con un personaggio femminile, quello di una cameriera svedese, la sciocca e trasandata Sweedie, alle prese con l'American way of life. Tra il 1914 e il 1916 B. portò sullo schermo una trentina di Sweedie comedies, di alcune delle quali fu anche regista; sul set di una delle ultime incontrò la giovane Gloria Swanson, che fu sua moglie per due anni, anche se la loro convivenza effettiva durò solo un mese.Nel 1916 passò alla Universal Pictures, ottenendo per contratto di recitare in film di maggiore durata e di abbandonare i ruoli femminili e comici per quelli maschili e drammatici. Le sue prime parti di un certo rilievo furono quelle del perfido indiano Magua in The last of the Mohicans (1920; L'ultimo dei Moicani) di Maurice Tourneur, del Barone Rosso in The four horsemen of the Apocalypse (1921; I quattro cavalieri dell'Apocalisse) diretto da Rex Ingram, e di Riccardo Cuor di Leone in Robin Hood (1922) di Allan Dwan. La Paramount, a cui era passato nel 1925, lo costrinse a tornare al comico, facendogli formare con il piccolo e impassibile Raymond Hatton una classica coppia umoristica, che fu protagonista tra il 1926 e il 1928 di commedie di modesto livello ma di grande successo commerciale. Fornì la sua migliore interpretazione degli anni Venti in Beggars of life (1928; I mendicanti della vita) di William A. Wellman: con Oklahoma Red, il capo di una banda di mendicanti, cominciò a delineare, sfruttando efficacemente la statura imponente, il fisico massiccio e il volto sempre accigliato, quello che sarebbe diventato negli anni seguenti il suo personaggio standard.La sua carriera fu temporaneamente interrotta dall'avvento del sonoro: nel 1929 la Paramount, convinta che la sua voce stridula e l'accento popolaresco lo rendessero ormai inutilizzabile, lo licenziò. Ma il dirigente della Metro Goldwin Mayer, Irving Thalberg, comprese che proprio una voce così particolare poteva invece diventare uno degli elementi caratterizzanti del suo personaggio, e lo assunse. La serie di memorabili interpretazioni, che ne avrebbero fatto uno dei dieci attori più noti e più pagati di Hollywood, iniziò con lo spietato forzato in The big house (1930; Carcere) di George W. Hill, che gli procurò una nomination all'Oscar, per proseguire nello stesso anno con lo sceriffo Pat Garrett in Billy the Kid di King Vidor, e culminare con il pugile in ritiro in The champ. Fu poi un lottatore sulla via del tramonto in Flesh (Il lottatore) di John Ford, un industriale assassino in Grand Hotel di Edmund Goulding, entrambi del 1932, un uomo d'affari disonesto in Dinner at eight (1933; Pranzo alle otto) di George Cukor. La serie si concluse con tre dei suoi più celebri personaggi: il pirata Long John Silver in Treasure island (1934; L'isola del tesoro) di Victor Fleming, il Pancho Villa di Viva Villa! di Jack Conway e Howard Hawks, sempre del 1934, e il marinaio di China seas (1935; Sui mari della Cina) di Tay Garnett. In alcuni di questi film (The champ e Treasure island, tra gli altri) gli venne affiancato, per fare leva su un facile effetto sentimentale, il divo-bambino Jackie Cooper, dall'aspetto fragile e indifeso. Tra il 1930 e il 1933 fu anche protagonista, a fianco dell'attrice brillante Marie Dressler, di una serie di commedie agrodolci (tra cui Min and Bill, 1930, Castigo, di George W. Hill, e Tugboat Annie, 1933, Cuori in burrasca, di Mervyn LeRoy) che ebbero un enorme successo: i due impersonavano una coppia di innamorati di mezza età, brontoloni e litigiosi. Nella seconda metà del decennio i suoi film, ormai prevalentemente di genere avventuroso o western, andarono scadendo di livello, anche se la sua popolarità rimase intatta.

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