BONA Sforza, regina di Polonia in "Dizionario Biografico" - Treccani - Treccani

BONA Sforza, regina di Polonia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)

BONA Sforza, regina di Polonia

Henryc Barycz

Figlia di Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano, e di Isabella d'Aragona, figlia del re di Napoli Alfonso II, nacque il 2 febbr. 1494 nel castello di Vigevano. Passò l'infanzia a Pavia ed a Milano, negli anni infelici delle invasioni francesi, per di più funestati da numerosi lutti familiari, fra cui la morte del padre (ott. 1494). Impadronitosi il reggente Ludovico il Moro, prozio di B., del ducato di Milano a danno del fratello di B., Francesco Maria, Isabella d'Aragona, la stessa B. e le sue sorelle venivano rinchiuse nei castelli milanesi.

L'atmosfera della sua giovinezza ebbe indubbiamente influenza sulla formazione della personalità della futura regina di Polonia. La caduta del ducato di Milano nelle mani di Luigi XII nel 1499 non comportò per la discendenza legittima di Gian Galeazzo la restituzione del principato, ed anzi Luigi XII fece portare Francesco Maria Sforza in Francia. Al ritorno del Moro, Isabella lasciò Milano con le figlie (2 febbr. 1500) e, attraverso Mantova, Ferrara e Roma, si recò a Napoli, dove il re Federico la investì con un privilegio feudale antidatato dei feudi di Bari e Rossano, che le erano stati restituiti l'anno precedente dal Moro. A Napoli B. visse l'invasione ispano-francese, l'occupazione della città da parte dell'esercito francese (25 luglio 1501), poi la guerra fra i due Stati ex alleati.

La sua educazione fu curata all'inizio dalla stessa Isabella, la quale le insegnò lo spagnolo; in seguito, verso il 1506, il compito fu affidato a Crisostomo Colonna, membro dell'Accademia Pontaniana e poeta petrarcheggiante, sotto la supervisione del medico della corte d'Aragona, che era l'umanista A. Galateo. L'istitutore Colonna così caratterizzava nel 1516 la sua allieva: "molto colta, di temperamento sanguigno, di altezza media, né troppo magra né troppo grassa, di buona indole, conosce quattro libri di Virgilio, molte lettere di Cicerone, diversi epigrammi, sa a memoria il Petrarca, scrive e parla in modo particolarmente dotto". Oltre alla letteratura latina ella conosceva la storia, suonava il monocordo, era cultrice della danza, espertissima nel cavalcare, appassionata cacciatrice. Accanto alla madre s'iniziò all'arte di governo approfondendo in particolare la conoscenza del sistema amministrativo del regno napoletano. Superata nel 1510 una grave malattia, passò i suoi anni più felici, tra il 1512 e il 1514, a Castel Capuano, alla corte "delle regine tristi" Giovanna III e Giovanna IV; ammirata e cantata dai poeti (G. Borgia, Vazquez), suscitava attorno a sé innumerevoli passioni amorose e divenne, sotto il nome di Belisena, l'eroina della romanza spagnola Question de amor (Valencia 1513).

Dopo la morte, avvenuta in Francia nel 1512, dell'unico figlio Francesco Maria, Isabella ricercò per la figlia un matrimonio che le permettesse di riacquistare il ducato di Milano. Inizialmente pensò di maritarla con Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro, poi con il cugino Filippo di Savoia, infine ad uno dei nipoti di papa Leone X. Resi inattuabili questi progetti nel 1515 dalla conquista di Milano da parte di Francesco I, re di Francia, fu lo zio di B., l'imperatore Massimiliano I, che si preoccupò del suo matrimonio. Legando il problema personale del futuro di B. coi suoi vasti progetti di egemonia nell'Europa centrale, verso la fine del 1515 avanzò proposte di matrimonio al re polacco Sigismondo I JagelIone, recentemente rimasto vedovo della prima moglie Barbara Zápolya. In primo luogo propose la sua nipotina Eleonora di Borgogna, figlia di Filippo il Bello e di Giovanna la Pazza di Aragona; come alternativa fece i nomi di B. e della regina vedova napoletana Giovanna IV. La scelta di Sigismondo incontrò l'approvazione di Isabella.

Sigismondo I (nato il 1º genn. 1467) era stato educato in parte nello spirito dell'umanesimo (era stato allievo dell'italiano Filippo Buonaccorsi [F. Callimaco]), era buon conoscitore del latino e tedesco; si presentava come un re generoso e basava il suo governo sullo spirito degli ideali medioevali e sui principi dell'etica cristiana.

Le opinioni degli ambienti polacchi nei confronti delle proposte matrimoniali di Massimiliano I furono discordi, benché un nuovo matrimonio del re, data la mancanza di un successore al trono, fosse necessario. Il partito nazionale era favorevole al matrimonio di Sigismondo con Anna di Masovia, per realizzare così l'unificazione di questo principato con la Polonia mentre gli ambienti di corte e il re stesso propendevano per Eleonora. Quando questa candidatura cadde Sigismondo I, sia per l'influenza dell'imperatore e del pontefice Leone X, sia anche grazie all'azione condotta dalla stessa Isabella, si decise a sposare Bona. Le trattative vennero svolte a Vilna dall'inviato dell'imperatore, S. Herberstein e dall'inviato di Isabella, C. Colonna, e portarono, all'inizio del 1517, ad una promessa ufficiale di matrimonio. Verso la fine dell'agosto dello stesso anno partì per l'Italia una delegazione polacca per effettuare un matrimonio per procuram. Durante il viaggio gli inviati si fermarono a Wiener Neustadt, ottenendo dall'imperatore un documento che assicurava la conclusione del contratto matrimoniale. Il 6 dicembre, in Castel Capuano, ebbe luogo il matrimonio. Nello stesso giorno fu firmato l'atto di "intercisa" che assegnava a B. i feudi di Bari e di Rossano, stabilendo il pagamento per due anni, con carattere dotale, di una somma di 200.000 ducati, e anche di una somma di 50.000 ducati come corredo.

Il 3 febbr. 1518 B. con un seguito di trecentoquarantacinque persone, guidato da Prospero Colonna e dal marchese di Pescara Ferrante d'Avalos, partiva verso la Polonia via mare, dal porto di Manfredonia. Il 14 dello stesso mese sbarcarono nel porto di Fiume, e attraverso Vienna e Olomouc, dove ebbero luogo le solenni accoglienze da parte di una delegazione di maggiorenti polacchi, raggiunsero l'11 aprile le frontiere polacche. Il cardinale Ippolito d'Este, venuto dall'Ungheria con un largo seguito, raggiunse B. nei dintorni di Cracovia. Dopo la solenne entrata di B. (15 aprile) nella città allora capitale della Polonia, il 18 dello stesso mese, nella cattedrale di Wawel furono celebrati il matrimonio e l'incoronazione.

I festeggiamenti durarono otto giorni, ed ebbero una forte eco in tutta l'Europa: persone appositamente incaricate ne trasmettevano la descrizione alle diverse corti. La loro completa cronaca fu pubblicata in quei tempi dal segretario del re J. L. Decius. Un loro ricordo si trova anche nelle novelle del Baridello. Il poeta napoletano Colantonio Carmignano, che faceva parte del seguito di B., descrisse in versi, su desiderio della principessa Isabella, il viaggio della regina fino a Cracovia e sotto lo pseudonimo di Parthenopeus Suavius lo pubblicò nel 1535 a Bari.

A parte l'aspetto formale e mondano, i festeggiamenti nuziali costituirono nella vita della Polonia un grande avvenimento culturale. Al seguito di B. si trovavano infatti noti rappresentanti della cultura italiana come Celio Calcagnini, l'astronomo Luca Gaurico e altri. Era questo il primo ampio contatto fra le due culture, che, malgrado i fondamenti comuni, avevano aspetti diversi. In quell'occasione l'avvenimento culturale più importante fu un torneo poetico, fino ad allora sconosciuto in Polonia, cui parteciparono un gran numero di poeti umanisti polacchi e stranieri. Vi parteciparono infatti gli austriaci G. Cuspinianus e F. Gundelius, gli svizzeri G. Vadianus e R. Agricola il Giovane, gli italiani G. Balbi e C. Calcagnini, i poeti slesiani e polacchi L. Corvinus, G. Ursinus Vellius, J. Dantiscus, A. Krzycki (Critius). Gli studenti ungheresi che studiavano all'università di Cracovia offrirono la pubblicazione collettiva di una raccolta di omaggi.

B. si abituò rapidamente alle nuove condizioni di vita. Imparò il polacco e grazie a frequenti viaggi conobbe bene il paese e gli abitanti. Dal 1528 soggiornò alcune volte, per lunghi periodi, in Lituania, che chiamava "le nostre parti". Pur rimanendo italiana, comprendeva bene le diversità del carattere e dello sviluppo nazionale e sociale della Polonia.

Fin dal suo arrivo, la sua vita cambiò radicalmente. Quella che precedentemente era stata la "vergine latina", cantata dai poeti, l'allegra partecipante agli spensierati divertimenti e giochi della corte napoletana, diviene una regina piena di dignità che partecipa alla direzione di un grande Stato, ispiratrice di mutamenti nella sua politica estera e interna, la rinnovatrice di una vita culturale ai confini del mondo occidentale; mentre nella vita familiare diveniva una fedele e devota sposa e una madre sollecita dell'avvenire dei suoi figli. Severa e scrupolosa, curava molto la moralità della sua corte. Ebbe sei figli: Isabella, sposata nel 1539 con Giovanni Zápolya, re d'Ungheria; Sigismondo Augusto, re di Polonia dal 1548, ultimo della dinastia degli Jagelloni; Sofia, sposata ad Enrico, principe di Brunswick; Anna, futura regina di Polonia e moglie di Stefano Báthory; Caterina, sposata al re di Svezia, Giovanni III; e Olbracht morto il giorno della nascita. B. assicurò ai figli una accurata educazione che in parte impartì loro ella stessa. L'educazione di Sigismondo Augusto improntata allo spirito italiano, orientata verso lo sviluppo dell'intelletto e realizzata coll'aiuto di istitutori italiani, provocò molte obiezioni e portò a uno scontro di notevole importanza.

Avida di potere, ambiziosa, superba e orgogliosa, risoluta, energica, al contrario del marito, priva di scrupoli nella realizzazione dell'azione statale "pur sappia V.S. a questi tempi ne bisogna contra vento navigare" - scriveva ad Alfonso I d'Este nel 1529), presto B. dominò il re che stava invecchiando. Già nel 1525 gli osservatori politici constatavano "l'incantesimo" che la moglie esercitava sul re. Nel 1532 un agente diplomatico italiano scriveva: "la rezina... è fatta omnipotente et ha tolto tutta l'autorità al marito et a li altri principi ita che l'è fatta un altra rezente in Franza" (cioè la reggente Luisa di Savoia).

Subito B. mirò a togliere la Polonia dall'eccessiva dipendenza in cui si trovava nei confronti degli Asburgo, a far superare alla politica polacca l'impasse cui era stata costretta dai trattati di Presburgo e di Vienna nel 1515. Contrariamente alla madre, fedele agli Asburgo spagnoli, B. era "la più nemica del re Ferdinando I e la peggio disposta e apertamente ostile nei confronti della nazione tedesca", come assicurava la relazione di un diplomatico austriaco del 1537. Ella quindi si decise a stringere rapporti diretti con Alfonso I d'Este, alleato della Francia, ad intavolare trattative con la Francia nel 1520, e nel 1524 a concludere con essa un patto di alleanza; B. pensava col suo aiuto di rientrare in possesso di Milano, per insediarvi Sigismondo Augusto o la figlia Isabella. Nuovi tentativi per rafforzare i legami con la Francia furono fatti da B. nel 1547-48.

Dopo la battaglia di Mohács nel 1526 e dopo la fine del potere degli Jagelloni in Boemia e in Ungheria, B. cercò di stabilire l'influenza polacca su questi due paesi. In seguito, durante la controversia fra i due candidati alla corona ungherese, Giovanni Zápolya e Ferdinando I, B. esercitò la sua influenza affinché, pur assumendo la Polonia un atteggiamento neutrale, in realtà appoggiasse la causa dello Zápolya, che, grazie a ciò poté superare le situazioni più difficili. Infatti dopo la sconfitta del suo esercito nella battaglia di Szina (8 marzo 1528), lo Zápolya trovò rifugio in Polonia, dove reclutò soldati, per riprendere, verso la fine dello stesso anno e coll'appoggio diplomatico della Polonia e della Turchia, la lotta per i suoi diritti. La politica antiasburgica di B. provocò una fiera reazione da parte dell'imperatore Carlo V e di Ferdinando I, sia contro la Polonia (gli intrighi politici con Mosca, con il principe prussiano Albrecht e con i marchesi di Brandeburgo, la presentazione delle infondate pretese di egemonia sul principato prussiano e sulla Masovia), sia contro B. personalmente (la non ratificazione alla principessa Isabella dell'eredità di Giovanna IV, il sequestro del ducato di Bari e del principato di Rossano dopo la morte di Isabella, la restituzione da parte di Carlo V a Francesco II Sforza, figlio di Ludovico il Moro, del ducato di Milano, l'arresto delle persone legate a B. e la confisca delle merci trasportate). Le questioni italiane frenavano senza dubbio la politica antiasburgica di B.; di grande importanza era infatti per lei, accanto al desiderio della restituzione di Milano, il riavere le proprietà private degli Sforza, e cioè Cremona, Tortona e Pontremoli. Dopo i tentativi non riusciti di mediazione fra Ferdinando I e Giovanni Zápolya (convegno di Poznaú, 1530), la Polonia non partecipò più attivamente alla questione della successione ungherese ed invece nel 1533 concluse con la Turchia quel patto che rimase fino alla fine del secolo XVI il fondamento della sua politica orientale. La partecipazione attiva della Polonia alla politica ungherese si concluse con un atto antiasburgico: il matrimonio della figlia primogenita di B., Isabella, con Giovanni Zápolya (1539).

Per quanto riguarda il suo atteggiamento verso l'Italia, questo si limitò all'assicurazione dei suoi interessi dinastici, ottenendo dall'imperatore Carlo V, dopo una dura lotta diplomatica, l'investitura dei suoi feudi ed il diritto illimitato alla loro proprietà (i privilegi furono pubblicati a Barcellona nel 1535 e ad Asti nel 1536), pur non cessando mai dal muovere pretese sul ducato di Milano. Risultato indiretto di questa attività politica di B. fu l'estensione e stabilizzazione dei rapporti diplomatici tra la Polonia e gli Stati italiani, che fino ad allora erano stati limitati quasi esclusivamente a quelli con la Curia romana, con Venezia e, nel secolo XV, sporadicamente, con i Visconti milanesi e con le corti di Ferrara e di Mantova. Nel clima di questi rapporti sorse, nel 1575, la candidatura di Alfonso II d'Este alla corona polacca.

La forte personalità di B. prevalse chiaramente nella politica interna dello Stato. Educata nella tradizione del potere accentrato, B. tendeva costantemente a trasformare l'organizzazione medioevale della Polonia in uno Stato nuovo, basato su una forte monarchia ereditaria e centralizzata, Grazie al concordato con Roma, B. sottomise alla sua autorità una parte dell'alto clero. Per rompere la preponderanza dei magnati si accordò con il partito nazionale del primate G. Laski, appoggiò le rivendicazioni della piccola e media nobiltà e, grazie a una saggia distribuzione delle cariche, introdusse alla corte un gruppo di cortigiani a lei devoto. Fra questi furono il maresciallo del regno P. Kinita, P. Opaliński, il diplomatico e vescovo G. Dantyszek, il primate P. Gamrat. Come nei suoi principati italiani B. volentieri faceva entrare gli eruditi al servizio dello Stato. Si preoccupava di aumentare l'autorità del potere reale e dell'amministrazione della giustizia, e in relazione a ciò perseguiva severamente gli abusi dei magnati. Assicurava protezione legale ai contadini, ai borghesi ed agli Ebrei. "Negli affari che richiedevano severità" esigeva "che si mostrasse la mano forte", ma restando nei limiti di una azione legale. Agiva contro i privilegi dei magnati nei tribunali, esigendo che fosse applicata loro la pena di morte. Anche se non sfuggì ad eccessi di autorità, le accuse di avvelenamenti fattele dai contemporanei furono probabilmente false: B. stessa se ne difese con molta energia.

Molti meriti sono poi riconoscibili a B quale amministratrice energica e capace. Le sue riforme economiche riguardanti i vasti possedimenti statali della Lituania, assieme ad un'ottima riforma agraria (la così detta "pomiara włoczna" - misura del terreno -), com'anche la riforma riguardante il tesoro (rivendicazione dei possedimenti statali), quella del sistema doganale e la concessione in appalto dei dazi fecero aumentare le entrate dello Stato e lo strapparono al primitivismo economico, in cui fino allora era rimasto. Nelle sue riforme amministrative e fiscali B. seguiva il modello napoletano della Regia Corte della Sommaria. B. mirava a formare un tesoro della corona che fosse la base di un rafforzamento del potere. Dal 1519 cominciò a concentrare nelle sue mani vasti possessi in Lituania (il principato di Pińsk e di Kobryń, i capitanati di Kleck, di Horodło e di Krzemieniec). Nel 1524 ottenne dal re grandi estensioni di terre nella foresta del Niemen, poi incominciò, a comprare ed eventualmente a ricomprare i beni dai magnati di Lituania. In queste sue terre si svolgeva una intensa attività di colonizzazione, si fondavano villaggi e città, le imposte in natura furono sostituite da imposte in denaro, furono emanati decreti sull'economia, costruiti castelli, chiese, scuole, mentre si mirava ad assicurare alla Lituania l'accesso al Baltico. Anche nella Polonia centrale propriamente detta (la cosiddetta Corona) B. aumentava la fortuna familiare degli Jagelloni e fra l'altro riuscì a far rientrare il principato di Masovia nel loro patrimonio.

Nello stesso tempo B. tendeva ad assicurare il trono all'unico figlio Sigismondo Augusto. Già nel 1522 ottenne il suo riconoscimento unanime quale successore al trono di Lituania; nel 1529 lo fece nominare grande principe di Lituania e l'anno seguente lo fece incoronare re di Polonia. Questi passi provocarono ben presto una viva reazione. Alle mire di B. si opponeva particolarmente una potente e influente fazione dei magnati appoggiata dall'Austria. I progetti di questa fazione andavano lontano. Si pensava infatti di creare una reggenza nella persona del principe prussiano Albrecht, si tendeva a strappare dalle mani di B. l'educazione di Sigismondo Augusto e di sottrarlo alla sua influenza, creando accanto a lui un consiglio permanente di senatori. Impegnata nella lotta non avvertì l'importanza delle nuove forze che stavano entrando in campo verso gli anni quaranta: il movimento della riforma religiosa del quale era nemica (benché fra gli elementi a lei fedeli ci fossero alcuni eminenti propagandisti di questo movimento: F. Lismanino, il poeta M. Rej); non capì neppure la forza e le tendenze della nuova fazione dei nobili riformati, chiamati gli esecuzionisti, che erano partigiani della profonda riforma dello Stato.

L'importanza di B. nella storia culturale della Polonia fu particolarmente grande e diversa a seconda dei settori in cui si svolse. Ebbe la massima influenza nel campo delle arti decorative: dell'oreficeria (per la quale il figlio ereditò una particolare predilezione), della tessitura e in quello del ricamo (diede un grande contributo alla formazione della famosa collezione di centoquattordici arazzi di Wawel, importati da Bruges nel 1533: la collezione ebbe infatti inizio con i quattordici arazzi portati da lei in Polonia nel 1518), dell'allestimento dei giardini (l'introduzione di nuove specie d'alberi decorativi, come, ad esempio, il pioppo italiano, l'estensione della cultura della vite), della decorazione dei giardini (il giardino all'italiana fu introdotto per esempio a Zwierzyniec, presso il castello reale di Wawel). Proteggeva la musica e il canto ed aveva alla sua corte eminenti rappresentanti di quest'arte (ad es. A. Pesenti, mediatore principale dell'influenza italiana sulla musica polacca). In maniera non minore influenzò la scultura e l'architettura: a lei si deve sia il monumento funerario del granduca Witold nella cattedrale di Vilna, sia la costruzione del palazzo reale nel castello basso di Vilna. Protesse i pittori, fra i quali Pietro Italiano, che dipinse quadri per la cattedrale di Cracovia. Non si deve poi dimenticare che alla corte di B. come già a quella di Sigismondo si formò e riunì un gruppo di rinomati architetti e scultori come Francesco da Firenze, B. Berrecci, G. Cini da Siena, G. M. Mosca detto Padovano, G. B. Ferro, lo scultore di gemme e medaglioni G. G. Caraglio; tutti questi apportarono il Rinascimento italiano nella cultura artistica polacca sottraendola alla supremazia tedesca che fino allora aveva dominato.

Il mecenatismo di B. nel campo della letteratura fu invece di importanza piuttosto limitata e di carattere cortigianesco. Anche in questo caso però ella riunì attorno a sé celebri poeti latino-polacchi come A. Krzycki, J. Dantiscus, M. Hussowczyk, i quali lodavano nelle loro poesie "la sua scienza, sapienza e amore della Repubblica e della religione" e il fatto che essa desidera la felicità e la prosperità" per la sua seconda patria. Essa appoggiò i padri della letteratura in lingua polacca, come per es. S. Ga̢siorek (Anserinus) e M. Rej. La letteratura italiana non trovò in B. una feconda protettrice e le opere a lei ispirate (ad es. quelle di C. A. Carmignano) ebbero un'impronta cortigiana e in parte ancora caratteristiche medioevali. Le dediche di alcune opere di minore importanza e i resti della sua corrispondenza con Pietro Aretino sono tutto ciò che rimane di B. in questo campo. Né la regina si distinse in modo particolare per lo sviluppo della cultura scientifica in Polonia: non si interessò all'incremento dell'unica scuola superiore, la università di Cracovia, benché nutrisse molta stima per gli scienziati e gli eruditi che erano al suo servizio (ad esempio L. Alifio, Scipione di Somma, M. della Torre) e cercasse di farne venire altri in Polonia (ad es. ingegneri militari per la costruzione di fortificazioni). Non riuscì a realizzare l'interessante progetto di far venire in Polonia l'umanista Q. M. Corrado, che avrebbe dovuto scrivere una moderna storia della Polonia. L'influenza di B. fu invece molto importante per lo sviluppo del pensiero politico moderno e per l'introduzione di nuove forme di amministrazione nello Stato.

Contribuì molto anche a migliorare e raffinare la vita sociale e i costumi. Amante dei bei vestiti e delle stoffe, B. propagò la moda del suo paese d'origine, e in ogni campo della vita civile estese la possibilità di influenza italiana e di sviluppo dei rapporti fra i due paesi: ne risultò l'organizzazione, dopo il 1520, di una linea postale fra Cracovia e Napoli. La corte della regina, formata subito dopo il suo arrivo in Polonia e composta di Italiani e di Polacchi, costituì l'elemento principale di questo avvicinamento e dello sviluppo dell'amicizia polacco-italiana. Fra i più noti italiani appartenenti alla corte sono da ricordare i giuristi L. Alifio e V. Massilla, il poeta N. A. Carmignano, il musicista A. Pesenti, il medico e agente diplomatico G. A. Valentino, i teologi M. della Torre e F. Lismanino. Il gruppo polacco era più modesto e si componeva di persone educate nelle università e nelle corti italiane. Alla corte di B. si formarono parecchi noti personaggi della vita statale ed ecclesiastica polacca, come P. Gamrat, J. Uchański, M. Dzierzgowski, W. Protasewicz ed altri. I primi matrimoni delle dame di corte di B. con Polacchi come anche il fatto di ammettere i nobili italiani nei ruoli gentilizi polacchi furono la dimostrazione del ruolo svolto dalla corte di B. nell'approfondire l'amicizia polacco-italiana.

Con la morte di Sigismondo (1º apr. 1548) si assiste al declino del governo di Bona. Il conflitto fra B. e il figlio si approfondì a causa del matrimonio di Sigismondo Augusto con Barbara Radziwiłł, suddita del regno. A causa di ciò B. si trasferì definitivamente, nell'agosto dello stesso anno, a Varsavia; nacque allora in lei il pensiero di lasciare la Polonia. Nel 1549 aveva già spedito in Italia una parte degli oggetti preziosi e 300.000 ducati. Le sue insistenti richieste del permesso di partire giunsero ad effetto: la dieta, nel 1555, diede il suo consenso a condizione che rinunciasse, in favore di Sigismondo Augusto, a tutti i suoi averi in Polonia. B. partì da Varsavia il 1º febbr. 1556, mentre precedentemente erano partiti 24 carri, ognuno trainato da 6 cavalli, con beni mobili, il tesoro personale e le opere d'arte.

A Bari, dove arrivò il 13 maggio, si compì la sua tragedia. Sperando di ottenere la reggenza del regno napoletano, concesse a Filippo II un prestito di 430.000 ducati, per i suoi bisogni bellici contro la Francia. Filippo II, d'altro lato, continuava a insistere perché la regina rinunziasse ai suoi feudi nel Regno, una questione sulla quale si erano avute trattative nel 1550, 1553, 1554, quando B. era ancora in Polonia. In conseguenza di ciò il re la avviluppò in una rete d'intrighi, nella quale il ruolo principale fu sostenuto dal favorito di B., G. L. Pappacoda. Sentendosi circondata da nemici, B. pensò di ritornare in Polonia, e per impedirlo il Pappacoda le somministrò un veleno. Mentre era moribonda (17 novembre 1557) le diedero da firmare un testamento falsificato, che mentre in apparenza nominava Sigismondo Augusto suo erede universale in realtà rendeva Filippo II erede del ducato di Bari e del principato di Rossano. Riacquistati i sensi, B. fece, il giorno seguente, un nuovo testamento in favore del figlio. Morì il 19 nov. 1557, abbandonata da tutti, consapevole di venir derubata delle sue ricchezze. Fu sepolta nella cattedrale di S. Nicola in Bari, dove la figlia Anna, nel 1593, fece costruire una sontuosa tomba di marmo.

I tentativi di Sigismondo Augusto per annullare il testamento non autentico di sua madre rimase senza effetto: Filippo II si appropriò infatti di Bari e per legalizzare la cosa concesse il principato di Rossano al nipote di papa Paolo IV, Carlo Carafa. Dopo molti tentativi Sigismondo Augusto riuscì a riavere una piccola parte degli oggetti preziosi e delle ricchezze di sua madre. Per i 430.000 ducati prestati a Filippo II (le cosiddette somme napoletane), la diplomazia polacca lottò senza successo per più di cento anni. Le somme, e le lotte svolte per esse, divennero leggendarie.

Nonostante il suo rilevante contributo al miglioramento e alla modernizzazione dello Stato, B. per la sua avidità, il suo orgoglio, la sua incostanza, le sue collere fu sempre reputata dall'opinione pubblica polacca e straniera il simbolo del male e della perversità, e come tale entrò nella storiografia mentre era ancora in vita (G. Passero, C. Castriota, S. e A. Corona). Il ritratto più oscuro e negativo è dovuto allo storico polacco contemporaneo, St. Górski, i cui giudizi fino a poco tempo fa godevano del massimo credito. Solo negli ultimi anni si è iniziato un processo di revisione della figura di Bona.

Fonti e Bibl.: La più importante raccolta di fonti per l'attività di B. in Polonia si trova nella pubblicazione Acta Tomiciana, III-XVI (fino al 1534); per gli anni seguenti cfr. volumi manoscritti nella Biblioteca Jagellonica ed in quella dei Czartoryski a Cracovia). La monografia fondamentale su B. è quella di W. Pociecha, Królowa B. (La regina B.), Poznań 1949-58 (interrotta all'anno 1538). Tra gli altri Polacchi che scrissero su B.: A. Przeździecki, Jagiellonkipolskie wXVI w (Le Jagellonidi polacche nel secolo XVI), I-III e V, Kraków 1868-78; K. Chtędowski, Królowa B. (La regina B.), Lwów 1929; Kl. Kantecki, Sumy neapolitanskie (Le cosiddette somme napoletane), Warszawa 1881; A. Darowski, Bona Sforza, Roma 1904; Id., ZmłodosciBony Sforzy, (La giovinezza di B. S.), in Przewodnik Naukowy i Literacki, Lwów 1909; L. Kolankowski, Zygmunt August (Sigismondo Augusto), Lwów 1913; Id., Polska Jagiellonów (La Polonia dei Jagelloni), Lwów 1936; A. Danysz, Owychowaniu Zygmunta Augusta (Sull'educazione di Sigismondo Augusto), Kraków 1915; Z. Wojciechowski, Zygmunt Stary (Sigismondo il Vecchio), Warszawa 1946.

Fra gli scritti italiani si deve ricordare: L. Pepe, Storia dellasuccessione degli Sforzeschi negli Stati di Puglia e Calabria, Bari 1900, passim; A. Dina, Isabella d'Aragona, in Archivio stor.lomb., XLVIII (1921), pp. 269-457; L. Cini, Passaggio della regina B.S. per Padova nell'anno 1556, in Relazioni tra Padova e laPolonia, Padova 1964, pp. 27-65. Cfr. anche A. Veress, Izabella Kiràlyné 1519-59, Budapest 1901; L. Collison-Morley, The story of the Sforzas, London 1933, passim.

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