Non un libro, non una rivista. John Carpenter – The Legend, edito da Weird Book e curato da Luigi Boccia, Giada Cecchinelli e Luca Borri, è un progetto ibrido e rivoluzionario: il primo book-magazine dedicato all’ultima grande leggenda del cinema americano, il settantacinquenne John Howard Carpenter, personaggio altrettanto rivoluzionario, un regista che – come scrive Luigi Boccia – “attraverso le sue opere ci ha esortato a ribellarci ai «sistemi» che ingabbiano la società e minano la libertà di pensiero”. Perché tutte le vere rivoluzioni, quelle che hanno lasciato il segno, sono state portate avanti dall’arte.
Alternando interviste, approfondimenti, brevi saggi, il volume ci regala un ritratto a tutto tondo del poliedrico e visionario regista, mettendo in luce aspetti meno noti della sua filmografia. Lo sapevate che è stato l’attore Charles Bronson, col personaggio di Paul Kersey nel film Il giustiziere della notte (Death Wish di Michael Winner, 1974) a ispirare il quinto lungometraggio di Carpenter, 1997: Fuga da New York (Escape from New York, 1981)? Ce lo racconta Massimo Moscati mettendo a confronto le due pellicole, rappresentazioni (ciascuna a modo suo) “della New York della fine del XX secolo da «Sodoma e Gomorra»”. Anche Giovanni Toro dedica un intero saggio a 1997: Fuga da New York e alla sua distopia post apocalittica con l’idea di un mondo sprofondato “in una condizione di degrado e di oppressione” sintetizzata dall’immagine di Manhattan trasformata in prigione di massima sicurezza a cielo aperto.
Roberto Lasagna si sofferma invece su un cortometraggio dal titolo Captain Voyeur realizzato da Carpenter nel 1969 quando frequentava la University of Southern California: saggio scolastico il cui ritrovamento, nel 2011, ha suscitato molto interesse perché anticipava tematiche e cifre stilistiche (pensiamo a Halloween – La notte delle streghe, 1978) che avrebbero fatto di lui un artista di fama mondiale.
Villaggio dei dannati (John Carpenter’s Village of the Damned, 1995) – rifacimento del film di Wolf Rilla del 1960) – fornisce lo spunto per una lettura intermediale tra il film e il racconto di fantascienza da cui era tratto (I figli dell’invasione di John Wyndham, pubblicato nel 1957), analisi dalla quale emerge la particolarità dello script di David Himmelstein affidato alla regia di Carpenter rispetto al racconto originale.
A proposito di racconti, Giada Cecchinelli ci mostra un Carpenter inedito – in veste di scrittore ma già con un’evidente consapevolezza del linguaggio cinematografico – con la traduzione di Harlequin, breve storia pubblicata dal regista nel 1969 sulla rivista «The Continent».
Tra studi critici (tra le altre firme, anche Fabio Zanello, Edoardo Rosati, Mario Galeotti, Marco Santeusanio), film cult (Distretto 13 – Le brigate della morte, 1976; La cosa, 1982; Christine – La macchina infernale, 1983; Grosso guaio a Chinatown, 1986; Essi vivono, 1988; Fantasmi da Marte, 2001), testimonianze, graphic novel e un apparato fotografico di tutto rispetto, c’è spazio anche per John Carpenter in persona e per sua moglie, la produttrice Sandy Ann King sposata nel 1990, intervistati da Scott Feinblatt. Alla domanda “Da dove trai ispirazione?”, per qualsiasi progetto, anche i più recenti, la risposta è semplice: “L’ispirazione è sempre la stessa: dalla mia giovinezza, dal modo in cui sono cresciuto a sette anni, dalla mia immaginazione… perché solo il fatto di scrivere di un certo argomento ti fa trovare l’ispirazione dentro la tua testa”.
Una lettura vivamente consigliata, dunque, quella del book-magazine di Weird Book John Carpenter – The Legend, ritratto appassionato di un regista che “anche adesso, nella sua assenza dietro la macchina da presa [l’ultimo suo film per il grande schermo risale al 2010, The Ward – Il reparto, nda] continua a parlarci… Sta a noi interpretare il suo silenzio e la sua eredità”.
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