Rino Formica: “Devono stare attenti se si va al referendum il governo sarà travolto” - La Stampa

ROMA. Il vantaggio di averne viste e vissute tante ha spesso consentito a Rino Formica di riuscire a leggere in anticipo gli eventi e anche sulla riforma costituzionale il vecchio dirigente socialista guarda lontano: «Nella loro storia gli italiani hanno sempre cercato un leader, ma al tempo stesso hanno rifiutato chi ha provato a trasformarsi da leader in padrone: anche stavolta andrà così. Per un motivo semplice: in Italia siamo già oltre il premierato! A Costituzione invariata abbiamo già un Capo, un super-premier che impedisce ai suoi parlamentari di presentare emendamenti alla legge fondamentale dello Stato e un Parlamento esautorato. Se andranno avanti, queste riforme saranno rigettate e loro saranno travolti, tanto più se si andasse ad un referendum».

Classe 1927, Rino Formica ha partecipato alla sua prima campagna elettorale proprio in occasione di un referendum, quello Monarchia-Repubblica, ha una certa pratica di opinioni pubbliche e la sua diagnosi sul rigetto antropologico degli italiani per i leader con la vocazione del padrone in effetti trova conferme non soltanto nel Matteo Renzi che nel 2016 trasformò il referendum in un plebiscito su sé medesimo, con gli italiani che lo bocciarono. Ma fa precedente anche l’unico grande statista del dopoguerra, Alcide De Gasperi: una sola volta forzò, con la legge-truffa del 1953 e perse clamorosamente la sfida.

Perché lei nega l’utilità di una riforma che renda il sistema più efficace?

«Ascoltiamo la presidente Meloni sul premierato. A chi obietta, “scusi ma che bisogno c’è, i poteri già li avete?”, risponde: “ma lo tenevamo scritto nel programma, dobbiamo far vedere che nel primo anno abbiamo realizzato un pezzo del programma!” Più che una risposta insulsa, direi la conferma che si tratta di un’ammuina. Non c’è un solo articolo della Costituzione che impedisca a questo governo di prendere una decisione importante».

Al netto della retorica sull’autoritarismo della destra, se il potere si concentra ancor di più, può diventare pericoloso?

«Certo, perché si parte dall’idea di un’inefficienza delle istituzioni, che non sarebbero in grado di decidere adeguatamente con gli strumenti a disposizione. Ma il potere di decidere e di fare, esiste già: lo sperimentiamo tutti i giorni. Ma stiamo tutti molto attenti, perché se si decide di risolvere i problemi con la forza, si può finire col fare la guerra».

Addirittura? Non pensa che lo smarrimento possa aiutare chi propone soluzioni forti?

«Assolutamente no. La gente sta capendo e capirà sempre di più che la paura di affrontare in profondità i cambiamenti della società possono provocare la guerra, esattamente come ha fatto Netanyahu. Di questo passo le soluzioni di forza non saranno solo tra gli Stati ma dentro gli Stati».

Ma perché lei si dice certo che le riforme del governo saranno rigettate?

«Perché il mondo sta diventando un pagliaio. Ovunque accendi un fiammifero, rischi di provocare un incendio».

La sinistra dice no e poco più: basta?

«No, non basta. Certo, è inutile dare più potere, perché il potere già c’é. Ma il problema, se esistesse una sinistra in Italia, non è solo denunciare una maggiore concentrazione di potere, ma battersi per rovesciare totalmente la prospettiva e aprire un grande processo di partecipazione popolare. Di idee se ne debbono trovare tante, ma ad esempio si potrebbero introdurre i referendum propositivi, allargare la platea elettorale ai sedicenni, abolire il sistema bicamerale, fatto di organi inefficienti e insistenti e andare verso un Camera decidente e un’altra di controllo e di garanzia. Serve una forte iniezione di democrazia diretta, forme nuove di partecipazione diretta: le proposte possibili sono tante, ma a me pare che manchi in tutti la consapevolezza di quel che potrebbe accadere nel 2024…».

In che senso?

«Nel senso che nel 2024 cambieranno le classi dirigenti nel mondo. Si voterà negli Stati Uniti e in Europa, ma anche nel Regno Unito. E che succederà in Russia? Alla Casa Bianca, nelle istituzioni europei e anche in tanti altri Paesi cambieranno centinaia, migliaia di teste e si preannuncia un cambio che potrebbe non seguire un principio di ordine già stabilito. Siamo in una situazione di disordine, con l’aggravante di guerre che, da locali sono diventate globali. E attenzione perché le nuove generazioni, pur prive di un disegno, sono sempre più contrarie all’ordine generato dalle attuali classi dirigenti. Non sappiamo che sbocco avranno tutti questi fermenti, sicuramente la contestazione cresce». —

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