Doria Tillier come nuova Catherine Deneuve e Vincent Lacoste come Gerard Depardieu? I nomi emergenti del cinema francese fanno rivivere certi tipi immortali del cinema d'Oltralpe: la seduttrice, la ribelle, lo svagato, la scandalosa, il bello e maledetto, li abbiamo accostati ai loro celebri predecessori e l'esperimento è riuscito: le leggende si aggiornano, ma resistono.

Doria Tillier e Catherine Deneuve

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Matias Indjic
Doria Tillier, 34 anni, protagonista di Tutti pazzi per Yves, di Benoît Forgeard

Con quel corpo come liana, sinuoso e sensuale, Doria è il nuovo sex symbol del cinema francese d’autore, lanciata da La belle époque, dov’è un’attrice che interpreta il primo amore di Daniel Auteuil, ricreato in una real fiction. Ha i geni delle sorelle star Catherine Deneuve e Françoise Dorléac, quest’ultima volata via troppo presto. Il percorso è ancora lungo, ma quella bruciante magia dietro i lunghi capelli è davvero unica nel panorama assai intellettuale delle ragazze francesi. Sarebbe perfetta in un film à la Truffaut, per il momento è l’aereodinamica e un po’ feticista protagonista di Tutti pazzi per Yves, protagonista maschile un frigorifero intelligente in grado di dirigere dieta e vita del rapper che se lo tiene in casa. Un esperimento e una folle commedia futurista, nel quale Doria è la mutevole So, forse una replicante che controlla l’esperimento con risvolto sexy.

collioure, france – 1962 catherine deneuve on the set of the movie 'et satan conduit le bal' directed by roger vadim, in collioure, france, in 1962  photo by reporters associesgamma rapho via getty imagespinterest
REPORTERS ASSOCIES//Getty Images
Catherine Deneuve in un ritratto del 1962

Swann Arlaud e Patrick Dewaere

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Philippe QUAISSE / PASCO
Swann Arlaud,39 anni

In questo gioco di somiglianze, tra presente e passato, Swann Arlaud, 39 anni, premiato come miglior attore nell’ultima edizione dei César per il film Grace à Dieu di François Ozon, mostra la fragilità e i tratti minuti, un po’ sofferti che erano la caratteristica di Patrick Dewaere, icona dal destino bruciato del cinema francese anni Settanta. L’abbiamo scoperto come protagonista di Petit paysan – Un eroe singolare; alterna teatro e cinema, progetti impegnati e impegnativi come il bellissimo Exfiltrés, dov’è il marito di una francese convertita all’Islam e passata in Siria per raggiungere il califfato. Con l’aiuto di amici e attivisti riuscirà a farla fuggire da una schiavitù insensata. Bel film di di Emmanuel Hamon, a tratti documentario, lo distribuirà I Wonder Pictures e anche per noi italiani è bruciante attualità. Ma il suo capolavoro d’attore resta indubbiamente il ruolo nel film di Ozon, potente sassata, contro l’ipocrisia della Chiesa che nasconde le colpe dei preti pedofili. Febbrile e a fior di pelle.

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Laurent MAOUS
Patrick Dewaere nel 1977 (morì 35enne nel 1982)


Virginie Efira e Jeanne Moreau

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Matias Indjic
Virginie Efira, 43 anni, protagonista di Benedetta.

Nessuna paura, le scene di sesso esplicito e quel certo sapore di scandalo non preoccupano certo la 43enne Virginie Efira, lo stesso modo sfrontato con cui Jeanne Moreau camminava lieve sui pregiudizi del tempo. In Sybil di Justine Triet si espone senza pudore alla macchina da presa, rivendicando «una libertà a cui non voglio e non so rinunciare». Ha osato in passato con il noir punk Kill me please sulla clinica dei suicidi, e non desiste: il suo prossimo film attesissimo, Benedetta di Paul Verhoeven (sarà certamente presente nella selezione del prossimo festival di Cannes “fuori le mura”, giramondo causa virus, forse presentato al Lido. Girato in Toscana, il film è la storia vera della badessa del XVII secolo Benedetta Carlini, mistica con relazioni omosessuali. Il film si basa sul libro Immodest acts – La vita di una suora lesbica nell’Italia rinascimentale di Judith C. Brown. Fa già scandalo il poster, velo talare e seno nudo.

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Jacques Haillot
Jeanne Moreau negli Anni 60.

Félix Moati e François Truffaut

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Matias Indjic
Félix Moati, 30 anni, regista di Deux fils.

La faccia è quella di Belmondo, un po’ suonata, il tocco da regista, esagerando un po’, è à la Truffaut con spleen da gente di banlieue. Félix, 30 anni, prende a prestito la svagata, nevrotica e sconnessa mascolinità del suo amico di liceo Vincent Lacoste, generazione d’oro, per raccontarci in Deux fils come si affronta la vita con un padre depresso, interpretato dal gigante Benoît Poelvoorde, il quale, dopo un lutto, sceglie di lasciare ogni certezza per scrivere romanzi che nessuno vorrà. Amori, rifiuti e tenerezze di due figli che si vergognano del genitore ma non sanno farne a meno. Uno dei migliori film (da noi distribuirà Movies Inspired) dell’ultimo anno, un piccolo gioiello di sentimenti inediti. E se Truffaut era l’uomo che amava le donne, potremmo dire che Félix Moati è il ragazzo che sa raccontare i nuovi maschi. Senza pelle, ma con impaccio e affetto.

french film maker and actor francois truffaut 1932    1984   photo by evening standardgetty imagespinterest
Evening Standard
François Truffaut in un ritratto del 1978.

Judith Davis e Anna Karina

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Philippe QUAISSE / PASCO
Judith Davis, regista e interprete di Quel che resta della mia rivoluzione.

Colbacco soviet in testa, un’allure controcultura, tante valigie per il viaggio alla ricerca di Tout ce qu’il me reste de la révolution, vera ossessione per la giovane Davis, interprete e autrice di questo film, sconnesso e adorato che la porta tra amici, compagni e amanti a fare il punto su dov’è finito lo spirito di rivolta, chi ancora lo corteggia, chi se lo ricorda. Film minimale ma pieno di simboli, come quel colbacco e il titolo che lo accostano a La chinoise di Godard e ad Anna Karina, icona di Nouvelle vague, cinefili e maoisti. La fulva regista ventenne ci crede e lavora «solo con i collettivi teatrali, tutto nasce dal confronto comune, dallo scambio di ruoli in teatro-laboratorio e poi al cinema». Il suo vero interesse è l’urbanistica, e si dilunga sulle cerchia urbana di Parigi che ha espulso le periferie. Tutto da rifare: un progetto utopico il suo, ma le auguriamo che questo puntiglio anche ironico non si perda con gli anni e con il successo. Per il momento si definisce un’artista attivista. Anche se la rivoluzione, nel suo film, è un oggetto perduto.

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REPORTERS ASSOCIES
Anna Karina nel 1965.

Léa Drucker e Isabelle Huppert

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Matias Indjic
Léa Drucker, 49 anni, interprete di Deux.

Gli occhi bellissimi, una lamina d’acciaio, forte come la paziente carriera fatta di capolavori come il premiatissimo L’affido - Una storia di violenza e serie tv d’autore assai popolari Oltralpe come Le bureau des legendes. Léa Drucker, 49 anni, ha una tempra alla Huppert e un talento capace di tessere il filo di un film anche in ruolo da non protagonista. Bravissima nella parte della figlia ignara dell’amore passionale tra la madre (Martine Chevallier) e l’anziana vicina di pianerottolo (Barbara Sukowa) nel magnifico Deux, opera che spezza con mano sottile e spunti thriller un tabù resistente, l’amore fisico tra due anziane donne. Esordio folgorante firmato dall’italiano quarantenne Filippo Meneghetti, padovano da dieci anni in trasferta a Parigi. In Deux, distribuito da Teodara Film, la malattia e il distanziamento forzato esplodono sino alla follia d’amore. E Léa Drucker è il polo magnetico attorno a cui ruota questa favolaccia femminista.

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INA
Isabelle Huppert nel 1972.

Vincent Lacoste e Gerard Depardieu

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Philippe QUAISSE / PASCO
Vincent Lacoste, 26 anni (L’hotel degli amori smarriti).

Capelli ricci come una spuma, talvolta rasati e domati per esigenze di scena, sguardo e fisico indolente, «la vita e les copains prima di ogni altra cosa, anche sul set»: in pochi anni Vincent Lacoste, che in Italia abbiamo appena visto in L’hotel degli amori smarriti, è diventato l’emblema del nuovo maschio incerto e nevrotico, incapace di resistere all’amore ma anche di confrontarsi con i sentimenti. In Deux fils, diretto dall’amico di sempre Félix Moati, si barcamena tra debolezze e innamoramenti mai compiuti, in altalena tra spregiudicatezza e sensibilità femminile. Il giovane Gérard Depardieu, smisurato con il trascorrere del tempo, aveva quel tocco lì, un gigante dalle squisitezze nascoste, dove pigrizia e una certa malinconia convivono felici. Vincent, 26 anni, si definisce «attore per caso», ma proprio questa sua nonchalance l’ha fatto entrare velocemente nel cuore di tanti, e da Hyppocrate in poi il cinema francese non sembra poter prescindere da questo ragazzone che dichiara di ispirarsi ad «Alberto Sordi e naturalmente a Depardieu», Insieme lui e Gérard hanno girato l’esagerato Saint Amour, un programma di vita.

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Pascal Parrot.//Getty Images
Gérard Depardieu nel 1984.

Mounia Meddour e Marjane Satrapi

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Veeren Ramsamy
Mounia Meddour, 42 anni, regista di Papicha.

Autrice algerina, 43 anni, discorso forte e senza tentennamenti, fa parte di quella generazione femminile che trae il meglio dal melting pot francese, migrazione e ritorni, come ha saputo narrare, a fumetti e al cinema, l’iraniana Marjane Satrapi. Il film di Meddour, Non conosci Papiche (Papicha), è la storia, seria e reale, di una rivolta che parte, paradossalmente, dalla moda. Durante gli anni duri dell’esplosione fondamentalista in Algeria una studentessa spezza i tabù inventandosi una sfilata di abiti che reinventano l’hayk, il vestito tradizionale bianco delle donne e che, nel defilé, subisce mutazioni, tagli, aperture, diventa modello per serate e feste, il velo si fa cappuccio. Impresa che finisce male per l’incursione violenta delle milizie islamiche. Il film e Mounia hanno trionfato al Grand Prix Cinéma di Elle Francia, le lettrici l’hanno eletto miglior film del 2019. Da vedere prestissimo.

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ANDY CROSS
Marjane Satrapi nel 2007.