I dannati, la dolorosa meditazione sulla guerra di Minervini. La recensione da Cannes 2024
telegram

I dannati, la dolorosa meditazione sulla guerra di Minervini. La recensione da Cannes 2024

Il primo film di finzione del documentarista italiano prende parte alla sezione Un Certain Regard e arriva nelle sale italiane in contemporanea con la sua première sulla Croisette del 16 maggio

I dannati, la dolorosa meditazione sulla guerra di Minervini. La recensione da Cannes 2024

Il primo film di finzione del documentarista italiano prende parte alla sezione Un Certain Regard e arriva nelle sale italiane in contemporanea con la sua première sulla Croisette del 16 maggio

PANORAMICA
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora

Tra le figure del cinema nostrano dal trascorso più inusuale vi è senz’altro Roberto Minervini. Classe 1970, il regista marchigiano, ora in attività in Texas, ha affrontato in precedenza una carriera in una band punk e nel ramo della consulenza finanziaria. L’incontro con la settima arte arriva col documentario, andando a indagare realtà periferiche nel contesto statunitense.

Il riscontro arriva più che immediato, esordendo al Festival di Cannes (Louisiana) e a Venezia (Che fare quando il mondo è in fiamme?), ma con I dannati si ha la sensazione di un nuovo inizio. Oltre che ritornare nella sezione Un Certain Regard come nel 2015, il prossimo lavoro di Minervini abbandona la documentazione del reale per cimentarsi con un’opera di finzione.

L’America rimane, tuttavia, la protagonista indiscussa: se con i suoi film precedenti il regista marchigiano si concentra sulla disgregazione contemporanea della nazione, qua il focus è il conflitto “originario” della scissione attuale, ovvero la Guerra di Secessione. L’opera segue quindi un gruppo di volontari dell’esercito statunitense in missione esplorativa verso le terre dell’Ovest; un viaggio che si rivela ben presto colmo di imprevisti spiacevoli.

Minervini conserva le peculiarità tecniche del proprio cinema precedente anche con questo cambio di matrice: la forte inclinazione al neorealismo, che predilige una frequente macchina a mano che pedina i propri personaggi e arriva spesso a escludere dal fuoco il resto della composizione. L’obiettivo della camera incarna l’occhio di un ipotetico soldato fuori dalla scena, immergendo lo spettatore nello specifico contesto. Se il regista da una parte riprende questo espediente dal suddetto movimento, al tempo stesso se ne discosta applicando un’estetica ben distinta alle immagini mostrate, con richiami più o meno pronunciati alle opere più recenti di Terrence Malick.

Eppure, in un contesto produttivo così uniformato, I dannati mantiene una sua autonomia espressiva e di linguaggio, anche semplicemente pensando a come il doppio animo del regista, italiano e americano, si adatti rispettivamente in forma e contenuto del lungometraggio. La natura ibrida tra realtà e finzione, che trova un punto d’incontro in questo re-enactment, risulta una carta vincente, portando a una rarefazione di dialoghi e a un’esclusioni di esplosioni melodrammatiche tipiche del genere affrontato.

In contrasto a questo approccio, la struttura narrativa si dimostra spesso fin troppo didascalica, in maniera anche necessaria per indirizzare a dovere il messaggio antibellico del film, ma senza guizzi nella costruzione degli archi evolutivi dei personaggi. Pur con questa limitatezza, e a tratti un pronunciato autocompiacimento nella ricerca della “bella” immagine, I Dannati si dimostra un lavoro insolito e sicuramente degno di attenzione.

Foto:  @ Okta Film / Pulpa Film

Leggi anche: I dannati, Minervini porta a Cannes l’America della Secessione: «Lo scenario di oggi è preoccupante»

© RIPRODUZIONE RISERVATA