La strada scarlatta (titolo originale Scarlet Street, USA, 1945). Regia: Fritz Lang. Interpreti principali: Edward G. Robinson, Joan Bennett, Dan Duryea, Russell Hicks, Rosalind Ivan, Charles Kemper, Margaret Lindsay, Vladimir Sokoloff

Un uomo onesto, un uomo probo tralalalalla tralallalero
S’innamorò perdutamente di una che non lo amava niente

Fabrizio De Andrè, La ballata dell’amore cieco, 1966

E’ la storia della discesa agli inferi di un uomo dal lavoro mediocre (cassiere in una grande azienda), come mediocri sono la corporatura, le aspirazioni, i sogni, narrata con il talento e la potenza di un grandissimo del cinema.
Mantenendo intatta l’impronta espressionista, questa storia dilaga nei meandri del Male raccontando come siano tutto sommato pochi gli elementi che possono trasformare un innocuo travet in un potenziale mostro: una bassissima stima di sé, alimentata da una moglie che lo disprezza e da un lavoro routinario all’interno di una grande organizzazione spersonalizzante; un talento inespresso nella pittura, che considera solo un passatempo domenicale; il desiderio di amare, che lo trasporta all’interno di un mondo che non gli appartiene e lo acceca fino al punto di commettere azioni che mai avrebbe anche solo immaginato.

Tutto inizia la sera in cui Chris viene premiato per la sua fedeltà alla ditta durante una grande cena aziendale; mentre sta tornando a casa si accorge che una ragazza viene picchiata da un uomo e accorre per aiutarla, mettendolo in fuga.

Conosce così Kitty e in poco tempo se ne innamora: è l’ancora di salvezza in un mondo di mediocrità a cui Chris si aggrappa come un naufrago a una zattera. E lei, spinta da Johnny, il bellimbusto che la picchiava e di cui continua a essere innamorata, inizierà a spillare soldi a Chris fino a farsi pagare l’affitto di un appartamento, dove lui porterà le sue tele dopo che la moglie aveva minacciato di bruciarle. Per una serie di equivoci, i dipinti che lui credeva privi di valore saranno scoperti da un noto critico d’arte e Kitty dichiarerà di essere la vera autrice, sostenuta e giustificata ancora una volta da Chris.

La vicenda inizia come una commedia, prosegue come un melò e termina come un noir, e il sogno di Chris si trasforma in un incubo che non lo abbandonerà più. Ma ciò che colpisce, e che serve al regista per evidenziare come delitto e castigo seguano strade spesso insondabili, è la catena di errori di valutazione che commettono i personaggi: Chris, nell’innamorarsi di Kitty, Kitty a rimanere attaccata a Johnny, la moglie di Chris a piangere il suo primo marito creduto disperso, e i critici d’arte a riconoscere nei dipinti un valore che non avevano mai avuto, solo per il fascino della loro presunta autrice. E’ quella l’unica verità, anche se davvero amara, che riconosce Chris, prima di aprire finalmente gli occhi e canalizzare in un unico gesto tutta la rabbia che aveva sempre covato dentro di sé.

Se apparentemente a mancare è la condanna, manca anche la redenzione. Dal gravame della colpa non è esente nessuno dei personaggi principali, ognuno rinchiuso in un progetto privo di respiro e dallo sguardo corto. Se l’amore è la risposta a tutte le domande dell’esistenza, Lang ce lo porge privo di ogni dimensione salvifica.

Tratto da un romanzo di Georges de la Fouchardière e portato per la prima volta sul grande schermo da Jean Renoir nel 1931 con il titolo La cagna, segue di un anno un altro capolavoro di Lang, “La donna del ritratto”, in cui avevano recitato gli stessi tre protagonisti. Ma là c’era la dimensione del sogno a sfumare i confini ed evitare le condanne: un anno dopo rimane la realtà e l’impossibilità di sfuggirle.