Caso Delpini, la stoccata del presidente della Cei Zuppi gela la Curia di Milano - la Repubblica

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Caso Delpini, la stoccata del presidente della Cei Zuppi gela la Curia di Milano

Claudio Giuliodori, Matteo Zuppi, Franco Anelli e Mario Delpini
Claudio Giuliodori, Matteo Zuppi, Franco Anelli e Mario Delpini (ansa)
Sono giorni di tensione per la diocesi milanese, dopo le battute dell'arcivescovo sulla scelta del Papa di nominare cardinale non lui ma il comasco Cantoni
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L'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, deve averci riflettuto a lungo, forse dispiaciuto, forse imbarazzato, durante la notte, quando ormai la notizia correva online col filmato dell'aula piena di docenti universitari e teologi che ridevano e coronavano con un applauso la battuta del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei: "Come diceva il cardinal Delpini...".

Il giorno dopo, la linea ufficiale in Curia e in largo Gemelli è quella del no comment. L'arcivescovo è fuori Milano per i suoi impegni pastorali. Idem il suo segretario personale. Chi parla dell'ultimo episodio di questa saga, lo fa solo dietro l'anonimato e senza nascondere la preoccupazione per quel che ha innescato Delpini il 31 agosto, scherzando per primo sul Papa "colpevole" di non avergli concesso la porpora cardinalizia neanche in questa ennesima tornata di nomine. Gli uffici stampa degli enti interessati, che lunedì a caldo erano molto agitati, dopo 24 ore cercano di ridimensionare il caso, parlano di "lapsus" del cardinale Zuppi. Ma a chi lo conosce, questo strettissimo collaboratore di Francesco messo in uno dei ruoli più cruciali nella gerarchia ecclesiale italiana, sembra un tipo troppo sveglio per cadere in un simile incidente di percorso, per parlare a caso, proprio a Milano, proprio su questo tema.

Infatti molti del mondo cattolico ambrosiano e lombardo, persone che conoscono bene Delpini, la Curia e anche la sensibilità delicata del Vaticano su certi atteggiamenti irrispettosi, sottolineano invece come non possa affatto essere casuale quella frase buttata lì da Zuppi con un sorriso, nell'aula Pio XI della Cattolica gremita di professori e teologi per l'apertura di un seminario su università e cammino sinodale. Ieri se n'era già andato dalla sala dopo aver fatto i saluti iniziali, l'arcivescovo Delpini, che il 31 agosto, incautamente, dedicando al Pontefice tre delle sue solite barzellette, aveva scatenato una ridda di ipotesi sulle faide vaticane. Le freddure - che non facevano nemmeno tanto ridere e delle quali si è poi scusato pubblicamente - ancora risuonano nella cattedrale di Como, dove si svolgeva la prima celebrazione ufficiale di Oscar Cantoni, appartenente alla stessa metropolia, lui sì, fatto cardinale da Bergoglio.

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Chi conosce Delpini sa che l'uomo è spiritoso, che ama le boutade fin da quando era rettore del seminario. Ma sa anche che è di carattere schivo, pochissimo amante dell'esposizione mediatica, avverso alla comunicazione, avendo più volte dichiarato di non leggere i giornali, non guardare la tivù, figuriamoci i social. I suoi collaboratori però i media li tengono d'occhio e lunedì sera lo hanno informato di quel che era successo in sua assenza alla Cattolica. Delpini avrà abbozzato, cercando di non far trasparire i sentimenti, com'è sua abitudine. Ha imparato a tenere tutto dentro e a portare il fardello che fu dei suoi predecessori, i cardinali (loro sì) Martini, Tettamanzi e Scola. Il low profile è la sua regola da quel 17 luglio 2017 quando fu a sorpresa "elevato" arcivescovo da Francesco. Il monsignore che guida l'arcidiocesi più grande del mondo sa anche che la Curia di Milano è, come tutti gli ambienti di chiesa, un posto dove è bene guardarsi le spalle, perché i mugugni e i malcontenti ci sono, anche se vengono tenuti sotto al tappeto. E di giorno in giorno, c'è chi lo vede sempre più stanco e intuisce quanta poca voglia avrebbe di essere cardinale. Forse anche, a questo punto, arcivescovo.