Gary Michael Heidnik ha rapito, torturato e violentato 6 donne afroamericane, tenendole prigioniere nel suo seminterrato a Filadelfia, arrivando ad ucciderne due. Nato nel novembre del 1943 a Eastlake, un sobborgo di Cleveland in Ohio, quando ha solo 2 anni i suoi genitori, Michael ed Ellen, decidono di divorziare: Gary e il fratello minore inizialmente vanno a vivere con la madre e il suo nuovo compagno, ma con l’arrivo dell’età scolastica si trasferiscono a vivere con il padre e la sua nuova compagna.
La matrigna li odia palesemente e i due fratelli Heidnik passano la maggior parte del tempo a litigare con la donna. Il padre non è d’aiuto, le sue punizioni sono esemplari e non disdegna di umiliare pubblicamente Gary ogni volta che fa la pipì a letto: lo appende allo stendino con il pigiama ancora sporco, in modo che tutti i vicini lo vedano. Da bambino cade da un albero fracassandosi il cranio, che dopo l’incidente resta deturpato. Per questo motivo, i compagni di scuola lo prendono in giro chiamandolo “Testa di football” e proprio tale deformità si ritiene abbia causato un’aberrazione comportamentale.
Nel 1961, a 18 anni, grazie all’incoraggiamento del padre abbandona la scuola superiore e si arruola nell’esercito degli Stati Uniti. É il 1962, sembra andare tutto per il meglio, Heidnik sta per essere assegnato a una base militare nella Germania Ovest, ma sopraggiungono dei gravi problemi di salute. Una mattina il giovane soldato si presenta in infermeria, lamentando problemi alla vista, nausea, capogiri. Il neurologo che lo visita non ha dubbi: Gary è semplicemente malato di gastroenterite, ma ha anche degli evidenti sintomi che fanno pensare a una malattia mentale. Il medico prescrive al giovane delle pesanti dosi di un tranquillante, che solitamente è utilizzato per curare pazienti gravemente affetti da psicosi, soprattutto quelli che soffrono di allucinazioni. La diagnosi è “disturbo schizoide della personalità”: nel giro di 3 mesi ottiene il congedo, altri 3 mesi e ottiene la pensione per un’invalidità del 100%.
Dopo aver lasciato l’esercito, l’uomo comincia a frequentare dei corsi di infermieristica a Filadelfia, in Pennsylvania, completandoli un anno dopo. Nel 1970, il suicidio della madre mina pesantemente la già fragile mente di Gary: in seguito a questo avvenimento l’uomo trascorre molti giorni ricoverato, soprattutto a causa di vari tentativi di suicidio. Dopo avere aggredito Terry (un altro psicopatico con manie di suicidio), viene definitivamente internato per un anno. Il suo comportamento nel manicomio si rivela a dir poco bizzarro: non parla con nessuno e comunica solamente tramite delle note scritte a mano. Indossa perennemente degli strani vestiti di cuoio e prende il vizio di far roteare la gamba dei pantaloni quando non vuole essere disturbato o quando deve salutare qualcuno. Nel 1971 viene liberato e trascorre una vacanza in California.
Proprio mentre si trova in viaggio, l’uomo ha un’assurda illuminazione: fondare una propria Chiesa. Tornato a Philadelphia, Heidnik fonda la United Church of the Ministers of God (La Chiesa Unita dei Ministri di Dio) della quale si auto-proclama vescovo. La sua “parrocchia” non vanta molti adepti, considerando anche suo fratello Terry e un’amica affetta da ritardo mentale, il conto ammonta a cinque. Nonostante sia diventato un uomo ricco, Gary finisce tra le conoscenze abituali della polizia. Nel 1976 viene arrestato per rissa e per possesso illecito di una pistola. Nei mesi successivi le condanne si moltiplicano: aggressione armata (spara ad un uomo), truffa e violenza.
Alla fine del 1977 la denuncia più grave: dopo aver firmato per la liberazione dal manicomio della sorella ritardata della sua fidanzata, la tiene prigioniera nel proprio appartamento per 48 ore, nascosta in cantina. La ragazza viene ritrovata in pessimo stato, stuprata e sodomizzata, affetta da gonorrea in bocca e nelle parti intime. L’accusa è molto grave: rapimento, stupro e imprigionamento di una persona presa in custodia. Il processo si trascina fino a novembre del 1978, quando la corte lo condanna a 7 anni di prigione, convertiti in 3 anni di manicomio nel processo di appello.
Il 12 Aprile 1983, Gary Heidnik viene finalmente rilasciato. Le donne non gli mancano, gli piacciono soprattutto quelle scure di pelle, meglio ancora se hanno qualche problema mentale. Il suo sogno è dare vita a un bambino con ognuna di loro. La prima compagna gli dà effettivamente una figlia, ma dopo pochi mesi la donna fugge da quell’uomo violento e pazzo, portandosi via anche la bambina.
Deluso da varie storie successive andate male, l’uomo si affida a un’agenzia matrimoniale, alla quale richiede una vergine nata in Oriente. Dopo poche settimane è già in contatto con una giovane filippina, Betty. Per due anni i due comunicano solo attraverso corrispondenza epistolare, intramezzando qualche sporadica telefonata, ma nel settembre del 1985 Heidnik la convince a sposarlo. Durante la prima settimana di matrimonio la tratta come una regina, dandole particolari attenzioni e progettando insieme di creare una famiglia numerosa, ma purtroppo il sogno di Betty svanisce presto: una mattina di fine ottobre, la donna torna a casa e sorprende il marito a letto con tre donne.
La giovane filippina prova a reagire, esige il divorzio e un risarcimento danni, ma finisce soggiogata anche lei: Gary la convince che, in quanto capo religioso, ha pieno diritto a fare delle orge. Per i mesi successivi Betty è costretta ad osservare il marito mentre fa sesso con altre donne e, se osa lamentarsi, lui la colpisce ripetutamente con qualsiasi cosa, costringendola inoltre a cucinare per le ospiti particolari. Con il passare del tempo l’uomo diventa sempre più violento e lancia alla moglie delle minacce di morte. Un giorno come tanti, nei primi mesi del 1986, dopo essere stata stuprata e sodomizzata per punizione, Betty decide finalmente di farla finita e si fa aiutare dalla comunità filippina ad organizzare un finto rapimento. Scompare quattro giorni dopo, mentre sta facendo la spesa.
Due settimane dopo una denuncia anonima mette nei guai Heidnik, ritenuto responsabile di aggressione, stupro e molestie sessuali. Per sua fortuna, Betty non si presenta al processo, come unica testimone, e l’accusa cade nel vuoto. Fallito anche quest’ultimo rapporto, nella mente di Gary balena una folle idea: deve crearsi in cantina una “fabbrica di bambini”, solo così avrà la famiglia numerosa che tanto desidera.
Il 26 Novembre 1986 è una data che Josefina non dimenticherà mai: quel giorno la donna accetta un passaggio in macchina da Heidnik per andare al lavoro. L’uomo con una scusa la porta a casa, dove per lei comincia l’inferno: Gary afferra il collo di Josefina e comincia a strangolarla. Non vuole ucciderla, ma solo immobilizzarla. Appena la ragazza comincia a indebolirsi, le gira il braccio e l’ammanetta. La donna viene trascinata in una umida e fredda cantina, condotta sopra uno sporco materasso, dove viene incatenata alle caviglie. L’altro capo della catena è legato ad una grossa conduttura sul tetto della cantina: è praticamente impossibile uscire.
Dopo poco tempo un’altra ragazza di colore arriva nella prigione, la nuova arrivata si chiama Sandy Lindsay ed ha un ritardo mentale. Abbandonate nuovamente nel buio della cantina, Sandy racconta la propria storia a Josefina: è stata per diversi anni un’amica intima del rapitore, si sono conosciuti nella clinica per handicappati fisici e mentali.
I giorni di prigionia si trasformano in settimane, che si trascinano lentamente. Heidnik diventa sempre più bizzarro, nutre molto sporadicamente le donne e le tiene nude, in maniera da poter appagare, senza perdite di tempo, i propri appetiti sessuali. Ci sono anche delle severe regole di comportamento, come per esempio il divieto di alzare la voce, e chi non le rispetta si becca un numero di bastonate proporzionale alla norma che ha infranto. La recidività viene punita con periodi più o meno lunghi di permanenza nella fossa. La pena massima è una specie di tortura, che prevede che le ragazze vengano incatenate per un braccio alla parte più alta del soffitto e lasciate penzolare in quella posizione per ore.
Sono passati appena 10 giorni dal rapimento di Lisa quando Gary ritorna a casa con un’altra ragazza, Deborah Dudley, 23 anni. La giovane è molto combattiva e l’uomo è costretto a tramortirla con violente bastonate per averla vinta. Nonostante sia incatenata, Deborah continua per tutta la prigionia a sfidare il proprio carceriere, disubbidendo agli ordini e mostrandosi quasi insensibile verso le crudeltà che le vengono inflitte. Con l’aumento delle ragazze, le torture si fanno sempre più tremende: le bastonate sono all’ordine del giorno e ogni volta che Heidnik deve assentarsi nomina una ragazza come responsabile. Appena ritornato a casa, interroga la ragazza-responsabile su come si siano comportate le altre. Se per caso qualcuna di loro si è comportata male, l’uomo obbliga la stessa responsabile a bastonarla. Se nessuna si è comportata male, o se le bastonate non sono abbastanza violente, allora vengono bastonate nuovamente tutte insieme, questa volta per mano del sadico rapitore. Tramite queste pratiche, Gary impara ad apprezzare Josefina, sempre obbediente e tranquilla.
Con l’arrivo di Deborah sono cambiati i gusti sessuali del carceriere: ha ancora un rapporto quotidiano con ognuna delle ragazze, ma sempre più spesso preferisce obbligarle a fare sesso tra di loro, mentre lui le guarda. Dal punto di vista igienico le prigioniere ottengono qualche vittoria: riescono per esempio a convincere il loro carceriere a installare un lavandino nella cantina e a farsi consegnare delle salviettine per bambini. Ogni tanto l’uomo concede loro un bagno, in seguito al quale sono però obbligate a fare sesso con lui. La distribuzione del cibo segue, invece, l’umore di Heidnik: quando è allegro consegna vecchi hot dog o dei panini con burro di arachidi, se invece è di malumore il pranzo delle cinque ragazze consiste in pane e acqua. Dopo qualche settimana, risolve definitivamente il problema dando loro da mangiare della carne in scatola, accompagnata da bastonate sulla testa, fino a che il pranzo non è finito.
Il 18 Gennaio 1987 entra nella casa la ragazza numero sei, Jacqueline, 18 anni. Nei primi giorni di febbraio Sandy la combina grossa: messa in punizione nella fossa, viene beccata da Gary mentre cerca di togliersi di dosso i pesi di legno. L’uomo decide di punirla con l’incatenamento per un braccio, le violenze continuano per diversi giorni fino a quando la giovane donna, stremata, muore. Gary decide di liberarsi del corpo cucinandolo e mangiandolo, dividendolo però con i propri cani.
È a questo punto che le donne decidono di coalizzarsi tra di loro per aggredire tutte insieme l’uomo, nel tentativo disperato di riuscire poi a liberarsi. Un piano astuto e rischioso, che però non verrà mai messo in atto. Josefina, infatti, gli racconta il piano in ogni minimo particolare. La spiata costa molto cara alle sue compagne di prigionia: il criminale le imbavaglia, ammanetta loro anche l’altra caviglia e le mani, quindi infila nelle loro orecchie dei cacciavite di diverse misure, cercando di renderle sorde, in modo da impedirgli di sentire il suo arrivo. Josefina ovviamente viene risparmiata.
Gary diventa ogni giorno più sadico e introduce l’elettroshock nel proprio repertorio di abusi. Per eseguire questa nuova tortura, strappa la plastica isolante da un cavo della corrente e collega l’altro capo del cavo a una presa: basta appoggiare i fili scoperti sui corpi delle ragazze per ottenere una forte scossa elettrica. Si diverte molto a vederle contorcersi per il dolore, ma esclude come sempre Josefina. Ormai la ragazza viene trattata più come una partner che come una vittima: lo accompagna nelle uscite, lo aiuta a fare la spesa e va al ristorante con lui. L’uomo è molto soddisfatto dell’aiuto della donna, la considera quasi una complice senza sospettare che da tempo stia ideando un piano. La prima parte, quella più facile, è già stata portata a termine: la giovane, infatti, ha conquistato pienamente la fiducia del suo rapitore.
Il 24 Marzo 1987, forte di questa fiducia, Josefina propone un patto a Gary: se lui le concede una serata di “libera uscita” per andare a trovare la propria famiglia, in cambio gli porterà una nuova “moglie” da incatenare in cantina. Lo stupratore seriale accetta senza pensarci due volte. A mezzanotte dello stesso giorno l’uomo scarica la ragazza a un distributore di benzina con l’accordo di ritrovarsi lì dopo poche ore, con la nuova vittima. Appena liberata, Josefina corre a casa dal proprio ragazzo, Vincent Nelson. Gli racconta tutto quanto, descrivendogli per filo e per segno ogni particolare della propria prigionia, supplicandolo di non intervenire di persona perché non vuole essere la responsabile della morte di un’altra delle sue compagne. Vincent deve soltanto crederle e chiamare la polizia.
Gli agenti John Cannon e David Savidge impiegano quasi un’ora prima di presentarsi a casa Nelson, Josefina racconta nuovamente la sua terribile storia anche ai due poliziotti che, come era già successo con Vincent, hanno difficoltà a crederle. Si rivelano decisive le cicatrici che la ragazza mette in mostra togliendosi i pantaloni, soprattutto quelle delle manette alle caviglie. Finalmente convinti, i due investigatori scortano la ragazza fino al distributore di benzina e qui arrestano, senza difficoltà alcuna, un Gary Heidnik incredulo e immobile.
L’incubo di Josefina è durato quattro mesi, ma ha finalmente avuto fine. Alle 5.00 del mattino del 25 Marzo 1987, una squadra della polizia fa irruzione nella casa del serial killer, al numero 3520 di North Marshall Street. Al comando c’è il Tenente della Omicidi James Hansen. Per entrare sono costretti a sfondare la porta, incapaci di aprire la speciale serratura dell’assassino. Guidati da Josefina, gli agenti si dirigono immediatamente in cantina dove trovano le ragazze nude e incatenate. Messe al sicuro le prigioniere su di un’ambulanza, la squadra speciale continua la perquisizione alla ricerca di altre prove. Tutti gli orrori vengono rinvenuti in cucina: una pentola contenente del grasso bruciato, una costola umana abbrustolita dentro il forno, un avambraccio intero conservato nel frigo. Nei giorni seguenti la polizia mette a soqquadro la casa degli orrori e scavano in giardino, ma per fortuna non emergono altri resti umani. Nell’abitazione vengono raccolti numerosi giornaletti pornografici, soprattutto con donne di colore, e un estratto conto bancario di ben 500mila dollari.
Il 23 Aprile 1987 Heidnik si presenta per la prima volta a giudizio, le imputazioni sono gravissime: rapimento, stupro, aggressione aggravata da deviazioni sessuali, imprigionamento, duplice omicidio. Le prove più schiaccianti utilizzate dall’accusa sono naturalmente le testimonianze delle ragazze rapite: Lisa, convocata per prima, descrive nei minimi dettagli come Gary Heidnik l’abbia incatenata, picchiata e stuprata; Josefina racconta tutta la sua permanenza nella cantina, dal rapimento in Cadillac fino al giorno dell’arresto, e descrive con precisione la morte di Sandy Lindsay e l’elettroshock che è stato fatale a Deborah Dudley. Ammette di essere stata lei a riempire d’acqua la buca e a infilare il filo in uno dei buchi. La difesa dell’assassino si aggrappa a questa deposizione per ottenere un’accusa ai danni della donna poiché, a loro parere, sarebbe stata proprio lei ad aizzare Heidnik. Josefina viene però difesa a spada tratta dalle testimonianze delle altre vittime. Tocca al dott. Paul Hoyer, dell’Ufficio medico provinciale, chiudere i procedimenti preliminari, fornendo la lista dei pezzi umani rinvenuti nella cucina dell’imputato: due avambracci, un braccio, due ginocchia e due cosce, un totale di 10 kg di carne umana, tagliata con una motosega.
Il 20 Giugno 1988 si apre ufficialmente il processo. La via scelta dalla difesa dell’imputato è l’infermità mentale ma, nonostante le tre testimonianze di psichiatri che giustificano lo stato mentale dell’uomo, è ritenuto capace di intendere e di volere e per questo può essere legalmente processato.
Il 30 Giugno 1988, dopo 16 ore di deliberazione, la giuria emette il verdetto: l’imputato Gary Michael Heidnik è ritenuto colpevole di duplice omicidio di primo grado e di tutte le accuse a suo carico. 18 condanne in tutto, ma bastano le prime due per ottenere la pena di morte. L’assassino non ha nessuna reazione emotiva durante la lettura del verdetto. Dopo aver atteso per 11 lunghi anni rinchiuso nel braccio della morte, il 6 Luglio 1999 alle 22:29, l’uomo è stato giustiziato tramite iniezione letale. In seguito alla sua morte, nessun familiare ne ha richiesto il corpo a cui poter dare una sepoltura dignitosa: giace pertanto nella fossa comune del carcere.
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Silvia dice
Complimenti per l’articolo, un mese fa su you Tube è uscito un video nel quale la youtuber racconta questa storia descrivendo per filo e per segno quasi ogni parola di questo articolo, o siete la stessa persona o l’articolo è talmente ben fatto da essere preso per filo e per segno. Penso che si tratti della prima anche perché è una youtuber che fa delle ricerche. Per cui complimenti ti seguo su you Tube!!!
Webmaster dice
Grazie di cuore, Silvia.