Guglielmo Marconi, il genio italiano che ha cancellato le distanze - InsideOver

Il grande filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel aveva pensato alla storia come una successione razionale di eventi quale percorso lineare che avrebbe portato all’affermazione delle idee di libertà. Il celebre pensatore teutonico aveva individuato nei grandi uomini che si sono avvicendati sul palcoscenico della storia gli strumenti funzionali all’affermazione delle idee mediante le loro ambizioni di successo e per questo vengono chiamati astuzie della ragione. Hegel annovera tra le astuzie i grandi personaggi noti fino alla prima metà dell’Ottocento come Alessandro Magno, Cesare e Napoleone, ma se il filosofo fosse vissuto più a lungo probabilmente avrebbe detto lo stesso anche di Guglielmo Marconi, nato nella seconda metà del XIX secolo. Marconi è stato indubbiamente l’inventore che più di ogni altro ha rivoluzionato i mezzi di comunicazione, superando per primo l’ostacolo delle distanze fisiche grazie al colpo di genio della telegrafia senza fili che abbiamo conosciuto come radio. L’estro geniale di Marconi e le sue invenzioni hanno segnato uno spartiacque che ha cambiato le relazioni tra individui, Stato e cittadini, il modo di raccontare il mondo. A 150 anni dalla sua nascita, avvenuta il 25 aprile 1874, ne capiamo più profondamente il valore in una società dominata sempre di più dalla tecnologia.

La storia di Marconi

Guglielmo Marconi è nato a Bologna e il padre era Giuseppe Marconi, proprietario terriero in Emilia, che aveva sposato in seconde nozze Annie Jameson, cantante di origini irlandesi e figlia di un noto distillatore di whisky. Durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza ricevette un’istruzione per lo più privata, frequentando sporadicamente le scuole a Firenze e a Livorno, ma proprio nella città costiera ebbe modo di fare la conoscenza di Vincenzo Rosa, professore di fisica del liceo Niccolini che lo introdusse alla fisica dandogli modo di frequentare il laboratorio dell’istituto dove si cimentò nell’utilizzo del Coherer, rilevatore di onde elettromagnetiche. La padronanza della lingua inglese, grazie agli insegnamenti della madre, gli permise di fruire della letteratura scientifica internazionale appassionandosi sempre di più alla fisica e, una volta tornato dai suoi a Bologna, allestì un vero e proprio laboratorio domestico dove dapprima si dedicò a esperimenti con le pile termoelettriche con l’obiettivo di individuare una fonte continua e costante di approvvigionamento energetico.

Non molto tempo dopo, Marconi abbandonò gli studi della termoelettrica dopo la conoscenza  di Augusto Righi, fisico di grande fama dell’epoca, che lo indirizzò allo studio delle onde elettromagnetiche che approfondì poi con le letture di Heinrich Hertz – scienziato che dimostrò per primo l’esistenza delle onde radio – che lo ispirarono a voler costruire un sistema di comunicazione con la telegrafia senza fili. Nel 1896, dietro consiglio della madre e disponibilità dell’ambasciatore Annibale Ferrero a Londra, si trasferisce nel Regno Unito dove c’è un maggiore interesse per le onde radio e una maggiore reperibilità di capitali per finanziare le sue ricerche. Nel 1897 ottenne il brevetto per il sistema telegrafico senza fili dal titolo “Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi relativi”, battendo per il riconoscimento il russo Aleksandr Popov che che stava lavorando a un ricevitore per l’arrivo dei temporali. Nel 1897 fondò la Wireless Telegraph Trading Single Company che poi divenne la Marconi Wireless Telegraph Company dove fu anche direttore tecnico. Gli esperimenti di Marconi proseguirono tanto da vedersi riconosciuto nel 1904 la laurea ad honorem in ingegneria della Scuola d’Applicazione per Ingegneri di Bologna e riuscire a conquistare nel 1908 il premio Nobel per la fisica insieme all’accademico tedesco Karl Ferdinand Braun. 

Nell’ultimo decennio della sua vita, il fisico bolognese era diventato un simbolo dell’Italia nel mondo e svariati governi hanno cercato di affidargli degli incarichi di prestigio e diplomatici, come alla Conferenza di Parigi del 1919, dopo essere stato nominato senatore del Regno nel 1914. Il fascismo fece altrettanto, incensando la figura di Marconi e proprio l’adesione di quest’ultimo al regime è ancora oggetto di dibattito in quanto non si sa se lo fece più per convinzione o per spirito di servizio nei confronti dell’Italia, diventando presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche nel 1927 e della regia Accademia d’Italia nel 1930, sedendo di diritto nel Gran consiglio del fascismo. 

Il celebre inventore si spense nel 1937 a causa di una crisi cardiaca mentre si trovava in viaggio verso Viareggio per festeggiare il settimo compleanno della figlia Elettra, nata dall’unione con la moglie Maria Cristina Bezzi Scali.

Gli esperimenti e la tipografia senza fili 

Prima che Marconi facesse delle onde elettromagnetiche la sua ragione di vita, il mondo delle comunicazioni era dominato dalla telegrafia elettrica con cui era nato il Codice Morse che permetteva di codificare le lettere in sequenze di impulsi di diverse durate e di trasmettere i messaggi attraverso le linee metalliche. All’inizio dei suoi studi, Marconi lesse molti degli scritti di Hertz e ripeté i suoi esperimenti sulle onde elettromagnetiche, prendendo ispirazione per dei nuovi. Il suo primo esperimento risale all’estate del 1984 quando realizzò un rilevatore di fulmini che era composto da una pila, un coherer e un campanello elettrico che doveva suonare in caso di temporale; successivamente, si rese conto che premendo un tasto telegrafico riusciva a far suonare il campanello ubicato dall’altra parte della stanza. Marconi proseguì sulla via degli esperimenti, riuscendo a constatare come fosse possibile trasmettere messaggi anche a diversa distanza.

Celebre è l’episodio in cui il maggiordomo al servizio della famiglia Marconi sparò un colpo di fucile e l’apparecchio riprodusse il suono a più di un miglio di distanza e oltre una collina, a dimostrazione di come per il telegrafo senza fili non ci fossero ostacoli naturali. Una volta stabilitosi nella Perfida Albione si rese promotore di un esperimento che gli diede molto credito, collocando un trasmettitore sul tetto di un ufficio postale e un ricevitore su un molo lungo il Tamigi, dimostrando la bontà della sua opera. L’imprenditore italiano, nei suoi studi, si concentrò sull’incremento della portata delle trasmissioni e si convinse che fosse possibile comunicare tra la terraferma e il mare e tra due sponde dell’oceano.

Nel 1901, fece installare nella località di Poldhu, in Cornovaglia, un’antenna di 130 metri e poi s’imbarcò alla volta del Canada, raggiungendo St. John’s di Terranova a 3000 km di distanza dalla costa britannica. Il 12 dicembre 1901 avvenne la prima comunicazione transoceanica che permetterà di introdurre il codice SOS a bordo delle navi. Nella notte del 14 aprile, infatti, il Titanic affondò nelle gelide acque dell’Atlantico non prima di aver lanciato l’SOS via radio e Marconi si recò al porto di New York per accogliere i superstiti. Il fatto che dal transatlantico sia stato possibile lanciare l’SOS e individuare una nave, il Carpathia, corsa a raccogliere i passeggeri a bordo delle lance di salvataggio, spinse i sopravvissuti al naufragio a sfilare in una parata organizzata per conferire a Marconi con una targa d’oro in suo omaggio. Marconi dirà per l’occasione: “Vale la pena di avere vissuto per avere dato a questa gente la possibilità di essere salvata”.

Col passare degli anni, la capacità di frequenza della radio aumentò considerevolmente anche per i messaggi intercontinentali come nel 1931, in occasione del 439° anniversario della scoperta dell’America, il padre della radio mandò una comunicazione dalla stazione di Pisa a Rio de Janeiro per l’inaugurazione del Cristo Redentore.   

L’eredità di Marconi

L’ingegnosità, la lungimiranza e la visione di Guglielmo Marconi hanno reso lustro al nostro Paese e permesso al mondo intero di comunicare in modo più rapido ed efficace cambiando per sempre il paradigma che vi era alla base. Da dopo la Prima guerra mondiale, la radio ha modernizzato la società e i costumi poiché era diventata un mezzo di trasmissione di programmi sonori, eventi sportivi e canzoni, perciò non più mero strumento per messaggi fini a se stessi. A partire dagli anni Trenta, la creatura di Marconi divenne armamentario di propaganda per il regime fascista, tanto che Mussolini più di ogni altro si accorse delle potenzialità della radio e nel 1924 fece fondare l’Unione radiofonica italiana che divenne più tardi l’Ente italiano audizioni radiofoniche, prodigiosa macchina propagandistica durante il ventennio. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, fu un importante mezzo di comunicazione di massa adoperato da tutti i governi con un duplice scopo: informare la cittadinanza riguardo agli sviluppi della guerra e, allo stesso tempo, galvanizzarla per la chiamata alle armi. Nel secondo dopoguerra, la radio subì la forte concorrenza della televisione perdendo una parte del proprio pubblico ma senza che svanisse del tutto la propria attrattività dato che, ancora oggi, una larga fascia di popolazione nel mondo fruisce dell’ascolto radiofonico, soprattutto nelle nazioni del Terzo mondo dove in pochi possiedono un televisore. 

La tecnologia wireless, negli ultimi decenni, ha conosciuto un’evoluzione che è andata oltre la dimensione della radio se si pensa banalmente alla connessione Wi-Fi che permette di collegarci a Internet. Ovviamente, tale progressione tecnologica non è esente da rischi e l’uso che ne deve essere fatto non deve prescindere dalla funzione sociale che dovrebbe essere perseguita nel rispetto dell’ambiente circostante e della comunità. Come riportato in un articolo di Andrea Muratore per True News, Marconi prima che si cimentasse nei suoi esperimenti, trasse l’ispirazione per lo studio delle onde elettromagnetiche visitando il santuario di Oropa, in Piemonte, e lo raccontò anche al suo amico poeta Giuseppe Deabate: “Nell’estate del 1984 dall’alta montagna di Oropa contemplando il biellese pensai che l’uomo potesse trovare nello spazio nuove energie, nuove risorse e nuovi mezzi di comunicazione”. Al santuario oggi è collocata un’epigrafe che ricorda la connessione tra la sacralità del posto, l’ispirazione del premio Nobel e la funzione costruttiva ed emancipatrice della tecnologia.

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