Il dottor Živago: lo scontro fra letteratura e politica sovietica
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Il dottor Živago: lo scontro fra letteratura e politica sovietica

by La Redazione
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Roma, 17 nov – La vicenda attorno alla prima edizione de Il dottor Živago di Boris Pasternak è la storia di uno scontro tra letteratura e politica: una complessa trama di intrighi e personaggi che la compongono, la rendono a tutti gli effetti un romanzo nel romanzo.
La data ufficiale della pubblicazione, in anteprima mondiale, da parte di Feltrinelli è il 1957. La prima edizione originale dell’opera fu pubblicata infatti in Italia il 15 novembre 1957, anche se il libro venne messo ufficialmente in vendita una settimana dopo (22 novembre), sotto forma di tamizdat[1] pratica molto diffusa nella Russia dell’epoca.
Pasternak aveva tentato di vedere il suo romanzo edito in madre patria e alcuni frammenti dell’opera erano già apparsi sulla rivista Znamja sin dal 1954, ma nel giro di due anni, lo scrittore dovette abbandonare ogni speranza. Il tutto a seguito della lettera di rifiuto inviatagli dalla redazione di Novyj mir che descrisse il testo come un «romanzo ideologicamente sbagliato e pertanto impubblicabile».[2]
Spinto dal desiderio di vedere il suo romanzo pubblicato, Pasternak fece pervenire il manoscritto nelle mani di Sergio D’Angelo, giornalista italiano di Radio Mosca e membro del Pci, dimodoché egli lo consegnasse a Giangiacomo Feltrinelli, un giovane imprenditore di Milano, alla guida di una appena nata casa editrice. D’Angelo racconta nel suo romanzo Il caso Pasternak, come nonostante le radio sovietiche avessero annunciato come imminente la pubblicazione de Il dottor Živago, il suo autore sostenesse che il romanzo non sarebbe mai stato pubblicato nella Russia sovietica, poiché non conforme con la cultura ufficiale del regime. Purtroppo, Pasternak aveva ragione.
Poco dopo l’incontro tra i due, Ol’ga Ivinskaja segretaria e amante dello scrittore, nonché musa ispiratrice per il personaggio di Lara, si mise in contatto con Nikolaj Bannikov, redattore della casa editrice di stato per la letteratura Goslitizdat e gli comunicò che Pasternak aveva passato il suo manoscritto ad un editore straniero. Bannikov, raccomandò a Olga di rivolgersi ad una sua collega, anch’essa editrice della Goslitizdat: la Vitaševskaja.
La donna promise ad Olga di aiutare lei e Pasternak e fu così che la vicenda finì nelle mani di Dmitri Polikarpov. Il capo della sezione culturale del comitato de Pcus, venuto a conoscenza della situazione “Pasternak”, parlò con la Ivinskaja invitandola a farsi ridare il manoscritto da D’Angelo. Dopodiché contattò Anatolij Kotov, direttore della Goslitizdat, chiedendogli di pubblicare del romanzo. Kotov garantì la pubblicazione, qualora Pasternak avesse accettato i tagli necessari. Questo altri non era che un tentativo di prendere tempo, nella speranza che Feltrinelli, schiacciato dalla pressione del Pci abbandonasse l’idea di dare alle stampe Il dottor Živago.
Nel frattempo il 24 agosto 1956, Ivan Serov, presidente del comitato per la sicurezza dello stato (KGB) fece sapere membri del Pcus che Pasternak aveva trasmesso il manoscritto del suo romanzo all’ italiano Feltrinelli, dando inoltre al giovane editore il diritto di ripubblicare l’opera in Francia e Inghilterra. Fu così che esattamente una settimana dopo, la sezione cultura del Pcus si espresse in merito alla questione del romanzo definendolo «Una perfida calunnia contro la nostra rivoluzione e contro tutta la nostra vita. È un’opera non solo idealmente insana, ma anche antisovietica che indubbiamente non può essere data alle stampe». Gli alti ranghi del partito comunista, quindi, non avevano alcuna intenzione di far uscire Il dottor Živago, nonostante questo, però, la Goslitizdat fece firmare un contratto a Pasternak, dove gli promettevano di pubblicare il romanzo. Subito dopo la firma, i capi della Goslitizdat proposero a Pasternak di inviare un telegramma a Feltrinelli, in cui lo invitava posporre l’uscita della trasposizione italiana del romanzo fino ai primi di settembre, periodo in cui sarebbe stata pubblicata la versione russa. Si trattava di un ulteriore sotterfugio, nella speranza che con un po’ di tempo in più, i compagni del Pci riuscissero a convincere Feltrinelli a riconsegnare il manoscritto.
L’editore rispose alla Goslitizdat, mostrandosi più che mai deciso a proseguire con la pubblicazione del romanzo e fu così che Il 22 novembre 1957 Il dottor Živago dello scrittore e poeta russo Boris Pasternak uscì in Italia in anteprima mondiale.
Il Pcus non si arrese nemmeno dopo questa amara sconfitta e il comitato cercò il modo di bloccare la pubblicazione del romanzo negli altri Paesi europei. Nel frattempo, il regime sovietico fece il possibile per stroncare il romanzo entro i confini russi, facendovi piovere sopra recensioni negative di vario genere, ma nonostante gli sforzi, non riuscì nel suo intento. L’ascesa de Il dottor Živago, infatti, non era ancora finita. Già intorno a fine marzo 1958, giravano voci che volevano Pasternak tra i candidati al Premio Nobel per la letteratura, notizia che allarmò i capi del Pcus, decisi a fare qualsiasi cosa pur di evitare un tale scandalo, ma tutto fu vano: il 23 ottobre 1958, forse più per motivi politici che artistici, un Pasternak «Infinitamente riconoscente, toccato, fiero, stupito, confuso»[3] venne insignito del Premio Nobel per la letteratura. Il premio segnò la morte sociale di Pasternak, che venne ostracizzato e definito un parassita della letteratura. Nulla poté più fare lo scrittore. Nemmeno rifiutando il premio riuscì ad ottenere il perdono da parte del suo stesso popolo e così fu, fino alla sua morte.
Nonostante una versione de Il dottor Živago in russo fosse già stata prodotta da Feltrinelli nel 1959, l’opera venne ufficialmente pubblicata in Russia a puntate sulla rivista Novyj mir solamente nel 1988. A distanza di 28 anni dalla morte del suo autore.
Giulia Compagni
[1] Dalla radice “tam” cioè “la” nel senso di “all’esterno”. Si definiscono tali i romanzi di autori russi che venivano pubblicati al di fuori dell’URSS.
[2] Sergio D’Angelo, “Il caso Pasternak”, Milano, Bietti, 2010, p. 43.
[3] Sergio D’Angelo, “Il caso Pasternak”, cit., p. 100.

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