Ferrara, madre uccise il figlio di un anno soffocandolo: «Condannata a 22 anni». Al padre risarcimento di 30.000 euro | Corriere.it

Ferrara, madre uccise il figlio di un anno soffocandolo: «Condannata a 22 anni». Al padre risarcimento di 30.000 euro

diDavide Soattin

Amanda Guidi, la donna di 31 anni accusata omicidio volontario aggravato per aver ucciso il figlio il 17 giugno 2021. I pm: «Lucida e consapevole, capace di intendere anche se comunque portatrice di un disturbo»

Condanna madre

Il Tribunale di Ferrara

Ventidue anni. Sono quelli che la Corte d'Assise di Ferrara ha inflitto ad Amanda Guidi, la donna di 31 anni accusata omicidio volontario aggravato per aver ucciso, soffocandolo, il proprio figlio di appena un anno, nella nottata del 17 giugno del 2021, mentre dormiva nel letto insieme a lei, nella loro casa di via degli Ostaggi, nel quartiere Satellite, a Ferrara. La sentenza è arrivata nel primo pomeriggio di giovedì 16 maggio. 

La madre di Ferrara e l'omicidio del figlio

La donna è stata condannata anche a pagare un risarcimento all'ex compagno nonché padre del bimbo (assistito dall'avvocato Alessandro Gabellone) con il riconoscimento di una provvisionale di 30mila euro. I giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche, dovute anche al passato molto difficile della donna e al disturbo della personalità borderline evidenziato anche dalla perizia psichiatrica effettuata dallo psichiatra Renato Ariatti e dello psicologo Marco Samory, equivalenti alle aggravanti contestate, come richiesto dal pubblico ministero Ciro Alberto Savino che aveva proposto una condanna a 21 anni di reclusione

La requisitoria del pm: «Lucida e consapevole»

Durante la requisitoria, il pm ha illustrato i motivi per cui Guidi avrebbe dovuto rispondere di quanto accaduto, definendola come una persona «lucida, consapevole, capace di intendere il proprio agire e di volere, anche se comunque portatrice di un disturbo». La donna quella notte aveva bevuto alcolici e assunto cocaina. Un'assunzione frequente, tale che anche il bimbo presentava un'alta concentrazione dei metaboliti per entrambe le sostanze, assunte tramite il latte materno per almeno otto mesi. 

La difesa: «Una persona malata affetta da disturbo borderline»

La difesa, rappresentata dagli avvocati Marcello Rambaldi e Alessio Lambertini, aveva chiesto ai giudici di valutare il vissuto della donna - costellato anche di plurimi tentativi di suicidio - e posto dubbi sulla effettiva volontarietà del soffocamento (non erano presenti lesioni visibili esteriormente e lei si era lamentata con la madre che non riusciva a dormire perché il bimbo piangeva sempre). «La mia assistita è una persona psichiatrica affetta da un grave disturbo borderline, una persona che è ammalata - ha evidenziato Rambaldi - e per cui occorre un trattamento. Ha dovuto fare i conti con una vita drammatica che ha avuto come risultato una patologia grave, tant’è che da quel giorno non è mai stata in carcere, ma sempre in una struttura psichiatrica». 

Come andarono le cose il 17 giugno 2021

La vicenda risale al 17 giugno 2021 quando, intorno alle 6 del mattino, la donna aveva telefonato ai carabinieri chiedendo di intervenire nella propria abitazione dove, una volta arrivati sul posto, la trovarono in stato di shock e sanguinante, dopo essersi tagliata i polsi per la disperazione. Ai militari dell’Arma, infatti, disse di essere stata lei ad avere ucciso il suo bambino e di volerla fare finita, mentre il corpo senza vita del piccolo giaceva immobile nel lettone in cui aveva passato la notte insieme alla madre. Sul luogo della tragedia si portarono poi anche i sanitari del 118, che provarono in tutti i modi a rianimare il bimbo per circa 45 minuti, senza però purtroppo riuscirci. 

La scena avvenne davanti agli altri due figli

La scena si svolse davanti agli occhi degli altri due figli, di 5 e 9 anni, che vivevano in casa con la donna, poi affidati alla nonna, accorsa dopo essere stata avvisata con un messaggio WhatsApp. A fatica, dopo aver cercato anche di aggredire i carabinieri, la donna – con un passato problematico alle spalle per l’uso di sostanze stupefacenti e che i vicini raccontarono fosse parecchio agitata nei giorni precedenti – venne accompagnata all’ospedale Sant’Anna di Cona per le medicazioni e l’assistenza psicologica del caso. 

La morte per «soffocamento da mezzo soffice»

Quanto al padre del bambino, un 36enne di nazionalità tunisina che aveva da poco lasciato la casa per alcune incomprensioni con la compagna, venne avvisato solo successivamente e arrivò sul posto quando i sanitari del 118 avevano già constatato che per suo figlio non c’era più nulla da fare. Nei mesi successivi, per far luce sull’accaduto, la Procura dispose l’autopsia sul corpo del bambino, tramite cui risultò che il decesso del piccolo fosse avvenuto per soffocamento da mezzo soffice, con i sospetti che si concentrarono sulla madre, oggi ricoverata in una struttura. 

Gli avvocati presenteranno appello

«Siamo curiosi di conoscere quelle che sono le motivazioni della sentenza, ma già da ora possiamo dire che faremo sicuramente appello. Alla Corte oggi abbiamo provato a proporre una valutazione dei fatti che potesse tenere conto della personalità e della storia della nostra assistita, oltre che della perizia psichiatrica sul suo conto. Siamo solo al primo dei tre gradi di giudizio e già in Appello ci saranno alcuni dubbi che vogliamo chiarire, a partire dalla volontarietà dell’azione omicidiaria», le parole degli avvocati Rambaldi e Lambertini fuori dall’aula. Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90 giorni.

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17 maggio 2024 ( modifica il 17 maggio 2024 | 09:54)