Lina Poletti, poetessa e femminista, legata a Eleonora Duse e Sibilla Aleramo, riscoperta negli Stati Uniti - la Repubblica

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Lina Poletti, poetessa e femminista, legata a Eleonora Duse e Sibilla Aleramo, riscoperta negli Stati Uniti

Lina Poletti, poetessa e femminista, legata a Eleonora Duse e Sibilla Aleramo, riscoperta negli Stati Uniti
Il saggio di Selby Wynn Schwartz “Le figlie di Saffo” mette al centro l’intellettuale nata a Ravenna alla fine dell’Ottocento
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Era nata a Ravenna alla fine dell’Ottocento ed è stata una delle prime donne apertamente lesbiche del nostro Paese. Ma della poetessa, grecista, letterata, Cordula Poletti, detta Lina, poco si sa. Tra le rare notizie certe che ci sono giunte di lei, c’è però quella della sua lezione su Dante alla Biblioteca Classense della sua città, il 9 maggio 1920, quando si presentò in abiti maschili. In giacca e camicia bianca, una camelia bianca appuntata al petto, lesse e commentò il XXXIII canto del Paradiso. Tra i più difficili. Di lei si sa poi che fu l’amante di Sibilla Aleramo e di Eleonora Duse.

A restituirle il suo posto nella storia è ora la studiosa americana Selby Wynn Schwartz, docente a Stanford, che fa di Poletti l’epicentro di “Le figlie di Saffo” (Garzanti), pubblicato in Italia da Garzanti e definito il miglior libro dell’anno dal Guardian e dall’Independent. «Durante il mio dottorato in letteratura comparata a Berkeley - spiega l’autrice - ho fatto un corso sulle scrittrici italiane del Novecento, Sibilla Aleramo, Renata Viganò e, per puro caso, mi sono imbattuta nel nome di Lina Poletti. Di lei ho poi letto nel saggio di Alessandra Cenni, “Gli occhi eroici”, che contiene quasi tutto ciò si può sapere della sua vita. Dopodiché ho incontrato lo studioso Jessy Simonini che su di lei aveva scritto un saggio».

Si apprende così che la nostra aveva studiato a Bologna, dove si è laureata nel 1907 con una tesi su Carducci, seguita da Giovanni Pascoli, mentre l’anno dopo prende parte al Congresso delle donne italiane, che segnò in Italia la nascita di un movimento, se non proprio femminista, dalla parte delle donne: chiedevano il suffragio, il riconoscimento della figura femminile nel diritto di famiglia e nei reati di violenza carnale. Fu durante quel congresso che Lina e Aleramo si conoscono. Un incontro che Schwartz si immagina come sconvolgente per Aleramo che due anni prima aveva dato scandalo con la pubblicazione di “Una donna”, ma che per la prima volta sperimenta un altro genere di amore. Poletti - per altro - nella sua Ravenna si era già accasata con Santi Muratori, il direttore della Classense, matrimonio che durò tutta la vita, ma che fu più di tutto un’amicizia. «Il matrimonio con Muratori è senz’altro un’unione bianca - scrive Simonini - un contratto formale che viene stipulato esclusivamente per reciproca convenienza e per i vantaggi che una tale condizione garantisce, almeno all’apparenza, a entrambi. Poletti, di fatto, nemmeno convive con Muratori, cui pure è legata da un sentimento di affetto sincero».

Sono invece lettere piene di passione quelle che si scambiano Sibilla e Lina. Dopo Aleramo, Poletti si legherà alla Duse, una relazione che nella finzione letteraria Schwartz ricostruisce tra mille tormenti e che pure nella realtà finì male, con strascichi legali per la restituzione dei manoscritti che la poetessa aveva creato - tra questi “Arianna” - per il ritorno sulle scene della diva. Fondamentale fu invece il rapporto con Eugenia Rasponi Murat, a cui Lina fu legata fino al 1958, quasi quarant’anni, fino alla morte di lei, e insieme viaggiarono in lungo e in largo per la Grecia dove Poletti lavorava a un «vasto progetto di antropologia culturale».

Del progetto, non ci resta nulla, come quasi nulla è stato tramandato delle sue opere. Nemmeno quell’ode che in “Le figlie di Saffo” Schwartz immagina abbia rivolto alle compagne: “Siamo il grido, altissimo e feroce, di tutte quelle donne che più non hanno voce”. Solo fantasia, certo, ma se quel grido oggi risuona nelle nostre piazze è anche perché c’è stata Lina.

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