De Biasi: “ 20 anni dall’ultima partita di Baggio, a me sembra ieri” - La Stampa

MILANO. L’ultimo infinito applauso a Roberto Baggio in una partita ufficiale è partito grazie alla sostituzione decisa da Gianni De Biasi al 39’ del secondo tempo di Milan-Brescia a San Siro. Era il 16 maggio 2004. Il saluto al calcio del fuoriclasse vicentino, amato in tutto il mondo, al passo di addio a 37 anni dopo una carriera con Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter, Brescia e Nazionale. Sono passati due decenni, ma nessun appassionato dimentica quel pomeriggio. «Solo le chiamate che sto ricevendo, anche dall’estero, mi ricordano che è trascorso tanto tempo. A me sembra ieri», racconta De Biasi, che allenerà il Brescia per un’altra stagione prima di passare al Torino (primo tecnico della gestione di Urbano Cairo).

Qual è l’emozione più forte di quella giornata?
«Un misto di gioia e malinconia. L’allegria è legata al fatto che Baggio è uscito dal calcio su un palcoscenico straordinario davanti a una tifoseria che lo ha osannato, come tutte quelle delle piazze dove ha giocato. La malinconia nasce dalla constatazione che, secondo me, in cuor suo Roberto avrebbe voluto continuare perché amava il calcio. Ha avuto la fortuna di amare quello che faceva con una passione smisurata. E anche quel giorno aveva regalato le sue magie. Chiuse quel campionato con 12 gol e 10 assist, quasi tutti a Caracciolo».

In quei mesi avete parlato della possibilità di proseguire ancora?
«No, era una scelta delicata. Mi sono solo permesso di ricordargli che la gente da Baggio si aspetta sempre il massimo. Allo stadio o alla tv non poteva sapere se aveva male al ginocchio o alla schiena. “Se non te la senti, dimmelo”, gli ripetevo quando lo vedevo acciaccato. “No, mister, io gioco”, rispondeva sempre. Fin dall’inizio sapevamo che sarebbe stata l’ultima stagione, ma quando arrivi alla fine è dura accettare che quello è davvero l’ultimo applauso».

Compagni e avversari gli hanno detto qualcosa di particolare?
«L’immagine più bella è l’abbraccio di Paolo Maldini al momento della sostituzione. È il massimo della gratificazione ricevere questa manifestazione di affetto da un altro fuoriclasse così grande. Mi considero fortunato ad averlo allenato perché per me Baggio era un mito. Abbiamo cercato di lasciarlo libero senza mettergli pressione. Roberto non esternava tantissimo le emozioni più intime. Così alla fine i compagni per sdrammatizzare hanno fatto le classiche battute da spogliatoio: “Finalmente hai smesso, vecchietto”. Mai vista nessuna forma di risentimento nei confronti di Baggio. Gli volevano tutti bene. Dopo quegli scherzi, lo hanno abbracciato tutti».

È stato duro l'ultimo anno di carriera?
«Ho visto tante volte Roberto alle prese con i massaggiatori prima e dopo le partite. Ha fatto molti sacrifici. Una volta in allenamento gli ho prestato una cintura di neoprene, che usavo per andare in bicicletta, per aiutarlo a lenire il dolore alla schiena. Deve essere servita perché non l’ho più rivista. A ogni trasferta era pieno di tifosi giapponesi fuori dall’hotel. Roberto riceveva centinaia di lettere dall’Estremo Oriente. Ogni due settimane dalla sede arrivava al campo un impiegato al campo con scatoloni pieni. “Adesso rispondete voi”, rideva Roberto seduto sul lettino del massaggiatore».

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