Pdavide1823
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Le lotte tra Impero, Chiesa e comuni

La riforma di Cluny

L'XI secolo e i primi decenni del XII furono segnati in Europa dal conflitto tra la Chiesa e l’Impero. Già nel corso del X secolo la Chiesa aveva la necessità di una riforma che la rendesse indipendente dal potere temporale. A questa riforma diedero un importante contributo i monaci del monastero benedettino di Cluny, fondato nel 909, nelle terre donate da Guglielmo il Pio, duca di Aquitania.
I monaci di Cluny decisero di far riferimento direttamente al papa, mentre gli altri vescovi dipendevano dai vescovi.

La loro attività si articolò in una serie di lotte per limitare il potere dei signori e per porre i monasteri sotto la protezione del pontefice. I monaci cluniacensi rivendicavano la libertas Ecclesiae (libertà della Chiesa), che consisteva nel respingere ogni ingerenza laica al suo interno, che si verificava fin dal momento dell’elezione del pontefice.
Nel primo secolo del Basso Medioevo nacque un importante ordine monastico, chiamato dei Cistercensi, dal nome della sua prima abbazia, sorta in Francia nel 1098 a Citeaux. I monaci cistercensi si richiamavano alla regola di san Benedetto, ma limitavano la parte della giornata dedicata alla preghiera a vantaggio di quella dedicata al lavoro. I monasteri cistercensi naquero quasi sempre in terreni fino ad allora non coltivati. Crearono in essi delle grandi fattorie, bene amministrate, le grange (luogo dove veniva depositato il grano), dove i lavori erano eseguiti dai monaci più giovani o da lavoratori salariati.

L’elezione dei pontefici

Nei secoli precedenti l’elezione dei pontefici era stata limitata.
Poichè era vescovo di Roma, il papa veniva eletto dal colleggio cardinalizio, formato da cardinali e dagli ecclesiastici che reggavano le chiese. Questo colleggio rappresentava la volontà del popolo romano, ma il popolo romano era influenzato dall’aristocrazia, perchè questa aveva un peso decisivo nell’elezione dei pontefici.
Nel 1059 alcuni cardinali si riunirono a Siena ed elessero papa Niccolò II, contrapponendolo a Benedetto X, che la nobiltà romana aveva proclamato papa a Roma. Niccolò II entrò a Roma, facendone fuggire Benedetto X e convocò un concilio nel quale al colleggio cardinalizio fu concessa più autonomia, nonostante l’elezione del pontefice dovesse essere sempre approvata dall’imperatore.
Gregorio VII, un ecclesiastico riformatore, venne successivamente eletto con la nuova procedura.

Il Dictatus Papae e la nuova concezione del potere dei pontefici

Gregorio VII decise non solo di sottrarre la Chiesa al controllo degli imperatori, ma anche di affermare la sua superiorità su di essi. Egli scrisse un documento, il Dictatus Papae, pubblicato nel 1075, in cui espresse il punto di vista della Chiesa. Gregorio VII affermò che il potere del pontefice doveva avere la preminenza su quello dell’imperatore.
Il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa era già posto da Paolo di Tarso, che aveva invitato i cristiani a obbedire all’autorità civile, ma San Paolo faceva discendere anche questa autorità da Dio.
Nel Dictatus Papae egli affermò che la Chiesa di Roma era infallibile. Gregorio VII attribuì al pontefice la nomina dei vescovi.

La questione dei vescovi-conti e il conflitto tra Impero e Chiesa

La proclamazione del diritto del pontefice riaccese un contrasto che si era già verificato nei secoli precedenti. In passato erano stati nominati numerosi vescovi-conti: erano più fedeli agli imperatore che ai pontefici.
Si aprì un grave conflitto tra la Chiesa e l’Impero. Al momento dell’elezione al trono pontificio di Gregorio VII era imperatore Enrico IV di Sassonia, diventato re di Germania a soli quattro anni e imperatore a sei.
In età adulta, Enrico IV, riuscì ad avere dalla sua parte alcuni nobili tedeschi che rifiutavano la sua autorità e intraprese la lotta contro Gregorio VII, che rispose con la scomunica. L’imperatore, nel 1077 fu costretto a umiliarsi, chiedendo perdono al papa che, subito dopo riprese la lotta contro il pontefice e riuscì a conquistare Roma, costringendo Gregorio VII ad andare in esilio a Salerno, dove morì.

Il concordato di Worms

Una temporanea conclusione della lotta si ebbe nel 1122 con il concordato di Worms, con cui si arrivò a un compromesso: in Germania era riconosciuta l’autorità dell’imperatore, che poteva concedere ai vescovi cariche temporali e feudi prima che avvenisse la loro consacrazione, mentre nel resto dell’Impero la consacrazione avrebbe preceduto ogni concessione di feudi e di cariche.

Federico I

Un nuovo tentativo di dare un carattere di universalità all'impero fu effettuato da Federico I, che per questo motivo si scontrò sia con la Chiesa che con i comuni. Federico, in Italia chiamato Barbarossa aveva origini nobili. Il fatto che Federico discendesse da due casate in continuo scontro tra loro sembrava offrire una garanzia di pacificazione, che contribuì a farlo eleggere re di Germania nel 1152.
Nel 1154, Federico I chiese ai comuni la restituzione dei diritti regali (le cose che spettano al re), che consistevano nella concessione dell’esazione delle imposte, delle tasse e dei pedaggi, nella nomina dei magistrati etc.

Lo scontro tra Federico I e il papato

Nel 1159 fu eletto papa un avversario di Federico I, Alessandro III. La sua elezione venne violentemente contestata dai nobili romani e fu costretto a fuggire da Roma, mentre la folla acclamava pontefice un altro candidato, che prese il nome di Vittore IV.
L’elezione di due papi rischiava di provocare uno scisma, cosa che preoccupò lo stesso Federico, che convocò un concilio a Pavia. Alessandro III non si presentò al concilio del 1160 e riconobbe Vittore IV come legittimo pontefice, ma lo scontro continuò e per Federico I si aprì la lotta.

Lo scontro con i comuni e l’umiliazione di Milano

I sovrani dell’Inghilterra e della Francia si schierarono contro Federico I.
Le città italiane invece si divisero: Milano si schierò contro Federico I, costringendo la città alla resa nel 1162. Nello stesso anno i consoli chiesero il perdono all'imperatore. Le mura di Milano furono abbattute e vennero colmati i fossati pieni d’acqua che circondavano la città per difenderla.

La resistenza di Alessandro III e la nascita della Lega veronese

Mentre Milano veniva umiliata, Alessandro III si rifugiò in Francia, era deciso a non cedere.
Anche Federico I però intendeva proseguire la lotta e alla morte di Vittore IV fece nominare un altro antipapa, Pasquale III. Ma Alessandro III con l’appoggio della Francia e dell’Inghilterra rafforzò la sua posizione.
Nel 1164 Verona, Padova e Vicenza formarono la Lega veronese, allo scopo di contrastare le prepotenze dei funzionari imperiali. Federico I intervenne con le armi, ma non riuscì a sconfiggere la Lega, così decise di tornare in Germania.
Federico I spingeva Pasquale III a proclamare santo Carlo Magno.

Dalla battaglia di Legnano alla pace di Costanza

Dopo la nascita della Lega lombarda, composta dall'unione tra la Lega lombarda e quella cremonese, Federico I decise di abbandonare temporaneamente la lotta in Italia. Soltanto del 1174 tornò nuovamente in Italia, dove i comuni della Lega lombarda avevano fondato una città, Alessandria, in onore di papa Alessandro III. Lo scontro decisivo avvenne a Legnano nel maggio del 1176 e fu vinto dalle truppe della Lega. Simbolo della riscossa fu il Carroccio, un imponente carro trainato da buoi, dove su di esso vi era l’antenna con l’insegna del comune, c’erano un piccolo altare e una teca con le bende per curare i feriti. Il comandante guidava le truppe sul Carroccio. Questo costituiva il centro dello schieramento, intorno al quale si raccoglieva la fanteria. I cavalieri di Federico I inizialmente ebbero la meglio, ma quando giunsero vicino al Carroccio dovettero prima fermarsi e poi si sparse la voce della morte dello stesso Federico I, facendo crescere il panico dei suoi soldati, accelerando la fuga dell’esercito.
La pace fu firmata soltanto nel 1183, a Costanza, e segnò il riconoscimento delle autonomie comunali.
Federico I infatti rinunciò alle regalie, ma si riservava soltanto il diritto di riscuotere un tributo e di ottenere il giuramento di fedeltà da parte dei consoli.