Violante Placido: “Basta etichette, le donne sono forti. Anche in natura a cacciare è la leonessa” - La Stampa

L’incertezza dura un attimo, la risposta arriva subito: «L’incontro più importante della vita? Quello con me stessa. Ho iniziato a lavorare molto presto, sono andata da sola in America a 22 anni, volevo mettermi alla prova. Ero una formica, un puntino pieno di sogni e di libertà, dovevo trovarmi, ho capito tante cose di me, ho imparato la forza e la chiarezza». Cinema, teatro, musica, Violante Placido si divide tra varie passioni, ma è anche abituata a guardarsi intorno e a combattere, soprattutto contro le etichette che, fin dagli esordi, sono state come un compagno di viaggio fastidioso: «Penso che questo problema esista un po’ nella vita di tutti, non ti lasciano mai spazio per essere come vuoi, per cambiare, per provare. Io, per esempio, sono una che non resta mai ferma».

Le donne sono vittime storiche di stereotipi e limitazioni. Come si sfugge a questa gabbia?
«Ho fatto uno spettacolo che s’intitola Femmes fatales, dedicato a personaggi come Marianne Faithfull, Nico, Yoko Ono, Patty Pravo, Françoise Hardy, tutte donne che hanno sempre rifiutato le etichette, combattuto per guadagnarsi un posto nel mondo dell’arte, per esprimere quello che provavano realmente e non quello che le persone si aspettavano che provassero».

Una scelta che, in genere, si paga. Le è successo?
«Sì, lungo il mio percorso mi è capitato di dire dei no, e il cammino si è rallentato. All’inizio mi chiedevano sempre di fare la bella un po’ stronza, ho accettato perché volevo lavorare, costruirmi una carriera. Poi però ho capito che mettermi nei panni di quei personaggi mi costava una gran fatica, erano figure che non mi appartenevano in alcun modo. Oggi ho acquistato molte sfaccettature, l’esperienza della vita ti fa crescere, ti nutre, ti insegna a raccontare anche aspetti lontani da te».

Le donne si sono emancipate?
«C’è ancora molta strada da fare, anche se, in realtà, dobbiamo imparare a riappropriarci di quello che già abbiamo. Basta guardare la natura per capirlo, la leonessa va a caccia, il leone entra in scena solo per il colpo finale. La nostra forza esiste e, a mio parere, può co-esistere con quella dell’altro sesso. Verso gli uomini non sono mai stata rancorosa, c’è una parte di me che con i maschi sa stare benissimo, non credo nelle divisioni nette e penso sia importante creare, tra uomini e donne, una nuova complicità».

Abbiamo una donna premier. E’ un passo avanti?
«E’ un fatto importante, un buon segnale, dimostra che le donne possono rivestire ruoli di grande responsabilità, poi, certo, ci sono le ideologie… Le donne devono recuperare sfacciataggine, essere propositive, ambire a traguardi alti, senza farsi problemi in partenza».

C’è una donna che, in Italia, ha riportato il pubblico al cinema. Cosa pensa del successo travolgente di C’è ancora domani ?
«L’affermazione di Paola Cortellesi servirà a imporre un cambio di passo, non sarà più possibile proporre certi clichè, anche al cinema, bisognerà restituire dignità alla rappresentazione del femminile».

Cosa l’ha attirata del personaggio che interpreta nella commedia di Francesco Patierno Improvvisamente a Natale mi sposo ?
«Mi è piaciuta la figura di una moglie contemporanea, con un marito inconcludente, un po’ Peter Pan. Nei ruoli che scelgo ci deve essere qualcosa che ho voglia di raccontare, qui c’era, e credo che il cambiamento passi anche per la messa in scena di donne diverse dal passato».

Dal 12, nel ruolo di Julia, torna in scena con 1984, tratto da Orwell e diretto da Giancarlo Nicoletti. Che cosa le offre questa esperienza?
«E’ un’occasione straordinaria, un testo incredibilmente attuale, pieno di similitudini con la nostra realtà. Parla di un mondo inquietante, dominato dalla tecnologia, di rapporto tra bugia e verità, di governi che guidano i popoli usando l’arma della paura. La mia Julia ha una sua virilità, mi piace immensamente, sa proteggere la sua dignità».

Lei si sente virile?
«In parte si, sono pronta a combattere pur di trasmettere quello che veramente mi interessa comunicare».

E’ figlia di Michele Placido e, fin da quando ha mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo, le hanno fatto domande su di lui. Avere un padre famoso può essere d’intralcio?
«Non è un problema che mi riguarda. Quello che mi penalizza è continuare a ricevere questo tipo di domande, fare interviste in cui parlo di tante cose e poi ritrovarmi il titolo su mio padre».

E’ madre di un bambino di dieci anni. Che cosa significa per lei la maternità?
«Essere madre mi da tantissimo, ho accolto questa nascita con gioia e con serenità, è accaduto tutto nel modo più naturale, ma, nella mia testa, la maternità non era una tappa obbligata».

E’ l’inizio del nuovo anno. Cosa si augura?
«Vorrei che gli uomini si emancipassero dall’incapacità di dialogo che porta ai conflitti. Ci siamo persi, siamo diventati guerrafondai, come se non sapessimo più metterci nei panni degli altri. Le guerre non devono più esistere. Mi auguro il cessate il fuoco, il recupeo dei sentimenti umani».

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