Ambasciatore Briens, sono innumerevoli i motivi che legano la Francia a Napoli ma si può dire che anche sul piano economico la città è cresciuta nella sua attrattività?
«Credo proprio di sì - risponde senza esitazione Martin Briens, Ambasciatore di Francia in Italia, ieri a Napoli con il console generale a Napoli Lise Moutoumalaya per scoprire le nuove opportunità e i protagonisti della rinascita del Rione Sanità - perché si può senz'altro sostenere che Napoli e la Campania sono ormai un motivo di attrazione anche dal punto di vista economico. È cresciuto un tessuto di imprese dinamiche, che investono nell'innovazione e contribuiscono all'export della regione e del Mezzogiorno in modo significativo. Ma più in generale credo che Napoli abbia una personalità molto speciale che è la chiave giusta, secondo me, per capire perché per noi francesi è così attrattiva».
Tre anni fa è nato anche per questo anche a Napoli il Club Mezzogiorno, con un forum che ha coinvolto le istituzioni e le imprese francesi del Sud: una scelta felice?
«Certamente. Per l'Italia la Francia rappresenta il terzo Paese per numero di imprese insediate Oltralpe e noi siamo il secondo partner commerciale del vostro Paese e il primo investitore con 2mila filiali francesi in Italia. Dunque, era naturale che questo incontro di interessi economici si ramificasse anche a Napoli e nel Sud. Al punto che filiali di importanti aziende francesi hanno sviluppato anche qui i loro progetti: penso ai 750 posti di lavoro creati da Capgemini (leader mondiale nei servizi di consulenza e tecnologia, ndr) a Bari, ma è solo uno dei tanti esempi. Non a caso, nel prossimo ottobre terremo a Napoli il quarto Forum del Mezzogiorno con l'obiettivo di ampliare ancor più questa dimensione».
Si può dire che uno dei capisaldi di questo percorso è il sistema formativo di Napoli?
«Certamente. Io parlerei di eccellenza del sistema formativo con le università in prima fila, a partire dalla Federico II. Pensi che 200 degli 800 studenti stranieri che frequentano questo ateneo vengono dalla Francia grazie all'Erasmus. Proprio ieri abbiamo organizzato il primo incontro qui a Napoli tra laureati italiani che hanno svolto almeno un corso nelle università francesi e 11 aziende del nostro e del vostro Paese, da Aerosoft a Capgemini, da Credit Agricole a Innovaway per approfondire opportunità di cresciuta occupazionale e professionale».
Al Rione Sanità ha incontrato anche gli atleti napoletani che si allenano nella palestra delle Fiamme Oro e parteciperanno alle ormai imminenti Olimpiadi di Parigi.
«Personalmente sono sempre stato convinto del ruolo dello sport per la promozione e la tutela dei valori dell'umanità e per la riabilitazione sociale delle nostre comunità. Il Rione Sanità qui a Napoli dimostra che questa strada è percorribile e in fondo è quello che stiamo anche praticando per il Comune di Saint Denis vicino a Parigi che con i Giochi olimpici avrà nuove opportunità attraverso lo sport. Rendersi conto di quanto queste scelte siano condivise è sicuramente un elemento di stimolo importante».
L'Italia, come sa, sta lavorando molto al Piano Mattei che punta a stabilire, su un piano paritario, condizioni di cooperazione e sviluppo con l'Africa: che ne pensa?
«È una buona iniziativa anche per tutti gli europei. Una sfida cruciale per il nostro futuro: sappiamo che ci sono molti rischi, come il terrorismo e l'instabilità dei flussi migratori ma allo stesso tempo parliamo di un Continente nel quale c'è molta possibilità di crescita ed una energia giovanile destinata ad avere un impatto importante sui destini del Mediterraneo. È questo il momento giusto per fare di più, e mi riferisco anche al mio Paese, tenendo conto che in questo momento c'è una concorrenza di potenze in Africa, dalla Cina alla Russia, alla Turchia che rappresentano nel caso di Cina e Russia interessi profondamente diversi dai nostri, da quelli europei cioè».
L'Europa sembra arrivata tardi, però.
«I Paesi africani hanno diverse offerte e possono scegliere se cooperare con la Russia o la Cina o con noi. La nostra offerta di cooperazione e sviluppo è in campo ma dobbiamo continuare a lavorare per migliorare la nostra disponibilità, dimostrando che il progetto di cooperazione è credibile. Dobbiamo articolarla meglio, in altre parole, con quello che già fa l'Unione Europa o che fanno i singoli Paesi come la Spagna, la Germania o l'Italia».
Ecco, appunto, l'Europa: meno di 20 giorni al voto, anche in Francia si teme una nuova ondata di astensionismo?
«Il pericolo c'è, anche in Francia il voto per le europee non ha raggiunto cinque anni fa percentuali rilevanti. Ma oggi le sfide che abbiamo davanti noi europei sono talmente importanti che non andare a votare sarebbe un errore molto grave. Due guerre di cui una alle nostre porte, le sfide della transizione ambientale e digitale, il rapporto con l'Africa, l'accelerazione tecnologica spinta in particolare dalla competizione tra Usa e Cina: sono tutti motivi che impongono ai cittadini europei di recarsi alle urne per indicare all'Europa la strada dei prossimi 5 anni».